Si conclude con il pareggio dell’Inter su una sempre più vicina al baratro Sampdoria la 22esima giornata della nostra Serie A, la terza del girone di ritorno, una giornata, per altro, in cui la lotta alla Champions League si è fatta sempre più dura, specie per la Lazio di Maurizio Sarri che è stata battuta in casa, all’Olimpico, dall’Atalanta, rivale diretta per la corsa all’Europa che conta. Prosegue, invece, senza problemi la scalata del Napoli di Luciano Spalletti al terzo scudetto: nel testacoda perfetto, sono i partenopei, a differenza di quanto successo in Coppa Italia, ad avere la meglio con un rotondo 3-0.
Bene anche la Juventus di Massimiliano Allegri che ha vinto contro la Fiorentina, che pure ce l’ha messa tutta, fino alla fine, per portare a casa almeno un pareggio – e c’è anche riuscita con Gaetano Castrovilli, ma il gol era viziato da un fallo ed è stato annullato -, o il Milan che batte la bestia nera di questa stagione, il Torino, grazie alla rete di Olivier Giroud, che sia di buon auspicio per la partita di domani contro il Tottenham di Antonio Conte? Chissà. La Roma, a Lecce, ottiene solo un pareggio, mentre la sfida salvezza tra Hellas Verona e Salernitana va ai gialloblù di Marco Zaffaroni, ora davvero più vicini, anche ai granata di Davide Nicola.
La 22esima giornata di Serie A ci ha restituito un verdetto sopra gli altri: la Lazio di Maurizio Sarri, che poco meno di tre settimane fa aveva incantato all’Olimpico con una prestazione perfetta contro il Milan, non sa più vincere e così rischia di perdere anche il posto nell’Europa che conta che, invece, potrebbe andare a un’Atalanta che sabato è stata molto più bella, concreta e incisiva dei biancocelesti. Nessun problema, poi, per il Napoli sempre più in corsa per vincere il titolo, ma non per l’Inter che arresta la sua corsa con un pareggio incolore contro la Sampdoria, che però non serve a nulla, a nessuna delle due. Torna alla vittoria, invece, i rossoneri di Stefano Pioli. Ma vediamo insieme come sono andate tutte le partite della terza giornata del girone di ritorno del nostro massimo campionato.
MILAN-TORINO 1-0 – Ed è proprio dai campioni d’Italia in carica che si parte, perché sono loro, contro il Torino, una delle bestie nere quest’anno, che aprono le danze del turno, venerdì alle 20:45 a San Siro – martedì d’altronde c’è l’importante appuntamento della Champions League contro il Tottenham di Antonio Conte, e serve anche arrivarci un po’ più carichi degli ultimi tempi. È dalla prima partita del 2023 contro la Salernitana che non si vince e in mezzo ci sono state batoste, in Coppa Italia contro i granata di Ivan Juric, in Supercoppa italiana contro i cugini, e poi in campionato, tante, anche contro il Sassuolo. Sembra quasi che la magia che ha accompagnato il Milan alla vittoria dello scudetto si sia smarrita in Qatar, un po’ sicuramente si è persa per due dei protagonisti della passata stagione come Theo Hernandez e Olivier Giroud.
I due francesi, però, possono essere anche quelli da cui far partire la rinascita, perché è dal cross del terzino che nasce il gol, al 62esimo, dell’attaccante ex Chelsea, di testa. Un gol che non sa di beffa, sa più di speranza che le cose potrebbero cambiare, e no, non è un caso che siano loro a metterci la firma, anche ora che è tornato tra i disponibili di Pioli uno come Zlatan Ibrahimovic, avanti con l’età, ma il vero uomo spogliatoio che in questa prima parte di Serie A era mancato un po’ a tutti.
E anche se è solo un 1-0, una vittoria di misura, di corto muso per dirla alla maniera dell’allenatore della Juventus, è qualcosa perché il Milan ha creato delle occasioni, lo ha fatto sempre con Theo, ma lo ha fatto anche con Rafael Leão, tornato titolare dopo due partite in cui il tecnico ha preferito farlo iniziare dalla panchina, e magari tornato quello di una volta.
