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Chi sono i migranti economici?

Chi sono i migranti economici? Perché nessuno li vuole accogliere? Ne sentiamo parlare soprattutto in Italia, che soffre maggiormente il peso dell’immigrazione sulle proprie coste mediterranee, ma anche in Europa il dibattito sull’accoglienza dei migranti è acceso. Ebbene, facciamo chiarezza su qual è la corretta definizione e il significato dei termini ‘migranti economici’, in particolar modo in contrapposizione a quelli che chiamiamo ‘migranti politici’.

Anche se ci sembra difficile, nella pratica, riuscire a fare una netta distinzione tra coloro che lasciano il proprio paese per motivi politici e quelli che abbandonano la terra natia per motivi economici, perché spesso i due ambiti si confondono, vediamo di seguito la definizione corretta e il significato delle parole ‘migranti economici‘.

CHI SONO I MIGRANTI ECONOMICI: DEFINIZIONE
I migranti economici sono persone che emigrano dal loro paese di origine per motivi economici. Possono migrare da una città all’altra – nell’ambito della stessa regione – possono migrare da una regione all’altra – nell’ambito della stessa Nazione – oppure possono migrare da una Nazione all’altra.

MIGRANTI ECONOMICI: SIGNIFICATO
I migranti economici che lasciano il loro paese di nascita volontariamente per trasferirsi in un altro posto, anche molto lontano, sono persone che migrano alla ricerca di migliori condizioni di vita e di lavoro, magari perché nella propria nazione non ci sono opportunità di guadagno. Sappiamo che senza denaro è molto complicato vivere, e se le persone non possono trovare nemmeno una prospettiva di lavoro concreta per poter badare a se stessi e alle proprie famiglie, diventa quasi una scelta obbligatoria quella di muoversi alla ricerca di un lavoro, di un impiego che possa far guadagnare qualcosa che sia simile a uno stipendio.

MIGRANTI ECONOMICI E MIGRANTI POLITICI
I migranti economici, quindi, a differenza dei migranti politici, possono rientrare in sicurezza nei loro paesi di origine (in teoria), perché non stanno scappando da una persecuzione, e la loro vita non è messa in pericolo, come invece può accadere nel caso dei rifugiati. Ma si tratta di una semplificazione estrema, perché c’è da dire che spesso, nella vita reale, non c’è nemmeno un solo fattore che porta ad emigrare, ma un insieme di motivi, e la decisione di abbandonare tutto è il più delle volte presa con enorme sacrificio e dolore.

Questa sorta di distinzione tra migranti economici e migranti politici, spesso viene strumentalizzata dai politici, che cercano di far passare il concetto che c’è una differenza in termini di merito circa la possibile accoglienza dei migranti nel proprio Stato. Per molti ci sono i ‘buoni’ (profughi e rifugiati) e i ‘cattivi’ (i poveri che muoiono di fame), che diventano ‘cattivissimi’ se professano la legge islamica.

Invece appare chiaro che non c’è alcun merito personale né a essere un perseguitato politico, né a essere un povero disoccupato senza alcun reddito che muore di fame in un Paese instabile politicamente, poggiato su un’economia fragilissima, o dove i vertici dirigenti sono corrotti. E non sorprende neanche che proprio i più indifesi, alla fine di un percorso di migrazione, vengono inghiottiti nelle pieghe di un mercato del lavoro parallelo a quello ufficiale, il mercato nero, che catapulta questi migranti in condizioni di sfruttamento disumane.

Ad esempio, i migranti africani provenienti da zone subsahariane spesso lasciano il proprio paese per sfuggire ad un conflitto o a persecuzioni, ma paradossalmente anche chi migra per cercare ‘semplicemente’ lavoro, lungo il percorso può diventare egli stesso oggetto di vessazioni e violenze gratuite.

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MIGRANTI REGOLARI E IRREGOLARI
In Italia ci si affanna a parlare di immigrazione regolare e irregolare, di potenziali lavoratori stranieri ‘importati’ da usare come manodopera ‘regolare’ e di clandestini irregolari, rei di essere affamati e di non poter richiedere lo status di rifugiato, ma nella realtà, all’interno del fenomeno delle migrazioni, motivazioni politiche e motivazioni economiche sono spesso sovrapposte. E quella che invece emerge – reale – nell’approccio europeo al tema dell’ingresso dei migranti è una costante violazione dei diritti umani perpetrata proprio da quegli stessi stati che si dicono democratici.

Kati Irrente

Giornalista per vocazione, scrivo per il web dal 2008. Mi occupo di cronaca italiana ed estera, politica e costume. Naturopata appassionata del vivere green e della buona cucina, divido il tempo libero tra musica, cinema e fumetti d'autore.

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