Uno dei capisaldi della filosofia del MoVimento 5 stelle sono sempre state le restituzioni. Parte dello stipendio che parlamentari (e non) prendono e hanno preso, compreso di buonuscita, infatti, è sempre stato messo a disposizione della comunità. Nel corso del tempo, tra l’altro, è stato anche motivo di scontro, di fuoriuscite con tanto di porte sbattute.
E anche adesso le cose non sono affatto semplici. Le nuove regole, che dovranno essere sottoposte al vaglio degli iscritti, sono in corso di definizione da parte del Comitato di garanzia, ma ciò che trapela è che dei 2500 euro che mensilmente dovranno essere resi da deputati e senatori, 2000 andranno proprio al MoVimento 5 stelle. Oltretutto, a cambiare dovrebbero essere anche i soldi da restituire per quanto riguarda il Tfr, ed è là che i malumori si fanno un po’ più insistenti.
Il MoVimento 5 stelle è nato, ormai, oltre un decennio fa e, da allora, di cose ne sono cambiate parecchie. Innanzitutto i portavoce, come prima venivano chiamati i parlamentari eletti sotto le fila dei pentastellati, da opposizione sono diventati maggioranza, e hanno derogato anche alla regola d’oro di non allearsi con nessuno, e sono passati dalla Lega di Matteo Salvini al Partito democratico, fino a entrare in coalizione con un po’ tutti, anche con il partito di Silvio Berlusconi, Forza Italia, un tempo il demone da esorcizzare.
I cambiamenti, però, non hanno riguardato solo le alleanze – che servivano per dare stabilità al Paese contro una legge elettorale che non la permetteva -, ma anche altri capisaldi del pensiero dei fondatori, uno su tutti Beppe Grillo. Alcune politiche, per esempio, sono state messe in stand by (il no alla Tav, per esempio), mentre altre sono diventate realtà, si pensi al reddito di cittadinanza o al taglio del numero dei parlamentari.
Tornando, però, alle questioni più interne a quello che ora è il partito di Giuseppe Conte, ci sono delle cose che sono rimaste tali e quali a come erano state pensate fin dall’inizio, e altre (ancora) che potrebbero cambiare proprio a partire da ora, non appena i militanti, gli iscritti prenderanno una decisione nel merito. Nel primo caso, in estate, durante la campagna elettorale, si è deciso di non ricandidare chi aveva già preso parte a due legislature, di qualsiasi ordine e grado, confermando quindi il vincolo del doppio mandato; nel secondo, invece, si sta cercando di capire come muoversi per le restituzioni.
Fino a oggi, gran parte dei soldi che parlamentari e consiglieri (e chi per loro) rendono al movimento vanno a finire in un fondo che serve poi a finanziare progetti per la società in toto. Da domani, pur avendo comunque l’obbligo di restituire parte dello stipendio d’oro che riceveranno, 2000 dei 2500 euro dovrebbero finire direttamente nelle casse del partito per finanziare i costi che ogni schieramento politico ha. Il restante, sì, finirà “su un conto intestato all’Associazione Movimento 5 Stelle appositamente dedicato alla restituzione alla collettività“, si legge nel documento con le nuove regole di cui nei giorni scorsi ha dato conto l’Adnkronos, quindi in beneficienza.
Uno stravolgimento non da poco che Virginia Raggi, ex sindaca di Roma e membra del Comitato di garanzia assieme all’ex presidente della Camera, Roberto Fico, e Laura Bottici, sta cercando di tenere a bada per non discostarsi troppo dalle origini che hanno fatto le fortune dei pentastellati nel 2013 e soprattutto nel 2018. Proprio per questo motivo, la macchina che porterà poi al consulto della base sta andando un po’ a rilento.
Tra le cose che potrebbero cambiare, c’è anche la somma del trattato di fine rapporto, che in parte dovrebbero restituire i parlamentari che non sono stati ricandidati, più per la regola che per l’effetto del taglio dei membri della Camera e del Senato.
Se Alessandro Di Battista, ora ufficialmente fuori dal MoVimento, ha dovuto rendere dopo il 2018 43.700 euro, infatti, ora i 4/5 del lauto assegno di fine mandato rimarrebbero nelle mani degli ex portavoce, mentre il restante 20% dovrebbe andare sempre a rimpinguare le casse del partito. La scelta è dovuta al fatto che, in molti, non hanno preso bene la decisione di essere fatti fuori prima del tempo, e così si potrebbe fargli prendere l’esclusione un po’ più alla leggera, almeno per quanto riguarda le tasche di ciascuno di loro.
In effetti, i non ricandidati dal MoVimento 5 stelle hanno anche altri motivi per essere leggermente irritati. Conte, alla vigilia di Natale, infatti, ha proposto loro di destinare i 5mila euro per le spese di cancelleria e le dotazioni informatiche deliberate dalla Camera per donare adeguate attrezzature informatiche alle scuole bisognose, e che moltiplicando la cifra totale dei 50 deputati per quattro si arriverebbe a un totale di un milione di euro.
“Quei soldi che donano oggi sono quelli che abbiamo restituito noi in passato, mica i loro…“, si sono lamentati tra gli esclusi. La restituzione è infatti quella di soldi già in cassaforte fatta dai parlamentari della scorsa legislatura. I 5mila euro in questione – che possono essere spesi entro la fine della legislatura – sono solamente virtuali, non possono cioè essere contabilizzati e spostati altrove: o spendi per le attrezzature e ti vengono restituiti oppure rimangono lì.
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