Dal canto loro, il Torino ci ha provato ancora una volta a mettere i bastoni tra le ruote ai rossoneri, stavolta non ci sono riusciti così come non è riuscito di fare un passo avanti in classifica così da rendere ancora più concreto il sogno di un ritorno in Europa, al netto di quello che succederà nel torneo nazionale, ovvio, perché si potrebbe anche arrivare settimi e non centrare comunque l’obiettivo, ma è ancora troppo presto per dirlo o pronosticarlo, e poi comunque ha perso e non c’è davvero un salto in avanti, ecco, non al momento per lo meno.
EMPOLI-SPEZIA 2-2 – Il sabato della Serie A, poi, si è animato (decisamente da subito) con la partita tra Empoli e Spezia, i primi tranquilli nella loro classifica, i secondi, che sono inciampati con Roma e Napoli di fila, leggermente più bisognosi di punti per staccarsi da una zona salvezza decisamente affollata.
Dopo un primo squillo del giovane toscano Tommaso Baldanzi, parato senza problemi da Bartlomiej Dragowski, il match delle 15 del Carlo Castellani si accende a causa del tocco di mano in area di Fabiano Parisi che, dopo il check al Var, decreta l’espulsione dell’esterno della squadra di Paolo Zanetti oltre al rigore per gli ospiti. Il primo tentativo non va a segno per Daniele Verde perché l’ottimo Guglielmo Vicario neutralizza il tiro dagli undici metri e anche la ribattuta, nulla può, però, la seconda volta: tra polemiche e gialli, gli uomini di Luca Gotti vanno in vantaggio dopo 25 minuti con il primo gol in campionato dell’attaccante napoletano. Trovato il modo, ci mette altri sei minuti Verde a trovare ancora la via della rete. Con un mancino dalla distanza, l’attaccante batte ancora Vicario e porta i suoi sullo 0-2.
Potrebbero essere le sliding doors della partita, eppure no, perché alla ripresa, la tragedia vissuta dall’Empoli nella prima parte, viene vissuta dagli avversari, rimasti in dieci per l’espulsione, per doppio giallo, di Salvatore Esposito al 49esimo. Giusto il tempo di prendere le misure, e di evitare lo 0-3, e Francesco Caputo trova l’assist perfetto per Nicolò Cambiaghi. Ma ci vuole ancora il 94esimo per trovare il pareggio (e qualche altro tentativo da parte dei liguri fallito): è dal destro di Emanuele Vignato, in area e dopo che i compagni avevano sbagliato, che possono ripartire i toscani, anche loro a una manciata di punti da un sogno che manca dalla stagione 2007-2008, quando per la prima volta giocarono in Coppa Uefa, che ora, tra l’altro, si chiama anche Europa League.
Quanto allo Spezia, be’, la situazione non è di certo migliorata dopo il 2-2 arrivato solo al fotofinish, anzi, è sempre più preoccupante perché non il Verona continua ad avvicinarsi e cresce partita dopo partita. Chiaro che tutto sia ancora in bilico e di strada da fare ce ne sia ancora tanto, ma servirebbe essere più cattivi e chiudere prima i discorsi per tentare davvero di rimanere ancora in Serie A, perché l’Hellas si avvicina.
LECCE-ROMA 1-1 – Con il Napoli, e la Cremonese archiviati dalla vittoria convincente contro l’Empoli, la Roma arriva al Via del mare con la voglia di consolidare il terzo posto, e affrontare la prima sfida dei sedicesimi di Europa League contro il Salisburgo, in Austria, con la mente serena. Non ha fatto i conti con un Lecce che, soprattutto davanti ai suoi, ha ridimensionato (in parte) i partenopei, ha fatto soffrire l’Inter, ha messo in luce i problemi del Milan e ha vinto contro la Lazio, insomma non è proprio l’avversario più semplice.
E lo dimostra da subito. Da un calcio d’angolo, al settimo minuto, nasce il gol che apre le danze, lo segna un giallorosso della Roma, Roger Ibanez, ma va ai giallorossi salentini, perché il difensore brasiliano anticipa un suo collega, Federico Baschirotto, e buca la porta difesa da Rui Patricio, ecco non la cosa più bella che potesse succedere, ma si può reagire, e lo si fa. Con un tacco poco prima dell’area di rigore, Tammy Abraham lancia Stephan El Shaarawy in rete, ma Wladimiro Falcone è attento.
