Il girone d’andata di Serie A, quindi la 19esima giornata, si è concluso con la partita dell’Olimpico tra Lazio e Milan, vinta dagli uomini di Maurizio Sarri con un clamoroso 4-0. Ma nel turno dell’ultimo giro di boa, preceduto dalla sentenza della Corte d’appello federale che ha comminato una penalizzazione di 15 punti in classifica alla Juventus, si è vista anche l’ennesima vittoria del Napoli, sempre più prima della classe, il pareggio tra i bianconeri e l’Atalanta e la sconfitta di misura dell’Inter di Simone Inzaghi in casa contro l’Empoli. I nerazzurri, tra l’altro, sono stati agganciati sia dai biancocelesti, sia dalla Roma di José Mourinho in classifica.
In zona retrocessione, l’Hellas Verona ha staccato di tre punti la Sampdoria di Dejan Stankovic, sconfitta a Marassi dall’Udinese che, per l’occasione, è tornata alla vittoria che mancava da ottobre. Bene anche la Cremonese, rivitalizzata dalla cura Davide Ballardini, che è riuscita a strappare un pareggio al Bologna dopo aver battuto i partenopei, ai rigori, in Coppa Italia.
Con la 19esima giornata si chiude il girone d’andata di Serie A, un campionato che, anche prima della penalizzazione della Juventus di 15 punti a opera della Corte d’appello federale della Figc, vedeva il Napoli come primo della classe. La scalata dei bianconeri all’Europa, intanto, trova la prima pietra di inciampo nell’Atalanta, ancora in grande spolvero dopo le goleade contro la Salernitana e lo Spezia (questa in Coppa Italia). Male l’Inter che, nella settimana del primo trofeo stagionale, cade in casa contro l’Empoli di Paolo Zanetti e viene agganciata dalla Roma di José Mourinho al terzo posto, e anche dalla Lazio, che ha chiuso il turno contro il Milan, schiacciandolo con un clamoroso 4-0 e sancendone anche la crisi, già visibile dopo la rimonta subita contro i giallorossi.
VERONA-LECCE 2-0 – Una giornata scoppiettante e che ha riservato diverse sorprese è iniziata con una vibrante Verona-Lecce. I veneti affrontano i pugliesi con la chiara necessità di vincere e senza più guardarsi indietro per non sprofondare. La retrocessione è uno spettro che si materializza sempre di più giornata dopo giornata, a meno che non arrivi una reazione immediata e una serie di risultati utili che potrebbero ribaltare le sabbie mobili di quest’anno.
Proprio in tal senso, il match contro i giallorossi di Puglia non può essere fallito (e così non è stato). Non si tratta di una prova facile da superare, visto che il Lecce ha dimostrato in diversi casi di essere temibile, per ultimo nel 2-2 con cui ha fermato il Milan. Sul campo i gialloblù danno ben presto prova della loro grinta e della ferrea volontà di raggiungere la vittoria davanti al proprio pubblico. Dopo una prima parte di gara bloccata, l’1-0 arriva al 40esimo. A rifinire l’azione è il solito Josh Doig. Il classe 2002 è autore di un altro assist, stavolta per Fabio Depaoli che non manca l’appuntamento con il vantaggio.
Si va a riposto con questo punteggio e con un Lecce decisamente insoddisfatto della sua prova. Nonostante i cambi, i pugliesi non rientrano in partita, anche per una mazzata che arriva dritta nei loro denti a inizio secondo tempo. Stavolta è Ivan Ilic, a lungo fermo per infortunio e in odore di addio sul calciomercato, a lanciare Darko Lazovic che conferma il suo ottimo momento di forma e non sbaglia. Due a zero e palla al centro, soprattutto la sensazione che stavolta il successo sia veramente vicino.
Gli ospiti, infatti, cercano di dare più peso al loro attacco, ma impattano sempre contro la difesa del Verona particolarmente attenta a chiudere ogni spazio. Il Lecce, insomma, non rientra mai davvero in partita e i veneti portano a casa tre punti fondamentali per la loro salvezza senza subire gol. Il quart’ultimo posto è ancora lontano, è vero, ma con questo spirito i gialloblù possono veramente sperare di agguantarlo, soprattutto se il Sassuolo dovesse continuare a deludere.
