Con la partita di stasera tra Juventus e Lazio, vinta dai bianconeri di Massimiliano Allegri, si sono archiviati anche i quarti di finale di Coppa Italia, che tornerà di scena ad aprile con le gare delle semifinali. Una sorpresa su tutte ha caratterizzato questa fase del torneo nazionale: l’uscita di scena della Roma a opera della Cremonese, ultima in classifica in Serie A e già “colpevole” di aver eliminato, agli ottavi, il Napoli di Luciano Spalletti, regina del nostro massimo campionato.
Ma oltre a Juventus e Cremonese, si sono qualificate alle semifinali di Coppa Italia anche l’Inter di Simone Inzaghi, che ha battuto, grazie al gol di Matteo Darmian, l’Atalanta, e la Fiorentina di Vincenzo Italiano, che si è presa la rivincita contro il Torino e si è qualificata per il secondo anno di fila alla penultima fase del torneo nazionale.
Da martedì a stasera, ci hanno fatto compagnia i quarti di finale di Coppa Italia che, come la precedente fase, si sono giocati in gara secca, quindi senza il ritorno (per le semifinali, invece, ci sarà), riservandoci una grande sorpresa: la Cremonese di Davide Ballardini. Dopo aver battuto agli ottavi il Napoli, regina della Serie A e al Diego Armando Maradona, i grigiorossi ci hanno riprovato (e ci sono riusciti) a superare anche lo scoglio Roma, e sempre in trasferta: una bella soddisfazione, insomma, e anche una bella storia da raccontare, specie se si proseguirà oltre, magari fino all’ultimo atto del 24 maggio. Assieme ai lombardi, poi, si sono qualificate al penultimo turno anche l’Inter, la Fiorentina e la Juventus, ma vediamo insieme come sono andate le partite.
INTER-ATALANTA 1-0 – L’Inter vuole dare continuità dopo la vittoria in campionato contro la Cremonese. Soprattutto Simone Inzaghi chiede che non ci siamo più passi falsi nelle partite sulla carta meno complicate: c’è bisogno della Beneamata delle grandi occasioni anche quando non si ha davanti squadre come Barcellona o Napoli. Non come quest’ultime, ma il percorso dell’Atalanta in questa stagione è comunque degno di nota. Soprattutto nelle ultime settimane, in cui siamo tornati a vedere una squadra spumeggiante, ricca di talento e ben messa in campo. Non è affatto facile contenere gli uomini di Gian Piero Gasperini quando sono in giornata e con un attacco nuovo di zecca e che sta facendo faville quello formato da Rasmus Hojlund e Ademola Lookman. Inizialmente, però, restano fuori contro l’Inter, ma si rivede dal primo minuto Duvan Zapata.
Anche tra i nerazzurri di Milano c’è un’importante novità e la luce dei riflettori puntata verso Romelu Lukaku. Sì, perché il belga finalmente ha un’opportunità dal primo minuto dopo il calvario degli infortuni e una condizione fisica che ancora non può essere al massimo e non lo è. Il ragazzone di proprietà del Chelsea, inoltre, viene da alcune partite veramente povere di contenuti da subentrante: la più preoccupante è stata sicuramente quella contro il Monza, in cui ha fatto fatica a tenere un pallone in avanti e alla fine è anche arrivato il pareggio dei brianzoli.
Il primo tempo si svolge su questi temi offensivi a fare da perno. Lukaku proprio non convince, fa una tremenda fatica a essere coinvolto nel gioco, a triangolare con i compagni e a liberarsi faccia alla porta. Gli ospiti, però, non hanno un problema da meno, visto che anche Zapata non sembra proprio nella condizione dei bei tempi. Si divora un gol di testa, non parte praticamente mai in progressione e non riesce quasi mai a far male a uno Stefan de Vrij che stavolta convince. La prima frazione di gioco si conclude con il punteggio di 0-0, ma con tanti temi ancora da dare. Anche quello di Milan Skriniar che non è neppure in tribuna dopo un ultimo giorno di calciomercato in cui sarebbe dovuto andare via e, invece, sarà a Milano per altri sei mesi con la consapevolezza reciproca che è irrimediabilmente finita.