Sugli altri sviluppi di un corner, Gabriel Strefezza, uno dei migliori della squadra di Marco Baroni finora, tocca il pallone con la mano e regala a José Mourinho la palla del pareggio dal dischetto, perché sì, con un Paulo Dybala così in forma, un rigore è gol quando è lui a batterlo: ed è il 17esimo. A salvare il Lecce tre volte sull’ex Chelsea è sempre l’ex Sampdoria e Cosenza, mentre il capitano Lorenzo Pellegrini spara alto a tu per tu con il portiere dei padroni di casa. Non succede molto altro, e non va bene così.
Non vanno bene per la Roma che poteva staccare le altre, avvicinarsi all’Inter e ipotecare in parte il terzo posto, ora molto affollato, non lo è per i salentini, che sono tredicesimi, è vero, ma sono attaccati a un treno che potrebbe deragliare da un momento all’altro, perché, ancora, i gialloblù si avvicinano. È anche vero, però, che i punti per evitare di tornare nelle retrovie si fanno con le dirette concorrenti, e averne rubato uno a chi lotta per palcoscenici più importanti è comunque una conquista, se solo poi non ci fosse stato quel tocco, poi, magari si poteva urlare ancora all’impresa, perché questi ragazzi se lo meritano.
LAZIO-ATALANTA 0-2 – La Lazio arriva alla partita contro l’Atalanta senza l’acqua alla gola per la classifica, ma con la consapevolezza di dover dimostrare qualcosa. I biancocelesti, infatti, dopo il pesante 4-0 recapitato al Milan in crisi totale, si sono un po’ lasciati andare. Hanno iniziato a convincere meno e soprattutto a trovare meno gli automatismi di gioco che sono tipici di Sarri e delle sue creature. Non male male, ma neanche lo splendore che i biancocelesti non hanno fatto mancare in questa stagione e anche in appuntamenti piuttosto importanti.
Contro il Verona, però, non è stata la Lazio migliore. E neppure in quella prima contro la Fiorentina. E non può essere del tutto un caso se questo periodo poco esaltante coincide con il rientro di Ciro Immobile al centro dell’attacco. Quindi, contro l’Atalanta si attendevano risposte e anche perché l’avversario è uno dei più temibili del campionato. E anche uno dei più imprevedibili con tutte quelle trame di gioco, Ademola Lookman e Rasmus Hojlund davanti a completarsi e a stupire l’intera Serie A. Infine, con una difesa che non sarà il prodotto di punta del menù, ma ha comunque dimostrato solidità in questa stagione. E non è scontato.
Lo scontro diretto della 22esima giornata è, quindi, il più atteso del weekend e ha anche stupito, ma a sfavore della squadra di casa. Pronti, via la Lazio cerca di dominare con il suo 4-3-3 accerchiante, la qualità e il Sarrismo puro, da venerare ogni domenica. Stavolta, però, non è facile passare contro un’Atalanta che copre bene gli spazi, toglie luce a Immobile e anestetizza gli esterni d’attacco. Proprio il bomber biancoceleste non ci mette molto a costruirsi la prima vera occasione da gol nel primo tempo, ma fallisce una rete che poteva indirizzare il match nella direzione opposta.
Invece, l’Atalanta approfitta in qualche incertezza da parte dei difensori avversari e sblocca la partita: al 23esimo Davide Zappacosta sfrutta una respinta di un centrale di Sarri e dalla fascia sinistra scarica un destro stupendo che si inserisce direttamente sotto l’incrocio dei pali. Una rete magnifica che fa capire da che parte sta andando la serata e con lei anche i tre punti. L’Atalanta, però, non si ferma e continua a imporre il suo gioco, nonostante la Lazio cerchi di innescare il più possibile Sergej Milinkovic-Savic e le punte. E con Luis Alberto che non sembra nella sua giornata migliore.
Il secondo tempo inizia sulla stessa scia del primo e anche stavolta l’Atalanta si dimostra determinata e famelica nel chiudere l’incontro. Al 65esimo ci pensa una delle perle rare a disposizione di Gian Piero Gasperini: Hojlund. Il bomber danese ci mette tutta la sua velocità e la sua qualità per sorprendere tutti, batterli sul tempo e segnare il 2-0. In molti, dopo questa partita dominante, lo paragonano a Erling Haaland. Non sappiamo se sia effettivamente così, ma di certo di questo talento se ne sentirà parlare tanto e anche a livello internazionale.
