Oggi fugheremo un altro dubbio grammaticale che assale un po’ tutti: si dice ciste o cisti? Innanzitutto, diciamo subito che la risposta più corretta è la seconda. Il termine cisti deriva dal latino medievale – cystis – ed è un nome singolare; come quasi tutti nomi singolari che terminano in -i, è femminile (ad esempio, l’artrosi, la cisti, la metatesi, la metastasi, la parafrasi, la perifrasi, etc.) e al plurale resta invariabile (quindi, le artrosi, le cisti, le metatesi, le parafrasi e così via).
Nel mondo degli autorevolissimi cultori della lingua italiana, però, comincia a farsi strada l’idea che entrambe le forme possano essere corrette. Secondo il dizionario Sabatini-Coletti, il termine ciste è altrettanto giusto, sebbene sia meno frequente e meno utilizzato di cisti; questa teoria viene sostenuta e rafforzata dall’altrettanto prestigioso dizionario Treccani che, non solo rivendica l’esistenza di entrambe le forme, ma sottolinea, inoltre, la presenza di una terza variante, cistide, che che risulta essere ancora meno comune delle due più diffuse.
Queste teorie portano a fare una riflessione: la correttezza non solo di due, bensì di tre varianti, dipende probabilmente dall’influenza che la lingua parlata, con tutte le sue sfumature, può avere sulla lingua scritta, fino a modificarla, smussarla e persino cambiarla. Una cosa è certa: i vocabolari non sono avulsi dalla realtà, ma, anzi, registrano e incamerano i cambiamenti che prendono forma dall’utilizzo che chi parla fa della lingua scritta; qualcosa è cambiato rispetto al passato: oggigiorno, infatti, non sono più le autorevoli accademie a decretare la correttezza di un termine, ma il gergo quotidiano.
Le scuole (come la celeberrima Accademia della Crusca), sebbene siano state un punto di riferimento per la lingua italiana, si limitano a registrare e attestare il cambiamento di un sintagma. Un tale ragionamento non comporta la perdita di qualsivoglia regola grammaticale, ma dimostra come anche gli autorevolissimi cultori della lingua italiana non siano chiusi nelle loro torri d’avorio, ma si adattino al mutare dei tempi, riconoscendo come corrette anche le forme meno diffuse nella lingua scritta, ma entrate negli usi della lingua parlata.
Tornando al quesito iniziale, resta ferma la correttezza assoluta del termine cisti, ma è d’uopo segnalare che le varianti ciste e cistide sono altrettanto esatte. Ma cos’è questa cisti? Ecco la definizione del dizionario Treccani:
1. In medicina, cavità abnorme, in genere rotondeggiante, munita di pareti proprie, congenita o acquisita, a contenuto solido, semisolido o liquido. In particolare, cisti sierosa, contenente liquido sieroso, fluido, chiaro; cisti parassitaria, dovuta a speciali parassiti (cestodi), comuni all’uomo e agli animali, che si annidano nei tessuti (fegato, polmoni, cervello) allo stadio larvale; cisti sebacea, formazione cistica di varia grandezza, contenente sebo, che si produce in corrispondenza di una ghiandola sebacea per occlusione del suo sbocco; cisti ovarica, a carico dell’ovaio. 2. In zoologia: a. Lo stesso che forma cistica (vedi cistico). b. Stadio della vita di vermi parassitari (trematodi, cestodi), che si intercala nel loro ciclo biologico.
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