Il Covid sta vivendo una fase calante in Italia, sotto il profilo del numero dei contagi e delle terapie intensive. Allo stesso tempo, però, gli anticorpi monoclonali, per via delle nuove varianti, stanno risultando sempre meno efficaci per combattere il virus. Un nuovo farmaco, però, rappresenta una grande speranza per spegnere definitivamente il virus e sarebbe la chiave per evitare una volta per tutte l’infezione, o meglio per renderla silente. Funziona come una sorta di esca che attira il virus partito da Wuhan, anzi – a quanto pare – in generale i Coronavirus e li spegne attraverso un meccanismo mirato. Attualmente, il DF-COV-01 – questo il suo nome – è stato sperimentato solo sull’animale, ma presto si passerà anche ai test sull’uomo, aprendo la via degli studi clinici prima dell’utilizzo. La ricerca è stata portata avanti da un team di Boston ed è stata pubblicata su Sciences Advances.
C’era un tempo in cui le uniche risorse contro il Covid erano l’isolamento sociale, le mascherine e le misure di igiene che ormai ci vengono raccomandate da quasi tre anni. Ora il momento è molto diverso e prevede tutt’altro. Prevede la raccomandazione sull’utilizzo del vaccino, che comunque risulta l’arma decisiva per contrastare la pandemia e ancora l’utilizzo dei farmaci che man mano stanno diventando una possibilità sempre più concreta e consistente per far sì che i problemi relativi il virus partito da Wuhan siano sempre di meno. L’ultimo tra questi, ma potrebbe essere tra i più importanti, è il DF-COV-01. Tramite un principio attivo sicuro, è in grado di attivare una serie di eventi a cascata che prevedono di attirare il Covid e poi di disinnescarlo, fino a renderlo del tutto innocuo. Se i prossimi test dovessero dare gli esiti sperati, sarebbe il modo migliore per proteggere al meglio l’uomo dall’infezione grave e limitare ulteriormente i danni per il sistema sanitario, martoriato da ormai quasi tre anni dalla pandemia e dalle sue conseguenze, anche dal punto di vista sociale.
Sono quasi tre anni e mezzo ormai che stiamo combattendo con il Covid. Tra chi l’ha avuto – anche più volte – e l’ha superato, l’isolamento forzato a cui siamo stati costretti nei primi periodi, cambiando radicalmente la nostra vita e il mondo come l’abbiamo sempre conosciuto. E poi in tanti, soprattutto chi è nelle fasce più a rischio, la battaglia l’hanno anche persa e hanno perso la vita. Periodi drammatici che tutti noi, e soprattutto chi fa parte del sistema sanitario, si augura di non dover più rivivere e che non abbiamo ripercorso nel Natale appena trascorso, che comunque ha avuto un tono ben diverso rispetto a quello di solo un anno fa.
Man mano ci siamo abituati a una vita senza mascherine, con meno raccomandazioni e in cui man mano ci è stata concessa una libertà sempre più importante dal punto di vista sociale. Nonostante quanto sta succedendo in Cina e che ha portato anche alla decisione di raccomandare e poi obbligare il tampone a chi proviene da quelle parti per chi arriva a Malpensa e a Fiumicino, ora il quadro nel nostro Paese è molto diverso. Il trend, infatti, è stato molto diverso finora rispetto a quello degli anni scorsi, sulla scia di quanto già si era potuto notare la scorsa estate e in autunno.
L’ultimo bollettino settimanale che è stato diramato nell’ultimo bollettino del ministero per il periodo che va dal 16 al 22 dicembre ha evidenziato che i nuovi contagi sono stati 137.599, una decrescita importante rispetto alla settimana precedente. Si parla, nello specifico, di una variazione del -21,2% che, in una sola settimana, vogliono significare un trend ampiamente in calo. A inizio mese, infatti, nel bollettino precedente, erano stati sottolineati 174.652 casi. Non arrivano, però, solo buone notizie e ancora una volta, almeno per l’Italia, la nota stonata arriva dai decessi. Nei sette giorni presi in oggetto, si tratta di quasi 800 – per la precisione 798 -, ma non può essere uno dei tanti dati da mettere in cantiere senza essere approfondito.
