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Come sono andate le partite della 33esima giornata di Serie A

La 33esima giornata di Serie A ci ha restituito il primo verdetto della stagione: dopo il primo match point andato a vuoto domenica, al Diego Armando Maradona, contro la Salernitana, il Napoli di Luciano Spalletti ha vinto il suo terzo scudetto della storia pareggiando con l’Udinese alla Dacia Arena grazie al gol decisivo di Victor Osimhen. Ma non c’è stato solo questo, ovviamente, specialmente per quanto riguarda la zona Champions League e quella retrocessione.

La gioia incontenibile di Victor Osimhen dopo il gol scudetto per il Napoli – Nanopress.it

Sulla prima, hanno vinto quasi tutte, ovvero la Lazio, che in effetti ha rimandato di un giorno i festeggiamenti dei partenopei, la Juventus, l’Inter e anche l’Atalanta. Hanno pareggiato, invece, il Milan e la Roma, rendendo ancora più complicato fare dei pronostici su chi saranno le tre fortunate (e meritevoli) a giocare la coppa dalle grandi orecchie il prossimo anno assieme al Napoli, complicato specie perché la prossima giornata sarà quasi un tutto contro tutti, tra di loro, chiaro. In chiave salvezza, invece, l’unica squadra ad aver portato a casa dei punti è la Cremonese – anche il cammino dei grigiorossi, però, è tutt’altro che semplice – contro la Sampdoria, il Verona, lo Spezia e il Lecce che, invece, sono rimaste nella stessa complicata situazione della scorsa settimana.

Il Napoli campione d’Italia, ma che bagarre per la Champions League: il racconto della 33esima giornata di Serie A

Questa 33esima giornata di Serie A ha il volto raggiante di Victor Osimhen, Khvicha Kvaratskhelia, Luciano Spalletti, Aurelio De Laurentiis e migliaia di tifosi del Napoli che dopo 33 anni hanno riportato nella città all’ombra del Vesuvio il titolo di campioni d’Italia, la prima volta dopo i tempi d’oro di Diego Armando Maradona. La gioia degli azzurri, che mai hanno messo in dubbio la classifica – almeno loro -, fa da contraltare ad altri sentimenti, altri sogni che potrebbero realizzarsi e altri ancora che forse verranno stoppati sul più bello, e quindi anche se è la giornata del Napoli, c’è anche molto altro da raccontare, e da rivedere. Specialmente per quanto riguarda la corsa alla Champions League e alla salvezza, tutte e due così ingarbugliate da dover aspettare più di qualche giornata, probabilmente, per riuscire a capire come andranno le cose.

Per la coppa dalle grandi orecchie, per esempio, hanno guadagnato dei punti tutte le squadre in lotta, dalla Lazio alla Roma, ma per qualcuna non sono arrivati i tre punti come in realtà ci si sarebbe aspettati alla vigilia. Il caso chiave è quello del Milan che, in casa, e a una settimana esatta dal match più importante della stagione contro i cugini dell’Inter è andata sotto contro la Cremonese, che invece lotta per non retrocedere, e poi è riuscita all’ultimo a pareggiare i conti. Nei fatti, però, non è andata bene neanche ai giallorossi, anche loro con un pensiero a quella finale di Europa League che potrebbe arrivare se tutto dovesse andare bene contro il Bayer Leverkusen giovedì prossimo e poi il giovedì dopo ancora. Tutte in contemporanea, tranne l’Atalanta e la Juventus, che hanno giocato alla stessa ora comunque, hanno cambiato la classifica in corso d’opera, alimentando speranze o facendole spegnere, come per altro è successo in quel pantano della zona calda che significa Serie B, in cui la Sampdoria di Dejan Stankovic è a un passo dal cadere dal baratro, mentre le altre almeno ci hanno provato ad alzare la testa, non il Verona che ha trovato la squadra di Simone Inzaghi in formato Champions e, forse, non ce n’è per nessuno. E quindi, raccontiamolo questa 33esima giornata, del Napoli certo, ma anche delle altre, e in rigoroso ordine alfabetico oltre che temporale.

ATALANTA-SPEZIA 3-2 – Perché, a prescindere dall’importanza, per la prima partita di cui vi parliamo c’è uno Spezia che si presenta a Bergamo, a giocarsela per la terza volta in stagione contro l’Atalanta, con la voglia di fare punti che servono per scrollarsi di dosso il Verona, e continuare a rimanere nel nostro massimo campionato. Non è facile, perché i bergamaschi di Gian Piero Gasperini sono in piena lotta per la Champions League, dicevamo, e ci vogliono tornare nell’Olimpo dei grandi del calcio, per poter fare la voce grossa come nell’anno in cui il calcio è stoppato e poi ripreso in estate a causa del Covid.

Ma non è facile, non lo è per i nerazzurri, e non lo è per i liguri che pure sbloccano il risultato con Emmanuel Gyasi, al 18esimo. L’attaccante ghanese, ma nato a Palermo, che non segnava dal match di andata contro i nerazzurri (era il 4 gennaio), riceve un pallone in area da Simone Bastoni e non sbaglia. Come lui, però, qualche minuto più tardi non sbaglia neanche Martin De Roon, che scaglia una sassata dal limite dell’area dopo lo sviluppo di un calcio d’angolo che non lascia scampo al portiere degli ospiti, costringendoli a dover rifare tutto.

