La 37esima giornata è quella dei verdetti, quasi tutti, soprattutto quella da cui non si può tornare indietro, perché ormai di tempo per recuperare ce n’è veramente poco, solo tre punti per cercare di salvare la stagione. I dati di fatto emersi negli ultimi tre giorni non sono pochi: innanzitutto la griglia per la qualificazione alla prossima Champions League è ormai chiara con Inter e Milan che sono aritmeticamente alla fase a gironi per l’anno prossimo dopo le meraviglie che ha regalato l’anno sportivo che sta volgendo al termine e che per i nerazzurri potrebbe essere eccezionale, sicuramente storico. In coda un’altra squadra si tira fuori dal novero di chi potrebbe scendere di categoria ed è il Lecce che dopo una partita folle e piena di emozioni vince contro il Monza in trasferta al 101esimo con gol di Lorenzo Colombo. Nei guai rimangono, invece, Spezia e Verona con i bianconeri che in una partita chiave perdono 0-4 in casa contro il Torino. I veneti erano veramente vicini ai tre punti, ma poi sono stati agguantati nei minuti di recupero dall’Empoli.
Milano sente di nuovo la musichetta della Champions nei suoi sogni del futuro, oltre a quelli del presente che, però, ora riguardano solo la sponda nerazzurra del Naviglio. La vittoria della squadra di Simone Inzaghi contro l’Atalanta di Gian Piero Gasperini, grazie a un’altra grande prestazione di Romelu Lukaku e Lautaro Martinez porta altri tre punti pesantissimi, quelli che conducono i nerazzurri direttamente alla qualificazione per la Champions League dell’anno prossimo. Indirettamente la Beneamata fa un favore anche ai cugini che già prima di scendere in campo contro la Juventus all’Allianz Stadium hanno tre punti di distanza dai bergamaschi e con gli scontri diretti a favore. Mancava solo un altro passettino, pareggiare almeno con la Vecchia Signora.
Visto il risultato di Torino nel posticipo serale, anche i ragazzi di Stefano Pioli strappano il pass per la massima competizione europea che ora era l’unico obiettivo rimasto per salvare la stagione. Altra brutta caduta per la Roma, stavolta contro la Fiorentina reduce dalla finale di Coppa Italia persa contro l’Inter e capace di battere i ragazzi di José Mourinho in rimonta: ora l’unico modo per raggiungere il massimo traguardo stagionale dopo lo scudetto è vincere la finale di Europa League contro il Siviglia, ma non sarà così semplice. Sono due le squadre che rischiano l’inferno della Serie B a questo punto e si tratta di Spezia e Verona con i liguri ancora in vantaggio in classifica per la differenza reti.
Il calcio è emozione e le emozioni sono il calcio. È così che la Serie A si sta avvicinando ai suoi atti finali e con la certezza che la stagione quest’anno di finirà di certo alla 38esima con tre finali europee all’orizzonte o in mezzo e che riguardano tre diversi club del nostro calcio. Ci sarà tempo per pensarci, ma alla fine potrebbe andare bene anche così perché c’è anche da godersi altro, quello che ci si è conquistati sul campo questa settimana.
L’Inter, infatti, ha vinto un’altra partita simile a una finale battendo l’Atalanta con una prestazione convincente e un’altra giornata magica per la coppia formata da Lautaro Martinez e Romelu Lukaku, entrambi in gol e praticamente imprendibili per la retroguardia di Gasperini. Si fermano, quindi, i bergamaschi ma anche la Roma, sconfitta a Firenze contro la Viola e con tanto di polemiche arbitrali. Il Lecce riesce nell’impresa salvezza e dopo una partita dalle mille emozioni. Non si può dire lo stesso di Spezia e Verona, ancora poco convincenti e incapaci di raggiungere tre punti fondamentali per mantenere la categoria. Ma ora entriamo nel vivo delle singole partite.
SAMPDORIA-SASSUOLO 2-2 – La prima partita della giornata, quella di venerdì sera vede una squadra già retrocessa, e tra i dubbi di un fallimento societari che hanno riguardato gran parte del campionato, contro gli emiliani che non hanno più grosse cose da chiedere a questa stagione. Proprio per questo, la partita è subito molto aperta e i gol non si fanno attendere fin dai primi scampoli del match. All’ottavo minuto arriva subito la rete del vantaggio e a realizzarla è Manolo Gabbiadini, probabilmente il migliore tra gli attaccanti a disposizione di Dejan Stankovic. È anche la giornata dell’addio di Fabio Quagliarella che termina la sua meravigliosa avventura in blucerchiato tra le lacrime di chi ha dato tutto e ha portato anche a grandi successi per il suo club. Un momento di commozione, uno tra i tanti che i padroni di casa ci stanno regalando negli ultimi anni, paradossalmente proprio quando la stagione era arrivata al punto di non ritorno, a una retrocessione che ormai era chiaro fosse inevitabile. Il pubblico, ad esempio, non ha mai mollato la squadra (gli ex vertici societari sì) e quel sostegno, quell’amore incondizionato sono sicuramente da esempio a chi il calcio non lo rispetta del tutto, almeno non segue i suoi valori.
