La 32esima giornata di Serie A si è appena conclusa e ha dato delle sentenze importanti, nonostante la più importante e attesa, in realtà, sia slittata, probabilmente di qualche giorno. Il Napoli, infatti, non è riuscito a battere la Salernitana tra le mura amiche e con la festa che era pronta a esplodere durante e subito dopo la partita, ma avrà il secondo match point già nel turno infrasettimanale contro l’Udinese. L’Inter, invece, ha avuto la meglio in rimonta contro la Lazio con il risultato di 3-1 e grazie a uno scatenato Lautaro Martinez. Roma e Milan un giorno prima si sono accontentate di un punto a testa e dopo una prova decisamente equilibrata caratterizzata da un finale al cardiopalma. A concludere la giornata ci ha pensato la Juventus che non è tornata alla vittoria contro il Bologna con il punteggio di 1-1. Ecco come sono andate nel dettaglio tutte le sfide di giornata.
Tanto tuonò che non piovve: questo potrebbe essere il riassunto della 32esima giornata, quella designata da molti come quella che avrebbe assegnato al Napoli il terzo scudetto della sua storia, ma invece non è successo. Un successo bruciato all’ultimo momento con un gol di Boulaye Dia che ha fatto saltare un’intera festa scudetto e ha represso per qualche giorno ancora la gioia della capolista e dei suoi tifosi. Non è l’unico dato importante di questa giornata, perché l’Inter è riuscita a tornare alla vittoria in casa contro la Lazio con un 3-1 ricco di emozioni e che proietta di nuovo la Beneamata in piena corsa per il quarto posto, ora a pari punti con Roma e Milan, che invece hanno pareggiato. La Juventus si ferma ancora e questa volta contro il Bologna, ma con tanti errori da parte della Vecchia Signora.
Quando si arriva alle fasi decisive di una stagione, c’è poco da lasciare al caso e pensare ai risultati degli altri, perché bisogna correre e centrare gli obiettivi che contano. Il Napoli, con la testa alla festa, alle emozioni, ai colori e ai suoni che solo uno scudetto può regalare. I partenopei il primo match point l’hanno fallito e hanno avuto poco da sorridere al fischio finale per tutto ciò che si stava sviluppando attorno e da giorni, ma in realtà non è stata comunque una cattiva giornata per gli azzurri che hanno allungato rispetto alle dirette pretendenti e dovranno fare un punto nelle sei partite rimaste per festeggiare il titolo.
L’Inter, invece, si gode un altro successo importante, questa volta in campionato, contro la Lazio di Maurizio Sarri che può recriminare per la gestione degli ultimi venti minuti. Roma-Milan non regala tutto questo spettacolo, ma un pareggio che comunque muove la classifica e chi fosse rimasto senza punti avrebbe perso tanto nella corsa alla Champions League. La Fiorentina asfalta una Sampdoria ormai destinata alla Serie B, mentre il Lecce fa il passo in avanti più importante nella corsa salvezza battendo l’Udinese e tornando al successo dopo settimane di astinenza. Di seguito il punto su tutti gli eventi della giornata.
LECCE-UDINESE 1-0 – Quando il gioco entra nel vivo e si fa duro, chi è in lotta per la salvezza deve iniziare a correre. E le pressioni ora sempre più importanti per un Lecce che ha vissuto una seconda parte di stagione terrificante sotto il profilo del gioco e del risultato e ha bisogno di iniziare a macinare punti per confermare la Serie A anche per l’anno prossimo. Marco Baroni, in ogni caso, decide di non stravolgere la squadra e soprattutto l’assetto tattico, puntando sulla forza dei laterali offensivi ma anche sulla qualità della fase difensiva che vede ancora Federico Baschirotto come leader assoluto dell’intero reparto. Davanti, però, c’è un Udinese che ha triturato la Cremonese nell’ultimo turno di Serie A e che vede nel centrocampo formato da gente come Sandi Lovric, Lazar Samardzic e Roberto Pereyra il punto di forza dei friulani. Nel frattempo, però, Andrea Sottil ha dovuto salutare Beto per infortunio e, quindi, in attacco c’è il solo Nestorovski, abile nel lavoro spalle alla porta e per i compagni, ma non esattamente un realizzatore implacabile.
La partita inizia all’insegna dell’aggressività con i pugliesi in grado di far valere finalmente un’intensità più volte sbandierata da inizio anno, ma ora che ora sembrava un po’ svanita. L’Udinese, invece, fa estrema fatica a farsi vedere in attacco e con pochissime difficoltà per i padroni di casa a impensierire davvero Falcone e compagni. La partita cambia quando i giallorossi beneficiano di un calcio di rigore: Gabriel Strefezza si presenta dal dischetto e non sbaglia tornando a trascinare i pugliesi nel punto più importante della corsa per la salvezza.
Nel secondo tempo, qualcosa in più si vede e Sottil cambia diversi uomini a centrocampo per tentare di dare maggiore ispirazione alla manovra e alle possibilità dalla metà campo in su. Nonostante tutti i tentativi messi in atto, però, alla fine a prevalere è la difesa dei pugliesi che finalmente tengono la loro porta inviolata. La partita termina con i pugni al cielo per il Lecce che con questo risultato sale in classifica e allontana per il momento il terz’ultimo posto occupato dal Verona e soprattutto lo Spezia, sconfitto in casa dal Monza. Ora quella salvezza che sembrava in tasca è sempre più vicina per i padroni di casa che vedono l’obiettivo della permanenza in Serie A sempre più concreto e soprattutto iniziano a ripartire nel momento più importante della stagione. L’Udinese, invece, si condanna a una metà classifica che ridimensiona l’operato della squadra nella prima parte di anno. A pesare, però, sono soprattutto gli infortuni con Gerard Deulofeu ko per mesi e Beto che è riuscito a portare il suo contributo solo a intermittenza quest’anno.
