Un rapporto a cura della Nazioni Unite ha risposto a questa domanda: quanto hanno inciso i mali di questa era – pandemia, guerra e cambiamento climatico primi tra tutti – su donne, bambini e ragazzi? Quello che è emerso era prevedibile, ma è al contempo svilente.
Gli ultimi tre anni nello specifico sono stati caratterizzati tristemente dalla pandemia, dai conflitti, dal cambiamento climatico. Quanto questi hanno inciso davvero sul mondo e, soprattutto, su donne, bambini e ragazzi?
Quanto hanno inciso i mali di questa era – pandemia, guerra e cambiamento climatico primi tra tutti – sulle persone? Un rapporto redatto dalle Nazioni unite ci dice quando più precisamente abbiano riguardato donne, giovani e bambini.
Il rapporto, intitolato Protect the Promise (cioè letteralmente proteggi la promessa) – a cura di diversi partner globali, tra cui OMS, UNICEF, UNFPA, Partnership for Maternal, Newborn & Child Health (PMNCH) e Countdown to 2030 – rappresenta una delle indagini più complesse mai realizzate. Inoltre completa e aggiorna con i dati attuali l’ultimo Rapporto sui progressi di Every Woman Every Child Global Strategy Progress Report pubblicato ormai un paio di anni fa, cioè proprio all’inizio dello scoppio della pandemia.
Cosa ci aveva detto già all’epoca? Che i problemi principali, com’è facilmente immaginabile, riguardavano soprattutto matrimoni precoci e violenza per quanto riguarda le donne e prospettive future negate (oppure comunque non rosee) per i ragazzi e i bambini.
Ma cos’è accaduto esattamente negli ultimi anni? Nel 2021, 25 milioni di bambini non hanno ricevuto alcune vaccinazione. Il dato, rispetto al 2019, è aumentato non di poco: parliamo di 6 milioni in più infatti. Questo ovviamente a sua volta rappresenta un rischio concreto per tutti i bambini, che in questo modo potrebbero contrarre malattie anche mortali.
E non solo, perché anche l’istruzione è stata compromessa in qualche modo: molti, infatti, non hanno potuto studiare a causa della pandemia per più di un anno. In tutto il mondo, l’80% dei bambini in 104 Paesi non ha potuto apprendere quanto avrebbe dovuto a causa della chiusura delle scuole. Ma non finisce neanche qui, perché in tutto il mondo circa 10,5 bambini hanno perso un genitore oppure il tutore sempre a causa della pandemia.
Ma qual è stato il problema principale? Cosa, cioè, ha portato a questi dati così allarmanti? Come ha dichiarato il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, “al centro della nostra promessa non mantenuta c’è l’incapacità di affrontare le enormi disuguaglianze alla base delle crisi globali, dalla pandemia di Covid -19 ai conflitti e all’emergenza climatica. Il rapporto descrive gli impatti di queste crisi su donne, bambini e adolescenti, dalla mortalità materna alla perdita di istruzione fino alla grave malnutrizione”.
In pratica, come poi ha sottolineato anche la dirigente dell’UNICEF Catherine Russell, la pandemia, la guerra e il cambiamento climatico hanno reso ancora più vulnerabili le persone che già lo erano, hanno in qualche modo annullato – oppure comunque reso meno evidenti – alcuni progressi fatti dalle donne in società, hanno rivelato anche quanto il sistema sanitario si basi su dislivelli.
Le disuguaglianze sono al centro di questo rapporto: il luogo di nascita di un bambino incide tantissimo su come lui possa poi vivere in futuro. Per comprendere meglio, il rapporto ha fornito degli esempi pratici di ciò.
Tra un bambino nato in un Paese a basso reddito e uno nato in un Paese molto ricco, c’è un divario enorme anche sull’aspettativa di vita: nel primo caso si aggira intorno ai 63 anni, nel secondo intorno agli 80. C’è da aggiungere a questo proposito che, nell’anno dello scoppio della pandemia, molti bambini sono morti anche prima di compiere 5 anni, per cause tra l’altro curabili, fermo restando che i casi di decesso sono concentrati tutti nell’Africa subsahariana e nell’Asia meridionale.
Durante lo stesso anno comunque, più di 45 milioni di bambini hanno sofferto di malnutrizione acuta e questo è un problema singolo che porta però ad una serie di conseguenza multiple, come una morte prematura, ma anche uno sviluppo tardivo e la comparsa di diverse patologie.
Al contempo l’insicurezza alimentare si è manifestata negli ultimi anni soprattutto nei sei paesi con il maggior numero di sfollati interni (cioè Afghanistan, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Sudan, Repubblica araba siriana e Yemen).
Nell’Africa subsahariana la probabilità delle donne di morire di parto (oppure comunque per cause legate alla gravidanza) è superiore di ben 130 volte rispetto alle donne europee oppure americane.
Inoltre conflitti, guerre e disastri umanitari come quelli che si sono verificati e si stanno verificando in alcuni Paesi – Afghanistan, Etiopia, Pakistan, Somalia, Ucraina e Yemen – hanno reso particolarmente fragile la salute sia mentale sia fisica dei bambini e delle loro famiglie.
Questo è lo specchio del mondo attuale e dimostra che il luogo in cui nasci – che non puoi assolutamente scegliere – inciderà poi su tutta la tua vita. Ecco perché il rapporto chiede a tutto il mondo di investire sui servizi sanitari per poter garantire cure anche alle donne e ai bambini, di avviare programmi di vaccinazione di routine, di incrementare il personale sanitario ovunque.
Tedros Adhanom Ghebreyesus, Direttore Generale dell’OMS, ha messo in luce anche un altro aspetto fondamentale: “Mentre il mondo emerge dalla pandemia, proteggere e promuovere la salute di donne, bambini e giovani è essenziale per sostenere e sostenere la ripresa globale”. Ad oggi, infatti, per loro soprattutto la possibilità di vivere una vita sana al 100%, di trovare un lavoro sicuro, di poter avere (anche in futuro) delle entrate alte ogni mese sono diminuite rispetto agli ultimi anni. Ma questo potrebbe portare a conseguenze spiacevoli per tutti un domani. Ricordiamo che i giovani di oggi sono gli adulti di domani.
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