Passa pochissimo, però, e la gioia dei padroni di casa si trasforma immediatamente in frustrazione. Domenico Berardi, infatti, fa ancora una volta centro e firma già al nono minuto la rete del pareggio. L’attaccante italiano potrebbe essere alla sua penultima partita con la maglia che ha ormai sposato, che l’ha portato alla ribalta e alla Nazionale, anche all’Europeo vinto agli ordini di Roberto Mancini e nelle rotazioni dei titolari. In estate, però, se dovesse arrivare l’offerta giusta per il suo club di appartenenza e per l’entourage del calciatore, nessuno potrebbe opporsi. E probabilmente è anche giusto così.
Dopo altri due minuti è già tempo di rimonta perché Matheus Henrique si fa trovare al posto giusto e al momento giusto per l’1-2. La partita, però, non è ancora finita e nel secondo tempo c’è spazio per una serie di sostituzioni e rotazioni. Al 78esimo arriva anche il pareggio e si tratta di un autogol, quello di Martin Erlic che fissa il punteggio di 2-2. Un risultato che di fatto non scontenta nessuno, se non chi era già deluso da una stagione maledetta e che ha portato la Serie B. Ovviamente ci stiamo riferendo alla Sampdoria, una squadra che ha una storia, una maglia iconica, una strada alle spalle che non può essere rimossa o dimenticata. Proprio per questo, a prescindere dal tifo di parte o contrario, ci farà specie non vedere quella magia in Serie A almeno per una stagione. Anche perché, con l’ormai certa risalita del Torino nella massima categorica italiana mancherà anche l’anno prossimo il derby della Lanterna, e non è uno spettacolo di cui si fa a meno a cuor leggero. Speriamo solo che sia da esempio per chi ancora deve fare i conti con l’instabilità societaria, che alla fine prevalga sempre il buon senso e il buon governo, non gli istinti di parte. E anche che l’astinenza sia tanto dolorosa quanto breve, per il bene di tutti.
Dall’altra parte, chi in Serie B non è andato neanche vicino a tornarci è proprio il Sassuolo. Di Berardi abbiamo detto sopra, anche senza dilungarci troppo e comunque non è il solo a rispecchiare una filosofia ormai talmente tanto rodata che va avanti da sé, ruotando gli uomini, gli allenatori, i calciatori e molto anche nell’interpretazione dei singoli ruoli. I neroverdi sono stati capaci in pochi anni di lanciare e poi perdere gente come Roberto De Zerbi, Jeremie Boga (quand’era per efficacia uno dei migliori dribblatori d’Europa), Gianluca Scamacca e Giacomo Raspadori, quest’ultimi senza troppi rimpianti e con tanti soldi a bilancio. Eppure, la macchina di Alessio Dionisi, pur con qualche adattamento in più, sembra comunque girare alla perfezione. I gol, gli assist, il talento e ancora quella magia che è infusa chiaramente nel destino di questo club fanno sì che la favola vada avanti ancora e non per poco. È questo il bello di costruire il futuro dalle fondamenta e poi andarselo a prendere nei fatti e senza rimpianti e il Sassuolo lo sa bene. Se lo ricorderà anche l’anno prossimo, ne siamo sicuri.
SALERNITANA-UDINESE 3-2 – I campani affrontano i bianconeri tra le mura amiche con la volontà di incrementare i punti in classifica e stupire ancora, ma l’Udinese non ha alcuna intenzione di fare sconti ai diretti avversari, nonostante in attacco i problemi non sia ancora finiti. Infatti, Beto non parte ancora una volta dal primo minuto e toglie per forza di cose peso offensivo alla squadra di Andrea Sottil. In effetti, nonostante i ragazzi di Paulo Sousa cerchino di fare la partita, gli acuti nel primo tempo sono degli ospiti e anche le reti decisivi. I friulani, infatti, dimostrano fin dai primi scampoli di partita di avere la solita impalcatura di gioco che ha messo in difficoltà anche le migliori squadre, o le più blasonate, del nostro campionato. Il pallone corre con grande velocità dall’esterno verso le vie centrali e quando arriva sulla trequarti salgono in cattedra i centrocampisti con la loro qualità e i loro inserimenti, riuscendo con pochi altri passaggi ad andare direttamente in porta.
A sbloccare la gara, infatti, è Zeegelaar che sfrutta l’assist di Sandi Lovric e al 25esimo realizza il vantaggio dopo alcune triangolazioni belle e ben congeniate che non lasciano scampo alla Salernitana. Passano solo cinque minuti ed è già tempo di raddoppio: Roberto Pereyra innesca Ilija Nestorovski, dopo aver condotto l’azione in maniera magistrale, e stavolta la punta non sbaglia, perché non può proprio farlo in spaccata e con la porta ormai spalancata. Lo 0-2 dopo solo trenta minuti sembra già una sentenza definitiva, ma non è affatto così, perché i campani non sono una squadra che molla o si può dare per battuta, sicuramente non si arrende ai gol subiti e non lesina rimonte che a un certo punto sembrano addirittura insperate.