SPEZIA-MONZA 0-2 – Lo Spezia non può più sbagliare, non adesso che il Verona è sempre più vicino e per la prima volta in stagione sta facendo davvero tremare i liguri e le dirette rivali per la corsa salvezza, ora che anche il Lecce è pienamente invischiato nella lotta per non retrocedere e non ci possono più essere errori o occasioni sprecate. I bianconeri, però, non hanno affatto una prova semplice da affrontare, perché il Monza ha dimostrato nelle ultime uscite di giocare seriamente tutte le partite e anzi di volersi ancora regalare diverse soddisfazioni da qui al termine dell’anno. Inoltre, Raffaele Palladino ha acquisito molte certezze in più nell’ultimo periodo, sfruttando l’attacco leggero con Dany Mota che puntualmente mette in crisi le difese avversarie.
Pronti, via la partenza migliore degli ospiti che fanno girare a vuoto i padroni di casa per diversi minuti e con l’ormai consueta aggressività avanzano a blocchi compatti, innescando i trequartisti con puntualità e un livello alto del gioco. Al contrario, per i liguri si rivela ancora una volta decisiva l’assenza di M’Bala Nzola, l’assoluto epicentro e finalizzatore del gioco bianconero e che quando manca rende molto meno efficace i tentativi di attacchi della quart’ultima classifica. Non passa molto, anzi passa poco e già la partita si sblocca in favore del Monza: al 21esimo Patrick Ciurria riceve il pallone da Andrea Colpani e scarica un mancino fantastico dalla media distanza su cui il portiere avversario non può fare assolutamente nulla. Lo 0-1 è di rara bellezza, soprattutto per una squadra di metà classifica, ma comunque non fa calare il livello di intensità del Monza che continua a fare essenzialmente quello che vuole in mezzo al campo e rischiando poco o nulla.
La partita, però, resta in bilico a lungo e con lo Spezia che tenta una corposa reazione a inizio secondo tempo. Tutti gli attacchi dei bianconeri, però, restano vani e anche i tentativi di Leonardo Semplici di cambiare le cose con una serie di sostituzioni operate poco prima del 60esimo del secondo tempo. A colpire, invece, e suona un po’ come una beffa finale, sono ancora i brianzoli. Al 93esimo, infatti, Carlos Augusto non fa ancora una volta sconti sotto porta e conferma la sua ottima verve realizzativa, bloccando il punteggio sul risultato di 0-2. Il lavoro che l’esterno mancino ha svolto per tutta la partita è culminato in un gol decisivo per un altro successo dei lombardi, ma fa anche scivolare un brivido sulla schiena dello Spezia. Questa sconfitta, infatti, è particolarmente pericolosa: intanto fa perdere terreno dal Lecce che è riuscito, per il momento, a staccarsi dal gruppo dietro, ma lascia molto amaro in bocca anche per la costruzione della rosa dello Spezia, che non ha un sostituto del livello di Nzola ed è assolutamente dipendente dal suo terminale offensivo per trovare punti importanti per restare in Serie A. E ora servono come il pane.
ROMA-MILAN 1-1 – Il primo big match della 32esima giornata parte all’insegna delle assenze e della stanchezza, ma con la stringente necessità per entrambe di conquistare punti fondamentali per qualificarsi alla prossima Champions League. José Mourinho deve fare a meno di Paulo Dybala, ancora alle prese con il problema alla caviglia, ma già verso la via del recupero per le prossime giornate. Non è l’unico big che non può essere della partita, perché Chris Smalling non è al centro della retroguardia giallorossa ed è presto anche per Georginio Wijnaldum, nonostante anche per lui basti di fatti qualche giorno ancora prima di tornare a disposizione.
Per il Milan il discorso è decisamente diverso, perché i principali interpreti del 4-2-3-1 di Stefano Pioli ci sono tutti, nonostante il tecnico sia costretto a dosare le energie per far sì di avere la squadra al massimo della forma per la semifinale di Champions League contro l’Inter e le sfide che precedono un impegno che vale un’intera stagione. Gli ospiti devono comunque prestare la massima attenzione alla coppia offensiva formata da Tammy Abraham e Andrea Belotti che, nelle intenzioni del tecnico ex Lazio, dovrebbero pareggiare i due centrali del Milan e creare qualche problema in più ai campioni d’Italia in carica, ancora per un po’.
La partita inizia in maniera piuttosto bloccata, con entrambe le squadre che fanno fatica a trovare spazio nella retroguardia avversaria. Il match ha un’andamento un po’ lento con i rossoneri che fanno girare il pallone, ma soprattutto in fase difensiva e senza accelerare nelle verticalizzazioni alle spalle della mediana, con delle linee ben strette in maniera tale da intercettare ogni tentativo di Sandro Tonali e compagni. L’inizio di partita ha comunque un marchio ben preciso e non è a vantaggio di nessuna delle due squadre, ma della sfortuna.