Peccato che non abbiano fatto i conti, al rientro dagli spogliatoi, con Davide Zappacosta, che torna al gol dopo Torino, sfruttando al meglio una deviazione che, ancora, batte Bartlomiej Dragowski. Non è la fine, perché l’Atalanta ha da perdere quanto lo Spezia, e vuole suggellare la vittoria: lo fa sempre con il terzino ex Roma, ma ci riesce solo con Luis Muriel, finalmente arrivato a quota 100 reti in Serie A. Il colombiano si avventa su una palla da calcio d’angolo per il 3-1 che potrebbe garantire tranquillità alla sua squadra, ma invece no, perché non è ancora finita la partita, anzi c’è molto da giocare, anche se a rendersi più pericolosi sono sempre i padroni di casa e sempre con Zappacosta, che è indemoniato.

Se, però, il classe 1992 non riesce nell’intento di chiudere per davvero la gara, riesce nell’intento di riaprirla Mehdi Bourabia, che raccoglie un prezioso passaggio di Eldor Shomurodov e accorcia le distanze, riaccendendo anche un po’ di speranze per Leonardo Semplici. Speranze che però sul finale di partita si infrangono sulla traversa colpita dal subentrante Daniele Verde, che chiude così per davvero la possibilità di allungare, almeno un pochino, sui gialloblù che in serata affronteranno l’Inter.

E sono proprio i milanesi, che grazie alla vittoria contro i liguri vengono superati dalla Dea in classifica, e ora al quarto posto che sì, vorrebbe dire un ritorno nella coppa dalle grandi orecchie, ma è troppo presto per dirlo, al momento, sia perché mancano tanti incontri in questo 33esimo turno, sia perché ci sono ancora cinque finali da giocare per gli uomini di Gasperini. Ma la stessa cosa vale anche per gli avversari, che però non avranno un cammino semplice ad aspettarli. E quindi non resta che attendere.

JUVENTUS-LECCE 2-1 – E a farlo devono essere anche la Juventus e il Lecce, anche loro sono pieni zeppi di finali da giocare, o a cui poter arrivare, specie i bianconeri. Con la consapevolezza che a fine campionato i punti raccolti sul campo potrebbero non essere gli stessi che si vedono nella classifica attuale, la squadra di Massimiliano Allegri ospita i salentini di Marco Baroni con la voglia di tornare a vincere in Serie A dopo tre sconfitte e un pareggio e garantirsi quantomeno il terzo posto (con i risultati, ma forse non per la giustizia sportiva che si dovrebbe pronunciare nell’ambito del processo sulle plusvalenze, e poi chissà).

Se da una parte, però, la voglia è quella di macinare per poi non dover rischiare di finire nel baratro, o, se tutto dovesse andare bene, almeno arrivare a un posto in Europa, dall’altra ciò che serve in questo momento ai giallorossi è proprio di non sprofondarci dentro in quel buco nero da cui solo l’anno scorso si è riusciti a risalire. E quindi lo spartito della gara dell’Allianz Arena vede proprio gli ospiti entrare sul rettangolo verde più pericolosi, tanto che al terzo minuto sono già in vantaggio grazie al gol di Assan Ceesay. Ma il gambiano non ha neanche il tempo per esultare perché il Var vede un fuorigioco e gli annulla la rete che potrebbe cambiare fin da subito la gara.

Tutta la Juventus festeggia il gol di Dusan Vlahovic – Nanopress.it

Non lo fa, però, perché dopo lo shock iniziale, la Juventus prende coraggio e macina occasioni per sbloccarla lei la partita. Ci riesce al 15esimo, un po’ per merito suo, tanto per demerito degli avversari: la barriera dei leccesi, infatti, è posizionata male sulla punizione di Leandro Paredes, che trova un buco per trafiggere Wladimiro Falcone e porta la squadra del tecnico livornese adesso davvero in vantaggio di 1-0. Qualche minuto più tardi, sono sempre i padroni di casa ad andare in gol, stavolta con Fabio Miretti. Il giovanissimo centrocampista, cresciuto proprio a Vinovo, festeggia la sua prima rete con la maglia bianconera, ma il suo momento di gioia viene stoppato sul più bello perché il Var vede ancora un fuorigioco e lascia il punteggio invariato, che comunque sorride non poco alla Juventus.

Non è tutto oro quello che luccica, e al netto di una prestazione che potrebbe migliorare, arrivano anche i primi problemi per Allegri, che perde prima Mattia De Sciglio per infortunio (al suo posto entra Juan Cuadrado), e qualche minuto più tardi Danilo regala un rigore (per fallo di mano in area) che Ceesay, ora, non sbaglia, anzi, e può finalmente festeggiare. 

La gioia, ancora, dei pugliesi dura veramente pochissimo, però, giusto tre giri di lancette di orologio che consentono a Dusan Vlahovic, che non segnava con la Juventus dalla partita del 16 marzo contro il Friburgo e in campionato dalla sfida di febbraio contro la Salernitana, di tornare in gol mettendo in rete di prima il passaggio del suo connazionale, Filip Kostic. È solo il 40esimo, ed è già successo di tutto, tutto che resterà tale nonostante i tentativi del Lecce di pareggiare i conti, e della Vecchia Signora di rimanere a galla, per l’Europa e per il futuro che verrà, che potrebbe non essere così splendido come ci si augurava, ma che forse è un po’ meno grigio di quello degli ospiti, che non hanno nulla da recriminare per quanto riguarda il modo in cui si sono presentati in campo contro degli avversari, sulla carta, nettamente superiori a loro, ma che torneranno a casa, appunto, con poco più di una pacca sulle spalle.

