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Come funziona il cambio automatico: trasmissione interessante

Oggi sempre più modelli di auto dispongono di un cambio automatico. Ci riferiamo all’Europa, poiché negli Stati Uniti e in Giappone questo tipo di trasmissione è dominante da diversi decenni. Addirittura nel Sol levante è necessaria una patente apposita per guidare auto col cambio manuale. Ma quanto conosciamo questa tecnologia? Sappiamo veramente come funziona un cambio automatico?

Da noi le resistenze all’uso di un automatico sono sempre state più forti che altrove; in parte ciò è dovuto ai difetti di cui queste trasmissioni soffrivano in passato, come peso elevato, alti consumi e prestazioni “azzoppate”; inoltre dover lasciare all’auto la scelta della marcia ha sempre provocato un certo fastidio, un senso di perdita delle proprie prerogative di guidatore.
Oggi le cose stanno cambiando, in parte perché la marcia in città è sempre più lenta, insopportabile e caotica, quindi poter evitare di premere e rilasciare continuamente la frizione migliora certamente il comfort. Non sono meno importanti gli intensi progressi tecnici delle trasmissioni, anche qui grazie soprattutto all’elettronica. L’evoluzione tecnologica ha permesso la costruzione di apparati sempre più compatti e leggeri, in grado non solo di non aumentare i consumi ma proprio di ridurli. Inoltre i perfezionamenti elettronici e meccanici hanno talmente ridotto i tempi di cambiata che oggi nessun essere umano, nemmeno il miglior pilota di Formula 1, riuscirebbe ad essere più veloce. Infatti ormai le supercar attuali sono normalmente automatiche. Ultimo vantaggio importante, l’elettronica consente quasi sempre di scegliere anche una modalità manuale per cambiare marcia.

QUALE CAMBIO AUTOMATICO
I primi esperimenti di trasmissione automatica risalgono addirittura al 1904. Nel 1908 la Ford Modello T, tra le sue tante qualità, introdusse un cambio a due velocità azionabile senza il pedale della frizione. Dobbiamo attendere il 1940 per vedere un cambio automatico “vero”, sui modelli di General Motors a marchio Oldsmobile e Cadillac. Negli anni Cinquanta la diffusione in America era già molto vasta.
Oggi possiamo classificare le trasmissioni automatiche in quattro categorie diverse: a convertitore di coppia, a variazione continua, robotizzate e a doppia frizione.

Prima però, per capire meglio le differenze tra i vari sistemi, ricordiamo a grandi linee il funzionamento della trasmissione manuale. Qui il sistema è composto da due alberi: il contralbero e l’albero secondario; su di essi sono montate delle ruote dentate (gli ingranaggi), una per ogni marcia. Il contralbero riceve il movimento dall’albero motore, l’albero di trasmissione lo trasferisce all’asse delle ruote motrici. Manovrando la leva del cambio, si sposta la corrispondente ruota dell’albero secondario fino a collegarla a quella posta sul contralbero. Queste coppie di ruote dentate sono i rapporti di trasmissione. Sono loro a trasferire la coppia motrice alle ruote nel modo più adatto.
La frizione è un disco, comandato dal noto pedale, il cui compito è momentaneamente disconnettere, si usa il termine disaccoppiare, il contralbero dall’albero motore; in questo momento è possibile inserire la marcia senza rischiare di danneggiare gli organi meccanici. Quindi è necessario per il guidatore sapere quando è il momento giusto per cambiare.

CONVERTITORE DI COPPIA – L’AUTOMATICO CLASSICO
Il primo tipo di trasmissione automatica a diffondersi è stato quello con convertitore di coppia, per quello è spesso definito come classico. Il funzionamento è radicalmente diverso dal sistema manuale e molto complicato. Semplificando al massimo, la trasmissione automatica è composta da un albero attorno al quale ruotano degli ingranaggi di tipo planetario; significa che gli ingranaggi più piccoli ruotano intorno ad uno più grande, come dei pianeti intorno al sole. La differente disposizione di tali meccanismi determina i differenti rapporti di trasmissione; quando una certa marcia è selezionata, il sistema mantiene frenati gli ingranaggi che non devono ruotare in quel momento. L’azione di frenatura, di solito attuata da un complesso sistema di piccole frizioni, è comandata dal passaggio di un olio apposito.