La partita scorre e la Lazio non torna in gioco. Soprattutto, non riesce a rendere pericoloso Immobile, ancora non al meglio della forma. Il match termina così, con una sconfitta casalinga che conferma il periodo negativo, ma anche con una classifica che non è più quella di tre settimane fa e vuol dire sesto posto in classifica, anche se è cortissima. Nessun dramma, quindi, per Sarri e per i suoi ragazzi, ma con la consapevolezza di dover presto invertire la rotta e risolvere qualche problemino tattico. L’Atalanta, invece, si gode il terzo posto e l’ennesima squadra giovane e dal talento splendente, merito della società, sì, ma anche di chi fa rendere al meglio questi diamanti grezzi.
UDINESE-SASSUOLO 2-2 – E arriviamo al lunch match di domenica della Dacia Arena tra Udinese e Sassuolo. Per gli ospiti, il momento no sembra archiviato, per lo meno da quando le hanno suonate di gran carriera al Milan e da quanto è tornato il vero Domenico Berardi, quello che l’anno scorso ha illuminato in Serie A, per i friulani di Andrea Sottil, invece, quella sorpresa che sembrava nella prima parte del campionato si è sgonfiata sempre più di più e ora si è tornati in un limbo in cui si oscilla, ma ogni tanto si fa anche un pensierino al ritorno in Europa, specie perché il Torino ha perso.
E passano davvero una manciata di secondi, 25 per la precisione, perché Destiny Udogie si metta in proprio e dal limite dell’area, dopo aver portato palla indisturbato, batta Andrea Consigli. I neroverdi, però, non si perdono d’animo e provano a rispondere, non ci riescono, non subito almeno, dopo cinque minuti sì. È Matheus Henrique ad approfittare di un disimpegno sbagliato della retroguardia dei bianconeri e pareggiare i conti con Marco Silvestri che accarezza la palla, ma non può nulla. Dalla gioia si torna di nuovo al dolore per gli uomini di Alessio Dionisi, anzi per il suo giocatore migliore: il campione d’Europa, per problemi muscolari, è costretto ad abbandonare il campo al 12esimo, lasciando spazio al nuovo acquisto Nedim Bajrami.
E passano ancora 14 minuti perché Jaka Bijol porti di nuovo avanti l’Udinese con una zampata, da calcio piazzato battuto da Lazar Samardzic, che spiazza tutti, specialmente il portiere del Sassuolo. La partita è ancora lunga, però, ed è il subentrato a tempo quasi scaduto (nel primo tempo) a propiziare il gol del pareggio, ancora una volta. Su un cross dell’ex Empoli, infatti, è sfortunato Nehuen Perez che devia e regala il 2-2 agli emiliani.
Nel secondo tempo non succede niente di memorabile, niente che possa far cambiare il punteggio almeno e quindi Dionisi torna a casa con un punto che fa bene, fa sempre bene, ma che non mette nella posizione di far dormire sonni tranquilli, Sottil perde l’occasione per allungare, e per iniziare a costruire un muretto che ora non ha più le basi per essere tirato sù, non fino alla prossima partita per lo meno, in cui però si dovrà affrontare l’Inter e a San Siro.
BOLOGNA-MONZA 0-1 – L’unica partita delle 15 di domenica – e non smetteremo mai di dire che non è bello così, non lo è per nulla – è quella tra due delle squadre più in forma, al momento, del campionato: il Bologna di Thiago Motta e il Monza di Raffaele Palladino, entrambe in odore di impresa dopo aver cambiato allenatore in corsa, una scelta vincente a quanto pare, anche se quella dei felsinei prima o poi sarebbe stata costretta dalle condizioni di salute di Sinisa Mihajlovic.
Ad avere la meglio, però, sono gli ospiti a cui basta un gol di Giulio Donati, scuola Inter ma con un passato pesante in Bundesliga, per portarsi a casa tre punti che vogliono dire l’aggancio in classifica ai rossoblù, ma la rete, in realtà, è quasi tutta opera di Andrea Petagna che lo trova al posto giusto al momento giusto. Serve anche una delle migliori uscite di Michele Di Gregorio per tenere a galla il risultato fino all’ultimo per i brianzoli di Adriano Galliani e Silvio Berlusconi o forse è stata di più l’imprecisione dei padroni di casa a non consentire al Bologna né di pareggiare i conti, né di fare quel salto in più che voleva dire settimo posto, e quindi la possibilità di andare in Europa sì.
