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E’ il pittore della luce per eccellenza: ma chi era davvero Caravaggio, la cui biografia, così come lo stile, riflettono l’animo inquieto che ha caratterizzato la sua pittura? Ciò che rende straordinaria l’arte di Caravaggio è la maestria assoluta con cui dosava l’equilibrio tra luce ed ombra: le sue opere, dall’Autoritratto alla Vocazione di San Matteo, svelano una tecnica decisamente innovativa per la pittura dell’epoca, diventando un punto di riferimento importante soprattutto per gli artisti del barocco europeo. Ma chi era Caravaggio e perché le sue opere, ancora oggi, emozionano così tanto? Per conoscere meglio la personalità di questo pittore, ecco un breve riassunto della sua vita, per capirne l’arte, il linguaggio e lo stile che lo hanno reso uno degli artisti più grandi (ed amati) di sempre.
Nato il 19 settembre del 1571 a Milano, Michelangelo Merisi, meglio conosciuto come Caravaggio, dal nome della città in cui trascorse parte della giovinezza, è uno dei pittori che hanno più condizionato la formazione di correnti artistiche rivoluzionarie: le sue opere, infatti, che trasmettono l’inquietudine di un uomo la cui vita è stata segnata da vicissitudini piuttosto gravi (la prima, per Caravaggio, fu la morte per peste, del padre, del nonno e dello zio), si distinguono per l’uso scenografico della luce che diventa sempre più drammatica negli anni, fino ad offuscarsi del tutto in favore di soggetti angoscianti e di scene sempre più crude.
La pittura di Caravaggio, lo stile, le opere, la maestria assoluta nei chiaroscuri sembrano corrispondere all’altalenarsi di momenti di buio e di luce che hanno caratterizzato tutta la sua vita: scorrendo la biografia di Michelangelo Merisi, infatti, sembra di leggere quasi un romanzo, una storia avventurosa e passionale trascorsa tra tormenti, violenze e prostitute. Un pittore decisamente controcorrente la cui indiscussa genialità, unita ad una buona dose di sregolatezza, ne hanno fatto un artista ribelle e poco incline alle regole del tempo.
Caravaggio si accostò alla pittura appena tredicenne quando, a Milano, cominciò a frequentare la bottega di Simone Peterzano, pittore bergamasco esponente del Manierismo. Rimase nel capoluogo lombardo fino alla fine del Cinquecento quando, esattamente nel 1592, si trasferì a Roma di cui ritrasse gli aspetti più ‘poveri’, traducendo in pittura gli ambienti malfamati che di solito frequentava. Nella capitale conobbe il cardinale Francesco Maria del Monte che, estasiato dalla sua arte (è di questo periodo un dei suoi dipinti più noti, I bari), lo accolse al suo servizio procurandogli diverse, ed importanti, commissioni.
[npleggi id=”https://www.nanopress.it/cultura/2017/09/14/mostra-caravaggio-milano-a-palazzo-reale-dal-29-settembre-al-28-gennaio-2018/184171/” testo=”Dentro Caravaggio, la mostra evento a Milano”]
Agli incarichi prestigiosi, dovuti ad un talento pittorico straordinario, Caravaggio accompagnò uno stile di vita decisamente dissoluto, in cui non mancarono vino, gioco d’azzardo e risse di ogni tipo. Ma fu proprio in questo periodo che diede vita ad uno dei suoi capolavori più conosciuti, La vocazione di San Matteo, commissionato per la chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma (dov’è tuttora conservato) e decisamente controcorrente rispetto alla morale dell’epoca. I soggetti del quadro, così come l’atmosfera, hanno ben poco della solennità ‘richiesta’ dall’evento, essendo Matteo ritratto al tavolo di un’osteria e Cristo, in piedi, che lo invita alla redenzione. Non v’è nulla di sacro e questa scelta, a favore di un realismo esasperato, gli costò numerose critiche, perfino accuse di blasfemia – cosa che non gli impedì, evidentemente, di realizzare molti dei suoi dipinti più famosi, tra cui la Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d’Assisi (trafugato dall’Oratorio di San Lorenzo a Palermo nel ’69 e mai più ritrovato), la Conversione di San Paolo e la Crocifissione di San Pietro.
Il carattere turbolento, tuttavia, costò a Caravaggio diversi guai con la legge: denunciato più volte per risse e per schiamazzi, spesso fu arrestato e costretto al carcere; fino al maggio del 1606 quando, durante una partita a pallacorda, ferì a morte Ranuccio Tommassoni e per questo fu condannato alla decapitazione (soggetto rappresentato, peraltro, in molti dipinti del periodo, dove si rincorre ossessivo il tema della ‘testa mozzata’ spesso con l’autoritratto dello stesso Caravaggio che sostituisce il condannato). Costretto alla latitanza, si rifugiò prima a Napoli e poi a Malta dove, durante l’ennesima rissa, ferì un membro dei Cavalieri di San Giovanni. Imprigionato ancora una volta, fuggì in Sicilia e poi di nuovo a Napoli: ma qui fu raggiunto dai sicari del cavaliere ferito che lo lasciarono quasi in fin di vita. E’ di questo periodo un altro dei suoi ‘tormentati’ dipinti, Davide con la testa di Golia, dove i volti dei protagonisti sono, ancora una volta, l’autoritratto di Caravaggio, Davide da giovane e Golia da anziano (per quanto anziano fosse, visto che all’epoca aveva circa 36 anni).
Intenzionato ad arrivare a Roma per invocare la clemenza del Pontefice, Caravaggio lasciò la Sicilia per raggiungere la capitale, ma ancora debole per le ferite riportate, morì a Porto Ercole il 18 luglio del 1610. Secondo alcune ricostruzioni, il Papa, poche settimane prima, aveva inviato un messo a Napoli per ufficializzare il condono papale ed assolvere il pittore da tutti i suoi crimini.
Le opere di Caravaggio (molte delle quali nella fotogallery in apertura) sono uniche non solo nello stile ma anche nel modo con cui dà loro vita: lontano dai canoni dell’arte classica e dalle influenze dell’arte rinascimentale, elaborò una sorta di realismo esasperato in cui i soggetti sono colti al culmine dell’azione.
Lo stile rivoluzionario di Caravaggio, infatti, sta nell’uso particolare della luce: le sue opere colpiscono per l’assoluto equilibrio di chiaroscuri (per ottenere il quale, si legge nella sua biografia, posizionava con attenzione le candele che, mentre dipingeva, illuminavano i modelli), utilizzato per dare tridimensionalità ai suoi soggetti che sembrano uscire improvvisamente dallo sfondo.
Dai documenti dell’epoca sappiamo che Caravaggio aveva uno stile particolare anche nelle modalità di pittura: usava modelli dal vero a grandezza naturale che illuminava, solitamente nel suo studio, con una fonte di luce molto intensa. Dagli studi condotti soprattutto dalla seconda metà del secolo scorso, è emerso che non usava disegni preparatori e cambiò il suo metodo di pittura nel corso degli anni: mentre le opere giovanili prendevano forma da una base sostanzialmente chiara, quelle più mature celano una preparazione assai più scura. Anche le tinte vanno pian piano mutando, soprattutto negli anni in fuga tra Napoli, Malta e la Sicilia, quando dipingeva ‘improvvisando’ i colori e utilizzando tutto ciò che trovava, verderame, nero carbone, biacca.
Caravaggio è uno dei più grandi pittori della storia dell’arte: il suo stile descrive in pittura le emozioni dell’animo umano e le sue opere, che racchiudono una potenza espressiva assai drammatica ed intensa, riescono ancora oggi a sconvolgere chi li ammira.
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