Il Lecce, invece, deve fare i conti con un passo falso probabilmente imprevisto, ma resta comunque al 14esimo posto e con otto punti di vantaggio dalla zona calda che vorrebbe dire ritorno in Serie B. Lo spirito della squadra non cambierà, ne siamo certi, già a partire dal prossimo appuntamento di campionato.
SALERNITANA-NAPOLI 0-2 – Il Napoli vola. Nella settimana in cui la Juventus è stata pesantemente penalizzata in classifica, i partenopei portano a casa una vittoria fondamentale nel derby campano che vale un ulteriore balzo in classifica. Soffermiamoci per qualche istante sui numeri di una squadra che proprio non smette di stupire. La squadra di Luciano Spalletti ha totalizzato 50 punti solo nel girone d’andata e, quindi, con una proiezione di cento punti a fine campionato. Una media straordinaria che assume ancora più valore se si guarda alla differenza reti degli Azzurri. Con 46 gol fatti, il Napoli ha il miglior attacco del torneo e con 14 subiti ha anche la miglior difesa: un cammino assolutamente straordinario e probabilmente imprevisto per la maggior parte degli appassionati.
La Salernitana, invece, arriva da un periodo decisamente poco brillante dal punto di vista dei risultati e soprattutto dal terremoto in panchina che prima ha portato all’allontanamento di Davide Nicola e poi a rimangiarsi il suo esonero, probabilmente anche per mancanze di alternative di primo livello. Sul campo queste premesse si vedono tutte. Anche senza Khvicha Kvaratskhelia infortunato e con Eljif Elmas al suo posto, gli ospiti non abbandonano la loro solidità sul campo e soprattutto macinano gioco con una continuità e una saggezza da squadra vincente.
Lo 0-1, in realtà, arriva solo sul finale del primo tempo: il capitano Giovanni Di Lorenzo sfrutta l’assist di Zambo Anguissa e pone una firma d’eccezione sulla partita. La seconda rete arriva già al 48esimo del secondo tempo e stavolta non è una sorpresa: il marchio sul derby lo mette Victor Osimhen e ormai non è per nulla una novità. Il nigeriano aggiorna ancora i suoi dati personale e si candida seriamente al titolo di capocannoniere a fine stagione: si tratta, infatti, del 13esimo gol in 15 partite di Serie A. Uno score assolutamente pazzesco per un calciatore che ora è nel mirino di diverse big internazionali, ma non partirebbe comunque per meno di 150 milioni.
Sta di fatto che da lì in poi, il Napoli amministra la partita rischiando poco o nulla e non subendo ancora una volta gol. Dopo la vittoria nello scontro diretto contro la Juventus, è arrivata un’ulteriore prova di forza per i partenopei che continuano a salire in classifica e consolidano un primo posto che ora difficilmente pare in discussione, per il gioco espresso e la qualità tecnica e tattica degli uomini di Spalletti. A breve, però, tornerà anche l’Europa e chissà che anche lì i partenopei non possano continuare a stupire e a fare faville.
FIORENTINA-TORINO 0-1 – Al posticipo del sabato, i Viola di Vincenzo Italiano e i granata di Ivan Juric si sono presentati nella stessa situazione, di classifica, e anche di forma. Oddio, la Fiorentina una partita nel 2023, e in campionato, l’aveva già vinto – quella contro il Sassuolo -, ma ecco, in linea di massima nessuna delle due navigava di certo con il pensiero all’Europa, anche con la Juventus fuori di giochi, piuttosto entrambe potrebbero arrivarci dalla vittoria della Coppa Italia, competizione nella quale si sfideranno un’altra volta il primo febbraio alle ore 18. E quindi, nella stessa sfida che andrà sempre in scena all’Artemio Franchi per i quarti di finale, il primo capitolo se l’è aggiudicato il Torino.
Un alibi, però, i toscani ce l’hanno eccome: la mancanza di un attaccante di ruolo. Arthur Cabral è infortunato, Luka Jovic è quasi fuori dai giochi e difficilmente sarà confermato in futuro, non resta che Cristian Kouamè, che finora ha segnato solo due gol in campionato e uno in Conference League, ma che neanche contro i torinesi riesce a colpire (e infatti viene sostituito a partita in corso proprio per fare spazio al serbo).