Dopo pochi minuti, infatti, Mourinho perde un altro difensore e stavolta si tratta di Marash Kumbulla per cui l’infortunio sembra essere piuttosto serio. Il primo tempo finisce con il risultato di 0-0 e senza grosse emozioni da una partita e dall’altra, a parte un tentativo di Rafael Leao e uno di Lorenzo Pellegrini, ma senza fortuna. Nel secondo tempo, a dominare sono ancora gli infortuni: per Tomori e Belotti la partita termina con largo anticipo, poi anche Bove, che era entrato nel primo tempo, denuncia qualche problema.
Le grandi occasioni, che poi sono anche gol, arrivano tutte nei minuti di recupero della partita. Abraham chiude con il destro in area di rigore e sblocca la partita al 94esimo facendo esplodere lo stadio Olimpico con la sensazione di una vittoria insperata e che si sta materializzando all’improvviso. La gioia dopo la realizzazione dell’inglese, però, non dura tanto. Il Milan si getta in avanti alla ricerca del pareggio e arriva dopo due minuti quando Leao innesca l’inserimento di Alexis Saelemaekers sul secondo palo e l’esterno al volo fa passare la sfera sotto le gambe di Rui Patricio. È 1-1 e per i rossoneri è il momento di tirare un grosso sospiro di sollievo, perché una sconfitta sarebbe stata difficilissima da metabolizzare e da riparare a questo punto del campionato. Le due big, quindi, si dividono la posta in palio, ma con la possibilità di avvantaggiare le altre.
Pioli comunque nel post partita ha sottolineato come non sia un risultato che fa piacere all’ambiente, nonostante sia arrivato in extremis e quando le cose si erano messe molto male: “Sì. Ci aspettavamo una partita così.. difficile , ruvida e fallosa. Speravamo con meno interruzioni: si è giocato poco e diventa difficile trovare ritmo e spazio. Ci sono mancate le soluzioni finali rispetto a quello che abbiamo provato e trovato. Non abbiamo bisogno di slancio, sappiamo che la stagione si deciderà in questi 20 giorni da oggi alla partita con la Samp. Abbiamo 5 partite di campionato e la semifinale di Champions. La nostra stagione potrà essere gloriosa e fantastica o un po’ meno positiva, dipenderà da noi”.
La soddisfazione non è all’ordine del giorno neppure per Mourinho che si è visto togliere dal naso due punti proprio al momento del rush finale, ma deve fare i conti con una sfilza di infortuni che stanno condizionando tanto in difesa: “Sono ovviamente triste perché i tre punti sembravano vicini, ma sono più orgoglioso che triste. Ci sono allenatori che giocano come vogliono, scelgono sistema tattico, giocatori che possono offrire soluzioni diverse. Noi dobbiamo costruire partita dopo partita con quello che abbiamo a disposizione. Questi ragazzi sono fantastici”. Dopo l’ennesimo infortunio, questa volta a Kumbulla, da grande comunicatore qual è, il tecnico portoghese non ha fatto mancare una battuta che è subito risaltata agli onori della cronaca: “Ho la squadra femminile che ha vinto il campionato oggi, ha un difensore centrale che giocava nel Bayern Monaco (Wenninger, ndr). Magari può aiutarci…”. Non crediamo che aiuterebbe, ma siamo certi che il tecnico farà comunque buon viso a cattivo gioco e cercherà di utilizzare la pressione, la sfortuna e le defezioni per caricare tutto un gruppo verso la prossima impresa: tra Europa League e qualificazione alla prossima Champions decidete un po’ cosa è più importante, ma entrambe sono in ballo e non crederci a questo punto sarebbe un peccato capitale.
TORINO-ATALANTA 1-2 – I bergamaschi vedono la qualificazione alla prossima Champions League, nonostante tutti gli errori compiuti in questa stagione e, alle porte del rush finale e senza coppe a disturbare, credono davvero nel poter strappare un posto valido per la massima competizione europea il prossimo anno. Il problema è che davanti hanno un Torino in buona forma e che non è affatto una squadra semplice da affrontare in casa sua. In più arriva da una vittoria pesante nell’ultimo turno contro la Lazio e contro una delle squadre più determinate e in condizione dell’intera Serie A. Si preannuncia, quindi, una sfida aperta ed equilibrata anche tra assetti tattici molto simili, anche perché Gian Piero Gasperini sceglie di lasciare inizialmente in panchina Duvan Zapata, con Ademola Lookman ancora ai box per infortunio, e con Rasmus Hojlund unica punta. La risposta del Torino arriva con Antonio Sanabria, pronto a confermare la sua verve realizzativa, nonostante l’assenza di Nemanja Radonjic.
L’inizio di partita, quindi, rispetta le attese e con pochi spazi lasciati da entrambe le compagini in campo. L’equilibrio, però, viene spezzato nel cuore del primo tempo quando Davide Zappacosta, da un angolo quasi impossibile, vede Vanja Milinkovic-Savic piazzato male sul primo palo e lo batte proprio lì. Bella l’intuizione del laterale di Gasperini, ma le colpe dell’estremo difensore sono evidenti e non possono essere espiate.
Nel secondo tempo, però, la musica cambia con il Torino che gioca essenzialmente una partita all’attacco e cerca gli spazi giusti per riuscire almeno a raggiungere la parità davanti ai propri tifosi. Quello più in palla è, neanche a dirlo, proprio Sanabria che fa impazzire la difesa avversaria tenendo in avanti un gran numero di palloni, cercando di alzare il baricentro dei suoi compagni e alla fine trovando anche la via del gol. La punta, infatti, mostra tutto il suo fiuto in area e, con una grande giocata, batte Sportiello per firmare un 1-1 di vitale importanza per tutta la corsa Champions.
