Chi era Osho? Mistico e maestro spirituale indiano, Osho Rajneesh è stato uno dei personaggi più carismatici e controversi del secolo scorso. La sua storia, come quella dei suoi seguaci – i sannyasin, raccontata, tra l’altro, in un documentario targato Netflix dal titolo Wild Wild Country – è assurda quanto affascinante, e i suoi insegnamenti, sintetizzati in celebri frasi e fondati sul risveglio spirituale e sull’importanza, per l’uomo, di valori come l’amore, la libertà e la meditazione, ebbero un impatto talmente forte sulla società del tempo da influenzare profondamente sia la filosofia New Age occidentale (da cui lo stesso Osho prese però le distanze) sia ciò che negli anni Sessanta veniva definito come ‘controcultura’. Conosciuto in India come il ‘guru del sesso’ e, in America, come il ‘guru delle rolls-royce’, Osho è stato un leader provocatorio e assai in polemica con la religione e con il mondo politico; ebbe migliaia di seguaci, fondò un ashram – una sorta di eremo – a Pune, in India, e arrivò a prendere, negli Stati Uniti, perfino il controllo politico di una zona. Ma chi era Osho Rajneesh? E perché la sua storia è, ancora oggi, così controversa?
Chi era Osho?
Nato col nome di Chandra Mohan Jain nel dicembre del 1931 a Kuchwada, in India Centrale, adottò il nome di Osho Rajneesh (abbreviato poi in Osho) solo negli anni Ottanta, quando la sua fama di mistico era ormai consolidata. Intraprese gli studi di filosofia e all’età di ventun’anni, come lui stesso più volte affermò, visse l’esperienza mistica dell’illuminazione. L’indole polemica che lo caratterizzava lo portò a tenere una serie di comizi pubblici in cui attaccava (spesso con battute ironiche) le religioni e la politica, predicando contro il bigottismo e le consuetudini sociali ed attirando a sé soprattutto i giovani della borghesia occidentale.
Gli inizi in India
Fu agli inizi degli anni Settanta che Osho cominciò a dedicarsi alla meditazione e all’insegnamento, comprando (insieme ai suoi adepti che, intanto, crescevano sempre di più) una proprietà vicino Bombay, a Pune, dove fondò la sua prima comunità. Qui, gli incontri di gruppo che teneva erano davvero bizzarri, per molti addirittura impressionanti: gente che urlava, si scontrava, si picchiava, in una specie di sfogo che doveva essere prima di tutto ‘liberazione’.
[didascalia fornitore=”altro”]Osho accoglie i suoi seguaci, Pune, 1977.[/didascalia]
Il trasferimento negli Stati Uniti
La comunità era gestita da una piccola gerarchia di fedelissimi e funzionava, ma dato che le autorità locali non vedevano di buon occhio questo predicatore bizzarro col suo folle seguito di discepoli, e i soldi non mancavano (sia i libri che il materiale divulgativo vendevano molto bene), Osho decise di trasferirsi negli Stati Uniti in un ranch enorme nella contea di Wasco, in Oregon.
Quella che sorse negli States fu una comune enorme: le abitazioni erano diverse, tante le strutture creative, i campi da coltivare e le piccole industrie per il sostentamento del gruppo; vi era un centro per la meditazione e perfino una pista di atterraggio per aerei, mentre Osho aveva una villa privata ovviamente tutta per sé.
Una vera e propria città
La comune in Oregon prese vita nei primi anni Ottanta, diventando una città con tanto di sindaco, forze dell’ordine e, ovviamente, un nome: Rajneeshpuram. Furono in centinaia, provenienti dal mondo occidentale, a raggiungere ed abitare questo luogo, ma Osho, che fino a poco prima aveva fatto della predicazione il suo (vero) punto di forza, smise di tenere discorsi in pubblico, decisione, questa, che portò avanti per cinque anni, fino al 1985. L’unico contatto che aveva con la comunità pare fossero le ‘sfilate’ che ogni giorno faceva a bordo delle sue mitiche rolls-royce – una vera passione, ne possedeva quasi cento.
L’impatto che Osho e i suoi seguaci ebbero sulla gente del luogo non fu ovviamente dei più tranquilli: il posto dove fondarono la città era disabitato ma a pochi chilometri da lì sorgeva un piccolo borgo, Antelope, in cui vivevano soprattutto pensionati. Totalmente all’opposto rispetto allo stile di vita proclamato da Osho, chiesero alle autorità locali di indagare sulla liceità di quella bizzarra comune, attirandosi l’ostilità del santone e, ovviamente, di tutti i suoi seguaci.
Il controllo su tutto il territorio
Fu in questo periodo che Osho provò ad imporre il controllo su tutta quella zona d’America: comprò quante più case possibili ad Antelope, convinse molti dei suoi abitanti a trasferirsi altrove e permise ai suoi sannyasin di ‘occupare’ massicciamente tutto lo spazio. A nulla servì il referendum indetto dai ‘vecchi’ abitanti del luogo: poiché la legge dell’Oregon permetteva a tutti i residenti, compresi gli ‘invasori’, di votare, tutta la zona (cittadina compresa) fu totalmente assorbita dai sannyasin, che ne cambiarono il nome (da Antelope a Rajneesh), rinominando anche le vie.