Chi colpisce, invece, al 33esimo del primo tempo, è Aleksey Miranchuk, arrivato in estate dall’Atalanta, con una magia dalla media distanza. In pratica quello che basta per portare a casa tre punti che sanciscono il sorpasso in graduatoria, e anche la certezza di essere comunque davanti ai “cugini” bianconeri, che non fa mai male. Per il secondo capitolo, poi, le cose potrebbero cambiare del tutto, e vivacizzarsi pure, perché la partita del sabato sera, di solito quella di cartello, è stata tutt’altro che godibile.
SAMPDORIA-UDINESE 0-1 – Il match tra doriani e friulani è un richiamo senza appello: la squadra di Dejan Stankovic è costretta a vincere per allontanare lo spettro sempre più reale della retrocessione e concedersi di lottare fino alla fine, senza lasciare nulla di intentato. In realtà, da quando il serbo ex Inter e Lazio è sulla panchina dei liguri, si sono visti anche dei miglioramenti notevoli dal punto di vista della grinta e del gioco. Soprattutto, la sensazione è che i padroni di casa riescano a creare più occasioni da gol e a rendersi più pericolosi nella metà campo avversaria. Qui, però, arrivano anche lo note dolenti, dato che quando si costruisce si dovrebbe arrivare anche a realizzare, ma è lì che per il momento i doriani non riescono a crescere.
Il copione è questo anche contro l’Udinese, in una partita in cui i bianconeri mettono in luce i pezzi forti del loro repertorio e cioè il talento di alcuni singoli e la compattezza complessiva della squadra. Roberto Pereyra non c’è e Gerard Deulofeu e decisamente lontano dalla condizione migliore, infatti parte inizialmente dalla panchina. La Sampdoria fa fin da subito la partita e va vicina in diverse occasioni al gol. La porta di Marco Silvestri, però, sembra stregata e soprattutto l’estremo difensore si conferma decisamente in palla e tra i migliori portieri del campionato.
A giocare a favore dei friulani è anche la fortuna, dato che i padroni di casa si avvicinano in più occasione alla rete con Harry Winks o Valerio Verre, ma senza centrare il bersaglio. L’Udinese si difende, ma cerca anche di ripartire con buona continuità, anche se Beto (con i suoi soliti alti e bassi) non riesce a incidere sulla partita. Al 77esimo, infatti, viene sostituito con Deulofeu. Anche lo spagnolo, però, non brilla ancora una volta per i problemi fisici, molto più che per le voci di calciomercato che lo vedono come protagonista. Infatti, al 91esimo l’ex Milan è costretto a uscire e si teme il peggio, altre settimane di stop e ricadute anche sulla possibile cessione da parte dell’Udinese. In realtà, poco ore dopo i friulani faranno tirare un sospiro di sollievo, comunicando che non si trattava di nulla di grave.
Tre minuti prima, però, i friulani a sorpresa avevano anche trovato il gol del vantaggio che sa di beffa bella e buona per i doriani. Kingsley Ehizibue si fa trovare pronto su un pallone vagante e firma il pesantissimo gol dell’1-0. Il risultato non cambia più con l’Udinese che vola sempre di più verso una classifica tranquilla e la Sampdoria che, invece, si mangia le mani per tutte le occasioni sprecate. E la classifica ora piange davvero, senza che ci siano delle reali attenuanti.
MONZA-SASSUOLO 1-1 – Il Monza per continuare a sognare (di rimanere in Serie A) davanti ai suoi tifosi, il Sassuolo per riprendersi da un periodo nero che non si era mai visto da quando gli emiliani sono arrivati nel massimo campionato: sono queste le motivazioni con cui scendono in campo le formazioni di Raffaele Palladino e Alessio Dionisi nell’unica partita delle 15 della domenica calcistica (quasi un insulto, in effetti, ma è il calcio moderno, ragazzi).
Apre le danze al 13esimo il capitano dei neroverdi, Gian Marco Ferrari che, per ironia della sorte segna con quel cognome pesante segna nello stadio in cui ha la casa, in parte, la Rossa di Maranello (prima di lui, come ci fa notare Giuseppe Pastore, anche Nicolas Haas aveva segnato ai brianzoli).
