Il Codice Rosa, nasce in ambito ospedaliero, specificatamente al Pronto Soccorso, come tutela delle donne violentate o aggredite, ma rischia di trasformarsi in una vera e propria trappola. Sin da subito infatti, ha diviso in due non solo la scena politica italiana, ma anche le donne stesse. Il problema rimane sempre quello di un tempo: è giusto che lo Stato intervenga d’ufficio dinanzi a casi di violenza e maltrattamenti?
Innanzitutto cerchiamo di capire meglio cos’è il Codice Rosa.
Fabrizia Giuliani del Pd insieme a un gruppo di parlamentari, ha chiesto con un emendamento alla legge di Stabilità, di creare dei percorsi protetti all’interno delle strutture ospedaliere per le donne vittime di abusi.
Si parte proprio da un Codice Rosa, che andrebbe ad affiancarsi ai già esistenti, bianco, giallo, verde e rosso, e che identificherà sin dall’ingresso al Pronto Soccorso, le donne che hanno subito violenza.
Il progetto prevede non solo un’assistenza mirata, ma anche e soprattutto la possibilità di denunciare in seduta stante il proprio aggressore, che nella maggior parte dei casi rientra nella cerchia dei familiari.
La deputata vorrebbe estendere il provvedimento a tutte le strutture ospedaliere d’Italia, prendendo come esempio l’esperienza dell’Asl 9 di Grosseto.
‘Un’esperienza straordinaria, che ha portato ad un’impennata di denunce per violenza sessuale, ma non vincola in alcun modo la donna, e non comporta alcun procedimento giudiziario d’ufficio. Ci tengo a dirlo, a sottolinearlo, perché si sta facendo invece un’opera di disinformazione…’, ha dichiarato la Giuliani.
Tuttavia non tutti sono d’accordo, c’è chi ritiene possa trasformarsi in una gabbia per le donne stesse: a sostenerlo sono le principali realtà che da sempre offrono aiuto proprio alle donne, come la rete Dire dei centri anti violenza, il Telefono Rosa, la Fondazione Pangea, la Casa delle donne di Roma, e altre deputate come Michela Marzano e Lea Melandri.
C’è un intero mondo femminile che sta raccogliendo firme, perché l’emendamento ‘Codice Rosa’ venga ritirato.
Ecco le ragioni: ‘Questa misura configura un percorso obbligatorio e a senso unico. Una donna che si rivolge al pronto soccorso sarebbe automaticamente costretta ad un tracciato rigido, senza poter decidere autonomamente come uscire dalla violenza, e si troverebbe di fronte un magistrato o un rappresentante della polizia giudiziaria, prima ancora di poter parlare con una operatrice di un centro antiviolenza che la sostenga nelle sue libere decisioni’.
In altre parole si rischierebbe di ottenere il risultato contrario: ancora meno donne, vittime di violenza, che si rivolgono al Pronto Soccorso, per paura di dover necessariamente denunciare il proprio aguzzino, che sovente vive entro le mura di casa.
E la tragica conseguenza a cui si andrebbe incontro è una crescita vertiginosa del numero di violenze e stupri sommersi.
Un’altra valida ragione per cui il Codice Rosa andrebbe ritirato è che ‘Si rischia di considerare ancora una volta le donne come soggetti deboli, incapaci di difendersi, e per le quali è lo Stato a dover scegliere come tutelarsi’.
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