Il +11% dei morti, infatti, in contrapposizione con il trend in decrescita dei casi, evidenzia come vada approfondita la burocrazia relativa il Covid per il sistema sanitario e come vengono trattati i pazienti positivi. Ci spieghiamo meglio: bisogna capire che ruolo ha avuto effettivamente l’infezione nelle morti in questione e se fosse semplicemente un’evidenza in cartella di quadri ormai compromessi. Bisognerà, dunque, capire se finalmente si arriverà a distinguere i pazienti morti di Covid rispetto a quelli morti con il Covid, che fa tutta la differenza del mondo nella lettura dell’andamento della pandemia.
Secondo quanto ha sottolineato Cesare Cislaghi nel suo consueto report, inoltre, “non sembra che ci sia un generale peggioramento nell’esito dei contagi”. Invece, un’ipotesi più credibile è che l’infezione da Covid faccia peggiorare la gravità delle patologie stagionali. Ci stiamo riferendo sicuramente all’influenza australiana, che quest’anno sta toccando picchi allarmanti e al virus respiratorio sinciziale umano. Entrambi, dopo anni di Covid hanno avuta una crescita esponenziale durante gli ultimi mesi, con un picco che era previsto proprio in questi giorni.
Qualsiasi sia la causa le massime autorità scientifiche del nostro Paese hanno tutta l’attenzione di approfondire la situazione e cercare di capire quali cause siano alla base di dati tanto elevati. È importante, però, anche sottolineare che, in realtà, il numero di morti deriva per forza di cose da contagi che si sono verificati in precedenza e alcune settimane fa i contagi in Italia erano decisamente più alti rispetto a quelli dell’ultimo periodo, rilevati nel bollettino settimanale. Allo stesso tempo, la pressione sulle terapie intensive si sta alleviando e questo rappresenta un dato che non può essere sottovalutato, visto che negli ultimi anni ha rappresentato il parametro più concreto per capire il reale andamento della pandemia in Italia.
In ogni caso, il livello di guardia non può essere abbassato per far sì che la pandemia non torni a livelli realmente allarmanti nel nostro Paese, anche perché il funzionamento degli anticorpi monoclonali è un po’ più incerto per via del gran numero di varianti in circolazione. La nuova strada è quella dell’utilizzo di farmaci sempre più specifici, anche se il tempo per le sperimentazioni non può essere quello classico. La motivazione è chiara e inequivocabile: il Covid ci ha costretto a una rincorsa sfrenata e sempre in ritardo e non si può pensare di attendere gli anni dovuti per arrivare a delle soluzioni pratiche e concrete. Bisogna stringere i tempi, allora, e l’Ema si è già mosso in tal senso anche per quanto riguarda l’approvazione degli ultimi vaccini aggiornati alle varianti di Omicron 4 e 5, seguito a ruote da tutte le massime agenzie farmaceutiche. Ma ora entriamo nei dettagli e cerchiamo di capire come funziona DF-COV-01 e perché potrebbe essere una svolta significativa nella cura del Covid.
Quando si parla di svolta nella battaglia contro il virus SARS-CoV-2, d’ora in poi si dovrà obbligatoriamente inserire anche il DF-COV-01. Il meccanismo che utilizza per depotenziare e poi silenziare il virus è stato da molti definito con toni entusiastici.
Si tratta, infatti, di una vera e propria esca che nell’idea dei ricercatori ha la capacità di attirare il virus a sé e poi di renderlo praticamente inefficace per il nostro organismo. La genesi e la sperimentazione è stata portata avanti in America, da un team che precisamente fa parte del Dana Farber Cancer Institute di Boston. Il coordinamento dei lavori è stato portato avanti da James Torchia che è indicato anche come primo autore, ma è importante citare anche Gordon Freeman che, invece, figura come autore senior. Il loro lavoro ha portato in non molto tempo allo studio vero e proprio che è stato poi pubblicato su Science Advances. I risultati emersi evidenziano come questo meccanismo a esca sia in grado di avere un’azione particolarmente potente contro il Covid. Non solo, perché agirebbe anche contro tutte le altre infezioni da Coronavirus.