La Salernitana, infatti, accorcia le distanze poco prima della fine del primo tempo e lo fa con una rete di Grigoris Kastanos che sfrutta l’assist di uno scatenato Antonio Candreva, almeno in questa parte di stagione. È una rete meravigliosa, un tiro a giro di mancino che toglie le ragnatele dall’incrocio dei pali e fa sognare ancora una volta il pubblico di vivere una giornata stupenda, anche quando si è messa male. Sogno che molto presto diventerà anche realtà. Il secondo tempo poi è un assolo totale dei campani che centrano ben presto quella rimonta che i supporters potevano solo sperare. Pasquale Mazzocchi si traveste da assist man, con un piccolo tocco su calcio su punizione, e l’esterno ex Inter e Lazio non sbaglia, trovando un altro gol pesante dopo quello contro la Roma. Visti i tanti minuti di recupero assegnati, c’è tempo anche per completare il ribaltone e al 96esimo, negli attimi finali di partita, è Trost-Ekong a firmare il gol partita, quello che porta a Salerno altri tre punti fondamentali per aumentare il bottino di una stagione tutto sommato positiva. Soprattutto dopo l’arrivo di Sousa in panchina. È l’ennesimo atto di una seconda parte di stagione stupenda per qualità e prestazioni, che ha ben presto cancellato le insidie di una retrocessione ingiusta e posto le basi per il futuro. Questo risultato comunque non ridimensiona le aspettative di un Udinese sfortunata e per lunghi tratti costretta a fare a meno di Gerard Deulofeu e anche di Beto. Il futuro sarà di nuovo loro, calciomercato permettendo, e alla fine tutto potrebbe essere più roseo, come a inizio anno, o meglio più bianconero.
SPEZIA-TORINO 0-4 – I liguri hanno la paura addosso, quella di fallire la permanenza nella massima categoria italiana e di beccare una retrocessione che sarebbe fallimentare per come si era messa la stagione a un certo punto. Il Torino, invece, ha bisogno di punti per credere nella Conference League, nel caso in cui la Juventus venisse totalmente estromessa dalle coppe europee. Ci si aspetta, quindi, una prestazione importante, molto importante da parte dei bianconeri, fatta di cattiveria, orgoglio e senso di appartenenza, anche di qualità perché quella non può mai mancare in tutti i successi nel calcio.
Queste caratteristiche ci sono, ma non le mette di certo lo Spezia, piuttosto il Torino. Fin da inizio partita, i liguri hanno veramente poche idee e non riescono a fare male ai granata che invece disputano una partita pressoché perfetta per tentare di raggiungere il massimo risultato. Al 24esimo, gli ospiti trovano subito la via del vantaggio e lo fanno con un autogol di Wisniewski, sfortunato e colpevole. Nel secondo tempo, però, la situazione precipita. Al 72esimo, Samuele Ricci spegne ogni velleità di rimonta dello Spezia con il 2-0. Quattro minuti dopo, ci pensa Ilic a blindare il risultato con il tris.
Dopo un gol annullato al solito M’Bala Nzola, c’è spazio anche per il 4-0 e lo realizza al 96esimo Yann Karamoh su assist di Antonio Sanabria. Finisce male, malissimo per lo Spezia, a cui ora rimangono solo 90 minuti per salvare una stagione che ora rischia di finire in maniera disastrosa.
Il match di sabato ha lasciato un retrogusto piuttosto amaro ai padroni di casa che puntano dritti a macinare i punti necessari per salvare la Serie A. La bassa espressione del gioco, siamo sinceri, si è scontrata con quella decisa, attenta e concentrata di un Torino che ha dimostrato ancora una volta e per l’ennesima volta di essere cinico e di saper fare male ogni volta che accelera veramente e alza il baricentro del suo centrocampo. Ecco, quello che fa ben sperare i granata per questa è la prossima stagione sono gli elementi che sono cresciuti e tantissimo nelle ultime settimane. Ricci e Ilic sono stati degli investimenti importanti per la società sotto il profilo economico e tecnico, ma agli ordini di Juric stanno diventando dei centrocampisti totali di quelli che abbinano corsa, rottura e poi la capacità di andare in gol negli ultimi metri e soprattutto al limite dell’area di rigore. A loro non manca nulla, come non manca nulla a Sanabria, un bomber che si è evoluto moltissimo nel determinare le partite e che ormai, anche quando non riesce ad andare in gol, trova almeno la via dell’assist. Il Torino avrà il vantaggio nella prossima stagione di avere già un assetto ben definito di squadra, di dover puntellare la rosa solo in alcuni dei suoi elementi e probabilmente non perderà neanche tanto sul calciomercato. Se poi alla fine dovesse arrivare anche la Conference League male non sarebbe, ma questo dipenderà tutto dal disegno finale della classifica e dalle questioni giudiziarie della Juventus, ad oggi impronosticabili.
