La 35esima giornata di Serie A è terminata con diverse sentenze importanti per la classifica, forse decisive ai fini dei piazzamenti finali e quindi degli obiettivi stagionali. L’Inter continua a vincere, ma stavolta sudando qualche camicia in più contro un Sassuolo di qualità e ben organizzato. Macina punti anche la Juventus, mentre l’Atalanta subisce una brutta sconfitta in ottica Champions League. Il Napoli, con lo scudetto già in tasca, perde contro il Monza; Milan e Roma perdono punti e vedono la massima competizione europea molto più lontana, che fa sperare anche la Lazio, che pure contro il Lecce ha guadagnato solo un punto, e pure in extremis.
Siamo giunti nella fase decisiva della stagione, quella in cui si stabilisce chi è dentro o chi è fuori, soprattutto chi riuscirà a centrare o meno gli obiettivi stagionali. L’affermazione più importante resta quella dell’Inter che, dopo le fatiche di Champions League, riesce a disfarsi del Sassuolo con un Romelu Lukaku in grande spolvero. Anche la Juventus non delude e batte la Cremonese, sempre più vicina alla Serie B. La Roma, ancora alle prese con tante assenze, pareggia in casa del Bologna, ma va peggio al Milan, questa volta sconfitto in trasferta dallo Spezia, e nei giorni prima di un derby che vale una stagione, e che vale un’entrata nella finale della coppa dalle grandi orecchie, un traguardo che manca ai rossoneri dal 2007, quando si presero la loro rivincita contro il Liverpool, ma questa è un’altra storia.
Quella di ora ce ne racconta un’altra, e passa da un campionato in cui di sentenze da scrivere ce ne sono ancora parecchie, e alcune non riguardano neanche propriamente il campo, ma sono da ricercare tra le aula di un tribunale, sportivo e non, perché quelle, specialmente le seconde, potrebbero ridisegnare tutto, sia per la coppa dalle grandi orecchie, sia per le altre, di coppe, e chissà che forse non possa cambiare qualcosa anche in ottica salvezza considerati i capi di imputazione che pendono sopra la testa della Vecchia Signora. Tra sogni che si potrebbero realizzare, come quello del Napoli, e incubi che si potrebbero verificare, come quello della Sampdoria, che da retrocessa ha strappato un punto all’Empoli, quello che serviva per dirsi salvi per i toscani, il campionato non è ancora finito, ed è tutto ancora da gustare, soprattutto per le big.
E infatti, le sensazioni della serata di Champions League di martedì sera a San Siro, a Milano, aleggiano nell’aria come le emozioni che uniscono due adolescenti sulla via di innamorarsi, ma anche la Serie A non va ignorata perché è da lì che ci si guadagna le cose più belle ed è sempre da lì che si deve partire dalla fine dell’anno per capire se la stagione si possa considerare positiva o negativa.
Al netto di questo, per chi, come i partenopei, ha già messo in tasca il prossimo scudetto, ed è stata eliminata ai quarti di finale della prima competizione Uefa, centrando un record mai segnato manco dalla squadra di Diego Armando Maradona, ha perso contro un Monza che, anche lui, aveva ben poco da chiedere di più bello a questo campionato, o forse no, considerato, appunto, che la classifica, come dicevamo prima, potrebbe ballare parecchio. E se in generale, questa giornata, non è andata bene per tutte le big, compresa la Lazio, anche lei fuori dalle coppe, ma in questo caso prima l’Europa e poi la Conference League, ha raccontato anche importanti notizie per la zona retrocessione.
LAZIO-LECCE 2-2 – E quindi, sì, iniziamo dalla prima partita di questa 36esima giornata, la quartultima del campionato, che vede i biancocelesti di Maurizio Sarri al terzo posto dietro la Juventus, ma davanti all’Inter, contro un Lecce che è a solo un punto dal baratro che li riporterebbe in Serie B dopo solo un anno passato tra le grandi. È una sfida per tornare nell’Olimpo del calcio, quattro anni dopo quell’ultima volta, in cui tra l’altro sfumò il sogno dello scudetto nelle ultime giornate, ed è anche una sfida per salvarsi, rimanere attaccato a quel vagone che si chiama Serie A.
E non è un caso che sia così, non lo è soprattutto per l’ultimo periodo che hanno trascorso le due squadre, sia la Lazio, trasformata da quando ha lasciato la competizione che l’anno scorso hanno vinto i cugini della Roma, sia quella di Marco Baroni, che dopo aver fermato sia i biancocelesti, sia il Milan al via del Mare ha smesso di brillare. Non è un caso neanche perché i padroni di casa hanno uomini sulla carta nettamente superiori ai salentini, eh, ma adesso contano anche le motivazioni, e quindi senza Danilo Cataldi ancora in regia, il toscano si affida un’altra volta al piccoletto, Marcos Antonio, affiancato da Sergej Milinkovic-Savic e Luis Alberto, e davanti di nuovo fiducia a Ciro Immobile, il capitano che non segna quasi da un mese, e da quella gara contro la Spezia che era ancora la dimostrazione dei veri biancocelesti. Dall’altra parte, invece, i soliti, con Gabriel Strefezza a comporre il braccetto di destra del tridente d’attacco del Lecce.