Nel complesso comunque la partita la fa più l’Inter. La prestazione degli uomini di Inzaghi è in linea generale decisamente convincente per come aggredisce gli avversari, ma anche e soprattutto per la circolazione del pallone. Hakan Calhanoglu è in forma e Nicolò Barella mostra il meglio del suo repertorio portando a termine anche dribbling di gran classe e alta scuola. Il turco va anche a un passo dal gol colpendo un palo, ma andarci vicino nel calcio conta veramente poco.
Il secondo tempo inizia con gli stessi temi del primo, ma anche con un’Inter ancora più cattiva nell’aggressione della partita. Lo si nota dalla partita degli esterni di centrocampo e dei braccetti di difesa che si aprono a tempo e conducono il pallone con una qualità e un carisma che ha solo chi ha tanta fame di vittorie. Parte meglio anche Lukaku che finalmente viene coinvolto con regolarità ed è un perno importante per tutta la squadra.
Al 57esimo arriva anche il gol che sblocca la partita e lo realizza quello delle reti pesanti: Matteo Darmian. Il difensore si spinge addirittura fino all’ingresso dell’area di rigore e con il mancino, che non è neanche il suo piede, scarica un gran tiro incrociato che smuove finalmente il tabellino dei marcatori di giornata. L’assist, neanche a dirlo, è di un Lautaro Martinez che si sta dimostrando sempre più campione. Un giocatore che ha nelle gambe una qualità rara, ma anche la maturità di chi eccelle.
Gasperini, a questo punto, prova a riprenderla come può. Entrano in campo Lookman e Hojlund, la squadra si sbilancia a caccia del pareggio, ma di vere e proprie occasioni da gol o conclusioni per impensierire André Onana se ne ricordano veramente poche. Il tecnico bergamasco nel postpartita riprenderà anche l’attaccante per il suo ingresso in campo che proprio non gli è piaciuto. Inzaghi, però, non resta a guardare e sceglie Edin Dzeko e Joaquin Correa per tentare di fare male in contropiede e gestire il punteggio.
In realtà, l’Inter stavolta non va in confusione nel finale e tiene un risultato pesantissimo che porta i nerazzurri di casa direttamente in semifinale. Un risultato che non va sottovalutato: è vero che non è stata l’Atalanta stupenda delle ultime uscite, ma non subire gol è un segnale molto positivo visto i passi falsi che hanno caratterizzato la stagione della Beneamata. Inzaghi conferma la sua abilità nelle partite a eliminazione diretta e spera di sfruttare l’onda positiva anche in campionato e in Champions League.
FIORENTINA-TORINO 2-1 – Sembra il quarto di finale meno atteso, ma riserva comunque grandi emozioni, quello tra Fiorentina e Torino. I granata vogliono sfruttare la verve che la Coppa Italia ha dato agli uomini di Ivan Juric, visto che i piemontesi hanno fatto fuori anche il Milan di Stefano Pioli a sorpresa e ben prima che entrasse in crisi. E poi si tratta di una squadra che ama far giocare male gli altri e non per il catenaccio all’italiana che non è proprio nello stile e nel modo di giocare dell’allenatore, piuttosto per l’arte di essere arcigni, correre, porsi tra le linee e non uscirne se non con il pallone.
Dall’altro lato c’è una Fiorentina che non ha più voglia di essere discontinua e anche sul calciomercato, al netto del caso Sofian Amrabat, ha cercato una nuova anima offensiva. In tal senso, anche il ritorno di Nico Gonzalez può dare una grande mano e anche il pareggio illustre in Serie A contro la Lazio l’ha dimostrato. La partita ha tanti temi, dunque, anche sotto il profilo tattico visto che si sfidano due stili che hanno più fattori in comune: l’aggressività, il pressing e la spinta sugli esterni.