Ma il numero 13, molto fortunato in un rimpallo, non è sufficiente per scacciare la crisi che aleggia dalle parti di Reggio Emilia. Domenico Berardi sembra la controfigura di sé stesso e fallisce due gol semplici, per uno come lui – e viene anche ammonito. Nel finale di partita, l’attaccante calabrese scaglia tutta la sua frustrazione verso il direttore di gara lamentando anche la mancata concessione di un rigore, segno che qualcosa, non solo dal punto di vista fisico, non va. E quindi anche Pedro Obiang è impreciso, e il Sassuolo rischia di perdere dopo il pareggio arrivato al 60esimo dai piedi di Gianluca Caprari, lui sì tornato ai livelli dello scorso anno in questa seconda parte di stagione.
Si porta un punto a casa, è vero, ma poco conta quando il pantano della zona retrocessione è a un passo, e alla prossima ci sarà da affrontare un Milan che deve macinare quanti più punti possibili per riuscire a ricucirsi lo scudetto sul petto.
Dall’altra parte, i brianzoli proseguono la striscia di risultati utili consecutivi, interrotta solo dalla Juventus in Coppa Italia giovedì scorso, che dispiace, chiaro, ma non dimostra che gli uomini di Palladino non abbiano lottato fino alla fine. E, comunque, la classifica sorride, che continui a farlo anche dopo domenica e sempre contro i bianconeri? Chissà, all’andata, e alla prima del tecnico campano in panchina, era andata bene, molto più che bene.
SPEZIA-ROMA 0-2 – Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare. E José Mourinho un duro lo è per definizione e questa asperità la trasferisce anche alle sue squadre, nonostante le modalità, i tempi e gli obiettivi diversi tra lo Special One che abbiamo ammirato all’Inter e il tecnico burbero, un po’ scomodo e a volte imbrigliato nel suo stesso difensivo tattico, ora alla Roma. Fatto sta che i giallorossi stanno avanzando anche in questa stagione dopo la Conference League conquistata lo scorso anno. È vero, il calcio espresso dai capitolini non è brillante, non è sicuramente accerchiante, dai ritmi lenti e all’estero non lo definirebbero neppure moderno, magari solo all’italiana. Eppure, spesso funziona.
È così contro uno Spezia che continua ad avere un rendimento ondivago in questo campionato. I bianconeri hanno dimostrato in più occasioni quest’anno di avere grandi qualità tecniche mixate a fisicità e una buona organizzazione tattica, tanto quanto basta per non rimanere invischiati nelle ultime posizioni in classifica. Contro la Roma, però, si vede il volto peggiore dei padroni di casa, ma con una grossa attenuante, quella relativa le assenze. Sono tante, tantissime e tutte in un colpo solo, a partire da M’Bala Nzola, una punta che con gol e strapotere fisico sta continuando ad avanzare nella classifica dei cannonieri. Inevitabilmente, la tattica dello Spezia si basa soprattutto su di lui e contro gli uomini di Mourinho abbiamo visto il perché.
La Roma, infatti, inizia la partita con la solita abnegazione difensiva. Fa girare il pallone, ma non forza la giocata, intanto blinda la difesa, rischiando praticamente nulla per tutto il primo tempo. Poi si affida soprattutto alla forza dei suoi uomini offensivi. Con Nicolò Zaniolo assente per sua richiesta in attesa che il calciomercato gli affidi una nuova casa, la scena la rubano ancora una volta Paulo Dybala e Tammy Abraham. Lo 0-1 arriva proprio così: l’inglese viene incontro e porta a spasso mezza difesa avversaria, liberando lo spazio per l’attacco della profondità della Joya. L’assist per Stephan El Shaarawy è facile facile per il gol del vantaggio.
Da qui in poi la Roma si libera e inizia anche a esprimere un calcio piacevole, mentre lo Spezia continua a inanellare un possesso palla che non trova adeguato sfogo offensivo, ma solo tiri dalla distanza che finiscono ben lontano dalla porta di Rui Patricio. Lo 0-2 arriva nel secondo tempo, quando Abraham fa fuori mezza difesa avversaria e a tu per tu con il portiere non sbaglia: è il gol che di fatto blinda la partita, ma che conferma l’ottimo periodo di forma dell’ex Chelsea dopo il buio di inizio anno e qualche panchina di troppo. Mourinho ha anche il tempo di operare un turnover sistematico e attento, soprattutto porta a casa tre punti fondamentali per morale e classifica. L’Europa ora è una realtà concreta, anche la qualificazione alla prossima Champions League.