Guai, però, a scrivere la parola fine su una partita del genere e in cui l’Atalanta non ha alcuna intenzione di darsi per vinta. Gasperini, intanto, inserisce anche Zapata e Boga, dando più peso, ma – nelle sue prime intenzioni – cercando di scatenare i contropiede dei suoi ragazzi. La manovra offensiva dei nerazzurri esplode, in ogni caso, nel finale di gara, ma serve una giocata del singolo in grado di rompere definitivamente gli equilibri. Zapata, quindi, si traveste da protagonista e trova una giocata importantissima in un momento cruciale della stagione: il colombiano tiene il pallone incollato sul piede destro e si invola a partire dal lato sinistro dell’area di rigore. Schuurs non riesce a contenerlo e il bomber lo mette a sedere con una sterzata degna dei suoi anni migliori. A questo punto, da posizione laterale, scarica un interno destro potente e preciso che finisce direttamente sul lato opposto della rete, a pochi centimetri dall’incrocio dei pali, non lasciando possibilità di intervento a Milinkovic-Savic. Ora il risultato è sull’1-2 e, nonostante gli ultimi assalti del Torino, non cambia più. Si tratta di un balzo in avanti fondamentale per gli ospiti che ora sono a pochi passi da Milan e Roma e sempre più in corsa per un posto nella prossima Champions League. Finisce male, invece, per i granata di Ivan Juric, per cui, a poche giornate dalla fine, la Conference League resta ancora un miraggio.
FIORENTINA-SAMPDORIA 5-0 – La seconda finalista della Coppa Italia, anche la squadra che, al momento, in Italia, ha giocato più partite di tutte (e potrebbe tenere questo record fino a fine campionato se le cose dovessero andare bene anche in Conference League), quindi la Fiorentina ospita all’Artemio Franchi una Sampdoria che è praticamente a un passo dal baratro. Mentre le altre, infatti, in zona retrocessione conquistano vittorie, i blucerchiati di Dejan Stankovic sono costretti a guardare, non vogliono farlo però contro gli uomini di Vincenzo Italiano che, come abbiamo già detto, potrebbero essere abbastanza stanchi.
Potrebbero, appunto, ma non sono, o per lo meno non lo dimostrano, soprattutto nel secondo tempo. Perché dopo che Gaetano Castrovilli sblocca il risultato al 47esimo della prima frazione, ovvero poco prima che l’arbitro mandi tutti negli spogliatoi, il centrocampista viola su assist del capitano Cristiano Biraghi fa un gol meraviglioso con un tiro al volo. È una rondine, sì, che fa primavera, dicevamo, perché dopo inizia la goleada dei padroni di casa.
Al 62esimo, è Dodo, che grazie all’assist di Luka Jovic (uno dei protagonisti della serata di Firenze), a firmare il due a zero, e due minuti dopo ancora, che Antonio Giua conferma solo con l’aiuto del Var. Passano altri due minuti, però, ed è ancora la Fiorentina a segnare, anche stavolta ci mette lo zampino l’ex Real Madrid, ma a segnare non è lui neanche stavolta, ma Alfred Duncan, a cui viene deviato un tiro. La partita è ancora lunga e il fanalino di coda della nostra Serie A potrebbe quantomeno accorciare le distanze.
Potrebbe, appunto, ma non fa, e a finire ancora una volta sul tabellino sono i giocatori della Viola, che sono tornati a vincere dopo quattro partite (indolori, o quasi) senza vittoria quasi umiliando gli avversari. Al 76esimo, infatti, c’è gloria anche per Cristina Kouame che riceve sulla corsa un passaggio corto di Sofyan Amrabat e lancia un missile imparabile per Nicola Ravaglia. È finita? No, assolutamente, perché alla festa vuole partecipare anche Aleksa Terzic, appena entrato in campo al posto del capitano, che piomba su un pallone e fa la manita ai blucerchiati, che non sono ancora matematicamente in Serie B, ma poco ci manca, sicuramente non nutrono meno speranze delle altre che, invece, bene o male stanno provando con le unghie e con i denti a rimanere nel massimo campionato.
Quanto alla Fiorentina, questo è un segnale mandato ai prossimi sfidanti: all’Inter per il trofeo nazionale, il Basilea per la terza competizione e le altre in lotta per un posto in Europa per la prossima stagione, anche se si sono persi troppi punti a inizio anno e forse è troppo tardi per rimanere attaccati a quel treno, in cui, però, si potrebbe salire da altri vagoni e sarebbe, probabilmente, anche più bello che arrivarci in altra maniera.
INTER-LAZIO 3-1 – Da questa partita, passa veramente tanto della corsa alla prossima Champions League, soprattutto per l’Inter che, dopo una serie di errori clamorosi e tre partite di fila perse in casa, ha l’assoluta necessità di tornare alla vittoria e di farlo contro una diretta concorrente per strappare un posto valido per la prossima Champions League dopo le meraviglie di quest’anno. La Lazio, invece, ha tutta la voglia di reagire dopo una sconfitta inaspettata in casa contro il Torino, nonostante il vantaggio accumulato rispetto alle dirette concorrenti resti comunque importante.