Pronti, via la partita regala subito delle emozioni. La Fiorentina cerca, come al solito, di imporre il proprio gioco facendo ruotare la sfera e le posizioni al ritmo voluto da Vincenzo Italiano. I toscani cercano di sfondare prima sugli esterni e poi centralmente con la qualità dei fantasisti in evidenza. Non è facile, però, bucare una squadra solida come il Torino e, infatti, il primo tempo si conclude a reti inviolate senza che fossero neanche grosse occasioni che facessero urlare alla partita indimenticabile. Per nulla.
Il secondo tempo è tutta un’altra musica. La partita si stappa e lo fa per merito di una Fiorentina che gioca in maniera brillante e raccoglie i frutti di ciò che crea. Al 65esimo arriva l’episodio giusto: Aleksa Terzic crossa dalla sinistra e trova un bel movimento di Luka Jovic in area di rigore. Il centravanti ex Eintracht e Benfica stacca di testa e batte Vanja Milinkovic-Savic, proprio il portiere che era stato insuperabile contro il Milan. Jovic, proprio Jovic, si sblocca dopo l’ennesima annata opaca della sua altalenante carriera. Il suo gol è una prova di bellezza e rinascita, arriva soprattutto in una partita pesante nella storia moderna del club per provare a costruire qualcosa di sorprendente in futuro.
Se il centravanti sblocca la partita, il Torino comunque non molla e alza il baricentro cercando di fare male ai toscani con i pezzi forti del repertorio. Ad esempio, Antonio Sanabria che si sta dimostrando sempre di più un attaccante moderno, capace di tenere il pallone in avanti, attaccare la profondità e farsi vedere oltre la linea avversaria con il fiuto che solo i migliori hanno. Lui vuole arrivarci e Juric potrebbe essere l’uomo giusto per farlo.
Al 90esimo, però, arriva anche il gol che chiude definitivamente la partita. A realizzarlo è Jonathan Ikoné che al 62esimo è subentrato in attacco. Il marchio dell’esterno d’attacco è in pratica il bollo decisivo appiccicato sulla partita e che vuol dire viaggio diretto verso la semifinale. Il Torino, però, non si arrende neanche a quel punto e mostra le caratteristiche di cui vi abbiamo parlato anche sopra e cioè quel fuoco sacro che non consente mai di mollare. È al 93esimo che Nikola Vlasic lancia la velocità di Yann Karamoh con la Fiorentina che stavolta lascia colpevolmente troppo spazio agli avversari. Il francese se lo prende tutto, salta il portiere e praticamente entra in porta con il pallone. Resta qualche attimo da soffrire per i padroni di casa, ma poi arriva il fischio finale. La partita finisce con il punteggio di 2-1 che vuol dire accesso diretto alle migliori quattro della competizione.
Stavolta la Fiorentina ce l’ha fatta e ha una grossa occasione per contendersi la finale. E il tabellone da quella parte ha giocato qualche tranello di troppo alle rivali più attese: un’occasione fin troppo ghiotta per non sfruttarla. Anche perché c’è ancora la Conference League in cui dimostrare di poter fare bene e un campionato che non starà andando totalmente come nei piani, ma che potrebbe regalare ancora diverse soddisfazioni.
ROMA-CREMONESE 1-2 – Ancora una volta Davide contro Golia, e ancora una volta, come nella Bibbia, a vincere è il re d’Israele, figurativamente parlando, chiaro. Perché sì, nella sfida dell’Olimpico tra la Roma di José Mourinho e la Cremonese del subentrato (a Massimiliano Alvini) Ballardini è la stata la seconda ad avere meglio, aiutata probabilmente da una delle peggiori prestazioni di molti dei giocatori giallorossi, e di tutta la squadra in generale. Ed è come se fosse una legge del contrappasso, perché solo domenica, a Napoli, contro gli uomini di Luciano Spalletti, i capitolini ce l’avevano messa davvero tutta per tornare a casa con i tre punti.