È proprio lui, il brasiliano, ad aver l’occasione d’oro al 20esimo per indirizzare la partita verso i binari giusti. Dal dischetto, dopo un’ingenuità difensiva di Elseid Hysaj, che pure aveva ripreso a essere un po’ più simile alla versione vista con il Napoli (di Sarri, of course), Strefezza sbaglia non riuscendo neanche a inquadrare lo specchio della porta difesa da Ivan Provedel, campione di clean sheet in Serie A, e messo bene anche in Europa. L’Olimpico esulta, ma lo fa anche di più quando il capitano, sotto oggetto di un po’ di critiche, sfrutta il primo pallone della serata per i biancocelesti infilando in rete su assist di un altro brasiliano, ma quello della mediana della Lazio. È un 1-0 che cambia le cose, che trasmette fiducia, che permette di tornare al gol Immobile davanti al pubblico di casa 243 giorni dopo l’ultima volta, ed è bello.
Ma solo fin che dura, perché prima di entrare negli spogliatoi, i giallorossi non rimangono a guardare, come non avevano fatto neanche all’andata del resto, e trovano la rete del pareggio. Al termine di una bella giocata di Valentin Gendrey, il pallone scaricato dallo stesso su Remi Oudin diventa una rete, la prima in campionato per il francese. Alla ripresa, dopo appena sei minuti, è sempre lui a gelare un Olimpico che sembra essere ricaduto nelle sue paure più oscure, quelle di finire ancora una volta a giocarsi l’Europa League, anche dopo aver dimostrato di poter stare anche al tavolo con i grandi. E quindi nella serata del ritorno al gol di Ciro, a regalare ancora una speranza ai tifosi biancocelesti ci pensa il vice capitano, che su un colpo di testa da calcio d’angolo, al 94esimo, pareggia i conti.
La rete di Milinkovic-Savic non farà certamente fare quel salto di qualità in più alla Lazio, ma non la sprofondare neanche in un incubo che ogni anno, sul più bello, si ripete. Ci fa galleggiare, ancora, un Lecce che, siamo certi, venderà cara la pelle per rimanere nel nostro massimo campionato, ma di verdetti non ce n’è nemmeno l’ombra. Nel momento più brutto della stagione della Lazio, in cui il centrocampo sta iniziando a girare molto di meno, la difesa imbarca acqua e non sembra destinata a mantenere il rendimento di gran parte dell’anno e l’attacco ha visto un piccolo calo da parte di Zaccagni e Pedro, i biancocelesti possono comunque consolarsi con una classifica che continua a sorridere a Sarri e ai suoi ragazzi. I capitolini, nonostante abbiano portato a casa una sola vittoria nelle ultime cinque partite e soffrendo contro il Sassuolo, sono ancora al quarto posto con quattro punti di vantaggio rispetto al Milan e a solo tre partite dal gong finale.
Insomma, motivi per sperare ancora nell’obiettivo più importante ce ne sono e non sono neppure pochi, ma di certo toccherà stringere i denti e ritrovare le trame di gioco che hanno permesso al tecnico toscano di creare una macchina quasi perfetta, capace di mettere in difficoltà praticamente chiunque arrivi sulla strada del club della Capitale. Certo, se dovesse fallire l’assalto all’obiettivo grosso, la Lazio si troverebbe in mano un percorso in Europa insufficiente e un altro fallimento in campionato: la stagione sarebbe da cancellare e, dopo quanto costruito e messo in cascina, sarebbe un delitto impossibile da non condannare.
SALERNITANA-ATALANTA 1-0 – Un po’ più definitiva, in effetti, è la partita che apre il sabato, quella tra Salernitana e Atalanta. E quindi, da una partita decisiva per la qualificazione alla massima competizione europea all’altra, l’Atalanta di Gian Piero Gasperini, di nuovo non nella sua forma migliore, ha bisogno di una vittoria a Salerno per credere ancora che sia possibile finire tra le migliori quattro, anche al netto di una penalizzazione per la Juventus che potrebbe facilitare non poco le cose alla Dea. L’osso che hanno di fronte, i bergamaschi, non è però dei più semplici: la Salernitana.
Già autrice dell’urlo spezzato in gola ai corregionali, i granata di Paulo Sousa hanno bisogno di quattro punti per dirsi salvi matematicamente, e vogliono raggiungerli il primo possibile, specialmente davanti a un Arechi che nella cavalcata dello scorso anno è stato il dodicesimo uomo in campo. Senza il fuoco che brucia, ma con la voglia di continuare ad ammazzare le grandi, sono i padroni di casa che cercano in tutti i modi di condurre il confronto sotto il punto di vista del ritmo e dell’intensità.