SALERNITANA-FIORENTINA 3-3 – Chi, invece, era (quasi) pari erano e sono la Salernitana di Paulo Sousa e l’ex squadra del tecnico portoghese, la Fiorentina di Vincenzo Italiano. I campani, da quando è arrivato il nuovo allenatore, a metà febbraio, hanno perso solo la prima partita contro la Lazio, sono stati quelli che hanno rimandato il primo match point per lo scudetto del Napoli, e sono praticamente quasi salvi con i loro 34 punti. I Viola, che si devono giocare  l’accesso alla finale di Conference League, e sono arrivati all’ultimo atto della Coppa Italia che si giocheranno a Roma contro l’Inter il 22 maggio, non hanno bisogno di punti, quanto di macinare buoni risultati per arrivare pronti alle grandi sfide che li attendono da qua a fine mese.

Con questi sentimenti, le due formazioni scendono in campo e ci regalano spettacolo, perché all’Arechi i padroni di casa sono effettivamente i primi che sbloccano il risultato nel pomeriggio della 33esima giornata. È ancora una volta il giustiziere degli azzurri, Boulaye Dia, a mettere la palla in rete al decimo minuto. Se contro il Napoli aveva messo la firma dagli sviluppi di un calcio piazzato, contro i toscani timbra il cartellino dopo un’azione personale. Passa quasi mezz’ora e più di qualche tentativo perché la Fiorentina riequilibri il risultato, a farlo ci pensa Nicolas Gonzalez di testa, e quello dell’argentino è il colpo che chiude il primo tempo.

Al ritorno dagli spogliatoi, dopo qualche tentativo fallito, è un’altra volta il senegalese a portare in vantaggio i padroni di casa, un vantaggio che, però, dura poco più di dieci minuti, perché i Viola tornano anche loro in gol con Jonathan Ikonè che riceve un bellissimo passaggio in area dal subentrato Giacomo Bonaventura e porta ancora una volta il risultato in parità. La partita è ancora lunga, lunghissima e molte cose possono ancora succedere, neanche il tempo di dirlo, in effetti, e il portiere degli ospiti, Pietro Terracciano, commette un fallo di rigore che sempre Dia trasforma, siglando una tripletta che gli farà scrollare di dosso di ex elettricista quasi prestato al mondo del calcio nonostante le doti il senegalese campione d’Africa del 2022 le abbia fatte vedere fin da quanto era un bambino.

Ma non c’è solo lui in campo, e i Viola vogliono continuare la loro cavalcata trionfale che potrebbe portarli a giocarsi due finali. È con Cristiano Biraghi, direttamente da punizione, che si mette la parola fine su un match ricco di gol e di colpi di scena. Un match che non ha regalato la salvezza alla Salernitana, ma che ha senz’altro dimostrato come la Fiorentina abbia ritrovato lo spirito giusto, da qualche tempo a questa parte, anche in campionato, e ora non può che sognare di vivere serate speciali, contro i nerazzurri, certo, ma magari anche in Europa in quella competizione che ha già visto trionfare la Roma e che si meritano anche loro.

SAMPDORIA-TORINO 0-2 – Chi di finali non ne giocherà, e chi uno spirito battagliero, per sua sfortuna, non lo ha ancora ritrovato, e forse non lo ritroverà neanche a sei giornate dal termine, è la Sampdoria di Stankovic. Prima della partita a Marassi contro il Torino, tranquillo nella sua posizione in classifica e con poche velleità, i giocatori e il mister blucerchiati si sono presi gli applausi e l’incoraggiamento del pubblico di casa, che nonostante loro siano il fanalino di coda della nostra Serie A non ha mai mancato di far avere il supporto, per contro anche di un presidente, come Massimo Ferrero, che invece è oggetto di contestazioni da parte della tifoseria da tempo e che ora è visto come l’artefice di una probabile discesa negli inferi che loro, nei fatti, non si meritano proprio.

Pur avendo molto più da perdere (anche, forse il derby contro il Genoa del prossimo anno, considerato che le due squadre liguri probabilmente si scambieranno il piazzamento), a partire più forti sono gli uomini di Ivan Juric che già hanno messo i bastoni tra le ruote alla Lazio due giornate prima. Dopo una bella galoppata sulla fascia sinistra di Ivan Ilic, giunto in granata nella finestra invernale del calciomercato dal Verona, al 31esimo, con un colpo di testa, segna infatti il primo gol con la maglia della squadra in cui è cresciuto e per cui ha sempre tifato Alessandro Buongiorno. Se per gli ospiti è un’apoteosi, per i padroni di casa è una doccia gelata non da poco, perché sancisce ancora di più quello che è ormai palese da tempo: la Sampdoria tornerà in cadetteria, la sentenza non è ancora scritta, ma è sola una questione di matematica spicciola, così spicciola che manca solo un punto per far sì che sia reale.

E si vede, perché è sempre il Torino, infatti, a proporsi di fronte a Nicola Ravaglia, e mai i blucerchiati a rendersi pericolosi davanti a Vanja Milinkovic-Savic. Nonostante questo, però, il gol del raddoppio per gli uomini di Juric arriva soltanto in pieno recupero di secondo tempo. Mergim Vojvoda passa palla a Pietro Pellegri che, con le sue finte, mette a sedere il portiere della Sampdoria e firma lo 0-2 definitivo.