Lo Spezia, invece, è destinato a giocarsi tutte le sue carte nell’ultimo match contro la Roma, che è vero avrà di mezzo la finale di Europa League e non ha più grandi obiettivi da portare a casa in questo campionato, ma che ha la necessità di chiudere al meglio il campionato e di non incassare altre sconfitte. I liguri dovranno puntare tutto su una difesa che deve tornare a brillare e soprattutto su Nzola, che anche contro il Torino, in una partita maledetta, era riuscito a trovare la via del gol, prima che il Var bloccasse la sua gioia. È vero, sarebbe servito a poco o nulla, ma fa capire quanto questo calciatore possa essere veramente letale se messo nelle condizioni di trascinare la squadra. E ora serve per davvero.
FIORENTINA-ROMA 2-1 – Con più di un pensiero alle due finali europee che attendono sia i Viola di Vincenzo Italiano, sia i giallorossi di José Mourinho, scendono in campo alle 18 di sabato, e all’Artemio Franchi di Firenze, la Fiorentina, ovvio, e la Roma.
Una vittoria cambierebbe di poco la classifica di entrambe, anche se gli ospiti con tre punti in più potrebbero ancora sognare un posto in Champions League che, in ogni caso, potrebbe arrivare anche vincendo la partita più importa di Europa League contro il Siviglia. E quindi, nella sfida a chi ci tiene di più, a sbloccare il risultato, al decimo minuto, ci pensa Stephan El Shaarawy su un cross in area di Ola Solbakken. La Roma ha più volte la possibilità di andare sul doppio vantaggio, ma non è abbastanza cinica, soprattutto con Andrea Belotti che nel minuto di recupero mette in serie difficoltà Michele Cerofili, che si supera ed evita la rete che potrebbe mettere ko i Viola, che riescono a trovare il pareggio solo all’85esimo con Luka Jovic su assist di Rolando Mandragora. Un gol a cui seguono tante polemiche, e che porta lo Special One a non presentarsi neanche in conferenza stampa dopo, perché l’ex Juventus commette un fallo in uno scontro aereo con il giovanissimo Filippo Missori.
Tra le polemiche, però, e soli tre minuti dopo, Jonathan Ikonè segna la rete del 2-1 con un tiro preciso che mette fuori giri Mile Svilar. Finisce così la partita che condanna la Roma al sesto posto e quindi a dover vincere per forza a Praga il 31 maggio per arrivare nella coppa dalle grandi orecchie, ma che fa anche affacciare la Fiorentina all’ottavo posto che, se la Juventus dovesse essere squalificata dalla Uefa, potrebbe significare il ritorno in Conference League per il prossimo anno, ma c’è comunque un’altra possibilità anche per lei per tornare in Europa, e dopo quella fallita contro l’Inter di mercoledì allo stadio Olimpico.
Nel commentare una partita del genere non si può non fare riferimento alle assenze che l’hanno caratterizzata in massa da una parte e dall’altra. In molti, pensavano che le seconde linee di entrambe avrebbero pareggiato i conti nell’ottica di una sorta di equilibrio che alla fine si sarebbe dovuto assestare in questo match. Effettivamente le cose non sono andate in maniera tanto diversa, con El Shaarawy che ha dimostrato quanto possa essere letale con i suoi inserimenti e Jovic che si è parzialmente riscattato dove gli errori in finale di Coppa Italia. A essere sinceri alla fine la Roma ha pagato qualche decisione arbitrale a sfavore, ma soprattutto l’inesperienza dei tanti giovani inseriti in partita nei suoi attimi finali.
Poco male per i giallorossi che, almeno via campionato, salutano definitivamente la qualificazione alla prossima Champions League, ma con l’aspettativa ancora più allettante di raggiungere il grande obiettivo portando in bacheca un altro trofeo, molto più importante di quello dello scorso anno. La Fiorentina, invece, acquisisce nuove consapevolezze sul suo gioco che non cambia a prescindere dagli elementi che la compongono, ma anche sulla sua fase difensiva che tra qualche giorno dovrà reggere l’urto di un West Ham determinato a portare la prima Conference League della storia in Inghilterra. In questo weekend sono state avversarie sul campo, ma la Viola e la Roma hanno un obiettivo comune: far gioire l’Italia intera quando conta di più in due finali che si preannunciano storiche per il nostro calcio. Soprattutto se dovessero finire nel migliore dei modi.