La strada è ancora lunga, anche qua, e ci saranno altre occasioni per portare avanti il progetto, è anche vero, però, che sono gli scontri diretti a contare più del resto, specie se si arriva in tanti, e con gli stessi punti. In quel caso, a essere più sereni dovrebbero essere effettivamente gli uomini dell’italo brasiliano perché hanno segnato due gol in trasferta, era il 31 ottobre, però, e da allora di cose ne sono cambiate parecchie, un po’ per tutti. Anche per Marko Arnautovic che serve come il pane all’ex Paris Saint-Germain, specialmente quando neanche Riccardo Orsolini, che la sua firma l’aveva messa sia con lo Spezia, sia contro la Fiorentina, firma che aveva portato a due vittorie su due.
JUVENTUS-FIORENTINA 1-0 – Alle 18, poi, è arrivato il turno della Juventus in una di quelle partite che hanno sempre un sapore strano, specialmente per la Fiorentina, che ora inizia a sentire anche il rammarico per aver perso, a suon di milioni è vero, due dei suoi giocatori migliori come Dusan Vlahovic e Federico Chiesa proprio per i bianconeri.
La situazione, per entrambe, in classifica non è delle migliori, la Vecchia Signora è stata penalizzata di 15 punti dalla Corte d’appello federale e sta aspettando la decisione del Collegio di garanzia del Coni per sapere se rimarrà la stessa. I Viola di Vincenzo Italiano, invece, non sono ancora riusciti a ingranare la marcia giusta in campionato, ma hanno qualche speranza in più sia in Conference League, dove saranno impegnati giovedì per i sedicesimi di finale contro il Braga in Portogallo, sia in Coppa Italia, che arriverà molto dopo.
Partono meglio i padroni di casa, partono decisamente meglio, e sono loro a sbloccare la gara dell’Allianz Arena con il gol del ritrovato Adrien Rabiot arrivato su assist di Angel Di Maria, che nella prima parte della stagione praticamente non c’è stato se non a sprazzi per Massimiliano Allegri. Quel rimpianto per la Fiorentina, quello più fresco, il serbo trova anche la rete del raddoppio, ma si trova di un nonnulla in fuorigioco e, nonostante per rispetto non abbia gioito, non vale comunque nulla per il Var. Non vale nulla, però, neanche il pareggio che arriva dai piedi di Gaetano Castrovilli, tornato in campo dopo un calvario durato mesi, e quindi la partita si conclude così, di corto muso per la Juventus.
Una Juventus che se non avesse la penalizzazione a pesare ora sarebbe dietro l’Inter, a sperare nei passi falsi del Napoli, ma soprattutto in odore di Champions League, anche se quella potrebbe essere interdetta anche qualora si vincesse l’Europa League, così come tutte le coppe, perché anche dalla Uefa si aspetta un verdetto che potrebbe sapere di beffa, ancora. Quanto alla Fiorentina, è evidente che manchi qualcosa, specie davanti, che i sostituti, dopo più di sei mesi, non abbia ancora trovato la maniera per rendere l’ingranaggio perfetto. E in fondo è anche un po’ un peccato perché Italiano è bravo, e la sua visione di gioco è buona. E chissà magari sarà più letale altrove, per salvare capra e cavoli.
NAPOLI-CREMONESE 3-0 – Chi non deve assolutamente salvare nulla è sicuramente il Napoli di Luciano Spalletti, la regina, la bellezza, il fiore all’occhiello del nostro massimo campionato. Deve farlo, invece, la Cremonese, che ancora non ha vinto una partita dal ritorno in Serie A, che però i partenopei li ha già rispediti a casa agli ottavi di finale della nostra coppa nazionale. Allora era la prima parte sulla panchina dei grigiorossi per Davide Ballardini e si parlava di Davide che aveva battuto Golia, ancora, ora è una speranza che possa succedere assai remota, perché il posticipo del Diego Armando Maradona è il testacoda perfetto.