Non è una rete banale per il genovese ex Milan: lui, rossoblù da sempre e cresciuto anche nelle giovanili del Genoa, infatti, decide di festeggiare la sua gioia davanti al settore dei tifosi doriani, scatenando anche una rissa non da poco tra le due squadre. Il classe 2001 viene allontanato dai compagni, ma prima riceve anche un’ammonizione da parte del direttore di gara, che poi, però, non perdona neanche Bruno Amione, rifilandogli il secondo giallo che gli fa abbandonare prima del tempo il campo. Sono i titoli di coda di una partita non troppo bella, sicuramente nervosa, e sono anche (forse) i titoli di coda di una stagione non positiva per la Sampdoria, che non ha mai davvero fatto intendere di voler rimanere a lottare con le grandi, chissà se però l’anno prossimo sarà già tempo di tornarci.

LAZIO-SASSUOLO 2-0 – E così passiamo direttamente alle partite delle ore 21.00 e, tra queste, per ovvi motivi, quella più seguita è quella della Lazio che stavolta deve vedersela in casa contro il Sassuolo. Nel caso in cui i biancocelesti non dovessero battere i neroverdi, il Napoli potrebbe festeggiare lo scudetto ancor prima di scendere in campo contro l’Udinese. Non è l’unico motivo per tenere seriamente in considerazione questo match, soprattutto perché il club capitolino vuole continuare a correre verso un posto per la prossima Champions League e dopo le ultime due giornate il vantaggio rispetto al gruppone che sta dietro si è assottigliato in maniera pericolosa. Infatti, dopo la sconfitta in casa contro il Torino, che prima abbiamo solo accennato (e così faremo anche loro, in effetti), ne è arrivata un’altra nello scontro diretto contro l’Inter. Maurizio Sarri ha bisogno di una reazione importante dai suoi ragazzi, a poche giornate dal termine e con il fiato sul collo che inizia a farsi pressante. Di contro, però, si trova un Sassuolo che sembra aver perso quella forma splendida di inizio 2023, ma ha recuperato Domenico Berardi, il calciatore che sposta (e non di poco) gli equilibri della squadra di Alessio Dionisi.

L’esultanza di Felipe Anderson e Ciro Immobile dopo il gol del brasiliano – Nanopress.it

Pronti, via e la Lazio si sente subito in dovere di fare la partita e di mettere le cose sul binario giusto. I biancocelesti iniziano il match con grande aggressività e cercando di mettere subito alle strette gli avversari. Una tattica che paga e che permette di creare un gran numero di occasioni da gol in pochi minuti. E la rete che sblocca il risultato arriva per davvero, e a siglarla è quel Ciro Immobile che ne avrebbe maledettamente bisogno dopo una stagione travagliata, fatta di infortuni, ma anche di tante critiche che il capitano biancoceleste, per quello che ha dimostrato con la maglia dei capitolini, non si merita. Quasi come se fosse un presagio, il gol viene annullato e dopo vari minuti di incertezza, in cui il Var prima conferma, poi si rimangia tutto per una posizione irregolare del centravanti ex Borussia Dortmund a inizio azione. Nulla di fatto, quindi, ma non cambia l’impianto generale del match, e ci vuole Marcos Antonio per far sì che arrivi finalmente il gol che rimanderebbe alla Dacia Arena la festa dei partenopei. Il mediano, che sostituisce Danilo Cataldi infortunato, sale in cattedra e sforna un grande assist per Felipe Anderson, che non se lo fa ripetere due volte e stoppa alla grande il pallone per poi battere Andrea Consigli per l’1-0, questa volta per davvero.

E quindi arriva una brutta notizia per il Napoli, che sente odore di ulteriore attesa, ma la partita è ancora lunga e va giocata. I guai, infatti, non finiscono per Sarri che è costretto a sostituire Matias Vecino per infortunio, al suo posto entra Sergej Milinkovic-Savic, lasciato ai box sia per farlo rifiatare, sia perché, anche lui, ha vissuto momenti migliori da quando è a Roma (tanto tempo fa).

Il secondo tempo vede un copione decisamente diverso rispetto al primo, e infatti emerge la grande qualità del Sassuolo che passa dai piedi dei centrocampisti, ma soprattutto da quelli di Berardi, con Armand Laurientè ancora poco incisivo, che conferma, invece, il suo periodo di flessione rispetto al calabrese di Cariati. La Lazio è costretta ad arretrare e subire l’iniziativa dei neroverdi con Davide Frattesi, l’ex della gara, che si inserisce puntualmente e colpisce anche una traversa, ma soprattutto con l’attaccante con il numero 10 che prova a sorprendere un Ivan Provedel sempre attento e concentrato, e anche tra i migliori in campo come spesso è successo in stagione.