INTER-ATALANTA 3-2 – I nerazzurri, quelli di Milano, hanno ancora negli occhi il bellissimo impegno infrasettimanale che ha portato alla vittoria della Coppa Italia. Con un margine di solo un giorno e mezzo per preparare la partita, l’Inter sa di avere a disposizione un match point importantissimo per tentare di centrare con una giornata di anticipo la qualificazione alla prossima Champions League. Vincere aiuta a vincere e, quindi, Simone Inzaghi sceglie di non operare un turnover troppo aggressivo con la chiara intenzione di portare a casa il punto che serve per poi pensare con maggiore serenità al 10 giugno, a Istanbul, alla finale che attende la Beneamata.
La partita inizia subito con i migliori auspici. Lautaro Martinez lavora benissimo il pallone e lancia Romelu Lukaku che scarta il portiere avversario e senza problemi sblocca la partita dopo pochi secondi. Al terzo minuto, è già tempo di raddoppio con l’Inter che manovra alla grande e con il Toro che apre benissimo per Federico Dimarco che calcia in porta. Sugli sviluppi dell’azione arriva in corsa Nicolò Barella che è bravissimo a tenere basso il pallone e a insaccarlo sotto la traversa. Il 2-0 fa impazzire San Siro, anche in questo caso pieno e splendido, ma l’Atalanta, nonostante sia in netta difficoltà sotto il piano del gioco, trova il modo di accorciare le distanze. Sugli sviluppi da calcio piazzato, Mario Pasalic recupera il suo grande istinto per il gol e buca André Onana.
L’Inter non si scompone e nel secondo tempo continua a dominare la partita sotto il profilo del gioco. I nerazzurri sfruttano ancora una volta la profondità e trovano la maniera di andare in gol e firmare il tris. Stavolta, è Lukaku a venire basso e a trovare la corsa centrale di Marcelo Brozovic. Il croato serve un pallone dolcissimo a Lautaro Martinez che a porta spalancata non sbaglia. È il 3-1 che chiude i giochi e libera la corsa di Inzaghi per festeggiare con i suoi ragazzi. Proprio quando tutto sembra finito, nei minuti di recupero arriva anche il 3-2: Luis Muriel, dopo una punizione calciata sulla barriera, scarica un destro potentissimo che becca la traversa, rimbalza su Onana e finisce in porta. Poco male per l’Inter che con questo 3-2 è qualificata per la prossima Champions League.
Insomma, tutto è bene quel che finisce bene per i nerazzurri che in questa stagione hanno avuto tanto da recriminare con dodici sconfitte che non si vedevano da un pezzo nella sponda nerazzurra del Naviglio, ma che poi sono riusciti a rimediare con due mesi di alto livello in cui hanno portato a termine un meraviglioso percorso europeo, a prescindere da come finirà la finale contro il Manchester City e blindando il piazzamento per il prossimo anno. Non era facile la partita contro l’Atalanta, per nulla, eppure l’Inter è riuscita a esprimere un gioco a tratti stupendo, a partire dalla difesa fino ad arrivare al culmine dell’attacco che ora pare totalmente in forma e con una Lu-La che può fare paura veramente a tutti e non solo nei confini italiani.
Certo, i dilemmi da sciogliere non sono comunque pochi. Innanzitutto perché c’è da capire quale sarà la posizione finale della Beneamata in Serie A con qualche milioncino ancora in ballo e che non farebbe male al bilancio. Inzaghi dovrà anche capire quale sia la coppia d’attacco giusta per affrontare la squadra di Pep Guardiola, visto che un Lukaku così è veramente difficile da tenere fuori e sta recuperando settimana dopo settimana posizioni nelle gerarchie e a discapito di Edin Dzeko. Insomma, il meglio per l’Inter potrebbe ancora venire e sarebbe una notizia straordinaria per tutto il calcio italiano.
L’Atalanta, di contro, si lecca le ferite dopo un match in cui, soprattutto in difesa, poteva fare di più per arginare le bocche di fuoco dei padroni di casa. Poco male, perché comunque il ritorno in Europa è blindato e la prossima estate tante cose potrebbero cambiare, a partire dall’allenatore. Gasperini sembra arrivato al culmine della sua avventura a Bergamo e, perché no, dirsi addio ora con una qualificazione centrata sembra essere la scelta migliore. Un saluto tra le lacrime e i ringraziamenti, un po’ per il bene di tutti.
VERONA-EMPOLI 1-1 – I padroni di casa, assimilata la brutta sconfitta dello Spezia, hanno bisogno di tre punti fondamentali per la corsa salvezza. Il carico di tensione, però, è altissimo per i gialloblù che fin dai primi scampoli di partita non sembrano particolarmente tranquilli e brillanti dal punto di vista tecnico. Gli errori sono tanti da una parte e dall’altra, ma chi sembra poter creare più pericoli è paradossalmente l’Empoli, dato che ogni volta che Nicolò Cambiaghi entra in possesso del pallone è sempre difficile bloccarlo o contrastare i cross che scarica dalle corsie esterne.
