Si è tenuto a Padova il VII Forum interregionale sul compostaggio e la digestione anaerobica, organizzato dal Consorzio Italiano Compostatori (CIC): durante la giornata, in cui erano presenti tutti i principali addetti ai lavori, si è discusso del futuro del settore, illustrando dati, criticità e necessità di un settore aperto all’innovazione e alle sfide del futuro. In particolare è emersa la volontà di inserire l’intero comparto sempre di più all’interno una strategia di sviluppo economico nazionale che tenga conto dei principi della circular economy: proviamo a vedere insieme i punti chiave emersi dal forum, i dati in Italia e in Europa e le richieste del CIC.
Economia circolare è una definizione che sottintende la capacità di un sistema di rigenerarsi da solo, e che trova la sua piena corrispondenza ideologica e pratica nel settore del riciclo dei rifiuti: da parte dei principali attori del settore è giunta la richiesta di una normativa chiara che sblocchi e aiuti le imprese a trasformare gli impianti in bioraffinerie. Il presidente del CIC Alessandro Canovai sottolinea che ‘è necessario affrontare sfide impegnative, quali l’opposizione all’estenuante ed ingiustificato tentativo di sottrazione di sfalci e potature dalla normativa sui rifiuti, e la lentezza del cammino normativo verso l’upgrading e la valorizzazione del biometano‘, e per questo motivo il Consorzio punta ad un confronto con il Ministero dello Sviluppo Economico affinché si realizzi l’obiettivo di ridefinire entro la fine del 2016 la normativa relativa agli incentivi, rassicurando le aziende che hanno già sostenuto importanti investimenti in questa direzione.
Bioraffinerie
Cosa intende il CIC per bioraffinerie? Il Consorzio chiede sostegno agli organismi nazionali ed europei affinché le aziende, gli impianti di compostaggio e di biogas rappresentino sempre più una frontiera dell’innovazione: nel loro insieme, tutti gli agenti del comparto costituiscono un’enorme bioraffineria costituita da produzione di fertilizzanti, organici, organo-minerali, substrati, e via discorrendo, produzione di biometano e infine ricerca di nuovi prodotti da valorizzare a livello industriale, trasformando così il rifiuto organico di partenza in un nuovo elemento da sfruttare, seguendo appunto il principio dell’economia circolare. Ma per fare questo c’è bisogno del sostegno delle istituzioni.
Compost in Italia
In base al Rapporto Rifiuti Urbani 2015 di Ispra emerge l’importanza del rifiuto organico nel sistema di raccolta e trattamento degli scarti: in Italia il numero complessivo si attesta intorno ai 6 milioni di tonnellate l’anno di materiale raccolto, che incide per il 43 per cento in tutta la filiera produttiva della raccolta differenziata del Paese, e la tendenza è quella di una crescita continua, con un incremento della frazione umida del 9,5 per cento in un solo anno. Tutto questo all’interno di un contesto europeo generalizzato di una diminuzione della produzione dei rifiuti urbani, in cui l’Italia rappresenta un esempio virtuoso: ma per raggiungere l’obiettivo ambizioso di una sempre maggiore raccolta differenziata, parallelamente ad una progressiva diminuzione dei rifiuti prodotti, prerogativa indispensabile è un filiera produttiva incentrata soprattutto sulla frazione dell’umido.
Il CIC ha portato all’attenzione europea, durante i lavori per la discussione sulla Circular Economy promossa dalla Commissione Europea nel febbraio 2016, il caso virtuoso della raccolta dell’organico nella città di Milano, la più grande città al mondo che ha esteso a tutti gli abitanti la raccolta differenziata dell’umido superando anche San Francisco, risultando la metropoli italiana con la percentuale complessiva di raccolta differenziata più alta, il 53 per cento nel 2015. L’importanza ambientale di questi risultati è fondamentale: si calcola infatti che raccogliere l’umido e trasformarlo in fertilizzante consenta di risparmiare 1,4 Mt di CO2 equivalente/anno rispetto al conferimento in discarica.
La produzione dei rifiuti urbani in Europa
Sempre il rapporto Ispra ci informa sul contesto europeo, partendo dalla serie storica dei dati Eurostat sui rifiuti urbani, che riporta, nel 2015, una tendenza alla diminuzione della produzione di rifiuti urbani iniziata negli anni precedenti: da un’analisi dettagliata dei dati nei 28 Paesi Ue, spiccano le flessioni registrate a Cipro (-7,1 per cento), in Bulgaria (-6,8), in Polonia (-6,5) e in Ungheria (-6,3). Ma se andiamo ad evidenziare i Paesi maggiormente popolati, la riduzione più consistente viene registrata in Spagna con un -4,4 per cento, seguita proprio da Italia e Francia, con riduzioni pari, rispettivamente, all’1,4 per cento e allo 0,5 per cento. Stabile la Germania, mentre l’unico dei grandi Paesi Ue in controtendenza è il Regno Unito, in cui la produzione cresce dell’1,6 per cento. Complessivamente la quantità di rifiuti prodotta in questi ultimi 5 Stati ammonta nel 2013 a circa 166 milioni di tonnellate, circa 1,1 milione di tonnellate in meno rispetto all’anno precedente, ed è pari al 68,2 per cento della produzione dei 28 Stati Ue.