Gli audio di Silvio Berlusconi su Vladimir Putin, sul conflitto in Ucraina, anche su Volodymyr Zelensky hanno creato non pochi problemi nella maggioranza che dovrebbe esprimere il prossimo governo. Dopo un giorno di silenzio, anche Giorgia Meloni, premier in pectore, ha fatto sentire la sua voce agli alleati. Il problema, però, è anche un altro: chi ha reso le parole del Cav di dominio pubblico?
Dentro Forza Italia non si fanno nomi, ma si indaga, si cerca di capire chi non tenga tanto al partito tanto da metterlo nei guai. Secondo Antonio Tajani, coordinatore nazionale e braccio destro di Berlusconi, possono essere stati i non eletti, ma c’è anche chi porta avanti ipotesi diverse. Di sicuro l’imbarazzo creato non si può minimizzare, e non basta neanche una nota dell’ex presidente del Consiglio a spegnere le polemiche, serve qualcosa di più.
Mancano poco meno di 24 ore al momento in cui Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Maurizio Lupi, assieme ai rispettivi capigruppo di Camera e Senato si presenteranno davanti a Sergio Mattarella per le consultazioni e, con probabilità, riceveranno anche l’incarico per la formazione del governo (che la premier in pectore dovrà accettare con riserva).
Saranno loro come da calendario, e da prassi, a essere gli ultimi a essere ricevuti dal capo dello Stato, e sono sempre loro che in questi ultimi giorni non stanno vivendo una situazione semplice. Dopo il patto della Scrofa firmato dalla futura presidentessa del Consiglio e dal presidente di Forza Italia lunedì, le cose sarebbero dovute essere tutti in discesa, specie perché i due “litiganti” avevano finalmente trovato un nuovo punto d’accordo. E invece no, così non è stato.
Perché qualcuno ha deciso di mettersi in mezzo e durante un’assemblea dei forzisti alla Camera, nel giorno in cui si sono nominati i vari capigruppo, ha pensato bene di registrare il discorso di Berlusconi sulla Russia, l’Ucraina, il conflitto tra i due Paesi, Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky e renderlo pubblico. Addirittura in due tranche.
Se già martedì le parole “rubate” al Cavaliere avevano sollevato un polverone non da poco – diceva di aver riallacciato i rapporti con l’oligarca di Mosca e di aver ricevuto in regalo 20 bottiglie di vodka -, quelle che sono state diffuse ieri hanno ulteriormente aggravato un quadro in cui l’equilibrio era già piuttosto precario.
Con eleganza e ponderatezza, Meloni è intervenuta solo in tarda serata (e solo ieri) per mettere dei paletti: no euro e no Nato nel governo non ce li vuole, ha scritto in una nota la leader di Fratelli d’Italia. A stretto giro è arrivata la risposta dell’alleato azzurro in cui ha ribadito che le posizioni europeiste e atlantiste non sono mai state messe in discussione, che quei discorsi che lo hanno messo alla ghigliottina erano da inquadrare in un contesto più ampio.
Che bastino o no dei comunicati per mettere a tacere i mal di pancia all’interno della maggioranza si vedrà più avanti, ora piuttosto c’è da capire chi tenga così poco alla formazione dell’esecutivo, o ancora, agli stessi candidati ministri e all’ex premier in persona per rendere di dominio pubblico gli audio. E quindi la caccia alle streghe.
Nessuno, da Licia Ronzulli che parla di una mossa criminale ad Antonio Tajani, colui che ci potrebbe rimettere di più dalla diffusione delle parole di Berlusconi, fa nomi; neanche Giorgio Mulè, neo eletto vicepresidente della Camera. Ma un’idea ce l’hanno, eccome.
Quella che va per la maggiore è quella del coordinatore nazionale e candidato alla Farnesina. Chiamato oggi a dover rispondere davanti al Partito popolare europeo delle parole del suo numero uno, Tajani crede che si tratti di una vendetta di quei politici che sono rimasti fuori dal Parlamento e che fino a qualche giorno fa, invece, occupavano i banchi di Palazzo Madama e Montecitorio.
È sicuramente l’ipotesi più percorribile considerato che il pubblico a cui si era rivolto il Cav era piuttosto eterogeneo, ma potrebbe anche non essere l’unica. Com’è noto, infatti, dentro Forza Italia ci sarebbero delle correnti, una più governista capitanata, appunto, dall’ex presidente del Parlamento europeo, l’altra ostile a Meloni, capeggiata, invece, dalla capogruppo del Senato. Quindi potrebbe essere uno dei suoi ad averlo fatto, giusto per far saltare in banco, ma le parole di Ronzulli dicono l’esatto contrario, e quindi no.
L’ultimo scenario è quello che vorrebbe proprio Berlusconi ad aver diffuso i suoi stessi audio per stanare la sua alleata di governo, anche questa, però, sembra un’idea troppo malsana per poter essere presa sul serio. E quindi la caccia alla talpa continua.
Così come continua il percorso della formazione di un esecutivo in cui, dicevamo, qualche casella potrebbe ancora saltare, specie quella di Tajani. Che, però, nel suo volo per Bruxelles almeno su quello è tranquillo, innanzitutto perché la sua posizione è stata concordata in primis da Berlusconi con Meloni, sia perché la stessa premier in pectore difficilmente “rimetterà in discussione tutto il quadro della compagine. Non riaprirà la trattativa ministeriale. Andrà al Quirinale con la sua lista dei ministri“.
Lista in cui oltre a lui ci dovrebbero essere anche Anna Maria Bernini al ministero delle Pari opportunità e Gloria Saccani Jotti a quello dell’Istruzione. Per l’ex capogruppo al Senato un passo indietro rispetto a quello che si vocifera prima, per la deputata, invece, un upgrade non di poco.
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