Dopo aver resistito per tutta la partita agli attacchi di Duvan Zapata, che stavolta non è riuscito a fare la differenza, esattamente come i suoi compagni, al 93esimo cedono al gol di Antonio Candreva, che era entrato in campo da soli tredici minuti per sostituire Erik Botheim. L’ex Lazio e Inter, su assist di Krzystof Piatek, ex Milan, regala una gioia anche ai suoi ex tifosi, riscrivendo una storia che solo due settimane fa la vedeva quarta, e ora la tiene viva a sperare nei capitomboli delle altre (e con una partita da giocare contro i nerazzurri ancora da giocare), e nella sentenza che punirebbe la Juventus, ammesso sempre che la Fiorentina non vinca la Coppa Italia, be’, in quel caso gli incroci sarebbero resi ancora più difficili. Quanto ai padroni di casa, manca un solo punto per raggiungere in anticipo il traguardo, e molto di questo merito va al portoghese ex Viola che da quando si è accomodato sulla panchina della Salernitana ha perso solo due partite conquistando 17 punti, poco meno della metà del bottino che fa dormire sonni tranquilli ai giocatori, e a chi si fa i chilometri per vederli.
Dal punto di vista tattico, l’Atalanta è inciampata proprio su alcuni dei suoi fondamentali decisivi. Da anni, infatti, Gian Piero Gasperini insiste sulla difesa uomo contro uno e di conseguenza sull’importanza degli uno contro uno offensivi per vincere le partite. Beh, questa volta, con moduli praticamente speculari almeno sotto il punta di vista dei ruoli, la meglio è andata ai padroni di casa. I motivi non risiedono tanto nella qualità dei singoli schierati in campo, per cui i bergamaschi sono comunque sulla carta superiori, ma sull’intensità, sulla voglia di andare a vincere la partita che è stata maggiore nei granata rispetto agli ospiti. Ecco, proprio questo non può essere accettabile, perdere nella sfida del ritmo in una sfida decisiva per il piazzamento europeo e non è un’occasione che torna puntualmente tutti gli anni.
Un’altra nota stonata è certamente l’apporto dell’attacco. Senza Ademola Lookman che ha trascinato a lungo la squadra in questa stagione, ci si aspettava molto da Duvan Zapata. Il colombiano, però, evidenzia ancora un rendimento altalenante, per cui non sta riuscendo a essere quel calciatore devastante che la Serie A ha già conosciuto in altri casi. Stesso discorso per Rasmus Hojlund, che nelle ultime settimane ha avuto anche qualche problema, ma non sta trovando la rete con quella continuità che ci si attende da un bomber in erba come lui. Il destino è ancora tutto da scrivere, ma la sensazione è che ancora debba crescere ed esplodere definitivamente per essere un fattore destabilizzante dell’Atalanta e della corsa alla prossima Champions League.
La Salernitana, invece, proprio ora che non ha più nulla da chiedere a questo campionato e con la salvezza ormai in cascina, lascia un bel gusto in bocca grazie a una prestazione di alto livello, che ha saputo reggere le offensive degli avversari, ma poi anche offendere con cinismo per andare a vincere la partita. E poi avere dalla propria parte uno come Antonio Candreva, ma non lo scopriamo di certo oggi, può fare la differenza anche sui risultati. L’anno prossimo in Serie A la squadra di Paulo Sousa potrebbe avere anche degli obiettivi al rialzo, complici la qualità dimostrata in questa fase della stagione, la grinta e gli intenti chiarissimi intanto, ma è anche giusto godersi così l’obiettivo per cui si è lottato tanto. E senza offesa per nessuno.
SPEZIA-MILAN 2-0 – Ecco, a proposito di tifosi, ha fatto parecchio discutere la partita dei rossoneri a La Spezia. Perché, come dicevamo prima, prima del match più importante della stagione, quello che la vale, contro i cugini, nel derby che decreterà chi andrà a Istanbul, a giocarsi una finale di Champions League che a inizio anno nessuno avrebbe potuto pronosticare, e soprattutto dopo aver perso l’andata, in casa, con zero gol fatti contro i due dell’Inter, il Milan ha continuato a perdere terreno anche in campionato, staccandosi da quel quarto posto che vorrebbe dire tornare anche il prossimo anno nella competizione che più la esalta, con due punti in meno e una partita in più rispetto agli uomini di Simone Inzaghi, che giocheranno più tardi, e sono in grande forma.
E quindi vale la pena di raccontarla, questa partita contro la squadra di Leonardo Semplici, una squadra che non sta vivendo il momento migliore del mondo (esattamente come il Diavolo), ma che rischia davvero di lasciare la Serie A considerato il testa a testa, e senza esclusione di colpi, con il Verona. Al settimo minuto, così come in Europa, Sandro Tonali trova il palo a negargli la gioia del gol, poi sbagliano sia Ante Rebic, sia Theo Hernandez nel giro di qualche secondo, e finisce anche il primo tempo, e senza reti.
Dopo un’occasione mangiata dallo Spezia e un’altra ancora dal Milan con Brahim Diaz nella ripresa, al 75esimo, a causa di una palla persa da Charles De Ketelaere, non certamente il miglior acquisto di Paolo Maldini, Przemyslav Wisniewski mette a segno la rete del vantaggio per i padroni di casa sulla ribattuta di una traversa- È una rete pesante, per i liguri, che riaccende le speranze di compiere un’impresa, ma che fino all’ultimo si dovrà giocare con nervi saldi e voglia di vincere, ma lo è anche per i rossoneri, che non solo non reagiscono, ma dieci minuti dopo prendono anche il raddoppio su punizione da Salvatore Esposito, arrivato a La Spezia dalla giovanile dell’Inter, e alla sua prima marcatura in Serie A.
