Il nuovo Codice antimafia è legge. La riforma, passata alla Camera con 259 sì ma tra qualche polemica, si pone l’obiettivo di velocizzare le misure di prevenzione patrimoniale e di garantire più trasparenza nella scelta degli amministratori giudiziari. Include nella lista dei possibili destinatari dei provvedimenti anche corrotti, terroristi e stalker, e modifica l’Agenzia per i beni sequestrati.
La riforma del Codice antimafia, diventata legge, è una “svolta”, secondo il ministro della Giustizia Andrea Orlando, in quanto ci saranno “più strumenti contro la mafia e più trasparenza”.
“È un regalo al Paese”, annuncia il presidente della commissione Antimafia Rosy Bindi.
259 voti a favore (quelli di Pd, di Mdp, e centristi di Ap e di Sc). Contrari Forza Italia e Fratelli d’Italia. Secondo il forzista Francesco Paolo Sisto, la riforma del Codice antimafia è «una slavina, il peggior danno fatto alla giustizia in questa legislatura». Mentre Renato Brunetta grida all'”abominio” perché “si porta tutto sul piano penale”. Contrari anche i 5 Stelle, che avrebbero voluto una riforma più dura.
Ma vediamo cosa cambia con il nuovo Codice antimafia.
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Codice antimafia, cosa cambia con la riforma
La cerchia dei possibili destinatari di misure di prevenzione si allarga a chi commette reati contro la pubblica amministrazione come peculato, concussione e corruzione (ma solo in caso di reato associativo). Insomma, a rischio anche i corrotti, insieme a chi aiuta i latitanti di associazioni a delinquere.
Il sequestro e la confisca dei beni saranno più efficaci grazie all’istituzione di sezioni apposite nei tribunali. Confisca inoltre allargata per alcuni ecoreati e per l’autoriciclaggio, e nei casi in cui venga accertato che il patrimonio dell’autore di un reato è sproporzionato rispetto al suo reddito e non è giustificato.
Per quanto riguarda il procedimento di nomina e revoca dell’amministratore giudiziario di beni confiscati, per una maggiore trasparenza, l’incarico non potrà essere più dato a parenti né a “conviventi e commensali abituali” del magistrato che lo conferisce.
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La riforma istituisce inoltre una forma di sostegno verso le aziende sequestrate, con un fondo da dieci milioni per favorire la prosecuzione dell’attività con la salvaguardia dei posti di lavoro.
Viene infine ridisegnata l’Agenzia nazionale per i beni confiscati, che sarà dotata di un organico di 200 persone e che resta sotto la vigilanza del ministero dell’Interno, con sede a Roma.