Ecco, stavolta no, non è andata così, perché, nella partita delle 21, le seconde linee dello Special One hanno lasciato molto a desiderare nel primo tempo soprattutto, e nella seconda frazione quando hanno lasciato ai titolarissimi, sono stati gli errori sotto porta a farla da padrona. Quanto ai grigiorossi, be’, sono stati bravissimi ad approfittarne portando avanti una favola che, in Italia, non si vedeva da molto tempo, e che magari potrebbe aiutare anche per risollevarsi da una situazione di classifica quasi tragica, dando morale.
La partita si apre ufficialmente con uno sbaglio macroscopico del portiere della Roma, Rui Patricio, ancora una volta tra i pali, che commette un fallo in area anticipando male Cyriel Dessers, precedentemente perso da Marash Kumbulla, e prendendosi anche il giallo. Dopo qualche attimo di consulto con il Var, al 28esimo, il direttore di gara decide di dare il rigore agli ospiti che non sbagliano con l’ex Feyenoord che poi si prende anche il lusso di esultare davanti alla Curva Sud, quella dei tifosi giallorossi, prendendosi una borda di fischi.
La stessa situazione, ma a parti invertite, accade anche nei minuti di recupero, stavolta, però, Michael Fabbri, dopo aver concesso il penalty alla squadra di Mourinho, torna indietro sui suoi passi e decide di mandare tutti negli spogliatoi togliendo quindi alla Roma la possibilità di tornare in campo sicura di aver raggiunto il pareggio.
Un pareggio che, però, non arriva e non arriva nonostante il tecnico portoghese ci provi con quattro sostituzioni, anzi subisce anche il raddoppio della Cremonese che, stavolta, è aiutata da Zeki Celik che devia al 49esima un tiro di Charles Pickel e batte il suo portiere. L’autogol, in effetti, è solo la ciliegina sulla torta di una partita dell’orrore per il terzino turco, uno dei peggiori in campo per i padroni di casa, ma è anche l’occasione che fa svegliare i suoi compagni, da quel momento più propositivi. E anche più sfortunati.
Ad accorciare le distanze, infatti, ci provano Stephan El Shaarawy, Roger Ibanez, Lorenzo Pellegrini e anche Chris Smalling, più bravo di testa che con i piedi. Quello che ci va più vicino di tutti è comunque Tammy Abraham che, però, solo davanti a Mouhamadou Sarr stampa il suo tiro sul palo. La beffa è dietro l’angolo, o quasi, perché prima Paolo Ghiglione, poi David Okereke a pochi minuti dal triplice fischio potrebbero chiudere i conti punendo oltremodo i giallorossi. Non ci riescono neanche loro, ma ce la fa, finalmente, Andrea Belotti, alla terza rete con la maglia della Roma (mai nessuna in Serie A), al 94esimo.
È troppo tardi, però, per cambiare le cose e quindi, per la seconda volta nella sua storia, la Cremonese si qualifica alle semifinali della Coppa Italia, regalando, dicevamo, una favola anche ai tifosi di calcio italiani (a meno che non sia giallorossi, o partenopei, ecco), e soprattutto a quelli grigiorossi, vicinissimi ad accarezzare un sogno che, visto il tabellone, difficilmente avrebbero mai pensato di poter vivere. Eppure la palla è rotonda, e amara per Mourinho che si è giocato già al secondo turno la possibilità di portare a casa un trofeo in stagione, ma ehi: c’è ancora l’Europa League, e una Serie A in cui non è così impossibile arrivare tra le prime quattro e quindi qualificarsi in quell’Olimpo del calcio che manca dalla stagione 2018-2019. E quindi no, nulla è perduto, al momento.
JUVENTUS-LAZIO 1-0 – Archiviare il Monza, non pensare assolutamente a quello che è successo in Corte d’appello federale con la penalizzazione da quindici punti affibbiata che fa male più di una coltellata, questi sono i mantra con cui scende in campo la Juventus di Massimiliano Allegri contro la Lazio. I biancocelesti, invece, all’Allianz Arena ci arrivano decisamente più a cuor leggero, solo con il sangue negli occhi per la sconfitta rimediata prima della sosta, una sconfitta pesante che brucia, tanto.