È una doccia gelata, quasi quanto quella arrivata al gol di Henrikh Mkhitaryan mercoledì nella bolgia di San Siro, lo è per tutti nella sponda rossonera. Da chi sta seduto sugli spalti, e ha seguito la squadra anche in trasferta per ribadire il supporto, a chi era in campo, che mestamente, assieme all’allenatore Stefano Pioli, si dirige verso il settore riservato agli ospiti e fa parlare gli ultras. Ed è questo, sommato al resto, che genera non poche polemiche, perché non tutti quelli della Sud sono incensurati, e il pericolo di minacce era dietro l’angolo, specialmente alla vigilia di una partita che è il vero crocevia tra il paradiso e l’inferno, tra il sogno e l’incubo, tra l’essere dentro e l’essere fuori. Una possibilità che adesso, dicevamo, è tornata di moda anche per i liguri, aspettando i gialloblù, almeno.
I calciatori del Milan sotto la curva, una sorta di contestazione o di sveglia, che dir si voglia, a pochi giorni dal match di Champions contro l’Inter non sono di certo il miglior viatico per una squadra che, contro ogni pronostico, ha raggiunto la semifinale della massima competizione europea e non smette comunque di credere alla rimonta e a Istanbul, che poi solo l’una la diretta conseguenza dell’altra. Toccherà a Pioli far sì che la rabbia per i risultati negativi si trasformi molto presto in voglia di rivalsa, in un attacco molto più cinico e incisivo e nella voglia dei singoli di dimostrare il proprio livello.
Guai a dare il Diavolo per morto e soprattutto i migliori talenti della sua rosa. Non è solo un discorso che riguarda la coppa dalle grandi orecchie, ma anche il campionato, perché con nove punti a disposizione e una penalizzazione per la Juventus che sembra essere in agguato, i rossoneri non possono essere dati per spacciati, neanche a volerlo.
Non si può non fare i complimenti, però, a uno Spezia ancora capace di avere un sussulto e di riprendersi il quart’ultimo posto perso una settimana fa a beneficio del Verona. I bianconeri con Nzola in campo sono una squadra di livello totalmente diverso: girano intorno al loro bomber che è finalizzazione, il modo di far salire la squadra e anche colui che fa impazzire i piani delle difese avversarie. Contro il Milan, però, si è visto anche molto di più, innanzitutto una compattezza che per troppi periodi in questa stagione sembrava smarrita e una qualità nei singoli che non è così comune trovare. Il gol di Esposito, per esempio, è una perla inaspettata, ma che potrebbe anche valere un’altra partecipazione alla Serie A, alla fine. Ed è quello che conta di più.
INTER-SASSUOLO 4-2 – L’Inter, anche alla luce dei risultati di Lazio e Milan, ha bisogno assoluto di una vittoria per avvicinarsi alla prossima Champions League, ma ha contro un Sassuolo che negli ultimi anni ha sempre messo in difficoltà i nerazzurri a San Siro. Anche in questo caso, con tutte le rotazioni effettuate da Simone Inzaghi e l’andata della semifinale contro i cugini nelle gambe, i neroverdi cercano di creare diversi pericoli ai padroni di casa. Già dopo poco minuti, Domenico Berardi sblocca il risultato, ma il gol viene annullato al Var per fuorigioco. Al 41esimo, poi, arriva il vantaggio nerazzurro ed è una grande realizzazione di Lukaku che si gira sul destro e scarica un bolide sotto la traversa. Al 46esimo, Lautaro Martinez entra per Joaquin Correa per infortunio, e l’Inter proprio grazie all’argentino firma il raddoppio, dopo un tocco sfortunato di Ruan Tressoldi.
Il Toro qualche minuto dopo chiude i giochi con la rete del 3-0. Il Sassuolo, però, non si arrende e rientra ben presto in partita grazie a un gol di Matheus Henrique e poco dopo c’è anche il 3-2 con una rete di Davide Frattesi. Seguono dieci minuti di tensione, in cui l’Inter fa fatica a tenere il risultato di vantaggio, ma poi Lukaku parte in contropiede e chiude anche i giochi con il 4-2. L’Inter avanza in classifica e questi potrebbero essere i punti decisivi per l’ingresso alla prossima Champions League.
Sicuramente una bella notizia per i ragazzi di Inzaghi che, anche in questo caso, sono riusciti a trovare un’altra vittoria decisiva per la classifica, ma anche per il morale. Stavolta è stato un po’ più complicato rispetto ad altre volte, perché il Sassuolo è riuscito a creare tanti pericoli per la porta di Handanovic e alla fine un pareggio sarebbe comunque stato lecito per ciò che si è visto in campo. È chiaro che nel ritorno della semifinale, la Beneamata dovrà dimostrare una solidità molto più importante per cercare di fare bottino pieno, ma anche della pericolosità offensiva che risiede nei principali interpreti dell’attacco. Romelu Lukaku partirà inizialmente dalla panchina, a meno di ribaltoni delle gerarchie dell’ultima ora a cui Inzaghi non ci ha abituato, ma finalmente ha risposto presente dal punto di vista tecnico e fisico, dando prova di come la sua fisicità straripante e il suo mancino possano essere delle armi fondamentali per riuscire a centrare la vittoria.
