Come si misura la magnitudo di un terremoto

sismografo

Come si misura la magnitudo di un terremoto? Le notizie riguardanti i sismi sui media riportano sempre l’intensità del fenomeno citando in maniera generica la scala Richter, ma come si calcola la magnitudo resta probabilmente un’informazione oscura alla gran parte dell’opinione pubblica. Catastrofi naturali di questo tipo presentano ancora oggi molte zone d’ombra, ma se prevedere terremoti non è possibile ancora sulla scorta delle attuali conoscenze scientifiche, al contrario la misura della magnitudo di un terremoto è un traguardo raggiunto con buona approssimazione da molto tempo, e divulgato dalla comunità di esperti quasi in tempo reale con l’avvento del fenomeno sismico.

La magnitudo di un terremoto, cos’è?

Innanzitutto chiariamo cosa vuol dire la magnitudo di un terremoto: si tratta del rapporto tra la grandezza della scossa in esame e una grandezza campione a essa omogenea, misurato su scala logaritmica. Questa grandezza si rapporta con la quantità di energia trasportata da un’onda sismica e viene calcolata sulla base di misure effettuate su uno strumento chiamato sismogramma: la magnitudo non va confusa con l’intensità, essendo quest’ultima il rapporto tra potenza e superficie di applicazione, mentre l’oggetto della nostra disamina viene calcolato da misure indirette rispetto al fenomeno sismico, quali le ampiezza di oscillazione dei sismografi e l’individuazione dell’ipocentro. Nel corso del tempo, la comunità scientifica ha applicato diverse scale logaritmiche per misurare la magnitudo di un terremoto, ma la più nota e internazionalmente applicata oggi è la scala Richter.

Le scale per misurare la magnitudo di un terremoto

Altre scale che ancora oggi vengono talora citate come la Rossi-Forel e la Mercalli sono utilizzate per valutare le conseguenze di un terremoto in un dato territorio, e dipendono pertanto da una serie di fattori locali anche molto differenti, come presenza e tipo di costruzioni, la distanza dall’epicentro, e così via: un sisma di identica magnitudo può ingenerare effetti molto diversi a seconda della morfologia di un luogo e dai criteri preventivi attuati (ad esempio case costruite con materiali anti-sismici o meno). La scala Richter fu ideata dal geofisico statunitense Charles Richter nel 1935 per quantificare l’energia sprigionata dal fenomeno sismico nel punto della frattura della crosta terrestre, cioè all’ipocentro, nella maniera più oggettiva possibile: Richter definì con magnitudo M=0 un terremoto che, a una distanza dall’epicentro di 100 chilometri della stazione di riferimento, genera una traccia sul sismogramma dell’ampiezza di 1 micron. La magnitudo M=1, M=2, e così via indica l’ampiezza di oscillazione che un dato terremoto causa alla medesima distanza, a seconda di quante volte risulti essere superiore a quella del terremoto di magnitudo M=0. La formula standard per il calcolo della magnitudo è:

mb = log10 (A / T) + Q (D, h)

dove A è l’ampiezza del movimento del suolo in micron, T è il periodo corrispondente in secondi, e Q (D, h) è un fattore di correzione che è funzione della distanza D (gradi), tra epicentro e stazione e profondità focale, h (in chilometri), del terremoto. C’è poi anche la formula standard per le onde superficiali e altre varianti utilizzate, ma andiamo eccessivamente sul tecnico: in linea generale possiamo dire che i diversi parametri utilizzati dagli scienziati sono tutti considerati validi, ma si tratta pur sempre di stime soggette a un certo margine di incertezza. Non è un caso che la stima iniziale della magnitudo venga quasi sempre corretta verso il basso o verso l’alto con il trascorrere del tempo, una volta che le analisi sismografiche si fanno più raffinate e precise rispetto al momento iniziale del fenomeno sismico.

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