Ci mette 22 minuti Khvicha Kvaratskhelia, il colpo migliore della sessione estiva del calciomercato italiano, a far vedere di che pasta sono fatti i padroni di casa, e che come cannibali non fanno sconti a nessuno, anche a tredici lunghezze dalla seconda, e anche se i punti servono di più al fanalino di coda che a loro. Al 65esimo, poi, sul tabellino dell’arbitro ci finisce anche il solito Victor Osimhen, arrivato a 17 reti in 18 partite giocate, poco meno di una a giornata. L’assist stavolta non è del georgiano, ma di Kim Min-Jae, un’altra bella trovata di Cristiano Giuntoli in estate. Il sipario, però, si chiude al 79esimo, quando Eljif Elmas, entrato in campo da appena nove minuti, mette il suo sigillo grazie a Giovanni Di Lorenzo.
È 3-0 ed è l’ennesima prova che quest’anno non ce n’è per nessuno, ed è avvisato anche l’Eintracht Francoforte, la prossima avversaria del Napoli in Champions League, perché la voce grossa la si può fare anche fuori dall’Italia, e lo si è dimostrato in un girone non semplice come quello con il Liverpool, non decisamente il migliore degli ultimi anni, e l’Ajax, anche lei un po’ abbattuta.
Quanto alla Cremonese, be’, il miracolo in questo caso non è riuscito, e ne servirà ancora più grande per riuscire a rimanere anche il prossimo a lottare con i migliori, così di certo non basta, così di certo non si può andare avanti perché i black out sono troppi, tanti, e a contare sono più gli scontri diretti, anche quelli miseramente falliti fino a ora.
VERONA-SALERNITANA 1-0 – Da una parte la speranza, dall’altra pure, da una parte la ripresa, dall’altra il contrario, perché se il 2023, finora, per l’Hellas Verona è stato bello, tanto che si è pareggiato anche contro la Lazio la volta precedente, non si può dire la stessa per la Salernitana di Davide Nicola, strapazzata da un po’ tutti, ma specialmente dall’Atalanta.
Dopo 29 minuti a passare in vantaggio sono i padroni di casa con la seconda rete, dopo quella ai biancocelesti, del nuovo arrivato Cyril Ngonge, che viene annullata dal Var, ma gliene bastano altri due per fare sì che nessun errore possa cambiare le cose. E basta quello in effetti per guadagnare tre punti che sono oro colato oltre che la certezza che qualcosa di stupendo, insperato fino a novembre, possa succedere, dopo tutto questo è uno scontro salvezza, e quindi è ancora più importante.
SAMPDORIA-INTER 0-0 – Un’occasione da non perdere per l’Inter contro la Sampdoria, l’occasione per dirsi diversa dalle altre, per non avere il fiato sul collo fino all’ultimo, eppure no, perché contro i penultimi della classe, nonostante un inizio scoppiettante, e un Romelu Lukaku ritrovato dopo l’infortunio, i nerazzurri si fermano solo al pareggio contro una squadra in lizza per non retrocedere, anzi proprio con l’acqua alla gola visti i deludenti risultati ottenuti in tutta la stagione fino ad adesso. E poi Dejan Stankovic ha caricato il gruppo, ha invitato tutti ad assistere alla grinta dei suoi, nonostante una rosa corta, i tanti infortuni e, quindi, i pochi giocatori a disposizione.
Simone Inzaghi, invece, deve convivere con qualche equivoco tattico in più rispetto al solito per far funzionare la sua Inter. I nerazzurri senza Marcelo Brozovic e Lukaku hanno trovato nuovi equilibri, alchimie diverse. Si sono abituati a un Edin Dzeko che lega tanto il gioco e aiuta la squadra, rispetto a un puntero vero e proprio che si piazza lì davanti e fa la guerra uno contro uno con i suoi rivali di turno. È così soprattutto per Lautaro Martinez che arriva da un periodo splendido, ma che con l’ex bomber della Roma si trova molto meglio, anche se deve scegliere tra lui e il belga, con cui ha costruito il destino della sua società, ma con Conte a dirigere. È vero, era sicuramente un Lukaku diverso, ma quelle bocca di fuoco devastante ora deve ritrovarsi. Per il bene dell’Inter.
