Un scandalo gay nella Chiesa rischia di gettare benzina sul fuoco e far scoppiare un nuovo caso. Siamo a Roma, nella chiesa dei Carmelitani Scalzi dedicata a Teresa d’Avila, fondatrice dell’Ordine: in una lettera, consegnata a luglio a tutte le autorità, compreso Papa Bergoglio, circa cento fedeli hanno denunciato rapporti omosessuali di almeno un padre della Curia Generalizia con prostituti gay. Il tutto con il silenzio complice di almeno tre superiori che avrebbero tollerato gli incontri a sfondo sessuale con “adulti vulnerabili”, come li definiscono i parrocchiani. In particolare, l’uomo che avrebbe avuto rapporti sessuali con il parroco, sarebbe un “marchettaro” noto a Villa Borghese che nel 2006 è stato vittima di un’aggressione proprio nel parco. I quattro protagonisti del presunto scandalo e i tre sacerdoti della basilica sono stati allontanati dalla chiesa romana e ora i fedeli temono il silenzio della Curia sul caso.
La magistratura ha aperto un fascicolo sul caso, senza ipotesi di reato e a carico di ignoti, ma la tensione nella chiesa di santa Teresa è ormai altissima. Come racconta il Corriere, sul sagrato della chiesa, si affrontano faccia a faccia tra urla e qualche spintone di troppo, il gruppo dei 110 fedeli che hanno scritto la lettera di denuncia, guidati dal portavoce Giuseppe del Ninno, e gli altri parrocchiani contrari alla loro iniziativa. Poco prima dell’estate, il Superiore generale dei Carmelitani, padre Saverio Cannistrà, decide di trasferire i quattro padri della Curia implicati nel presunto scandalo, oltre a tutti i sacerdoti della Basilica: si tratta del parroco, padre Angelo, trasferito a Trieste; il viceparroco, padre Alessandro, molto amato nel quartiere, partito per Bruxelles; l’ausiliario padre Ferdinando.
Per i parrocchiani non è un semplice trasferimento, ma un tentativo di insabbiare lo scandalo da loro denunciato: così 110 di loro scrivono la lettera in cui parlano di rapporti omosessuali con “adulti vulnerabili”, persone cioè con diversi problemi, per almeno un padre della Curia, coperto dal silenzio complice di altre personalità della chiesa. Nello scritto, si parla anche dell’ingresso laterale della Curia lasciato aperto di notte per permettere al parroco e ai prostituti di muoversi in libertà.
La missiva viene consegnata a padre Cannistrà, senza ricevere risposta. A quel punto, la stessa lettera viene girata alle autorità di più altro grado: il cardinale vicario, Agostino Vallini, il prefetto della congregazione per gli istituti di vita consacrata, Braz De Aviz, il Segretario di Stato Paolo Parolin e, per conoscenza anche a Papa Francesco. Risultato? Nessuno. I trasferimenti sono stati spiegati come “normali avvicendamenti”, mentre dello scandalo gay non si vuole parlare.
A quel punto la vicenda inizia a uscire dalle strade del quartiere romano e approda sui media, a pochissima distanza dal coming out di Krzysztof Charamsa, il prete teologo e ora ex membro della Congregazione per la dottrina della fede a ridosso del Sinodo sulla Famiglia.
Il caso potrebbe aprire un nuovo scandalo nella Chiesa cattolica; la Procura sta indagando, anche perché l’uomo che avrebbe avuto rapporti sessuali con il padre della Curia, ha subìto un’aggressione nel 2006 che lo ha lasciato privo di un occhio. Lo ha raccontato lui stesso al Corriere della Sera: il rapporto con il rappresentante della Curia, conosciuto nei giardini di Villa Borghese nella zona frequentata dai prostituti gay, è durato per anni, tra incontri segreti (di cui sapevano in molti, dice), e uso di droghe come il popper. Poi l’aggressione, sempre a Villa Borghese, la confessione della relazione sessuale con il prelato ai suoi superiori e il silenzio complice degli stessi. La Procura sta indagando soprattutto per capire se dietro l’aggressione ci siano dei collegamenti con quanto denunciato dai parrocchiani.
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