JUVENTUS-ATALANTA 3-3 – La Vecchia Signora c’è, ancora e nonostante tutto. Il terremoto giudiziario che ha portato alla pesante penalizzazione di 15 punti in classifica ha sicuramente scosso l’ambiente e ridimensionato le ambizioni bianconere per questa stagione, ma ha anche permesso ai bianconeri di avere una reazione solida e compatta per dimostrare di esserci ancora e di saper fronteggiare quelli che in molti hanno definito come un’ingiustizia.
Poi, però, c’è il calcio in sé e per sé, quello giocato, e l’Atalanta arriva all’Allianz Stadium con il petto gonfio e il pallottoliere rotto per i tanti gol realizzate nelle ultime partite giocate. E no, non ci riferiamo solo alle otto reti rifilate a una tramortita Salernitana, ma anche alla Coppa Italia e in generale alle ultime gare di Serie A. La macchina perfetta di Gian Piero Gasperini è tornata a girare alla perfezione, soprattutto dalla metà campo in su, anche se il “Papu” Gomez è un ricordo e Josip Ilicic è un mago che ha deciso, per tanti motivi, di stupire altrove. In compenso, c’è un Ademola Lookman travestito da goleador e che a tratti sembra irrefrenabile per le difese avversarie e un Rasmus Hojlund che ha tutte le carte in regola per essere uno dei migliori talenti dell’intera Serie A.
Juventus-Atalanta è la partita in cui i bianconeri devono reagire e per forza di cose. L’inizio, però, è thrilling per i padroni di casa: al quarto minuto Jeremie Boga innesca Lookman che scarica un bolide con il destro che sorprende Wojciech Szczesny per il gol dello 0-1 che gela lo Stadium. In molti potevano pensare a un vero e proprio baratro per i bianconeri che, invece, reagiscono immediatamente e con grande orgoglio. A salire in cattedra è Angel Di Maria con una serie di giocate di grande qualità che cambiano l’andamento della partita. Al 24esimo, arriva l’episodio che trasforma il match: l’arbitro assegna rigore ai bianconeri e proprio il Fideo non sbaglia dal dischetto, firmando il pareggio.
La Juventus si libera e continua a macinare gioco fino al 34esimo quando arriva anche il raddoppio. Nicolò Fagioli mette al centro un cross insidioso per Arkadiusz Milik e anticipa sul primo palo e realizza un gol stupendo per il 2-1. Il peggio sembra passato e la Vecchia Signora conduce il gioco fino alla fine del primo tempo senza titubare.
L’inizio del secondo tempo, però, mostra ancora diverse fragilità per i padroni di casa, ma anche le bocche di fuoco offensive dell’Atalanta. Lookman si traveste anche da assist-man e serve a Joachim Maehle il pallone del pareggio: l’esterno non sbaglia e batte uno Szczesny ancora una volta poco preciso. Solo sette minuti dopo, al 53esimo, arriva anche il 2-3: Boga ispira Lookman che realizza la sua doppietta personale e porta in vantaggio l’Atalanta.
A questo punto, la Juventus non può far altro che riversarsi nella metà campo avversario, più con una reazione mentale che tecnica. Al 65esimo, l’abnegazione dei bianconeri viene premiata: Di Maria tocca per Danilo su calcio di punizione e il difensore scarica una bomba che si insacca in rete alle spalle di Juan Musso. Tre a tre e di nuovo tutto in gioco, anche con un’esultanza piena di gioia da parte di Allegri. Da lì in poi entrambe le squadre tentano di portare a casa i tre punti, ma senza la gioia finale: finisce con un pareggio ricco di emozioni e che ha mostrato la forza di entrambe.
BOLOGNA-CREMONESE 1-1 – La 19esima giornata, poi, riprende con la sfida tra il Bologna di Thiago Motta, che ha vissuto periodi più brillanti in stagione, e la Cremonese del nuovo allenatore, Davide Ballardini, subentrato a Massimiliano Alvini che non è riuscito a vincere una partita dal ritorno in Serie A dei lombardi. Il debutto, però, dell’ex Genoa e Cagliari, uno di quelli specializzati in salvezze al cardiopalma e arrivato alla guida dei grigiorossi proprio con quell’intento, c’è stato martedì scorso, nella partita vinta ai rigori contro la regina del campionato in Coppa Italia. Ed è da quella gioia vogliono ripartire a Cremona.