Il match lo fanno i nerazzurri che riescono a schiacciare i biancocelesti nell’area avversaria e costruiscono con qualità e ritmo, non dando mai lo spazio necessario agli uomini di Sarri. Le occasioni sono diverse per i padroni di casa, soprattutto con Nicolò Barella e viene anche annullato un gol a Henrikh Mkhitaryan per fuorigioco di Joaquin Correa. La doccia fredda però arriva per i milanesi: Francesco Acerbi perde una palla sanguinosa e fa partire il contropiede di Felipe Anderson. Il brasiliano trova lo spazio giusto per andare al tiro e non sbaglia. Zero a uno e un copione che sembra visto e rivisto per l’Inter in questa stagione.
In realtà, dopo una fase di assestamento e soprattutto nel secondo tempo, l’Inter continua a impostare con grande qualità e continuità creando palle gol a ripetizione con Federico Dimarco, Nicolò Barella e in generale con tutti gli uomini offensivi. Il gol, però, e dopo vari tentativi, arriva con una bella spaccata di Lautaro Martinez che batte sul tempo Ivan Provedel e firma il pareggio. Non passa molto tempo e la rimonta è completa. Gran palla dentro di Lukaku con il mancino e Robin Gosens vola con il mancino e la mette in porta. Poi il tedesco si fa male e deve uscire, ma fa scoppiare tutto uno stadio ancora sold out.
Arriva anche la ciliegina sulla torta ed è ancora ad opera di Lautaro Martinez, che dopo un tentativo sfortunato si ritrova lì il pallone e firma il gol del 3-1 che chiude i gioco, nonostante qualche tentativo della Lazio bloccato da André Onana. Il triplice fischio stavolta decreta un doppio urlo, quello di uno stadio pieno di gente innamorata della squadra e anche quello dei supporters del Napoli, pronti a festeggiare per davvero il terzo scudetto.
Si tratta di una vittoria pesantissima negli equilibri della stagione e che ha visto l’Inter trionfare contro una diretta avversaria, avanti di sette punti in classifica prima del fischio d’inizio. Tutta questa differenza, però, non si è vista per nulla e anzi la Beneamata ha mostrato finalmente una crescita omogenea e ben strutturata in tutto l’arco della partita, schiacciando puntualmente i biancocelesti nella loro area di rigore e creando un gran numero di occasioni che hanno messo in crisi i singoli e tutto il reparto arretrato della Lazio.
Se si può rimproverare qualcosa ai ragazzi di Inzaghi è certamente la mancanza di cinismo, visto che in tanti hanno avuto palle gol nitide e che non sono riusciti a tramutare in gol. Stiamo parlando di Mkhitaryan, Barella e talvolta anche di Brozovic, bravi ad arrivare da dietro a costruirsi tiri e opportunità, ma che poi hanno trovato sulla loro strada Provedel o hanno mancato di pochi centimetri il bersaglio. Di certo, non si può rimproverare nulla all’Inter sotto il profilo della prestazione. Mai come ieri, i ragazzi di Inzaghi hanno sfruttato tutte le loro vie di gioco, impostando sugli esterni, conducendo la sfera con grande qualità e in diverse zone del campo, poi rifinendo da grandi calciatori e senza mai perdere di vista l’ossessione di dominare la partita.
Ciò che ha fatto la differenza rispetto a tanti altri match andati storti è l’impatto di un attacco che ora sembra rivoluzionato rispetto ai tempi peggiori. Lukaku ha iniziato a girare con continuità e dopo la doppietta recapitata all’Empoli, contro la Lazio ha messo a segno un doppio assist che è stato decisivo per le sorti nerazzurre. E cosa dire di un Lautaro Martinez tornato in forma nel momento finale della stagione e capace di arrivare a 17 reti in Serie A, a sole quattro lunghezze da Osimhen. Inzaghi con ogni probabilità punterà su di loro nei momenti decisivi che restano da vivere, anche in coppa, ma per le ultime sei partite rimaste c’è una via da seguire, e non sempre c’è stata quest’anno.
La Lazio, invece, deve fare i conti con un momento di calo del suo gioco che non è affatto semplice da decifrare. Proprio quando il vento sembrava in poppa e sufficiente per permettere ai biancocelesti di centrare senza patemi il traguardo della prossima Champions League, sono arrivate due sconfitte che hanno messo in mostra tutti i limiti della rosa a disposizione di Sarri. Immobile ancora non gira e la manovra offensiva è spesso affidata a Zaccagni, da cui, però, non si può pretendere che tolga sempre le castagne dal fuoco. Luis Alberto e Milinkovic-Savic, invece, si accendono solo a intermittenza e contro avversari di questo livello a volte subiscono il pressing senza trovare quelle soluzioni di gioco che sono proprie del loro repertorio. Ora, però, bisogna rialzarsi e in fretta, già dalla prossima contro il Sassuolo, perché le altre hanno ripreso a correre e non concederanno più tanti errori rispetto a quanto successo in passato. Un avvertimento che Sarri tiene a mente e da cui ha tutta l’intenzione di ripartire per scrivere un pezzo di storia recente del club capitolino.
SASSUOLO-EMPOLI 2-1 – Con i 40 punti (che da sempre significano salvezza) conquistati, il Sassuolo di Alessio Dionisi, che a gennaio non stavo proprio sereno ma poi ha ritrovato Domenico Berardi, ospita al suo Mapei Stadium l’Empoli di Paolo Zanetti, che ha fatto la voce grossa con qualche big (come l’Inter e la Lazio), ma poi ha anche smesso di ruggire, non scivolando mai nelle zone calde della classifica. Ecco, la partita tra i neroverdi e i toscani è nei fatti una partita di chi sta bene, in cui gli ospiti avrebbero più bisogno di punti per stare meglio.
