Les jeux sont (quasi) faits. Quasi perché, per comporre il quadro di chi saranno i candidati per le regionali in Lazio e in Lombardia, mancano solo pochissimi tasselli. Uno dei più importanti è sicuramente quello del centrodestra per il posto che fu di Nicola Zingaretti, governatore dimissionario e ora deputato in quota Partito democratico.
Non è una partita semplice, però, per la presidentessa del Consiglio, Giorgia Meloni, soprattutto perché si deve ragionare su una figura che possa battere Alessio D’Amato, l’assessore alla Sanità che tanto bene ha fatto nella gestione della pandemia da Covid. E tanti sono i nomi che sono circolano e circoleranno fino a quando non sarà la leader di Fratelli d’Italia a prendere la situazione di petto, un po’ come è stato in Lombardia in cui ormai il governatore uscente, Attilio Fontana, è certissimo di essere il candidato delle forze di maggioranza.
In Lombardia, dove di fretta ce ne doveva essere di meno, il quadro è chiaro. Il centrodestra, per le regionali in programma nel 2023, schiererà il governatore uscente, Attilio Fontana, in quota Lega, il centrosinistra (senza il MoVimento 5 stelle, che ha un peso specifico quasi irrisorio) punterà su Pierfrancesco Majorino e il terzo polo proverà a far saltare il banco con Letizia Moratti. Nessuna novità, insomma.
Nel Lazio, la situazione è decisamente più complicata. Finora, infatti, l’unica candidatura arrivata è quella dell’assessore uscente alla Sanità, Alessio D’Amato, alias “Mister Vaccino”. Ecco, dall’uomo di Nicola Zingaretti, governatore dimissionario, partono diverse e importanti considerazioni.
Una è tutta interna alle opposizioni, al campo largo che dir si voglia, perché sì, il farmacista ha avuto il benestare del Partito democratico, ma potrebbe ricevere anche quello di Carlo Calenda e Matteo Renzi, andando a correre come candidato unitario, da cui però si terrà fuori il movimento di Giuseppe Conte – che ancora deve decidere che ne sarà della regione con il secondo Pil in Italia. Non tutto può succedere, è vero, diciamo che qualcosa potrebbe accadere, però.
L’altra questione, invece, riguarda la maggioranza di governo, e parte da chi potrebbe contrapporre e quindi vincere le elezioni (che non si sa quando saranno) e la velocità nella decisione. Di grattacapi e impegni istituzionali, la presidentessa del Consiglio, Giorgia Meloni, ne ha avuto parecchi nel (quasi) primo mese di governo ma, come anche, pare, hanno suggerito gli alleati, trovare una sintesi al più presto potrebbe essere fondamentale per mettere con le spalle al muro gli avversari, approfittando quindi della consueta frattura, ma anche per non dare ulteriore vantaggio in una regione che governano da dieci anni.
Come rovescio della medaglia, però, c’è una fretta che fa da cattiva consigliera. E l’esempio più recente e più emblematico è stato dato con la candidatura di Enrico Michetti come sindaco di Roma Capitale, battuto quasi senza appello da Roberto Gualtieri al ballottaggio appena un anno fa per il posto di numero uno in Campidoglio.
Per questi motivi, la rosa dei pretendenti al ruolo che fu dell’ex segretario del Pd si sta restringendo giorno dopo giorno. Alla Lega, piace Francesco Rocca, civico e già presidente della Croce Rossa Italiana, ma ci sono anche Chiara Colosimo e Fabio Rampelli, entrambi in quota Fratelli d’Italia, a tenere banco. Soprattutto, la fedelissima della premier potrebbe aver scalzato dalla prima posizione nelle preferenze il vice presidente della Camera.
Questo pare sia dovuto alle critiche al termovalorizzatore, esposte nel collegamento da remoto con il consiglio tematico del IX Municipio, e che non sono piaciute soprattutto alla sua numero uno, di cui tra l’altro è stato anche uno dei mentori. “Su un tema così sensibile – sono le voci che filtrano dalla coalizione di centrodestra – avrebbe fatto meglio a non esporsi“. Certo, c’è da considerare anche il forte radicamento sul territorio di Rampelli, e questo non può non essere considerato.
Accanto a loro, in ogni caso, oltre a degli outsider, c’è una carta che si sta tenendo di proposito nascosta per poi essere tirata fuori sul più bello, ed è sponsorizzata direttamente da Forza Italia, nella fattispecie dal senatore Maurizio Gasparri, anche lui uno dei vicepresidenti di un ramo del Parlamento. Secondo le voci che si rincorrono, ancora, che possono essere smentite oppure no, tra i più papabili ci dovrebbe essere, secondo quanto riportano dal Corriere della sera, Paolo Trancassini, che è coordinatore regionale di FdI e questore anziano dell’aula di Montecitorio.
Fuori dai giochi, sempre proveniente dal partito di Meloni, il cognato Francesco Lollobrigida. Già eletto come capogruppo alla Camera, nel giro di qualche giorno ha traslocato tutto per prendere il posto di ministro dell’Agricoltura e del Made in Italy, ruolo che non gli sta dispiacendo per nulla e in cui rimarrebbe ben volentieri. Tornando allo schieramento di Silvio Berlusconi, c’è un altro nome su cui vorrebbero puntare la loro fiches: l’ex senatore Francesco Giro, che è vicino sia alla capa del governo, sia a Matteo Salvini, e praticamente accontenterebbe tutti. Tranne gli altri papabili, ovvio.
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