Quella contro il Milan, però, è un’altra storia che vi racconteremo nei prossimi giorni. Il dato di fatto è invece che la Beneamata abbia anche risparmiato diverse forze nel match contro il Sassuolo e rispolverato calciatori come Roberto Gagliardini e Raoul Bellanova che sono stati spesso nell’ombra quest’anno, ma che hanno fatto la loro parte per ottenere tre punti fondamentali nella corsa alla Champions League. E non era scontato.
HELLAS VERONA-TORINO 0-1 – Il lunch match di domenica, poi, ci ha regalato una sfida cruciale per la salvezza, non certamente per il Torino di Ivan Juric, quanto per la sua ex squadra, l’Hellas Verona, che quest’anno, con l’addio di alcuni pezzi piuttosto pregiati, sta lottando per non retrocedere, specialmente contro lo Spezia e il Lecce. Se i primi due avevano fatto due ottime figure, vi abbiamo raccontato, anche gli uomini di Marco Zaffaroni non devono essere da meno, anche perché i granata poco hanno da chiedere al campionato, o per lo meno non fin quando non arriva la nuova sentenza (o sentenze?) per la Juventus. Nonostante questi ingredienti a passare in vantaggio, al Marc’Antonio Bentegodi, con Nikola Vlasic, alla mezz’ora. Basta quello per portare a casa i tre punti, che sono molto più pesanti per i gialloblù, che così tornano a quel terz’ultimo posto che farebbe molto male. Molto male.
I padroni di casa, infatti, hanno dimostrato ancora una volta il loro grande tallone d’Achille in questa stagione e cioè un attacco che fa veramente tanta fatica a esprimersi e a creare pericoli ai diretti avversari, fino al punto che anche in un match casalingo decisivo per restare nella massima categoria sono state veramente poche le chance per andare in rete e per trovare un successo tra le mura amiche che sarebbe stato fondamentale per dare un nuovo senso alla classifica. Così non è stato e Zaffaroni ora deve fare i conti con un calendario non semplice e la necessità di portare a casa ancora altri punti essenziali per centrare l’obiettivo stagionale. Non sarà facile e soprattutto ora il Verona deve recuperare la forma delle migliori partite della stagione, quelle in cui una reazione si è vista e in tutti gli aspetti a cui deve rispondere un club che lotta per salvare la pelle. Si deve ripartire dalla qualità, dalle mezze punte arrivate a gennaio o comunque in rosa, che fanno da collegamento tra la mediana e l’attacco. Soprattutto si deve dare risalto ai bomber, quelli che sono sempre disponibile a fare lavoro sporco, a proteggere il pallone e a scandire i tempi di uscita della squadra, ma allo stesso tempo devono trovare verve realizzativa e qualità negli ultimi tocchi. E ora non c’è più tempo per crescere in questo senso, servono risposte immediate.
Il Torino, invece, si gode un altro successo meritato e che disegna una classifica comunque positiva per i granata, nonostante gli alti e bassi vissuti in questa stagione. I piemontesi ripartiranno dalle certezze che hanno scandito gli scampoli finali di quest’anno, sempre più in crescendo, e cercheranno di farne la loro forza per ambire alle coppe europee. Un limite che la squadra di Juric può darsi, a questo punto, per costruire un nuovo ciclo che ora ha delle basi piuttosto solide e che è pronto a fare da viatico per il presente e per il futuro. Come è giusto che sia per i progetti che valgono un po’ più degli altri.
FIORENTINA-UDINESE 2-0 – Con un pensiero alla semifinale di giovedì contro il Basilea, in cui si ha il compito di rimontare due gol, e un mezzo pensierino per la finale di Coppa Italia contro i nerazzurri, la Fiorentina ospita l’Udinese dei verdetti (ma solo alla Dacia Arena) all’Artemio Franchi. Senza nessuna dietrologia sul futuro dei bianconeri, in questo caso, ma con la voglia di tornare a vincere perché farlo aiuta a farlo ancora, gli undici di Vincenzo Italiano sbloccano subito la partita con Gaetano Castrovilli. È il settimo minuto e tutto potrebbe ancora cambiare, non la, ma piuttosto il pugliese offre a Giacomo Bonaventura il pallone del 2-0 al 90esimo. Dopo il fischio finale, l’autore del raddoppio viene espulso assieme a Rodrigo Becao per proteste: uno non ci sarà contro il Torino in una sfida al alta tensione il giorno prima del verdetto per la Juventus, il difensore centrale di Andrea Sottil, invece, non potrà essere in campo contro la Lazio, che sempre in Friuli si potrebbe giocare l’accesso alla Champions League, o forse no, perché dipende tutto anche da quello che faranno le dirette inseguitrici, e sono tante.