Il sospiro di sollievo per la squadra di Sarri arriva solo nei minuti finali, infatti. I biancocelesti partono in contropiede con un irrefrenabile Mattia Zaccagni che, tutto solo davanti ad Andrea Consigli, decide di scaricare il pallone a Toma Basic che a porta vuota non può sbagliare. È il gol che chiude la partita e che permette ai capitolini di portare a casa tre punti pesantissimi per tenere a distanza Roma e Milan, che intanto perdono punti, di rimandare la festa degli uomini di Luciano Spalletti, e sperare ancora di tornare in Champions League due anni dopo l’ultima volta. L’unica nota negativa è un Immobile ancora a secco e che, una volta sostituito, scarica tutta la sua rabbia in panchina, un po’ per la sostituzione, un po’ per le critiche, un po’ per quella gioia rimandata che magari non avrebbe avuto il sapore della rivalsa, ma avrebbe aiutato il bomber di Torre Annunziata. Per i neroverdi non resta che nulla, ma la salvezza è raggiunta, e quindi poco importa (in un certo senso).

MILAN-CREMONESE 1-1 – Anche perché ci sono squadre che hanno da giocarsi molto di più. E con l’ansia per la semifinale di Champions League che inizia a farsi sentire per il Milan che, però, non può permettersi ulteriori errori in Serie A, dove la rincorsa per qualificarsi alla prossima edizione della massima competizione europea è sempre più serrata e vede alcune delle migliori squadre del torneo protagoniste, scende in campo la squadra di Stefano Pioli contro una Cremonese che vorrebbe salvarsi, e forse se lo meriterebbe pure.

Tornando ai rossoneri, l’allenatore emiliano deve dividersi tra la necessità assoluta di conquistare tre punti essenziali, visto il pareggio in extremis contro la Roma nell’ultimo turno, e un turnover che, giocando ogni tre giorni, pare sempre più necessario per contenere gli infortuni e tentare di arrivare al massimo della forma ai prossimi impegni. E in campionato la prossima è contro la Lazio. Alla fine, predilige la seconda opzione e fa riposare alcuni degli uomini più importanti, tra cui Olivier Giroud, Sandro Tonali, Rafael Leao e Theo Hernandez. Allo stesso tempo, viene concessa una nuova occasione a Charles De Ketelaere, fino a questo momento la nota più stonata della stagione del Milan. E non potrebbe essere altrimenti per un calciatore offensivo che non ha realizzato neanche un gol. Di contro, i grigiorossi di Davide Ballardini, che di salvezze in extremis è un esperto, è pronta a vendere cara la pelle e a sperare fino all’ultimo momento di racimolare più punti possibile per strappare proprio nelle ultime giornate un posto valido per non retrocedere e quindi per restare in Serie A anche l’anno prossimo.

A partire meglio, a dispetto delle tante assenze, è sicuramente la squadra di casa. I rossoneri iniziano a far girare il pallone con qualità dalla metà campo in su e tentando di mettere alle strette gli avversari lombardi. All’undicesimo arriva già il primo squillo da parte dei Diavoli con Alexis Saelemaekers, ma il gol viene rivisto al Var e annullato per fuorigioco (è il quarto della giornata e mancano ancora tante partite). Poco male per la semifinalista di Champions League che continua a mettere in campo tutte le sue qualità e controlla la partita senza troppi patemi in fase difensiva, dove Malick Thiaw e Pierre Kalulu giocano un match piuttosto accorto e vincendo molti duelli. Con il passare dei minuti, però, inizia a prevalere la frenesia e il Milan fa sempre più fatica a schiacciare i diretti avversari e soprattutto a trovare il cinismo necessario per gonfiare la rete. Una grande chance capita a uno dei calciatori più attesi, ma ancora insufficiente. Sì, perché De Ketelaere, tutto solo davanti a Marco Carnesecchi si fa ipnotizzare dal talento italiano che sposta il pallone e salva i suoi.

Nel secondo tempo, entrano anche i big, ma il colpo è della Cremonese. David Okereke, infatti, sorprende entrambi i centrali rossoneri, li mette a sedere e poi, tutto solo, non sbaglia e firma un clamoroso 0-1 che adesso inizia a profumare di un sogno che si concretizza. Dura anche un bel po’ questa gioia per un colpo grosso, ma i ragazzi di Pioli devono salvarsi quanto loro, non tanto per non cadere nel baratro, quanto per onorare l’anno in cui hanno mostrato a tutti lo scudetto, e quindi si proiettano tutti all’attacco e alla fine lo trovano il gol del pareggio. Con una punizione di Junior Messias che passa sotto le gambe di Rade Krunic e finisce in porta il Milan pareggia i conti e può tirare un sospiro di sollievo anche se il rimpianto per qualcosa di più resta, e resta perché, nonostante gli assalti finali, il risultato non si sblocca più e vede il Diavolo attardato in classifica rispetto Inter, Juventus e Lazio, ma ancora a pari punti con la Roma e l’Atalanta a dimostrazione che ancora ci sarà da sudare, penare, e con l’incognita di una semifinale che può essere croce o delizia, che sicuramente vale una stagione e può renderla memorabile oppure quasi un disastro.

MONZA-ROMA 1-1 – E più o meno con gli stessi sentimenti scendono in campo anche i giallorossi di José Mourinho, che però non hanno alcuna intenzione di compiere altri passi falsi e soprattutto non hanno tante possibilità di rimandare l’appuntamento con la vittoria, dopo che, contro il Milan, il pareggio è arrivato all’ultimo minuto. Il problema è che le assenze sono veramente tante tra infortuni e squalifiche nella rosa del tecnico portoghese, che deve fare a meno ancora di Paulo Dybala, che non ha recuperato del tutto dal problema agli adduttori e dovrebbe saltare anche il primo atto della semifinale di Europa League contro il Bayer Leverkusen.

