La prof transgender – che lo scorso giugno si tolse la vita appiccando un rogo nella roulotte in cui viveva – avrebbe scelto in piena autonomia e senza alcuna costrizione di porre fine alla sua esistenza.
È questa la conclusione a cui è giunta la Procura di Belluno, che ha archiviato il fascicolo d’indagine sulla scomparsa dell’insegnante veneta. La 58enne – al secolo Luca Bianco – un giorno si presentò nella scuola in cui insegnava in abiti femminili, facendo outing con alunni e colleghi.
Cloe Bianco era un’insegnante di Fisica in un Istituto superiore di San Donà di Piave, Venezia. Prima di essere Cloe, era Luca, ma in quelle vesti e in quel nome Cloe non si era mai riconosciuta.
Una mattina del 2015 era entrata nella classe in cui insegnava vestita da donna e aveva chiesto a studenti e colleghi di essere chiamata Cloe, da quel giorno in poi. Una scelta non facile, che le era costata 3 giorni di sospensione, per la quale aveva anche fatto ricorso in Tribunale. I giudici però non avevano accolto la sua richiesta, soltanto perché la sua transizione, definita una «legittima scelta identitaria», di fronte agli studenti, era stata considerata improvvisa.
«Se tempi e modi di tale scelta fossero stati attuati diversamente, sarebbe stata responsabile, corretta e consona alla funzione di docente»
si legge nella sentenza.
Una mattina del giugno scorso, la docente – originaria di Marcon, provincia di Venezia – ha deciso di mettere fine a un’esistenza costellata di pregiudizi, e si è data fuoco nel camper che lei utilizzava come casa. Cloe Bianco è morta carbonizzata e quando il mezzo è stato trovato, di lei e della sua vita non restava che un cumulo di cenere. La morte della professoressa era stata però una morte annunciata. Sul blog, che Cloe scriveva di suo pugno, aveva dato sfogo ai suoi pensieri, annunciando quanto si sarebbe compiuto di lì a breve.
«Subito dopo la pubblicazione di questo comunicato, porrò in essere la mia autochiria, ancor più definibile come la mia libera morte. In quest’ultimo giorno ho festeggiato con un pasto sfizioso e ottimi nettari di Bacco, gustando per l’ultima volta vini e cibi che mi piacciono. Questa semplice festa della fine della mia vita è stata accompagnata dall’ascolto di buona musica nella mia piccola casa con le ruote, dove ora rimarrò».
Dopo mesi d’indagine, l’inchiesta sulla sua morte si chiude senza condanne né condannati. Secondo la Procura di Belluno, infatti, nessuno ha la responsabilità di avere istigato al suicidio la professoressa. I giudici ritengono che non vi siano elementi a sostegno della tesi che il suicidio dell’ex insegnante sia stato indotto da pressioni ricevute dall’esterno.
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