La squadra di casa, quindi, quella che ha giocato più di tutte in una stagione congestionata e colma di impegni si gode una vittoria importante per l’ambizione e la classifica che, dal decimo posto in giù, proprio non rispecchia il gioco, la qualità e le idee che la viola ha messo in campo fino ad adesso in questa stagione. Un 2-0, però, non può riscattare i tanti passi falsi che i toscani hanno dovuto assimilare in questo campionato e che si sono articolati attraverso prestazioni poco ciniche o per colpa di una difesa spesso esposta a rischi eccessivi e incapace di compensare le reti segnate dagli attaccanti. E allora perché questa vittoria è così importante? Sicuramente per il morale, perché avvicinarsi al meglio alla partita contro il Basilea era un obbligo che ha permesso al gruppo di scuotersi, rimettersi in sesto e ora dare il massimo per raggiungere il grande obiettivo di una stagione intera. E senza poter avere rimpianti alla fine di tutto.
L’Udinese, invece, non riesce a trovare la pericolosità offensiva che aveva a inizio campionato con la continuità che ci si attendeva. È sicuramente colpa delle tante assenze, ma anche di un reparto che dovrà subire una rivoluzione importante per garantire ai bianconeri un piazzamento ancora più alto in classifica. Non sarà facile, ma la società è solida, i progetti pure e alla fine l’importante sarà ripartire dalla qualità di un centrocampo che, durante tutto l’arco della stagione, è stato il vero motore della squadra. E questo non si può ignorare nelle valutazioni di fine anno. Insomma, una sconfitta non va primavera, ma chiudere bene è un obbligo per i ragazzi di Sottil per non uscirne ridimensionati. Poi arriveranno anche i progetti per il futuro.
MONZA-NAPOLI 2-0 – Un Monza che, come le precedenti tre, può ancora nutrire delle speranze per un arrivo in Europa, sfida davanti al proprio pubblico un Napoli che ha già in tasca lo scudetto da due giornate, e ha festeggiato a sufficienza. Non è quindi contro ogni pronostico che siano i brianzoli di Raffaele Palladino a sbloccare il risultato con Dany Mota, allo stesso tempo non è neanche così difficile credere che a mettere una pietra sopra sul match ci pensi un ex sedotto e abbandonato come Andrea Petagna. È il 54esimo, e anche se non c’è così tanto caldo, la fatica si fa sentire così, e basta pure.
Infatti, i partenopei tentano più volte di avvicinarsi alla porta dei rossi di Lombardia, ma stranamente, e come quasi mai era successo in questa stagione (almeno in Serie A), restano a bocca asciutta. Un’astinenza che non è dovuta solo alla prestazione degli attaccanti, questa volta in difficoltà e non in grado di garantire il solo peso e le azioni decisive per vincere le partite, ma soprattutto del centrocampo. In mezzo, nel fulcro del gioco, la squadra di Spalletti conferma di non essere al top della forma e in calo da almeno un mese nelle trame, nelle ripartenze e nella qualità complessiva degli interpreti. Poco male comunque per i nuovi campioni d’Italia che hanno dovuto arrendersi a un avversario più determinato e con più voglia, davanti al proprio pubblico, di raggiungere altri tre punti per rinvigorire la classifica.
Grossi meriti, infatti, vanno dati alla squadra di Palladino, un club che ha iniziato malissimo la stagione e che negli ultimi mesi ha risalito la classifica in maniera impressionante, dimostrando di meritare un piazzamento anche più alto rispetto al decimo posto che aveva sbandierato, tra le ironie generali, Adriano Galliani nel caldo di agosto e agli arbori di una stagione comunque storica dopo una promozione agguantata all’ultimo momento. Questa vittoria è solo un ulteriore sintomo di come il Monza sia pronto a sognare, a progettare in grande e già l’anno prossimo a puntare all’Europa (se non arriverà quest’anno). Perché il calcio che ha messo in piedi Palladino è tra i migliori in Italia e ora lo sanno davvero tutti, anche all’estero. E soprattutto perché alla fine ciò che conta di più è vincerle le partite e i lombardi sanno davvero come si fa. Che li temano tutti, perché non c’è squadra che li abbia sofferti ed è questa la maniera giusta per programmare il futuro, a prescindere da come andrà a finire.
BOLOGNA-ROMA 0-0 – I giallorossi sono ancora dilaniati dalle assenze, su tutte quello di Paulo Dybala che non è neanche convocato. Anche in difesa la coperta è corta e sul campo del Bologna è veramente difficile passare. La partita, infatti, si dimostra estremamente equilibrata e coperta per entrambe con poche occasioni da gol e poche azioni per cui emozionarsi. I capitolini vanno più volte vicino alla rete decisiva, soprattutto con Gianluca Mancini, ma non sono in grado di sbloccare la partita, esattamente come i felsinei che, invece, si rendono pericolosi con Riccardo Orsolini. Il match si conclude con il punteggio di 0-0 che non fa comodo a nessuna delle due, ma soprattutto ai giallorossi.
Probabilmente non si poteva prendere di più in questo caso dalla squadra di José Mourinho, ancora in piena corsa per l’Europa e con la necessità di continuare a macinare punti per centrare un piazzamento in Champions League. In realtà, quest’eventualità è sempre più lontana e non tanto per meriti delle altre, visto che comunque sia le milanesi, sia la Juventus e l’Atalanta di passi falsi ne hanno compiuto tanti, ma le altre non è che abbiano fatto tanto meglio. Non se ne può fare neanche troppo una colpa ai capitolini se stanno lasciando un po’ troppi punti per strada nel momento decisivo della stagione. Gli infortuni stanno dilaniando le scelte dello Special One che ogni settimana deve fare i conti con delle defezioni diverse e sempre più importanti ed è costretto a delle rotazioni stringenti per presentarsi al meglio agli impegni infrasettimanali che, a questo punto, diciamolo chiaramente, contano più di quelli di campionato. Per ora va bene così, perché deve essere così, e per fortuna la difesa sta reggendo il colpo, altrimenti le proporzioni degli insuccessi sarebbero state ancora più ampie.
