Lo scorso 27 gennaio la Commissione Giustizia della Camera ha votato, approvandola, una proposta di riforma del Tribunale della famiglia che sopprime il Tribunale per i minorenni e l’Ufficio delle Procure Minorili, accorpandoli ai Tribunali ordinari, i quali vedranno invece la nascita di specifiche sezioni dedicate alla persona, alla famiglia e ai minori. Scompare dunque il tribunale dei minorenni come lo conosciamo, ufficialmente con lo scopo di riformare il processo civile, accorpare le competenze e razionalizzare le spese, ma in tanti temono il rischio di un disastro sociale. Ecco perché.
L’emendamento in questione è stato approvato in commissione Giustizia alla Camera, firmato dalla presidente Donatella Ferranti del Pd, che ha fermamente difeso la decisione gettando acqua sul fuoco delle polemiche, e ha tenuto a precisare: ”Non si tratta di un’abrogazione secca e basta, ma di un trasferimento che comporterà una valorizzazione attraverso una maggiore specializzazione” dei tribunali ordinari, presso i quali verranno istituiti sezioni circondariali e distrettuali specializzate per la persona, la famiglia e i minori. In riferimento a come erano concepiti prima i tribunali, Ferranti ribadisce: ”E’ una separazione che non ha più senso, frutto solo di un aggravio di burocratizzazione”.
Dal giorno dell’approvazione, tuttavia, sono in tanti ad aver commentato questa novità in maniera critica, lanciando anche un allarme circa il futuro della nostra società.
”Si buttano alle ortiche cinquant’anni di cultura minorile in Italia e a Genova: non lavoriamo come la giustizia ordinaria, per noi al centro non c’è il fatto, il reato, per noi al centro c’è il ragazzo, il bambino”, afferma il procuratore dei Minori di Genova, Cristina Maggia, già vicepresidente dell’Aimmf, l’associazione nazionale dei magistrati per i minorenni e per la famiglia, che non a caso parla di ”disastro”, perché se è vero che il cambiamento è stato ideato per razionalizzare i costi, come ripetuto da Maggia, ”invece non si comprende che, tra cinque anni, i costi che pagheremo in termini sociali e anche economici saranno altissimi. Questo è un disastro”.
Le fa eco Susanna Marietti, coordinatrice nazionale dell’associazione Antigone, che si batte per i diritti e le garanzie nel sistema penale e penitenziario, e spiega che i magistrati minorili sono ”giustamente preoccupati. La specializzazione del lavoro da loro portato avanti fino a oggi rischia di perdersi nel nulla. Le ragioni del risparmio non possono guidare materie delicate come queste, dove in ballo c’è il futuro di noi stessi, ci sono le nuove generazioni, ci sono i procedimenti penali nei confronti dei ragazzi autori di reato ma anche i procedimenti civili a tutela dei bambini in difficoltà, ci sono le competenze in materia di abbandono, di adozione, di decadenza della responsabilità genitoriale e via dicendo. Cose troppo importanti per entrare in quella che eufemisticamente viene qualificata come razionalizzazione della spesa”.
Nella speranza che il legislatore voglia tornare sui suoi passi, l’associazione Aimmf ha approvato un documento in cui si chiede alla Commissione giustizia della Camera di cancellare l’emendamento Ferranti. Maggia ricorda che a metà marzo magistrati, avvocati, sindacati, operatori sociali e sanitari, stanno organizzando una giornata di studio per lanciare l’allarme e mettere in guardia sugli effetti dell’emendamento “Ferranti” al ddl delega del governo sulla riforma del processo civile e della famiglia e dei minori. Perché il problema è sociale: ”Perderemo la nostra autonomia, si disperderanno competenze specifiche perché a capo del gruppo specializzato ci potrà finire anche chi non ha competenze specifiche. Qui parliamo di minori, ci occupiamo di tutela, protezione e recupero, ma sotto un procuratore ordinario della Repubblica i minori finirebbero nel dimenticatoio. Schiacciati dall’accumulo di pratiche ordinarie. Qui ci vuole tempo e specialità. Quando il Tribunale dei minori emette una condanna, abbiamo perso tutti”.
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