Gli acuti del Verona, invece, sono ben pochi e sono affidati soprattutto a Cyril Ngonge che cerca di incunearsi nelle maglie della difesa avversaria e spesso è in posizione giusta per far male, anche se con poca precisione. È proprio il fantasista a innescare l’episodio che sblocca la partita: Ngonge tira con il mancino dalla distanza, la respinta di Guglielmo Vicario stavolta è sbagliata e ne approfitta subito Adolfo Gaich che sulla ribattuta non sbaglia e gonfia la rete scatenando l’esultanza folle di tutto lo stadio.
Il Verona, però, sbaglia e si chiude dietro con troppi elementi nonostante Salvatore Bocchetti indichi più volte ai suoi di alzare il suo baricentro. È così che l’Empoli concretizza i suoi sforzi con il gol dell’uno a uno. Stojanovic, il più pericoloso tra i suoi, arriva al tiro dalla destra, ma trova la sfortunata deviazione di Magnani che mette fuori gioco Montipò. È il gol che gela tutto lo stadio Marcantonio Bentegodi e che rimanda i discorsi salvezza all’ultima giornata, quella che deciderà chi scenderà nella serie cadetta tra Verona e Spezia.
Certo, per come è arrivato questo uno a uno, non può che far male a un’intera tifoseria che già pregustava una salvezza che a un certo punto sembrava totalmente insperata e lontana dall’essere agguantata. La speranza dei supporters gialloblù è che la delusione, la frustrazione di un gol subito nei minuti di recupero possa ben presto trasformarsi in speranza di fare meglio nell’ultimo impegno della stagione contro il Milan e regalarsi così la conferma in Serie A. Bisognerà sicuramente avere un po’ più di coraggio rispetto a quello che i ragazzi di Bocchetti hanno dimostrato nelle ultime uscite. Stare in difesa con quell’assetto così basso e facendo fatica a mantenere il possesso del pallone non sembra per nulla la via giusta per arrivare all’obiettivo sperato. Mai come adesso il calcio italiano sta dimostrando che la via del gioco, della proposta e della ricerca del gol sembra quella migliore per macinare punti e arrivare al successo ed è un dato che non può essere ignorato.
Bisognerà ripartire da Ngonge, che nell’ultimo match è stato la vera spina nel fianco della difesa dell’Empoli e ha creato un gran numero di occasioni da gol, ma anche da uno come Verdi che quando sta bene ha dimostrato di poter trascinare la squadra con le sue capacità balistiche e la possibilità di poter incidere in qualsiasi momento da azione da calcio piazzato, fattore che in partite così importanti non è affatto da sottovalutare. Insomma, c’è da ripartire da questi fattori, dal lavoro dell’attacco e degli esterni per non pensare che tutto sia già finito e con quel tiro sporco di Stojanovic. C’è una settimana per ripensarci e uscirne vincitori, anche con una mano da parte dello Spezia che, a questo punto, è semplicemente essenziale.
BOLOGNA-NAPOLI 2-2 – Davanti ai quasi 28mila del Renato Dall’Ara, andati a omaggiare per l’ultima volta in stagione una squadra come quella di Thiago Motta che ha saputo riprendersi dai momenti di difficoltà nel migliori dei modi, ci sono il Bologna, appunto, e il Napoli, campione d’Italia, che non vuole smettere di stupire e continuare a vincere. E infatti lo mettono in chiaro fin da subito gli uomini di Luciano Spalletti, lo mette in chiaro soprattutto colui il quale è riuscito più di tutti a trascinare la squadra a un traguardo che mancava da 33 anni sotto l’ombra del Vesuvio, quel Victor Osimhen che timbra il cartellino al 14esimo grazie anche a una papera di Lukasz Skorupski, e poi lo rifà anche al 54esimo su assist di Bartosz Bereszkynski, oggi in campo al posto del capitano Giovanni Di Lorenzo.
Si potrebbe concludere così la partita, ma i rossoblu ci tengono a fare bella figura davanti ai propri tifosi e prima accorciano le distanze, al 63esimo, con Lewis Ferguson che si trova al posto giusto al momento giusto, e poi completano la rimonta con Lorenzo De Silvestri che su cross di Nicola Sansone, all’88esimo, salta più di tutti e mette la palla dietro la porta difesa da Pierluigi Gollini. Al 91esimo, l’autore dell’assist del secondo gol per il Bologna, trova anche la gioia personale, ma è fuorigioco, e il punteggio rimane così, con due reti per parte, un punto pure e la sensazione che tutto l’anno prossimo potrebbe cambiare, oppure no.