Stabilire quando e come deve passare l’olio è appunto compito del convertitore di coppia. Qui le cose si fanno molto difficili. Essenzialmente, il grado di apertura della valvola a farfalla dell’acceleratore determina l’apertura o chiusura di altre valvole, le quali regolano l’afflusso dell’olio nel convertitore. Esso è composto da tre ruote a pale, praticamente delle turbine; la loro rotazione modifica opportunamente la velocità e la direzione dell’olio; qui avviene la conversione della coppia e il relativo azionamento delle piccole frizioni dell’albero di trasmissione.
A differenza di una trasmissione manuale, invece del contatto fisico tra ingranaggi meccanici, abbiamo la variazione di pressione dell’olio. Tutti questi circuiti e meccanismi rendevano molto costosa questa trasmissione automatica, perché era molto complesso l’apparato di gestione delle sue valvole. Oggi tutto è reso molto più semplice dall’elettronica. E’ una centralina computerizzata a stabilire cosa devono fare le valvole. Peso e complessità sono diminuiti, le prestazioni sono aumentate. Il costo è minore di una volta, ma ancora piuttosto consistente.

IL CVT – RAPPORTI INFINITI
La sigla CVT significa Continuous Variable Transmission, trasmissione a variazione continua. Il principio di funzionamento è antichissimo: risale addirittura a Leonardo Da Vinci, il quale illustrò un meccanismo del genere in un disegno del 1490.
Qui abbiamo una coppia di rulli o di coni, oppure di coni innestati a pulegge, in rotazione. La prima è collegata all’albero motore, dal quale riceve il moto; la seconda lo trasmette alle ruote. Questi due meccanismi sono uniti da una cinghia, la quale si sposta lungo le pulegge a seconda dei giri del motore. La variazione del diametro che assume la cinghia a seconda della sua posizione determina anche il cambio del rapporto di trasmissione. Poiché la cinghia può assumere infinite posizioni, per questo motivo il cambio si chiama a variazione continua; allo stesso modo, i rapporti di trasmissione sono infiniti.

I vantaggi di questo cambio risiedono nella maggiore semplicità costruttiva rispetto all’automatico classico, quindi ad un minor costo; inoltre, le sue caratteristiche permettono di far girare il motore per la maggior parte del tempo vicino al regime di coppia massima, cioè quello che consente i minori consumi. Tuttavia non è indicato per i veicoli ad alta potenza; inoltre le sue caratteristiche non rendono la guida particolarmente emozionante, sebbene ultimamente la gestione elettronica ne permetta l’uso anche in modalità sequenziale.

IL ROBOTIZZATO – VELOCE E QUASI MANUALE
Il cambio robotizzato è parzialmente automatico. Infatti gli organi sono gli stessi di una trasmissione manuale. Cambia la modalità di selezione e attuazione delle marce. Una centralina elettronica gestisce tutto. Se si sceglie la modalità manuale di cambio marcia, il movimento della leva (o dei paddles al volante) invia un impulso elettrico alla centralina, poi questa aziona la frizione (quindi nemmeno qui esiste il suo pedale) e sposta gli ingranaggi opportuni.
Invece in modalità totalmente automatica la centralina stabilisce autonomamente cosa fare, a seconda della posizione della valvola a farfalla dell’acceleratore e dei parametri di guida impostati.
Il grande vantaggio del cambio robotizzato rispetto agli altri automatici è l’economicità, perché cambia poco rispetto alla trasmissione manuale. Soprattutto, è molto leggero e la velocità di cambiata è rapidissima. Non a caso questo tipo di cambio è stato sviluppato nelle competizioni.

DOPPIA FRIZIONE – DOVE NESSUN UOMO PUO’ ARRIVARE
Il cambio a doppia frizione è un’evoluzione del robotizzato. Qui abbiamo due alberi di trasmissione separati, ai quali sono collegate due distinte frizioni. Un gruppo lavora sulle marce dispari e uno su quelle pari. Ci sono anche due alberi di uscita per trasmettere il moto alle ruote. I due alberi con gli ingranaggi dei rapporti ruotano contemporaneamente ma solo uno trasmette il moto, quello la cui frizione è azionata.

Ovviamente la gestione è totalmente elettronica. Quando viene selezionato un rapporto, la frizione non usata si “prepara” ed innesta già il rapporto più vicino a quello attualmente selezionato. Per questo le velocità di cambiata sono rapidissime, molto più rispetto al robotizzato; parliamo di meno di 30 millisecondi. Nemmeno il più reattivo campione di Formula 1, trasportato sulla miglior vettura a cambio manuale, sarebbe in grado di cambiare marcia così velocemente.
Va da sé che questo è il cambio perfetto per le auto più sportive. Inoltre la rapidità di cambiata consente un vantaggio addizionale: il motore è meno soggetto a strappi nel suo funzionamento, quindi il regime di rotazione rimane molto spesso vicino a quello di coppia massima, quindi diminuiscono i consumi. Tuttavia tutto ciò richiede una grande complessità, oltre al peso, il che si traduce in costi più elevati.

Roberto Speranza

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