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«Solo grazie ai collaboratori di giustizia e a una legislazione che è riuscita ad agevolare la collaborazione si sono potuti imbastire processi come il primo, il secondo e il terzo maxi-processo di Palermo, riuscendo a scardinare effettivamente tutta l’ala militare dell’organizzazione mafiosa». Chiarisce nella nostra video-intervista esclusiva il Procuratore Aggiunto di Palermo Dino Petralia.
«Devo dire – prosegue poi il Magistrato in prima linea contro la mafia e la corruzione – che oggi nei confronti della collaborazione c’è un maggior distacco: da una fase, iniziale, di grande incentivazione si è poi passati ad un’altra in cui i collaboratori di giustizia venivano considerati poco più che approfittatori. Oggi il cosiddetto pentitismo è un fenomeno marginale che interessa strati meno rappresentativi delle organizzazioni criminali».
E quindi lo stesso Procuratore Aggiunto si domanda: «A che cosa si deve tutto questo? Sono stato sempre convinto che la lotta antimafia devono farla in prima battuta i politici, se riescono a varare buone leggi in grado di offrire sistemi investigativi e processuali agili. La magistratura e la polizia giudiziaria, se messe in grado di lavorare presto e bene, fanno il resto».
«Oggi – spiega Petralia – è tempo in cui occorre fare un salto di qualità ulteriore: dall’ala militare bisogna salire oltre, come si è già tentato di fare, purtroppo non con grandissimi successi. E anche lì abbiamo bisogno dell’utile collaborazione. Mafia e corruzione sono aspetti del medesimo sistema criminale ma soltanto un numero assai esiguo di corrotti ha offerto collaborazione agli inquirenti: ciò perché manca un efficace meccanismo incentivante di tipo premiale. Così come fa difetto, allo stato della vigente legislazione, contrariamente ad altre realtà criminali, la possibilità di infiltrare agenti provocatori al fine di svelare fenomeni di corruzione e concussione nel momento stesso in cui avvengono».
Alla domanda se il mancato mantenimento, da parte dello Stato, degli accordi previsti nel contratto con i collaboratori di giustizia possa rientrare nelle operazioni di scambio politico-mafioso proprio della cosiddetta “trattativa”, il Procuratore Aggiunto di Palermo risponde: «Non ho un’opinione a riguardo; c’è un processo in corso».