L’esultanza di Luca Caldirola, autore di un gran gol contro la Roma – Nanopress.it

Entrambe le squadre partono subito forte, ma il Monza, che si può considerare una delle migliori sorprese del campionato specialmente da quando sulla panchina dei brianzoli è arrivato Raffaele Palladino. Ecco, anche contro la Roma non tirano affatto indietro la gamba, anzi cercano di imporre la loro aggressività e di non far passare l’attacco giallorosso, composto da Ola Solbakken e Tammy Abraham. Tutti e due, inizialmente, non riescono a pungere, fino a che non arriva un grande aiuto da Michele Di Gregorio. Nel tentativo di impostare da dietro, il portiere cresciuto nelle giovanili dell’Inter che studia per arrivare in palcoscenici più importanti regala un pallone alla punta ex Chelsea, che poi schizza dalle parti di Stephan El Shaarawy che prima sbaglia, ma la seconda volta batte proprio Di Gregorio e firma il gol dello 0-1. Nonostante tutto, sembra il preludio a una nuova serata positiva per la Roma, ma il Monza non ci sta e ha una reazione veramente importante. Gli sforzi degli uomini di Palladino, infatti, si concretizzano quando, su calcio piazzato, Luca Caldirola spunta sul secondo palo e di piatto mancino indirizza un tiro verso la porta lasciando inerme Rui Patricio, che nei non può fare nulla. Il gol è bellissimo e fissa il punteggio sull’1-1.

Nel secondo tempo, i ritmi calano ed emergono le qualità dei singoli, la squadra di Mourinho difficilmente riesce davvero a mettere in difficoltà i padroni di casa. Non solo, però, perché per lo Special One arriva anche l’ennesima brutta notizia: l’autore del gol, infatti, uno di quelli che hanno tirato la carretta nell’ultimo mese in cui la Joya non ha potuto essere in campo, è costretto a uscire prima del tempo dal campo per un infortunio muscolare che potrebbe anche essere più grave del previsto, costringendolo a dover finire la stagione prima del tempo. Non è l’unica notizia poco piacevole, però, perché, appunto, il risultato finale è 1-1 e la Roma non può essere davvero contenta, perché scivola al settimo posto che significherebbe tornare in Conference League a patto che la Fiorentina non vinca la Coppa Italia, ma che soprattutto allontana di molto i giallorossi dalla prossima edizione della Champions League che, però, potrebbe arrivare anche se si arrivasse alla finale di Puskas Arena e chiaramente la si vince. Sono troppi i se per loro, soprattutto contro le certezze di una squadra, come il Monza, che ha onorato non poco il primo anno passato tra i grandi.

VERONA-INTER 0-6 – E a proposito di grandi, arriva adesso il turno dell’Inter, che arriva da una serie di risultati importanti sia in campionato sia in Champions League, ma ora deve continuare a correre per centrare anche la qualificazione alla massima competizione europea per l’anno prossimo direttamente dal campionato. I nerazzurri non sono chiamati alla prova più semplice, per lo meno non per quanto riguarda le motivazioni, allo stadio Marcantonio Bentegodi, infatti, gli uomini di Inzaghi sono ospiti di un Verona che è in piena corsa per la salvezza ed è pronto a dare tutto pur di superare lo Spezia e accorciare sul Lecce e quindi sperare di rimanere in Serie A anche per la prossima stagione.

Il tecnico piacentino, però, deve anche pensare ai prossimi impegni europei e, quindi, far ruotare le forze, anche per tenere alte le motivazioni di un gruppo che ora sta finalmente dando delle risposte importanti, dicevamo. Come ogni infrasettimanale, l’ex Lazio opta per la coppia d’attacco che potrebbe essere considerata quella titolare, ovvero quella formata da Lautaro Martinez e Edin Dzeko, con Romelu Lukaku inizialmente in panchina. A sorpresa, Inzaghi decide anche di fare riposare lo stakanovista e uomo fondamentale contro il Benfica, Nicolò Barella, mentre Hakan Calhanoglu torna titolare nel ruolo di mezzala, quello per cui è stato originariamente acquistato e che, a causa dell’assenza per lunga parte dell’anno di Marcelo Brozovic, ha dovuto abbandonare per sostituire il croato (compito riuscitissimo, tra l’altro, c’è da ammetterlo).

La felicità di Edin Dzeko dopo il suo secondo gol contro il Verona – Nanopress.it

La partita inizia e la Beneamata cerca subito di imporre il suo gioco a dispetto degli avversari, ma è difficile passare la le linee strette del Verona che riesce spesso a chiudere concedendo solo diversi calci d’angolo, ed è proprio in alcune di queste occasioni, che Lorenzo Montipò si fa vedere con un paio di interventi veramente importanti. La partita, però, nel cuore del primo tempo, si sblocca con una giocata personale: Federico Dimarco calcia di mancino e trova la sfortunata deviazione di Adolfo Gaich che spiazza totalmente il suo portiere. L’Inter passa così in vantaggio, dando però anche l’avvio a una goleada che fa arrivare i nerazzurri un po’ più tranquilli alla sfida di sabato contro la Roma, ma soprattutto a quella più importante tra una settimana contro i cugini, in casa proprio loro.

Cinque minuti dopo, infatti, arriva la vera e propria magia della partita. Il turco si coordina dalla lunghissima distanza con il destro e segna un gol meraviglioso che lascia di stucco anche la dirigenza nerazzurra sugli spalti. Passa solo un minuto e arriva anche lo 0-3, a firmarlo è l’attaccante bosniaco, che riesce finalmente a sbloccarsi e batte Montipò per il tris.