Entrambe le squadre, praticamente con un tempo giocato al massimo per parte, hanno dimostrato perché sono due delle realtà migliori del campionato di Serie A. Partiamo dal Napoli, un club che con ogni probabilità saluterà il suo leader, il suo allenatore al termine di questa fantastica stagione, eppure continua a macinare calcio, con un gioco stupendo e con tutta l’intenzione di proseguire il suo progetto di crescita anche quando saranno altri a guidare la squadra. Di certo, non si può prescindere dalla presenza di Osimhen, la cui doppietta è stata frutto degli errori gravi della difesa del Bologna, ma anche del killer instinct che lo porterà a essere il capocannoniere tra una settimana. È così anche per Khvicha Kvaratskhelia, uno che negli ultimi due mesi ha allentato un po’ il suo peso offensivo, ma resta comunque una risorsa fondamentale per vincere le partite e deciderle con la sua qualità. Insomma, comunque andrà, Spalletti sa bene di lasciare al Napoli un’impalcatura moderna, definita e una via meravigliosa per il futuro.
Lo stesso si può dire per Thiago Motta che ora è molto più vicino a restare sulla panchina del Bologna rispetto a quanto non lo sia l’ex Inter e Roma. La sua squadra sta vivendo un periodo altalenante della sua stagione, ma nonostante tutto, la pericolosità offensiva non si attenua e anche il Napoli ne ha fatto le spese durante il finale di gara. Il recupero di Marko Arnautovic sicuramente aiuta, ma se si calcola che nel match dello stadio Renato Dall’Ara non c’era neanche Riccardo Orsolini squalificato, allora è facile capire quanti margini di miglioramento abbia ancora questo gruppo. E con quest’allenatore a dirigere le operazioni, qualsiasi sogno sembra alla portata. Insomma, arrivederci al prossimo anno tifosi rossoblù e le soddisfazioni potrebbero essere ancora di più stavolta.
MONZA-LECCE 0-1 – I brianzoli hanno ancora voglia di macinare punti per tentare di agguantare un posto in Conference League, nel caso in cui la Juventus fosse totalmente esclusa dalle coppe europee. Allo stesso tempo, gli ospiti hanno sicuramente bisogno di punti fondamentali per restare in Serie A. I pugliesi, infatti, visti i risultati di Spezia e Verona, hanno la grande opportunità di chiudere i giochi e di conquistarsi la presenza nella massima serie anche per la prossima stagione.
Il tutto porta a un carico di tensione non indifferente, ma soprattutto alla necessità di non sbottonarsi troppo, soprattutto per gli ospiti, per tentare di portare a casa il bottino grosso e quella manciata di punti che mancano per gioire definitivamente. I ragazzi di Raffaele Palladino, in realtà, non trovano le solite trame di gioco e gli spazi per fare male ai diretti avversari. La fase offensiva arriva anche ad avere delle situazioni importanti per passare in vantaggio, ma alla fine a prevalere è sempre la difesa del Lecce che stavolta ci mette la cattiveria giusta per portare a casa almeno un pareggio.
La partita, però, ha una chiave di volta all’84esimo quando Christian Gytkjaer ha a disposizione un calcio di rigore per portare i suoi in vantaggio e tenere in apprensione i giallorossi. Però, nel duello mentale dagli undici metri prevale Falcone e il punteggio resta sullo 0-0. La partita sembra incanalarsi su questo punteggio a reti bianche, ma la gioia incontenibile degli ospiti si scatena al 101esimo quando Lorenzo Colombo si presenta dal dischetto e gonfia la rete decretando di fatto il successo dei suoi. Sono tre punti pesantissimi, i più importanti della stagione del Lecce che, a questo punto, è salvo. E, da un certo punto della stagione in poi, non sembrava affatto scontato.
Nel match dell’U-Power Stadium abbiamo visto tutto il bello del calcio: le emozioni, i ribaltoni, i furiosi festeggiamenti al fischio finale che questa volta è coinciso anche con un calcio di rigore, il che ha conferito ancora più gioia alla corsa pazza di tutti gli ospiti verso il centro del campo e poi verso la loro curva. Sì, almeno questa volta, quella dei ragazzi di Baroni è stata una vera e propria impresa, che si è articolata attraverso un gruppo che non è sempre è stato continuo, anzi nella seconda parte di stagione quasi mai, eppure non ha mai perso l’unità di intenti e le certezze del proprio gioco.
La scelta di mandare sul dischetto un talento giovanissimo come Colombo è la prova che nel calcio si può vincere anche senza puntare sull’usato sicuro. Si può rischiare, ribaltare gli stereotipi e alla fine restarci bene. È bella la storia del Lecce, nonostante i suoi tifosi a volte abbiano ceduto alla tentazione di fischiare dopo le tante sconfitte consecutive. Nonostante lo stato di forma della squadra sembrasse a un certo punto talmente basso da farla tornare a lottare per una salvezza che pareva scontata. Nel gioco più bello del mondo si può vincere, perdere e alla fine esultare, dovremmo abituarci ed è giusto così. L’importante è che non si perda l’amore, perché è solo da lì che possono nascere i successi più belli.
