Nuove frontiere di cura per l’Alzheimer, partendo da un farmaco ideato per il Parkinson, denominato rotigotina.
La rigotina, che funge da farmaco per il trattamento del Parkinson, potrà essere utilizzato anche per l’Alzheimer. Per tale patologia degenerativa, dunque, si aprono nuovi spiragli e si delineano nuove speranze ai fini di un diverso decorso della malattia. Ciò è possibile grazie a uno studio internazionale coordinato dalla Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma.
Un nuovo studio internazionale, condotto dalla Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma pone al centro dell’analisi la rigotina, farmaco già usato per il trattamento della malattia di Parkinson e che potrebbe fornire ulteriori speranze nell’affrontare l’Alzheimer.
Un trial internazionale, messo in piedi con l’organizzazione no-profit Alzheimer Drug Discovery Foundation (ADDF) al fine di dare nuove speranze a questo campo, per la cui ricerca saranno coinvolti 350 pazienti. Il farmaco in questione ha già avuto approvazione come medicinale anti-Parkison.
La ricerca fa leva su un budget di 3,5 milioni di dollari e fa leva sugli studi del neurologo Giacomo Koch che, insieme al suo team, ha messo sul tavolo dei risultati estremamente positivi.
Da questi ultimi, infatti, il professore ordinario dell’Università di Ferrara – insieme alla sua équipe ha mostrato che possono esserci dei miglioramenti in relazione alle funzioni cognitive nei soggetti affetti da malattia di Alzheimer, di grado lieve e/o moderato, secondo quanto riporta l’IRRCS.
Il professor Koch ha publicato un suo lavoro su Jama Networrk Open, nel 2020, in cui ha sottoposto 94 pazienti all’assunzione di rotigotina – affiancata alle cure tradizionali – riscontrando dei miglioramenti per quel che concerne le funzioni esecutive.
Come spiega Koch, i trattamenti che attualmente esistono per far fronte alla malattia di Alzheimer “agiscono sul neurotrasmettitore acetilcolina“.
Lo studioso sottolinea il fatto che “la ricerca preclinica ha rilevato un ruolo chiave anche nel neurotrasmettitore dopamina, che è il più grande modulatore della plasticità cerebrale”.
Pertanto, questo nuovo strumento andrebbe ad affiancarsi alla “terapia standard”, al fine di sottoporre a miglioramento “i circuiti della memoria“.
La rotigotina, inoltre, come spiega Koch, migliorerebbe anche le funzioni cognitive legate al lobo frontale, chiamate “funzioni esecutive“.
Secondo quanto spiega il neurologo, potrebbe avere “un impatto sulla autonomia della vita quotidiana” delle persone che ne sono affette e, quindi, alleggerire il lavoro dei caregiver.
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