La gara è già in ghiaccio, ma nel secondo tempo, nonostante i cambi operati da Marco Zaffaroni, continua l’assolo nerazzurro. Dopo pochi minuti dall’inizio della ripresa, infatti, si iscrive al tabellino dei marcatori anche il campione del mondo che, con uno scavetto dolcissimo che scavalca il portiere dei gialloblù fa poker per la squadra di Inzaghi. Come direbbero i Queen, però, “show must go on”, e quindi l’attacco dell’Inter continua a regalare spettacolo.

È ancora Dzeko che si ferma, punta il destro e con il mancino segna un altro gran gol per il 5-0. Manca solo la ciliegina sulla torta, in pratica, e la piazza direttamente Lautaro che da terra, e con tutta l’aggressività che lo contraddistingue, piazza il 6-0 che non è bugiardo, anzi è la sintesi perfetta di una squadra che ha ben chiaro cosa vuole e come raggiungerlo, e non ha intenzione di lasciare nulla al caso, mandando per altro un segnale inequivocabile al Milan, certo, ma anche ai Viola, e forse pure a quelle altre due semifinaliste, e agli Oasis, per tornare un attimo al mondo della musica, che hanno visto in loro gli avversari meno temibili in un’ipotetica finale contro il loro Manchester City. Per quanto riguarda il Verona, invece, è un brutto, bruttissimo stop, perché davanti al proprio pubblico esce con le ossa rotte da un confronto che poteva spingere la corsa per la salvezza, che ora è ancora più complicata, e in salita.

EMPOLI-BOLOGNA 3-1 – Per chi, invece, il percorso è lineare, quasi una passeggiata, sono le due squadre che si affrontano allo stadio Carlo Castellani di Empoli, ovvero i padroni di casa di Paolo Zanetti e il Bologna di Thiago Motta, non più in grande spolvero come un tempo. Ai toscani servono gli ultimissimi punti necessari per blindare definitivamente la salvezza, al Bologna altre lunghezze necessarie per alimentare una rincorsa alla Conference League che si fa sempre più difficile, e a prescindere dalla situazione complicata della Juventus con la giustizia sportiva. A partire forte è sicuramente la squadra dell’ex Venezia che trova, dopo neanche un minuto, il gol dell’1-0 grazie a uno sfortunato autogol di Jhon Lucumì.

L’impostazione della partita non cambia, perché i toscani dimostrano di essere molto più reattivi sul campo, mentre i felsinei lo sembrano molto meno e, come già detto, dimostrano anche di essere in netto calo di condizione rispetto a qualche settimana fa in cui hanno fatto paura a tutti, soprattutto alle grandi. Hanno anche una reazione, però, gli uomini dell’italo brasiliano, ma è vana, perché il gol prima dello stesso Lucumì e poi quello di Riccardo Orsolini vengono annullati dopo l’intervento del Var che vede due falli di mano (siamo a sei, per chi stesse tenendo il conto). Al 46esimo, per la legge del contrappasso, a legittimare il vantaggio è ancora l’Empoli con l’ex Lazio Jean Daniel Akpa Akpro, che è freddo davanti a Lukasz Skorupski e mette a segno il 2-0 che sembra indirizzare inevitabilmente la partita, e in effetti lo fa.

Perché, anche se nel secondo tempo ci si aspetta una reazione furente del Bologna, a spegnere ancora una volta le volontà degli ospiti è l’uomo più in forma tra i padroni di casa, Nicolò Cambiaghi. Dopo la grande rete dell’ultima partita persa contro il Sassuolo, il giovanissimo, in prestito dall’Atalanta, si fa trovare pronto e fissa il punteggio addirittura sul 3-0. Sembra la parola fine sulla partita, ma in realtà c’è anche spazio per una rete della squadra di Motta. L’arbitro, infatti, assegna un calcio di rigore agli ospiti e, anche stavolta, l’attaccante che quest’anno si è ritrovato in versione goleador, non sbaglia e accorcia le distanze. È troppo tardi, però, per credere in una rimonta che farebbe portare a casa ai rossoblù un punto (o tre) importante in ottica Conference League, è anche presto, a dire la verità, per considerare i toscani matematicamente salvi, ciò che è certo è che manca pochissimo al traguardo, e per gli sgambetti rifilati a Lazio e Inter è anche qualcosa di meritato, dopo tutto.

UDINESE-NAPOLI 1-1 – Come senz’altro è meritato quello che arriva dopo, nella partita che chiude questa 33esima giornata. Dopo il primo match point per lo scudetto, davanti al proprio pubblico, che è stato fallito, ma in realtà, nonostante la delusione generale, ha ulteriormente avvicinato il Napoli al suo terzo titolo di campione d’Italia, la squadra di Spalletti arriva alla Dacia Arena.

In casa dell’Udinese, ai partenopei basta un pareggio per iniziare una festa che manca da 33 anni, dicevamo, dai tempi di quel dio del calcio a cui è stato anche intitolato il San Paolo. Il tecnico ex Roma, al di là di ogni scaramanzia che a dispetto del solito i tifosi azzurri hanno lasciato a casa, pensa solo al campo e opera un paio di cambi rispetto alla formazione tipo con Elijif Elmas e Tanguy Ndombele titolari dal primo minuto al posto di Piotr Zielinski e Hirving Lozano che, almeno, inizialmente si accomodano in panchina. I padroni di casa di Andrea Sottil devono fare ancora a meno di Beto, acciaccato e fuori dall’undici titolare, con Ilija Nestorovski in campo al suo posto, ma possono contare anche su un centrocampo folto di qualità e quantità.