Il match contro la Sampdoria sembra ideale per farlo, ma le cose vanno in maniera opposta. E cioè l’Inter si trova imbrigliata in una partita difficile da vivere e gestire. Al via i nerazzurri dominano, creando gioco e occasioni a ripetizione. Nei primi quattro minuti arrivano tre tiri e sono tre occasioni da gol, ma nessuna di queste si tramuta in una conclusione veramente pericolosa. Qui si rivela un altro difetto della Beneamata versione 2022/23 e cioè il cinismo negli ultimi venti metri. Il copione della partita, infatti, non cambia con il passare dei minuti: i nerazzurri fanno la partita e cercano di sorprendere gli avversari, mentre i blucerchiati si barricano nella loro metà campo chiudendo tutti gli spazi e cercando di arginare il più possibile l’azione di Lukaku. Il leitmotiv, soprattutto a inizio gara, è il belga che si piazza centralmente e da diamante del gioco di Inzaghi dando la traccia della palla addosso per poi girarsi, servire assist o liberare il gioco offensivo.
Le cose vanno in maniera diversa e sicuramente perché la difesa avversaria è attenta, ma anche perché la squadra non ha ancora digerito il rientro del calciatore in prestito dal Chelsea e non lo conosce proprio alla perfezione. Sono tante le occasioni in cui i movimenti non sono coincisi, anzi sono andati totalmente fuori tempo e creando una buona dose di nervosismo in tutta la squadra. Nicolò Barella in diverse occasioni ha ignorato la palla addosso a Lukaku sul centro-destra preferendo, invece, un cambio di lato o una costruzione nel breve. Il ragazzone che è cresciuto nell’Anderlecht se l’è anche presa direttamente con il centrocampista, tanto che in campo è arrivato uno “Stai zitto” di troppo ed espressioni poco diplomatiche. Ottimo se serve a crescere nel gioco e nella squadra, meno farlo a partita in corso e durante una partita così bloccata.
Ci prova tante volte anche Hakan Calhanoglu, soprattutto con il suo gran tiro dalla distanza, ma stasera è bravissimo a costruire, molto meno a concludere. È, infatti, spesso l’epicentro della regia offensiva. Spesso, però, predilige l’ultimo passaggio al tiro e ancora delle conclusioni dalla distanza più pericolose, ma sfortunate.
Con il passare dei minuti, intanto, la partita si complica e soprattutto la Sampdoria prende ancora più coraggio chiudendosi ancora meglio nella sua area di rigore. A fine primo tempo, lo staff dell’Inter decide che è il momento di dare la svolta, allora inserisce fin da subito Federico Dimarco al posto di un deludente Robin Gosens. Continua il periodo nero del tedesco che stasera ha sbagliato tanto e ha spinto veramente poco. Il suo impatto sull’Inter continua a essere nullo o quasi. Nel secondo tempo, la musica non cambia, anzi Lukaku abbassa ancora di più il suo rendimento, il nervosismo persiste e la partita non si sblocca. Chi sembra poter dare la scossa è proprio Dimarco, ma anche lui oggi è impreciso al tiro. Entra, quindi, Dzeko al posto di BigRom, ancora poco convincente e sempre più problematico.
Con il bosniaco il gioco non sboccia, ma Lautaro Martinez alza di certo il suo rendimento. Inzaghi decide anche di sostituire Barella, diventato sempre più indeciso e nervoso con il passare del tempo. Anche Brozovic, rientrante da un lungo infortunio, non è ancora al top e non dà la scossa alla partita. Ad andare più vicino al gol è Francesco Acerbi con un bel tiro dalla distanza, ma Emil Audero si supera e, con l’aiuto della traversa, tiene il risultato sullo 0-0. Ci prova anche Lautaro Martinez che ha una grande occasione in area di rigore, ma liscia il pallone. L’arbitro fischia tre volte: la Sampdoria porta a casa un punto importantissimo nella corsa per non retrocedere, soprattutto per il morale, mentre l’Inter si relega alla mediocrità di chi non ha continuità. Contro Empoli, Monza e Sampdoria è arrivata la prova che è così. E magari la Champions League salverà la stagione, ma la Serie A finora è stata deludente. Fin troppo per essere accettabile e per la rosa a disposizione. Perché, diciamolo, le grandi squadre, ma quelle che puntano a vincere, le grandi occasioni non le sprecano e questa squadra continua a farlo, quasi fosse un’ossessione.
NAPOLI 59
INTER 44
ATALANTA, ROMA, MILAN 41
LAZIO 39
TORINO, UDINESE 30
JUVENTUS*, MONZA, BOLOGNA 29
EMPOLI 27
LECCE, FIORENTINA, SASSUOLO 24
SALERNITANA 21
SPEZIA 19
HELLA VERONA 17
SAMPDORIA 11
CREMONESE 8
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