Ignazio La Russa è stato eletto con 116 voti come presidente del Senato, non quelli di Forza Italia, però. Un colpo di scena per cui ora, tra i banchi dell’opposizione, si cercano i responsabili, i cosiddetti franchi tiratori. Dal terzo polo di Matteo Renzi e Carlo Calenda sono già arrivate le prime smentite. Chi è, quindi, che ha votato il cofondatore di Fratelli d’Italia come seconda carica dello Stato?
Una domanda che si pone anche Angelo Bonelli, portavoce di Europa Verde e deputato della Repubblica. Se, però, le cose all’opposizione non sono andate come ci si aspettava, la situazione nella maggioranza del centrodestra non è tanto meglio, perché, appunto, i forzisti di Silvio Berlusconi non hanno dato l’appoggio all’elezione di La Russa, e qualche istante prima della proclamazione c’è stato addirittura un vaffa tra il Cavaliere e il neo presidente del Senato.
Basta fare due calcoli molto facili per capire che l’elezione di Ignazio La Russa come presidente del Senato non è solo frutto dei voti della coalizione di centrodestra, che ha la maggioranza dei seggi sia alla Camera, sia a Palazzo Madama. Considerando poi che da Forza Italia di Silvio Berlusconi non hanno dato la propria preferenza al cofondatore di Fratelli d’Italia. E quindi, è iniziata una ricerca dei “colpevoli”, quantomeno dei responsabili, nelle fila dell’opposizione, una caccia alle streghe che al momento non ha raccolto risultati.
Come fa notare Lorenzo Pregliasco, direttore dell’Agenzia Quorum/YouTrend su Twitter, dovrebbero essere almeno 17 i franchi tiratori che hanno consentito di raggiungere il quorum per l’elezione della seconda carica dello Stato già alla prima votazione.
E subito è uscito allo scoperto Matteo Renzi, leader di Italia Viva, che ha commentato che dal terzo polo hanno votato scheda bianca. “Ci sono circa 19 voti di differenza ma noi non siamo stati“, ha detto l’ex premier fiorentino. “Fossi stato io, come noto, lo rivendicherei – ha ironizzato -. È chiaro che si sta giocando un regolamento dei conti intorno al centrodestra“. Dello stesso avviso anche il suo alleato e fondatore di Azione, Carlo Calenda, che ha anche puntato il dito sui Cinque stelle e il Partito democratico: “Non avremmo pensato a una possibile mossa del cavallo“, ha dichiarato da Palazzo Madama.
È iniziato, in pratica, un rimbalzo di colpe. Angelo Bonelli, coportavoce di Europa Verde e deputato, per esempio, provocatoriamente ha chiesto: “Chi dall’opposizione ha votato il nostalgico del Ventennio? Calenda e Renzi, ne sapete qualcosa?“. Quanto ai pentastellati, all’Adnkronos è il presidente Giuseppe Conte a chiarire che non siano stati loro: “Io un’idea da chi siano arrivati ce l’ho, ma non la dico“, ha detto.
Dal Pd, invece, sono Simona Malpezzi e Marco Meloni ad allontanare le voci che siano loro i responsabili. “È chiaro che nell‘opposizione c’è chi sta dando una mano – evidentemente interessata – a una maggioranza che altrimenti non starebbe in piedi“, ha detto la senatrice prima di spiegare come la giornata di oggi “dimostra due cose: la prima è che il Partito democratico è l’unica vera forza di opposizione e la seconda è che qualcuno sta trattando sotto banco, facendo da stampella a una destra disunita su tutto. Un fatto molto grave“.
Dai dem, oltretutto, hanno una loro lettura di quello che è successo. “Hanno votato per La Russa i nove senatori del terzo polo, poi altri voti sono arrivati dal Misto, magari ci sono anche gli unici due voti di Fi e poi avrebbero votato anche alcuni senatori M5S“, hanno svelato delle fonti sempre all’agenzia di stampa.
Per quale motivo, però? Per quanto riguarda il gruppo di Calenda e Renzi, “la spiegazione è semplice: un do ut des sulle vicepresidenze delle Camere“. L’idea, invece, sul perché lo abbiamo fatto dal MoVimento 5 stelle, invece, parte dal fatto che ci sarebbero delle frizioni tra i contiani e quindi i voti sarebbero dare leggere come un segnale contro il presidente.
E quindi la replica del terzo polo. “Ma li avete visti i nostri? Avete visto Carlo e Matteo che sono entrati e usciti al volo dalla cabina… ma di che stiamo parlando“, hanno detto all’Adnkronos. Quanto alla storia delle vicepresidenze: “Allora, mettiamola così. C’è un signore di Ferrara che da 25 anni fa questi giochetti in Parlamento. E lo si vedrà la prossima settimana, quando verranno eletti vicepresidenti al Senato Dario Franceschini e Stefano Patuanelli. Loro hanno già l’accordo e si sono blindati con La Russa per non avere scherzi quando ci si voterà“. E ancora Renzi, punta il dito contro il ministro dei Beni culturali: “Diciamo che Dario è un ragazzo intelligente“.
Ma se Sparta piange, Atene comunque non ride. E l’altro dato su cui riflettere è, appunto, la spaccatura nel centrodestra con Forza Italia che non vota con Lega e FdI La Russa. Durante la votazione, per esempio, c’è stato un piccolo scambio di battute non molto felice tra il neo presidente e Silvio Berlusconi, con il leader forzista che ha lanciato un vaffa al suo compagno di maggioranza.
E l’indizio che qualcosa non va come dovrebbe arriva anche dalle parole di Andrea Crippa, deputato del Carroccio. Per giorni si è discusso dell‘accordo sulle presidenze che lui ha definito “politico partitico” e che fino a ieri non c’era. “Si sono fatti passi avanti stamattina non sul nome ma sul partito: sembra che il Senato vada a FdI e la Camera alla Lega ma ci sono tensioni con FI, credo per incastri di governo…“, ha raccontato da Montecitorio.
Conferma, poi, arrivata dai diretti interessati, che prima hanno fatto gli auguri a La Russa, poi hanno spiegato come dal partito si sia voluto dare “un segnale di apertura e collaborazione con il voto del presidente Berlusconi“. Tuttavia, in una riunione del gruppo a Palazzo Madama, hanno detto ancora, “è emerso un forte disagio per i veti espressi in questi giorni in riferimento alla formazione del governo. Auspichiamo che questi veti vengano superati, dando il via ad una collaborazione leale ed efficace con le altre forze della maggioranza, per ridare rapidamente un governo al Paese“.
La legislatura, insomma, non è iniziata sotto le migliori stelle. E la sintesi l’ha fornita il senatore Pier Ferdinando Casini. “Che l’opposizione soccorra la maggioranza nell’elezione del presidente del Senato alla prima votazione è un atto di puro autolesionismo. La maggioranza parte spaccata e in questo modo, purtroppo, anche l’opposizione. Bisognerebbe consigliare un po’ a tutti qualche corso di formazione politica“, ha scritto in una nota.
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