Il DF-COV-01 ha un’altra particolarità, quella di inserirsi praticamente nello stadio cruciale dell’escalation che porta alla manifestazione più tangibile e potenzialmente pericolosa del Covid. Infatti, forma una sorta di barriera protettiva che si frappone tra l’arrivo del virus e il possibile avvio dell’infezione. L’altra peculiarità del farmaco è il livello a cui agisce. Infatti, come vi stavamo dicendo gli anticorpi monoclonali, in un primo tempo molto utili per prevenire le forme di malattie gravi o per contrastarle, stanno sempre più perdendo di efficacia. Il Covid ha la capacità di adattarsi, un po’ come tutti i virus, e di scardinare determinate barriere. Questo non potrebbe determinarsi, invece, nel caso del DF-COV-01 e ciò perché agisce direttamente sul recettore ACE2 e l’esca ACE2 è molto più complicata da eludere per il virus. Infatti, SARS-COV-2 verrebbe messo di fronte a una scelta comunque letale: o soccombere all’esca oppure adattarsi, ma allo stesso tempo perdere la sua capacità di infettare le cellule. In ogni caso, a vincere sono i ricercatori ed è per questo che c’è grande speranza per questo farmaco, ora e in futuro.
La ricerca, inoltre, ha spiegato in maniera piuttosto dettagliata anche il meccanismo d’azione con cui agisce DF-COV-01. Interviene a monte sulla modalità con cui il Covid riesce a entrare negli organi bersaglio. Proprio come un’esca, infatti, chiama a sé il virus e lo disattiva prima che utilizzi le sue proteine Spike per legarsi al recettore ACE2 delle cellule da infettare. Si tratta di un principio di base della patologia e inevitabile perché il Covid si replichi. Per questo, l’avanzamento della sperimentazione di questo farmaco risulta particolarmente importante ora e in futuro. DF-COV-01 ha funzionato per ogni variante testata e la previsione è che possa farlo anche per quelle future. Praticamente, si tratta di un farmaco che sfrutta lo stesso meccanismo di sopravvivenza e replicazione del virus per renderlo inattivo, come attirare un animale letale in una gabbia per poi inoffensivo.
Si tratta di un lavoro certosino e che ha richiesto diversi sforzi da parte del team di ricercatori. Dapprima è stato fondamentale identificare le caratteristiche a livello molecolare che permettono alle esche Ace2 di essere così persistenti ed efficaci nell’avanzamento dell’infezione. E una volta identificate, è stato lì che si è lavorato per costruire un farmaco potente ed efficace, ma anche con il problema della sicurezza da assolvere. A livello della proteina Spike, inoltre, si verifica un cambiamento irreversibile della struttura del virus, che permette di neutralizzare definitivamente l’azione dell’agente patogeno.
Da un lato, quindi, c’era la necessità di sviluppare un farmaco potente e universale, per tutte le varianti possibili anche in futuro, dall’altra non si poteva non tenere conto della sicurezza che doveva comunque essere rispettata. Per questo, i ricercatori hanno deciso di utilizzare un principio attivo che fosse il più sicuro possibile, in modo da risolvere qualsiasi perplessità di questo tipo. Per la questione della potenza, invece, hanno incluso una porzione della proteina Ace2, per intenderci con un dominio simile a quello della collectrina, e hanno notato che così il preparato riusciva a essere più aderente al virus.
Bisognerà ancora aspettare le fasi successive e la sperimentazione perché si arrivi ai momenti più concreti dell’utilizzo del farmaco, ma lo sviluppo della produzione è quasi completo e attualmente si stanno svolgendo gli studi preclinici che sono fondamentali per l’approvazione finale. Il passaggio successivo è quello dell’utilizzo negli studi clinici, in modo da avere altri elementi necessari per che potrebbero ulteriori avvalorare il suo utilizzo nel prossimo futuro.
Di certo, questa come quella degli altri farmaci specifici per il Covid è una via da perseguire per il prossimo futuro. Un futuro in cui si spera che il SARS-COV-2 non darà più tutti i problemi degli scorsi anni alla popolazione e in cui andrà preservata la nostra libertà e il funzionamento del sistema sanitario. Di certo, la guardia va tenuta alta, perché nuovi passi indietro nella lotta al virus sarebbero disastrosi sotto il profilo della malattia, ma anche sotto il punto di vista sociale. E quanto si sta verificando in Cina, in tal senso, rappresenta un nuovo importante campanello d’allarme.
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