Il conflitto tra Cisgiordania e Israele è ormai noto da tempo, ma le vicende capitate in questi mesi hanno riacceso contrasti che si sono tramutati in guerriglia e attacchi ripetuti, provocando morti e feriti. Si apprende che nella città di Jenin è stata uccisa una ragazza palestinese di 16 anni dall’esercito israeliano.
I contrasti armati che si stanno accentuando e moltiplicando, negli ultimi mesi hanno provocato nuovamente tensioni che sono sfociate in proteste in guerriglia. Il vecchio conflitto tra coloni e israeliani nei confronti della Cisgiordania e della Palestina non si è mai concluso ma bensì sempre più alimentato e la causa è in primis appoggiata dal governo israeliano, dove Netanyahu è stato rieletto presidente. Gli attriti tra le due fazioni contrastanti non hanno mai smesso di essere presenti e gli attacchi armati di entrambe le nazioni sono stati condannati duramente dalle autorità internazionali e dalle associazioni umanitarie.
Una guerra tra etnie differenti che sembra non avere fine, nonostante siano stati adiacenti, la pace non è mai stata di casa in questa zona del Medio Oriente. Il governo israeliano ha sempre portato avanti una campagna denigratoria nei confronti del popolo della Cisgiordania e più precisamente nei confronti dei musulmani che da sempre vengono demonizzati e visti come ostili. La faida tra israeliani ebrei estremisti e milizie islamiche fondamentaliste è in essere da tantissimo tempo.
La Palestina e il suo popolo sono stati invasi e colonizzati dalle milizie israeliane e dai coloni ma la Cisgiordania e le milizie palestinesi hanno sempre risposto alla violenza e crudeltà con la stessa moneta. Scontri armati, raid e attacchi aerei sono ormai consuetudine e i morti in questo conflitto sono moltissimi, molti dei quali civili.
Dopo la rielezione di Netanyahu come capo di stato in Israele, ottenuta con la maggioranza grazie all’unione con l’estrema destra e a politici ritenuti fino ad oggi criminali e estremisti pericolosi. Ovviamente hanno avuto un ruolo importante in parlamento anche questi politici, come ad esempio esponenti del partito Ben-Gvir, con il risultato che la politica discriminatoria ha subito un’ulteriore accelerazione. Le ultime settimane hanno mostrato nuovi importanti scontri che sono andati via via crescendo, rivelando un quadro complicato e che rischia di sfociare in guerre già viste e dall’esito già noto.
Israele è sostenuto da un importante esercito che ha anche il sostegno Usa, il quale fornisce aiuti militari e economici e la loro partnership è consolidata e radicata. L’esercito israeliano si è sempre messo in prima linea contro i gruppi di terroristi islamici che hanno basi in Israele ma non solo perché è in prima linea contro l’Iran.
La Cisgiordania e la Palestina si difendono sia dai coloni che tentano di occupare il territorio e quindi formano milizie non governative affiliandosi alle forze estremiste islamiche ma anche ovviamente da Israele che non fa distinzioni e attacca compenso anche moltissimi civili.
Un attacco terroristico avvenuto in Israele, che ha portato alla morte militari israeliani, ha scatenato l’esercito che ha attaccato copiosamente la zona di Jenin per colpire insediamenti di estremisti palestinesi. Nella notte, dopo vari botta e risposta armati degli ultimi giorni, Israele ha compiuto un raid che ha portato alla morte anche civili non immischiati in questioni militari e non affiliati a nessun gruppo.
Una ragazza di 16enne Jana Zakaran, che si trovava sulla terrazza di casa a Jenin, è stata raggiunta da un colpo alla testa e uccisa. La conferma della sua morte è arrivata dall’ospedale governativo Khalil Suleiman. Israele ha anche tratto in arresto in Cisgiordania 18 palestinesi. La zona di Jenin è una di quelle maggiormente prese di mira da Israele e la popolazione piange morti civili costantemente.
La striscia di Gaza è abitata da palestinesi che da oltre 15 anni vivono costretti al sovraffollamento e in condizioni di precarietà assoluta. La striscia di Gaza viene definita da molti esperti di politica la più grande prigione a cielo aperto del mondo e una delle zone più isolare che esistano attualmente.
La tensione crescente tra i gruppi israeliani e i gruppi islamici ha ridotto la popolazione di Gaza allo stremo e la popolazione deve fare i conti con costanti privazioni come per esempio nel mercato del pesce. La pesca è una delle attività più produttive insieme al confezionamento del pesce che viene anche esportato poi nei territori della Giordania.
Il governo israeliano però ha cominciato a mettere sempre più divieti marittimi e a lasciare meno zone dove poter pescare al popolo palestinese intaccando anche l’unica attività economica che continuava ad avere un certo rendimento. Si tratta di un rendimento che non porta ricchezza ma che serve al sostentamento del popolo.
Un editoriale di Haaretz riporta una descrizione attuale della situazione: “Da oltre 15 anni, più di 2 milioni di persone vivono sotto assedio, in condizioni di penuria e sovraffollamento, su un territorio che ha subito periodiche campagne di distruzione. E come se non bastassero il blocco terrestre e le difficoltà di entrare in Israele per lavoro, c’è anche la totale disconnessione dalla Cisgiordania. In In questo momento 7 persone su 10 a Gaza dipendono dagli aiuti umanitari per far fronte ai bisogni essenziali di ogni giorno. Il controllo di Israele sulla Striscia è pressoché totale e si spinge a livelli paradossali e punitivi nei confronti della popolazione. Pensiamo alle regole sull’esportazione di pomodori, che di fatto impediscono ai produttori di vendere ciò che hanno coltivato. Rivolgiamo un appello al Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, affinché una revoca immediata del blocco su Gaza divenga prioritaria nell’agenda internazionale”.
Jack Khoury ha poi proseguito spiegando che: “la giustificazione questa volta è di tipo sanitario: Israele teme che il pesce proveniente da Gaza possa nuocere alla salute degli israeliani. È emerso che non solo i palestinesi spaventano gli israeliani, ma anche il loro pesce è pericoloso. E come per ogni minaccia alla sicurezza che lo Stato ritiene giustifichi l’uso inaccettabile della punizione collettiva, anche in questo caso il fatto che i pescatori di Gaza non avessero alcun legame con il tentativo di contrabbando non ha impedito a Israele di imporre l’ennesima punizione collettiva all’intera Striscia. A Gaza ci sono circa 5.000 pescatori attivi, mentre altre 500 persone lavorano nell’allevamento e nel confezionamento del pesce. Ogni settimana circa 80 tonnellate di pesce vengono inviate in Cisgiordania e da lì una parte viene esportata in Giordania. Dato l’alto tasso di disoccupazione di Gaza e la mancanza di altre fonti di reddito, la pesca è una delle ultime industrie produttive rimaste nel territorio. Tuttavia, Israele sta accumulando difficoltà anche per le persone che lavorano in questo campo”.
L’associazione Oxfam che da anni opera sul campo ha affermato: “In questo momento 7 persone su 10 a Gaza dipendono dagli aiuti umanitari per far fronte ai bisogni essenziali di ogni giorno. Il controllo di Israele sulla Striscia è pressoché totale e si spinge a livelli paradossali e punitivi nei confronti della popolazione. Pensiamo alle regole sull’esportazione di pomodori, che di fatto impediscono ai produttori di vendere ciò che hanno coltivato. Rivolgiamo un appello al Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, affinché una revoca immediata del blocco su Gaza divenga prioritaria nell’agenda internazionale”.
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