Il sorriso di Luciano Spalletti, l’allenatore del Napoli che ha vinto lo scudetto – Nanopress.it

A inizio gara, succede quello che era difficile pronosticare. L’Udinese parte decisamente meglio, riesce a superare gli avversari anche dal punto di vista della manovra e schiaccia spesso i futuri campioni d’Italia con la sua aggressività. Il primo acuto è proprio dei friulani: Destiny Udogie scende sulla fascia di sinistra e offre un bel pallone a Sandi Lovric che scarica una bellissima conclusione sotto la traversa e firma la rete dell’1-0 che gela i tifosi sugli spalti e anche quelli che a Napoli, a casa, in piazza e al Diego Armando Maradona, si stanno gustando il posticipo.

La paura torna ad aleggiare tra i loro occhi, ma adesso fa capolino anche la frustrazione nei calciatori, quasi ipnotizzati da un traguardo vicino da settimane che però sembra sempre sfuggire sul più bello, come un sogno che si interrompe e diventa una chimera irraggiungibile. Ma c’è ancora tempo per riprendere il risultato, non ce n’è nel primo tempo, che se ne va così, senza grossi acuti da parte dei talenti offensivi della squadra di Spalletti, su tutti Kvicha Kvaratskhelia e Victor Osimhen, ben controllati da una fase difensiva praticamente impeccabile da parte degli uomini di Sottil.

Nella seconda frazione qualcosa cambia, e per fortuna di un intero popolo. La capolista, infatti, torna dagli spogliatoi con un piglio diverso e, finalmente, riesce a mettere le cose a posto. Su azione da calcio piazzato, l’esterno d’attacco georgiano calcia con il destro e trova una respinta sporca da parte di Marco Silvestri che Osimhen, l’uomo della provvidenza, quello che ha trascinato fino a qui il Napoli, si affretta a spingere in porta.

La gioia del nigeriano, circondato da tutti i suoi compagni, è incontenibile e si protrae per qualche secondo di più, come è giusto che sia, la gioia del nigeriano, non solo, è quella di una tifoseria che ora può svegliarsi e sul più bello. Con il passare dei minuti, il Napoli sale in cattedra e controlla il match, mentre quell’aggressività dell’Udinese che si era vista nel primo tempo va man mano scemando, anche per rispetto di chi, tra qualche minuto, diventerà campione d’Italia. Ecco quindi che l’arbitro fischia tre volte, ed ecco che inizia la festa, ovunque ci sia un cuore azzurro che a inizio anno non avrebbe mai immaginato di essere là, ma che ora si gode appieno quello che questi ragazzi, con questo allenatore da sempre tacciato di essere un eterno secondo, gli hanno regalato. Il Napoli ce l’ha fatta, il Napoli ha vinto il terzo scudetto della sua storia, il Napoli inizia l’invasione di campo, che non finisce poi così bene, ed è la nota più stonata di questa festa, e tutti si complimentano anche lui, anche chi fino all’ultimo ha sperato in un miracolo, troppo difficile da realizzare.

La classifica di Serie A: il Napoli è matematicamente campione d’Italia, balzo in avanti di Lazio, Inter e Atalanta per la Champions League

Con lo scudetto conquistato dai partenopei con cinque giornate d’anticipo, la Serie A diventa interessante per quello che riguarda, dicevamo, la lotta alla Champions League (e se dovesse andare male all’Europa e Conference League) e quella per la salvezza. La distanza tra le grandi, infatti, è davvero minima e per passare dal paradiso al purgatorio ci sono solo sei punti, che non sono che due partite vinte e due perse, dipende dai punti di vista. Certo, l’incognita dei punti che potrebbero essere levati alla Juventus rimane, ma non sarà semplice né per la Lazio, che al momento è seconda, né per i bianconeri, e figuriamoci per Inter e Milan che devono giocarsi la finale di Istanbul, o per l’Atalanta e la Roma.

Alla stessa maniera, non è semplice per il Lecce, a sole quattro lunghezze da un baratro in cui non vorrebbero cadere neanche Spezia e Verona, ma che sta per condannare la Sampdoria, e forse anche la Cremonese, sicuramente tra le più in forma tra le squadre che rischiano di salutare il nostro bellissimo massimo campionato.

NAPOLI 80
LAZIO 64
JUVENTUS 63
INTER 60
ATALANTA, MILAN, ROMA 58
FIORENTINA 46
BOLOGNA, MONZA, TORINO 45
UDINESE, SASSUOLO 43
SALERNITANA, EMPOLI 35
LECCE 31
SPEZIA, VERONA 27
CREMONESE 21
SAMPDORIA 17

Mariacristina Ponti

Nata nel lontano 1992, nel giorno più bello per nascere, a Cagliari. Dopo la maturità scientifica, volo a Padova e poi a Roma per studiare lettere. Nella Capitale poi rimango anche per il master in giornalismo. Tra stage a profusione, sempre nelle redazioni sportive, anche se il vero amore è sempre stato la politica, ho ancora da ritirare un tesserino da professionista.

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