E che continuerà a bruciare, considerato che anche ai quarti di finale, ma con un passivo minore, ad avere la meglio sono stati i bianconeri, entrati decisamente meglio sul rettangolo verde rispetto agli uomini di Maurizio Sarri, che ha deciso di mettere dentro tutti i titolari a eccezione del portiere Ivan Provedel, di Nicolò Casale, e di Sergej Milinkovic-Savic, lasciato in panchina per fare spazio a Mathias Vecino sulla mediana.
Quanto ai bianconeri, il tecnico livornese rilancia Federico Chiesa come seconda punta dietro un Dusan Vlahovic tornato in campo dopo oltre due mesi. Entrambi, però, non riescono a pungere perché probabilmente non messi nelle condizioni di farlo, il serbo più del figlio d’arte, e anche in una difesa ordinata come quella della Lazio in cui, però, al 16esimo, è Filip Kostic a provare a puntare, ma un tocco provvidenziale di Luis Maximiano mette il pallone in angolo e neutralizza il pericolo per gli ospiti, il portoghese, però, è complice, molto complice, perché anche molto in ritardo, nel gol che di fatto spedisce i capitolini a casa, quello segnato da Gleison Bremer, di testa, a pochi minuti dal duplice fischio dell’arbitro Fabio Maresca, che ci pensa pure se annullarlo o meno, e alla fine decide per non farlo.
Non succede granché altro in effetti, se non che Ciro Immobile, alla seconda da titolare dopo il rientro dall’infortunio, viene sostituto alla ripresa perché davvero inconsistente. Poi al 70esimo, Moise Kean, autore di una doppietta nella partita di campionato, tenta di raddoppiare i conti e far finire prima del previsto la gara dei quarti di finale. Non ci riesce, neanche lui, come non riesce neanche la Lazio a reagire per davvero, e nonostante i tiri da fuori di Felipe Anderson che finiscono sempre in un nulla di fatto, o la punizione dalla distanza di Adam Marusic che è fuori di un soffio. Non riesce neanche quando il serbo entra in campo per cambiare il volto della partita, perché rimane sempre la stessa.
Pure l’assedio finale nell’area della Juventus è infruttuoso, infruttuoso perché la difesa schierata dei bianconeri neutralizza, ancora, qualsiasi tentativo degli uomini di Sarri di bucare la porta di Mattia Perin. E come nel più classico dei copioni, gli ospiti rischiano anche di prendere il gol del raddoppio che sarebbe potuto arrivare ancora dai piedi dell’attaccante italiano. Non riesce a colpire bene, ma in ogni caso sarebbe stato fuorigioco.
Il nuovo capovolgimento di fronte, poi, serve solo a decretare la quarta uscita di scena di fila dei biancocelesti dalla Coppa Italia ai quarti di finale, e anche a regalare ai tifosi bianconeri una gioia per cui sorridere in un periodo così funestato dalle cattive notizie,. E con altre che potrebbero incombere per dare la mazzata finale a una squadra che si è ritrovata, e che non vuole mollare, fino alla fine, ma che soprattutto vuole vincere la coppa nazionale per avere la certezza che, se anche non arriverà dal piazzamento in classifica, l’Europa potrebbe arrivare dalla vittoria del titolo, il primo dopo un anno di buio totale. Peccato che ad aspettarla ci sia la stessa Inter che, la passata stagione, ha messo ko tutti i sogni della Juventus. Ma ad aprile sarà un’altra storia, magari più bella, magari la stessa, sicuramente tutta da scrivere.
Il 5 e 6 aprile e poi il 24 e il 25 aprile andranno in scena, rispettivamente, la semifinale di andata e di ritorno della Coppa Italia. Da una parte ci sarà, come già detto, il derby d’Italia tra l’Inter e la Juventus, dall’altra, invece, si affronteranno la Fiorentina e la Cremonese, il tutto prima della finale del 24 maggio.
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