Mentre la filosofia predicata dal maestro, e le comunità a lui ispirate, cominciarono a diffondersi anche in Europa, a Wasco, in Oregon, le tensioni non accennavano a diminuire: nel timore che le autorità locali potessero attaccare militarmente la comunità, i sannyasin (guidati da tempo da un’altra carismatica figura, Sheela, vicinissima ad Osho fin dagli anni Settanta), decisero di provare a vincere le elezioni della contea del 1984, per ottenere maggiore peso politico ed interrompere così le indagini nei loro confronti. Ma non fu una scelta saggia.
L’attacco batteriologico
Considerato che la comunità era, sì, popolata, ma non così tanto da poter trionfare alle elezioni, era necessario diminuire l’affluenza alle urne di tutta la contea. Come? L’idea escogitata dai sannyasin e, in particolare, da Sheela, fu quella di un vero e proprio attacco batteriologico, e dopo aver ricreato il batterio della salmonella (la comunità era dotata, tra l’altro, anche di un minuscolo laboratorio chimico), lo diffusero tra ristoranti, supermercati e comizi pubblici. Per molti, oggi, fu l’attacco batteriologico più ampio mai avvenuto negli States, ma all’epoca non vi furono prove per accusare né il santone, né i suoi seguaci.
Ma il piano dei sannyasin di Osho di vincere le elezioni non arrivò (per fortuna) a buon fine – poiché l’epidemia, da sola, non bastava a diminuire l’affluenza alle urne, Sheela decise di conivolgere, trasferendoli nella comune, anche i senzatetto in giro per le città americane, trovata, questa, che aumentò solo le tensioni tra i sannyasin e i nuovi arrivati – e gli ultimi mesi di Rajneeshpuram (siamo nel 1985) non furono per nulla facili: oltre alle tensioni, sempre più profonde, all’interno ed all’esterno della comunità e alle indagini per abuso edilizio, la comunità fu accusata anche di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e mentre Osho continuava il suo periodo di ‘silenzio’, il suo braccio destro Sheela perdeva il controllo dell’intera situazione. Paranoica e non più in grado di gestirla (tentò, tra l’altro, di organizzare l’assassinio di chi indagava su di loro e del medico personale di Osho), cercò di lasciare gli Stati Uniti fuggendo a bordo di un aereo.
Fu in questo periodo che Osho riprese a parlare in pubblico: non solo accusò Sheela di tutto ciò che, in quegli anni, accadde in Oregon, ma proclamò la sua dottrina come una non-religione e pretese la distruzione di tutti i libri presenti nel Rajneeshpuram, in tutto cinquemila.
Il ritorno in India
Nell’ottobre del 1985, con l’accusa di aver violato le leggi sull’immigrazione e di aver obbligato i suoi seguaci americani a sposarsi, per agevolarne il soggiorno, con stranieri, Osho fu arrestato: patteggiò una condanna a dieci anni con l’obbligo di non toccare il suolo americano per almeno cinque, e concluse, in questo modo, la sua (lunga) parentesi americana.
Osho tornò definitivamente a Pune nel 1987, dove riprese a parlare ai suoi discepoli adottando, per la prima volta, il nome Osho (un termine di origine sanscrita che vuol dire ‘maestro’). Morì il 19 gennaio del 1990 a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute, per insufficienza cardiaca, stabilì il certificato di morte. Sheela, invece, dopo una condanna a vent’anni per vari crimini, è uscita dal carcere nel 1988 e oggi vive in Svizzera.
[didascalia fornitore=”altro”]L’Osho International Meditation Resort, l’ashram di Osho a Pune, in India, oggi[/didascalia]
Osho, uno dei leader carismatici più chiacchierati del XX secolo
Chi era, dunque, Osho? Tra i personaggi più controversi e carsimatici del secolo scorso, Osho era una persona dissacrante, ironica e molto colta. I suoi insegnamenti, che conobbero grande fama soprattutto dopo la sua morte, spaziavano dalla politica alla religione, dall’amore alle questioni sociali, mescolando antiche dottrine orientali e occidentali, tra induismo, buddismo tantrico e cristianesimo. Assai osteggiato dai media, fu attaccato soprattutto per la sua idea del sesso libero e dell’importanza di liberarsi da qualsiasi forma di inibizione.
Osho ebbe, in vita, centinaia di seguaci, ma fu dopo la sua morte che la fama di questo mistico indiano crebbe notevolmente: sono in molti, infatti, a credere che l’atteggiamento nei confronti di questa bizzarra figura sia cambiato, ammorbidendosi, nel tempo; e se molti tra i più autorevoli giornali indiani prima lo contrastavano, oggi lo considerano uno dei personaggi che hanno più influito sul destino, e sullo sviluppo, dell’intera Nazione.