Inizia più o meno con questo spartito, in effetti, la gara (la quarta del pomeriggio, ma anche la terza a essere giocata in contemporanea nell’ora che da sempre rappresenta la Serie A, e un po’ anche un calcio diverso). Nicolò Cambiaghi, tornato da un infortunio che lo ha tenuto fuori per oltre un mese, sfrutta al meglio un contropiede nato da un errore di Armand Laurientè e dopo essersi fatto tutta l’area del rigore del Sassuolo e un po’ della sua, con un tiro, batte Andrea Consigli già all’11esimo minuto. La partita scorre avanti un po’ così, con qualche occasione sprecata da una parte e dell’altra, ma niente di clamoroso, fino alla fine del primo tempo. Il tecnico dei padroni di casa riparte con Andrea Pinamonti al posto di Abdou Harroui, l’ex di turno, però, non si rivela la scelta giusta per Dionisi, al 74esimo, infatti, dopo aver subito un fallo che l’arbitro non ha ritenuto tale, esaspera un po’ i toni e viene mandato prima del tempo negli spogliatoi.
Lo è, la scelta giusta, quel calabrese su cui pare abbia messo gli occhi addosso Sarri, che all’81esimo con un tiro al volo riequilibra il risultato. Si è infortunato, Berardi, è tornato e ha fatto gol, si è riinfortunato e quando è tornato ancora ha continuato a farli, e forse quelle attenzioni, soprattutto dopo aver vinto un Europeo con l’Italia e confermato l’anno dopo, sono giuste e lo sono state quando alla finestra si sono affacciati anche altre big. Stavolta, poi, con un uomo in meno, e quasi a tempo scaduto, il numero 10 neroverde si procura un rigore (forse un pelino generoso), che poi trasforma in maniera impeccabile perché la manda laterale e alta, dove Guglielmo Vicario, uno dei portieri prospetto della stagione, rientrato dopo due mesi out, non può arrivare. Finisce 2-1 una partita tranquilla, in cui ad avere più bisogno di punti era l’Empoli, ma che anche se è arrivata la vittoria per il Sassuolo, non ci sono stati tanti feriti, per lo meno non come in altre partite, specie quelle che sono arrivate nel pomeriggio, che oggi è tornato a profumare un po’ di più di vecchia Serie A, che bello.
NAPOLI-SALERNITANA 1-1 – Dopo una stagione dominata in lungo e in largo, per il Napoli è arrivato il momento di concretizzare la conquista del titolo e con un’attesa spasmodica che più si avvicina, più carica un popolo intero a una festa eccessiva, stupenda, che vuol dire amore e ossessione. L’impegno però non è da sottovalutare, perché c’è davanti una Salernitana che la partita la sente particolarmente e che ha tutta l’intenzione di bloccare i sogni dei padroni di casa.
In realtà, le cose vanno proprio così perché i granata riescono in diverse occasioni a chiudere tutti gli spazi a disposizione dei partenopei che ci provano con Victor Osimhen e Khvicha Kvaratskhelia ma senza mai centrare il grande bersaglio. Il gol dello scudetto, come molti in maniera frettolosa l’hanno definito, arriva da un insospettabile, quel Mathias Olivera che nessuno si sarebbe aspettato e, invece, su assist di Elmas la spinge dentro di testa. Le esultanze durano molto, la festa è pronta a partire, ma le cose non vanno esattamente così. Dia, infatti, e con esattezza all’84esimo, scarica un bolide con il mancino che trafigge Meret e fissa il risultato sull’1-1. Nonostante tutti gli ultimi tentativi del Napoli, il risultato non cambia e costringe i partenopei a rimandare la festa scudetto. Tra le lacrime di Osimhen. Ma è una delusione solo parziale, perché già contro l’Udinese gli azzurri hanno un altro match point e questa volta hanno imparato a non fallire.
Vedere quello stadio, quelle emozioni, quella gente tutta in azzurro ha fatto venire i brividi a chiunque ami il calcio, a prescindere dalle bandiere che si hanno nel cassetto e che sono pronte a sventolare a fine stagione, se sono le annate giuste. I trenini, la gente, la città blindata, le sue deformazioni negative: fa tutto parte di una magia unica che si nutre di calcio e della sua squadra, come quell’ossessione che il calcio regala in via quasi intrinseca e permette di vincere le partite prima di tutto, che poi diventano con il tempo coppe e scudetti. Un successo che al Napoli manca da 33 anni e che ora sembra comunque in cascina e lo è di fatto, dopo un 2022/23 che non poteva andare diversamente per quanto la squadra di Spalletti è riuscita a esprimere sul campo.
Anche contro la Salernitana il dominio è stato totale, le occasioni sono arrivate a raffica e solo un po’ di precisione e cattiveria sotto porta non ha condotto prima alla rete che avrebbe totalmente cambiato gli scenari e scatenato la gioia immensa di un popolo già particolare, e quindi speciale, di per sé. Kvaratskhelia è stato un fattore straordinario per tutta la stagione, uno dei migliori in assoluto per dribbling realizzati non solo in Serie A, ma in Europa, e contro la Salernitana non è andata in maniera diversa. Ma lui la porta l’ha mancata di poco o nulla, riuscendo spesso a liberarsi all’assist o al tiro, ma senza inquadrare di pochi centimetri lo specchio. Osimhen, invece, nonostante le grandi attese per il suo gol scudetto, è stato meno centrale del solito del gioco e questo è stato anche un grosso merito della Salernitana che ha chiuso tutti gli spazi possibili ed è riuscita a blindare la porta di Ochoa.