Dopo un primo tempo di studio tra le due formazioni, in cui si devono sottolineare le prodezze dei due portiere, prima quella di Lukasz Skorupski su David Okereke poi quella di di Marco Carnesecchi su Stefan Posch, si va negli spogliatoi sul punteggio di 0-0, che cambia però immediatamente dopo. Da un corner, infatti, nasce il fallo di mano dei felsinei che diventa rigore nel momento in cui Matteo Marchetti va a rivedere l’azione al Var. Sul dischetto si presenta l’ex Venezia e Cosenza e non sbaglia. Lo fa, invece, cinque minuti dopo (al 55esimo), Vlad Chiriches. Il difensore centrale dei lombardi, dopo una mischia nell’area, manda il pallone nella propria porta riequilibrando il risultato.
La partita si accende, ci sono occasioni da una parte e dell’altra, con nessuna che riesce ad andare a buon fine, compreso il secondo rigore che concede il direttore di gara alla squadra di Ballardini, ma che stavolta non viene calciato perché il Var dà un responso diverso. Ora la gara si fa più nervosa, e iniziano a fioccare i cartellini gialli per i calciatori in campo. L’ultima occasione per andare oltre il pareggio è nei piedi di Andrea Cambiaso, ma è ancora una volta il numero 12 della Cremonese a fare la parte del protagonista e a negare la gioia del gol all’ex Genoa, in prestito al Bologna dalla Juventus.
Quanto alla classifica, ha ben poco da sorridere Ballardini, che però ha ancora a disposizione il girone di ritorno per compiere il miracolo che i tifosi si aspettano, a cominciare dal prossimo turno, in cui si sfideranno l’Inter. I rossoblù, invece, sono ancora a pari punti con i bianconeri e ci proveranno con lo Spezia a tornare a brillare anche in Serie A.
INTER-EMPOLI 0-1 – L’Inter è tornata da Riyad con la Supercoppa italiana e con una vittoria brillante contro i rivali del Milan a gonfiare il petto e le ambizioni dei nerazzurri. La sbornia da festa e il ritorno dall’Arabia Saudita, però, fanno un effetto decisamente brutto a Simone Inzaghi e ai suoi ragazzi, proprio in quella che doveva essere la serata della festa per il trofeo con il retrogusto di vendetta conquistato qualche giorno prima.
L’Empoli è un avversario che non può essere sottovalutato. I toscani sono pieni di giovani di talento e di qualità tecniche, soprattutto sanno come e quando gestire il pallone, in modo da mettere continuamente in difficoltà i rivali e costringerli a correre a vuoto. La partita tra i lombardi e i toscani inizia subito male per i nerazzurri. I ragazzi di Paolo Zanetti hanno i loro meriti, ma l’attacco formato da Lautaro Martinez e Joaquin Correa proprio non funziona. Anche il centrocampo sbaglia tanto, tantissimo consegnando spesso il pallone agli ospiti.
Ciccio Caputo intanto è scatenato e, giocando sull’anticipo, mette costantemente in difficoltà Milan Skriniar e Stefan de Vrij, non proprio nella loro serata migliore. Le occasioni, quindi, fioccano ma André Onana risponde presente, proteggendo la sua porta con attenzione (almeno nel primo tempo). Al 40esimo, però, arriva l’episodio che cambia la partita: Skriniar, proprio mentre il suo agente in diretta televisiva annunciava che il rinnovo con l’Inter non s’aveva da fare, compie un fallo scellerato proprio su Caputo e viene espulso per somma di ammonizioni, lasciando i suoi in dieci uomini. Inzaghi resiste fino alla fine del primo tempo, poi sceglie Raoul Bellanova al 46esimo al posto di un Correa impalpabile.
Il terzino, però, carico di responsabilità, fallisce del tutto la partita risultando il peggiore in campo. L’Empoli sfrutta le tante incertezze nerazzurre e segna il gol del vantaggio con Tommaso Baldanzi, schierato al momento giusto da Zanetti nel secondo tempo. Il talentino dei toscani conferma di avere una media realizzativa ottima rispetto alle occasioni a disposizione. Inzaghi sbilancia ulteriormente la squadra e inserisce, forse tardivamente, Edin Dzeko e Romelu Lukaku. A fare bene è, invece, solo un altro subentrato, l’ex Kristjan Asllani che mostra cattiveria e qualità nella gestione del pallone. Denzel Dumfries, invece, termina anche questa partita in panchina, segno che un problema e bello grosso c’è con l’Inter. I nerazzurri comunque ci provano senza grosso criterio e vanno anche vicini al pareggio con una traversa di de Vrij: il match termina a sorpresa 0-1 con tante critiche a Inzaghi per i cambi e soprattutto a Skriniar per gli errori commessi. Con le dinamiche sul calciomercato che non possono essere ignorate nella prestazione dei nerazzurri.