Il Bologna, invece, porta a casa un altro punticino che serve per smuovere la classifica e renderla ancora più importante in una stagione a diverse ondate. Il momento più bello, quello in cui i felsinei sembravano addirittura ingiocabili, sembra alle spalle, ma le cose più belle restano per gli emiliani, soprattutto l’intensità che, quando la squadra è arrivata al top della forma, di certo non è mancata per tentare di macinare punti e vincere il più possibile, arrivando a un piazzamento di pregio. Oggi la prestazione è stata attenta, concentrata, senza mai concedere nulla alla Roma ed è da giornate così che passa un percorso di crescita che Thiago Motta ha progettato alla perfezione e ora se ne sta anche godendo i frutti. Poi dovrà aiutare anche il calciomercato, perché è da lì che si costruiscono le grandi squadre, dalle cessioni evitate e dagli innesti mirati. È anche così che l’ex centrocampista di Barcellona, Inter e PSG, ora grande allenatore (perché è in questo modo che bisogna definirlo) ha costruito una macchina quasi perfetta, con giovani pagati pochi e rivalorizzati, e anche con l’assenza prolungata di Marko Arnautovic che avrebbe leso qualsiasi club e intento tecnico. Questo 0-0 scialbo, quindi, non oscura quanto fatto, non ridimensiona soprattutto i progetti per il futuro e questo nei finali di stagione che non contano più di tanto per la classifica è anche più importante.
JUVENTUS-CREMONESE 2-0 – La Juventus arriva a domenica sera conoscendo già i risultati delle altre squadre in lizza per la Champions League, ma soprattutto con l’aria di chi vuole continuare a macinare punti per compensare anche un’altra penalizzazione che sembra essere alle porte per i bianconeri. Sul campo, la Vecchia Signora si dimostra estremamente solida e capace di rispondere anche agli attacchi della Cremonese, poi arrivano i gol decisivi. Le realizzazioni sono firmate da Nicolò Fagioli al 55esimo, su assist di Federico Chiesa, e da Gleison Bremer su azione da calcio piazzato nel finale. Sarà ricordata, però, anche come la partita del nuovo infortunio accusato da Paul Pogba, proprio quando era tornato a giocare dal primo minuto. Una sfortuna che, con ogni probabilità, chiude in anticipo la sua stagione e si tratta di una grossa mancanza per Massimiliano Allegri viste le partite che ancora attendono i bianconeri.
L’impegno non era poi così proibitivo per la Vecchia Signora, sia chiaro, ma presentava comunque diverse insidie e, quindi, non andava per nulla preso sotto gamba, soprattutto a un punto della stagione in cui la Juventus deve pensare soprattutto all’Europa di quest’anno, a un percorso nella seconda competizione continentale che è l’unica via di accesso sicuro alla Champions e una semifinale prestigiosa e tanto attesa contro il Siviglia. Le motivazioni, quindi, non potevano essere al massimo per l’impegno contro i lombardi, eppure chi ha giocato ha comunque risposto presente e si è mostrato in grande spolvero, come è giusto che fosse.
Chiariamo subito la questione: la Juventus non ha offerto una prestazione così spettacolare, non ha fatto spalancare gli occhi a chi ha visto la partita allo stadio o al televisore. Nulla di tutto ciò. Ha recuperato, però, quella solidità che è il marchio di fabbrica di Massimiliano Allegri e, intanto, è riuscita a vincere un gran numero di duelli individuali, evitando di prendere gol, che già è un grosso modo per portare a casa il bottino pieno. Poi, come avviene quasi sempre negli intenti del tecnico livornese, un po’ come fosse il basket, si è dovuto affidare alle giocate dei singoli e, quindi, a un Federico Chiesa che quando sta bene riesce quasi sempre a fare la differenza con il suo impeto, la sua qualità e giocate che puntualmente riescono a scardinare le difese avversarie.
Un capitolo a parte lo merita Nicolò Fagioli. Il centrocampista rappresenta il presente e il futuro della Juventus, un intoccabile a prescindere dalle vicende societarie, dalle aspettative, da prestazioni che spesso sono state altalenanti, ma è normale che a quell’età e con quel carico sulle spalle sia anche così. La Vecchia Signora, i tifosi, il suo ambiente devono fare in modo di non caricarlo di eccessive pressioni, proteggerlo come si proteggono i diamanti grezzi e coccolarlo, quindi. Il calciatore c’è e si farà a prescindere, quello è fuori di dubbio, perché quando ci sono le qualità non si possono nascondere e alla fine emergono. I piemontesi possono goderselo senza pretendere troppo e alla fine avranno a disposizione un calciatore in grado di spaccare e decidere le partite, ancor più di adesso.