Qualche parola va spesa anche sul portiere messicano che si esalta in partite così: toglie la chiave dal davanzale e la ripone nella serratura per abbassare la saracinesca e non far passare nessuno, a prescindere dalla forma o dalla forza recondita nei suoi avversari. Anche ieri ha portato a termine degli interventi sulla carta per nulla semplici, ma che ha sempre gestito con grande concentrazione e senza sbavature, anche nelle prese aeree. Parliamo di un portiere vero, con un’esperienza internazionale infinita e che si fa sentire tutta nei match contro le grandi, quelli che contano di più in una stagione che sta andando nella direzione giusto per la Salernitana.
Certo, non nascondiamoci dietro a un dito, il punto di oggi è stato fondamentale per la classifica di Sousa e dei suoi ragazzi, ma ha fatto gioire un’intera tifoseria anche per la rivalità recondita da due club campani che, di certo, non si amano, ma si rispettano e amano farsi gli sgambetti nei momenti decisivi. Gli ospiti sono scesi in campo come chi sa di dover dare qualcosa di più per raggiungere un obiettivo che avrebbe cambiato in parte il volto della storia e senza permettere ai tifosi avversari di scatenarsi davanti ai propri occhi. Ce l’hanno fatta con una difesa serrata, senza compromessi, e poi, dopo che le cose si erano messe male, con l’acuto di un trascinatore come Dia.
Oggi non vi parleremo della sua forza fisica, del suo fiuto per il gol, della capacità di saper calciare bene con il destro e con il sinistro, quindi di una completezza del repertorio che pare aver raggiunto nel punto più importante della stagione. No, perché la personalità di questo ragazzo è ciò che più di qualsiasi valore tecnico sta facendo la differenza per un attaccante veramente bravo a scegliere il momento giusto in cui colpire e poi morsicare la preda proprio dove fa più male. Ci era riuscito contro il Milan, ora l’ha fatto contro il Napoli ed è un fattore che potrebbe permettergli presto di raggiungere lidi anche più importanti. E forse sarebbe anche giusto e meritato.
Molti hanno criticato la festa della Salernitana negli spogliatoi. Sì, non sarà stato politicamente corretto, ma il calcio funziona così. C’è chi vince, c’è chi perde e a volte anche il pareggio assume un significato differente per l’una o per l’altra. Stavolta a girare per la città, a saltellare negli spogliatoi e a gioire sono stati gli ospiti, la prossima volta toccherà al Napoli. Perché lo scudetto è solo una questione di tempo e già contro l’Udinese tutto potrebbe tornare a colorarsi di azzurro. E sarà giusto così.
CREMONESE-VERONA 1-1 – È lo scontro diretto per la salvezza di giornata, quello da cui non si può proprio retrocedere per mantenere la categoria e arrivare all’obiettivo stagionale. Molti si aspettano un acuto da parte del Verona e invece il primo squillo della Cremonese: David Okereke si sblocca e dopo meno di dieci minuti firma la rete del vantaggio. La partita nel primo tempo non cambia, soprattutto perché i lombardi tengono e non subiscono più di tanto le opportunità create dagli avversari.
Nella ripresa, però, Quagliata entra in campo e fa una follia facendosi espellere in pochi minuti. Da lì il Verona continua a crederci e Simone Verdi mostra il suo ottimo momento di forma, mettendo a segno il gol del pareggio. Gli ospiti continuano ad attaccare a caccia della rete decisiva per tornare al quart’ultimo posto, ma il risultato non cambia. Un uno a uno con tante emozioni, ma che non fa felice essenzialmente nessuna delle due squadre. L’unica certezza è che ancora tutto è in gioco e quindi non si può disperare, più per il Verona che per la Cremonese.
Cosa dire ai lombardi, una squadra che sa di essere già con un piede nel fosso della Serie B, ma che attraverso il gioco, la fisicità e le emozioni è riuscita a sigillare la volontà di esserci ancora e di lottare fino alla fine. Comunque vada a finire, bisogna dare atto a Ballardini e ai suoi uomini di aver costruito una mentalità d’acciaio, di quelle che riesce a farti superare anche i momenti più difficili e a farti uscire più forte e senza le ossa rotte. Sarà per questo che, nonostante qualche errore di troppo dei singoli e la grave leggerezza di Quagliata, l’allenatore dei grigiorossi ha parlato bene dei suoi a fine partita e sottolineando la loro crescita rispetto ad altre fasi della stagione: “Non ho detto niente ai ragazzi, ho solamente tanto un piffetto ad ognuno. Loro sanno cosa significa, hanno fatto una grande prestazione. Quando in una partita così si parla dell’arbitro, per me è grande quando passa inosservato. A me non piace parlare dell’arbitro, quando ci soffermiamo sul suo operato vuol dire che qualcosa non va. Da allenatore penso già alla partita importante di mercoledì contro il Milan. La società e i dirigenti valutano tutto. Questo significa guardare oltre la persona, le capacità e tutto questo. Andare oltre il risultato e la prestazioni, guardando le qualità umane e tecniche e impostare un lavoro che duri nel tempo”.