LAZIO-MILAN 4-0 – Dulcis in fundo, la partita dell’Olimpico (di Roma) tra i biancocelesti di Maurizio Sarri, che vengono da due vittorie di fila, con due clean sheet, e il Milan di Stefano Pioli, che dopo la vittoria contro la Salernitana alla ripresa del campionato ha smesso di brillare, per utilizzare un eufemismo. I rossoneri devono avvicinarsi al Napoli, la Lazio deve non perdere il treno per la Champions League, soprattutto ora che la Juventus è stata messa fuori dai giochi. A riuscirci sono i capitolini, che aprono subito le danze con Sergej Milinkovic-Savic dopo un’azione da manuale del calcio, per lo meno quello del loro allenatore.
Il serbo sfrutta al meglio l’assist di un Mattia Zaccagni che per tutta la partita ubriaca il capitano dei campioni d’Italia, Davide Calabria, e al quinto minuto porta in vantaggio i padroni di caso con un sinistro che batte Ciprian Tatarusanu. Di occasioni per il raddoppio la Lazio ne ha parecchie, ma il due a zero arriva solo al 38esimo, e con l’esterno ex Verona che fino a quel momento è il migliore in campo: dopo il palo di Adam Marusic, spostato a sinistra per contenere Rafael Leao (compito riuscitissimo), il numero 20 biancoceleste mette la firma con un tap-in che fa esplodere i 45mila tifosi presenti allo stadio, e anche Ciro Immobile, in tribuna per infortunio, e di cui, oggi, non si è sentita tanto la mancanza.
Il secondo tempo sembra che lo spartito possa cambiare. Come successo in Supercoppa italiana contro l’Inter, i rossoneri tornano in campo agguerriti, ma non riescono a pungere la retroguardia della Lazio, attentissima e impeccabile, neanche con il triplo cambio di Pioli il Milan riesce a trovare la porta difesa da Ivan Provedel, spettatore non pagante se non per un tiro telefonata di Sandro Tonali a metà primo tempo. Stavolta è Pedro a mettersi in mostra, imbeccato da Felipe Anderson, in un’altra serata di grazia: lo spagnolo si procura un rigore che Luis Alberto, il ritrovato Luis Alberto, trasforma con una semplicità mostruosa. Centrale, ma potente è il colpo che dà la mazzata finale ai milanesi.
Non è finita, però, perché nella festa biancoceleste, celebrata anche sugli spalti, c’è spazio anche per il numero 7 brasiliano, che da falso nueve (forse) funziona meglio che da esterno. Su assist del Mago, l’ex Santos mette il sigillo su una partita mai veramente in discussione, in cui ha vinto chi era più fresco, è vero, ma anche chi era meglio organizzato, in cui ha vinto la squadra, il gruppo, e anche l’allenatore, perfetto nelle scelte, ma ancora più perfetto nell’aver finalmente trovato la sua creatura.
E quindi, la Lazio aggancia i nerazzurri dell’ex Inzaghi e i cugini giallorossi al terzo posto (e gli va davanti per gli scontri diretti), sancendo anche una crisi per il Milan già palese dopo la rimonta contro la Roma, e ancora di più nel primo tempo di Lecce, e a Riad. I partenopei scappano, per tutti gli altri, invece, sarà una lotta all’ultimo sangue, con la certezza che anche i biancocelesti, in forma come sono, possono dire la loro.
NAPOLI 50
MILAN 38
LAZIO, INTER, ROMA 37
ATALANTA 35
UDINESE 28
TORINO 26
EMPOLI 25
JUVENTUS*, FIORENTINA, BOLOGNA 23
MONZA 22
LECCE 20
SPEZIA, SALERNITANA 18
SASSUOLO 17
HELLAS VERONA 12
SAMPDORIA 9
CREMONESE 8
*15 PUNTI DI PENALIZZAZIONE
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