Li Yi-yi era una studentessa dai lineamenti gentili e dai lunghi capelli che amava portare sciolti. Li Yi-yi si è ammazzata saltando giù da un cornicione nella città di Qingyang, nel cuore della Cina. Nelle sue orecchie, le urla dei soccorritori che la imploravano di non farlo, ma anche gli sghignazzi e le incitazioni degli stupidi che dalla strada le urlavano di saltare e farla finita una buona volta.
Li Yi-yi si è uccisa il 21 giugno scorso, ma era già morta dentro da quando a 16 anni un professore aveva superato quella linea che non va mai oltrepassata: era una mattina del 2016 e la ragazza, piegata da un gran mal di pancia, aveva chiesto di uscire dall’aula per andare in infermeria. Il professor Wu Yonghou l’aveva lasciata andare, ma poco dopo l’aveva seguita.
[didascalia fornitore=”altro”]La città di Qingyang è nella provincia nord-occidentale del Gansul, nel cuore della Cina[/didascalia]
La ragazza è stesa su un lettino. Il professor Wu si avvicina, si china su di lei, l’accarezza, la stringe, la bacia sulle labbra, le mordicchia le orecchie. Li Yi-yi è come paralizzata. Il professore ne approfitta e inizia a spogliarla. Improvvisamente si apre la porta ed entra un altro professore. Fine dell’incubo? No.
Il giorno dopo la giovane informa le autorità scolastiche, le quali impongono al docente di scusarsi. Li Yi-yi è costretta a tornare a frequentare giornalmente le lezioni con Wu Yonghou. La ragazza non ci sta e scrive una lettera alla Corte del Popolo di Qingyang. Secondo la CCTV, TV di Stato, l’insegnante trascorre 10 giorni in galera e a Li Yi-yi vengono offerti 350 mila yuan (46mila euro) per ritirare le accuse. Proposta che lei respinge.
China Times però racconta un’altra versione, secondo la quale il professore avrebbe ammesso di aver toccato la sua alunna solo per accertarsi delle sue condizioni. Secondo China Times il professore se la sarebbe cavata senza multe e senza galera.
Comunque siano andate le cose, Li Yi-yi scivola verso l’oscurità: una commissione medica mette nero su bianco che la ragazza soffre di depressione e stress post traumatico. I giudici però minimizzano e sostengono che non ci siano legami fra lo stato di Li e le molestie subite.
Li un giorno salta giù da un palazzo. Un tentativo di suicidio riuscito, dopo un altro andato a vuoto qualche mese prima.
La Cina scopre le molestie ai danni delle studentesse: sul social network Weibo le confessioni di esperienze simili a quella di Li spuntano una dopo l’altra. Solo pochi mesi fa una giornalista cinese ha fatto un sondaggio (con campione non scientifico sia chiaro), fra le colleghe e in poche ore ha scoperto con sgomento che 255 colleghe, l’80% del campione, avevano subito molestie sessuali.
Le attiviste cinesi si domandano ancora perché il movimento #MeeTo non abbia attecchito nel Paese del Dragone.
L’unica, magrissima, consolazione è che gli idioti che hanno urlato a Li di saltare sono finiti sotto inchiesta per istigazione al suicidio.
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