Al contrario, e con tutta onestà, ci si aspettava qualcosa in più da un Verona che non è riuscito in molte occasioni a imporre le sue trame di gioco e a scatenare la qualità dei trequartisti alle spalle di Djuric. Verdi e compagni hanno fatto fatica, senza confermare le buone sensazioni delle ultime uscite, in cui la crescita della squadra, anche a livello di mentalità, era andata di pari passo con l’importanza dell’obiettivo. L’1-1 finale, invece, è parso quasi un risultato positivo rispetto a quello che sarebbe potuto essere e contro l’Inter, tra i tifosi di casa, servirà sicuramente qualcosa di più per portare punti a casa o meglio il risultato pieno. La giornata non è comunque per nulla negativa, perché lo Spezia è stato agguantato in classifica e, anche se il Lecce è scappato via, le possibilità di salvezza sono comunque aumentate. Bisognerà concretizzarle anche attraverso la via del gioco, quello che troppe volte quest’anno è mancato.
BOLOGNA-JUVENTUS 1-1 – A mettere la ciliegina sulla torta di una 32esima giornata davvero ricca di partite importanti, e belle, ci hanno pensato il Bologna ‘ammazzagrandi’ (e non solo) di Thiago Motta e la Juventus di Massimiliano Allegri che, dopo aver riavuto i 15 punti in classifica, non sono ancora riusciti a vincere una partita, e prima ne avevano perse due file di fila in Serie A. Insomma, non un buon segnale considerato che la penalizzazione, magari non così pesante, potrebbe tornare, e potrebbero anche arrivarne di nuove, anche dalla Uefa.
Senza monitor del Var a bordo campo, inizia la partita del Renato Dell’Ara, che in una qualche maniera, tra l’altro, è intrecciata anche al destino del Napoli e dello scudetto prossimo ad arrivare. Il contatto tra Danilo e Riccardo Orsolini in area al settimo minuto viene giudicato da rigore nella sala della tecnologia, e non dall’arbitro (è la prima volta che succede), ed è lo stesso giocatore dei felsinei a incaricarsi di batterlo: non sbaglia, anzi, spiazza Wojcech Szczesny e porta i suoi sull’1-0, arrivando anche in doppia cifra in stagione.
La Juventus è tramortita, ma non è morta, e sale un po’ di giri, tanto che al 27esimo ci vuole la miglior versione di Lukasz Skorupski, prima con la mano, poi con il piede, per riuscire a evitare il pareggio su Nicolò Fagioli. Il vero miracolo (oppure no), però, il portiere polacco lo compie quattro minuti più tardi sul suo connazionale. Arkadiusz Milik, infatti, dopo essersi conquistato un penalty, si presenta dagli undici metri forse un po’ troppo sicuro, e sbaglia. Non è l’unico a farlo, perché anche Musa Barrow ci mette del suo per evitare il gol della (quasi) tranquillità al Bologna.
Al ritorno degli spogliatoio, e dopo un pressing non indifferente, la Juventus trova la rete dell’1-1 con lo stesso calciatore che prima aveva fallito la sua opportunità dal dischetto. Dopo una bella azione del subentrato, da quattro minuti, Samuel Iling Junior, il polacco riesce a mettere finalmente la firma sul match. Dopo il gol, però, gli ospiti si spengono e smettono di attaccare, la fa in compenso la squadra dell’italo brasiliano, che non vuole sfigurare contro la Vecchia Signora. Lo fa con Orsolini e poi con Joshua Zirkzee. L’occasione più ghiotta per tornare in vantaggio arriva sui piedi di Michel Aebischer, anche lui appena entrato, sembra rete, ma è solo un’illusione.
La Juventus si scuote, però, e torna in partita, come a dimostrare che alla fine dei conti un pareggio non basta. Come prima aveva sbagliato lo svizzero, sbaglia anche Matias Soule, che a portiere battuto e a pochi passi dalla porta spara alto sopra la traversa. La partita torna divertente, e ci prova anche Andrea Cambiaso, e per poco Gary Medel non diventa il protagonista al contrario per il Bologna. Finisce così, con un punto per ciascuna che non fa bene né ai padroni di casa, né ai bianconeri, che rimangono terzi, e soprattutto non vincono in campionato dalla sfida contro l’Hellas Verona, hanno perso in semifinale con l’Inter e hanno anche una scure che potrebbe estrometterli da tutto il prossimo anno, chissà però che riserva l’Europa League, ma non è facile perché i prossimi avversari saranno gli stessi che sono i re della competizione.
La 32esima giornata non è, quindi, quella che regala al Napoli lo scudetto, ma basterà una vittoria nel prossimo turno contro l’Udinese perché quel numero tre sul tricolore diventi una realtà anche matematica. Il risultato più importante è quello dell’Inter che fa un bel balzo in avanti e recupera punti a tutte le dirette concorrenti, anche a Roma e Milan che comunque non sprofondano. La Juventus ancora non convince, ma mantiene un vantaggio di tre punti sul gruppo di big alle spalle, in attesa della nuova possibile penalizzazione. Succede tanto anche in zona salvezza con la pericolosa sconfitta dello Spezia che ora è terz’ultimo a pari punti con il Verona. La Sampdoria sprofonda ed è sempre più ultima, tanto che ora le dimissioni di Dejan Stankovic non sono per nulla un’ipotesi solo giornalistica. A sei turni dal termine, nessun verdetto comunque è ancora ufficiale, in attesa appunto della matematica.
Napoli 79
Lazio 61
Juventus 60
Inter, Milan e Roma 57
Atalanta 55
Bologna 45
Fiorentina 45
Monza 44
Sassuolo 43
Torino e Udinese 42
Salernitana 34
Empoli 32
Lecce 31
Spezia 27
Hellas Verona 27
Cremonese 20
Sampdoria 17
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