Alla Cremonese non resta altro se non leccarsi le ferite per una prestazione comunque positiva, ma in cui l’attacco ha dovuto arrendersi alla forza fisica e alle qualità individuali dei bianconeri. I lombardi hanno perso molti duelli, palle vaganti e soprattutto la retroguardia avversaria è parsa quasi insuperabile per lunghi tratti. È giusto così, perché i valori in campo erano quelli e tutto il resto era di guadagnato. In definitiva, però, potrebbe essere la scia giusta per giocarsi le ultime carte in Serie A prima di salutare la massima categoria italiana. Perché a volte l’orgoglio e le motivazioni contano anche più di strappare risultati immeritati, e alla fine il futuro potrebbe dimostrarlo.
SAMPDORIA-EMPOLI 1-1 – Una Sampdoria già retrocessa in Serie B ospita a Marassi un Empoli a cui manca poco più di un punto per garantirsi anche il prossimo anno nella massima serie. In una delle ultime uscite davanti al proprio pubblico, però, i blucerchiati di Dejan Stankovic vogliono comunque non perdere la faccia, e al 34esimo è Alessandro Zanoli, dal Napoli a gennaio, a segnare una rete che non sa più neanche di rimpianto, o di beffa, ma è l’amara verità di una stagione che è andata di male in peggio. A dimostrazione ulteriore, poi, ci si è messo anche il pareggio, in pieno recupero di Roberto Piccoli, che è bastata agli uomini di Paolo Zanetti a ipotecare, a tre giornate dalla fine, la salvezza, che in realtà non è quasi mai stata in discussione.
I blucerchiati, quindi, anche in una giornata che sembrava essersi incanalati su binari piuttosto positivi, almeno per una volta, tornano a casa senza il bottino pieno. È il male minore, penserete, visto che ormai il peggiore risultato in classifica era già ufficiale e messo agli annali, e questo è vero, ma gli uomini di Stankovic non hanno alcuna intenzione di tradire gli intenti che hanno accompagnato tutta la carriera del tecnico e ora anche il suo percorso da allenatore: l’orgoglio, il senso di appartenenza e l’amore per il club, a prescindere dai dilemmi societari, da un futuro che ancora sembra opaco e incerto e dai limiti sul campo. Stasera i genovesi hanno dato una svolta anche in tal senso e hanno finito per farcela, per dimostrare di essere ancora vivi e contraccambiare tutto quell’amore, quella devozione da parte dei tifosi, quelli che non hanno mai mollato. Non va bene così, ma questo è il modo giusto per ripartire e far sì che sia un nuovo inizio, non la fine di tutto.
La risposta dell’Empoli è stata comunque importante, addirittura fondamentale per fare un altro passettino importante verso una salvezza che ormai sembra a un passo dall’essere acquisita, ma per cui mancano solo i crismi dell’ufficialità. I toscani hanno meritato (ci perdonerà la scaramanzia se ci permettiamo di usare il verbo al passato prossimo) di restare nella massima categoria italiana. È così per il gioco offerto, per il coraggio di lanciare elementi come Guglielmo Vicario, Fabiano Parisi e Tommaso Baldanzi, poi anche Nicolò Cambiaghi che sta sempre più diventando un gioiello da aspettare e preservare per il futuro. Il gioco ha portato a una salvezza che nei prossimi anni, e senza troppe cessioni eccellenti, potrebbe portare anche a qualcosa in più. Se non all’Europa, almeno a un piazzamento ancora più in alto in classifica che sarebbe comunque una soddisfazione importante per una piazza piccola, ma che si sta ritagliando una storia sempre più importante anche nella massima categoria italiana. E stiamo parlando soprattutto di un progetto serio che, a prescindere dal tifo e dai colori che si amano, si dovrebbe cercare di preservare il più possibile. E, quindi, complimenti a chi festeggia e a chi riceverà il massimo amore dei suoi tifosi, perché è così che funziona il calcio e l’onore.
Di conseguenza a quello che vi abbiamo raccontato, sono tante le novità per una classifica che ha già emesso due sentenze: il Napoli è campione d’Italia e la Sampdoria è in Serie B. Inter e Juventus fanno un altro grande passo verso la prossima Champions League, penalizzazione permettendo, ma anche la Lazio, più per demeriti degli altri che per brillantezza sua. Si inguaia la posizione di Roma e Atalanta, che vedono soprattutto Europa e Conference League, ma anche del Milan, ora costretto a un grande finale per tentare un nuovo sorpasso sulle dirette concorrenti. Succede tanto anche nella corsa per la salvezza: lo Spezia, dopo la grande vittoria tra le mura amiche, ritorna al quart’ultimo posto anche in seguito alla brutta sconfitta del Verona. L’Empoli, invece, è salvo dopo il pareggio contro la già retrocessa Sampdoria di Dejan Stankovic. Di seguito la classifica della Serie A al completo.
NAPOLI 83
JUVENTUS 69
INTER 66
LAZIO 65
MILAN 61
ROMA 59
ATALANTA 58
TORINO, MONZA, FIORENTINA 49
BOLOGNA 47
UDINESE 46
SASSUOLO 44
EMPOLI 39
SALERNITANA 38
LECCE 32
SPEZIA, HELLAS VERONA 30
CREMONESE 24
SAMPDORIA 18
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