LAZIO-CREMONESE 2-2 – Una Lazio già qualificata in Champions League ospita in uno stadio Olimpico sold out, in festa e quasi interamente bianco e celeste una Cremonese che, invece, la scorsa settimana è stata matematicamente retrocessa in Serie B. Prima di parlare della partita, che gli uomini di Sarri hanno dominato da subito, trovando tra l’altro anche una squadra messa in campo per essere punita (quasi), ma poi ha buttato parzialmente alle ortiche, c’è da raccontare il pre, perché i tifosi dei capitolini avevano tanto da celebrare: il raggiungimento della coppa dalle grandi orecchie, certo, ma anche i dieci anni da quella Coppa Italia vinta contro la Roma, e infatti c’è stata anche una passerella per tutti quegli eroi che hanno reso possibile quel traguardo storico, e l’ultima partita davanti al pubblico di fede biancoceleste per Stefan Radu, il giocatore più presente nella storia della Lazio, da 15 anni con l’aquila sul petto.
Poi si, il campo, il match reso ancora più spettacolare dai cori e dai colori, e il gol subito, al terzo minuto, di Elseid Hysaj, il primo in stagione, arrivato dopo un’apertura di Luis Alberto e il tocco del capitano Ciro Immobile. Un’azione da scuola di tattica che rispecchia alla perfezione di intenti di gioco di un allenatore come Sarri che quel movimento l’avrà fatto provare in maniera ossessiva ai suoi ragazzi in allenamento. È anche un viatico per il futuro, perché, a meno di rotture clamorose, l’ex Empoli, Napoli e Juventus l’anno prossimo sarà ancora su quella panchina, magari con qualche calciatore e qualche quattrino in più da spendere.
Di occasioni, poi, i biancocelesti ne creano tante altre, anche a venire, ma la più ghiotta arriva sui piedi Frank Tsadjout, che però spara al lato della porta difesa da Ivan Provedel. Il brivido arriva al 23esimo e si capisce che qualcosa deve cambiare. La Lazio continua ad attaccare con Manuel Lazzari che prova a sfondare sulla fascia destra, ma non punge mai troppo. Ci riesce, però, Sergej Milinkovic-Savic al 37esimo arrivando con il destro su una punizione di Pedro. Il gol del serbo, il cui futuro a Roma il prossimo anno non è così scontato, segna anche la fine del primo tempo.
Alla ripresa, la squadra del tecnico toscano sembra essere rimasta negli spogliatoi: al 54esimo, una bellissima rete di Pablo Galdames permette agli uomini di Davide Ballardini di accorciare le distanze, poi ci pensa Lazzari a pareggiare i conti, regalando un gol alla Cremonese che gela i più di 64mila dell’Olimpico. Il terzino devia di testa verso la sua porta un cross che sembrava lento e innocuo: il suo maldestro intervento porta la sfera a baciare il palo e poi finisce clamorosamente in porta, firmando l’ennesimo autogol di questa giornata di Serie A.
La Lazio torna a prendere coraggio, o meglio non si perde d’animo, e ci prova con Immobile, e sempre con Milinkovic. Il gol del 3-2 che chiude definitivamente i conti arriva poi su un calcio d’angolo di Luis Alberto in cui è ancora una volta il serbo ad arrivarci di testa e ad appoggiare facilmente e rendere meno amara una festa che prosegue ancora con l’omaggio al rumeno, che entra in campo poco dopo e riceve anche la fascia dal capitano biancoceleste. Certo, l’intervento di Sarr in uscita è sbagliato, fin troppo per non considerarlo un errore da matita blu, ma il serbo si fa trovare ancora una volta al posto giusto e al momento giusto, firmando probabilmente l’ultima vittoria davanti ai propri tifosi con una maglia che ha amato e che l’ha contraccambiato totalmente. La squadra di Sarri, che viene anche espulso nel finale per aver usato dei termini poco carini nei confronti del direttore di gara, è seconda e quei tifosi, dopo 15 anni, potranno tornare ad ascoltare la musichetta più bella che ci sia. Per la Cremonese resta la gloria sfiorata dopo una stagione di luci e tante ombre, e chissà che il prossimo anno non si possa tornare in questi palcoscenici importanti.
JUVENTUS-MILAN 0-1 – La ciliegina sulla torta di questa 37esima giornata è un Juventus-Milan che potrebbe regalare qualche speranza ai bianconeri di Massimiliano Allegri di tornare in Champions League nonostante i dieci punti di penalizzazione, ma che ne potrebbe dare molte di più ai campioni d’Italia in carica (almeno fino alla prossima settimana) di tornarci in quella coppa dalle grandi orecchie.
Certo, la preparazione della partita è molto più tormentata per la Vecchia Signora rispetto alla squadra di Pioli. I motivi sono diversi: la squadra di casa in pochi giorni ha visto concludersi in semifinale il suo percorso in Europa League, visto che alla fine è passato il Siviglia ai tempi supplementari. Poi è arrivato anche un ko importante contro l’Empoli, un 4-1 pochi minuti dopo aver assimilato la nuova penalizzazione in classifica da dieci punti. In realtà, il margine per entrare nella massima competizione europea c’era ancora, totalizzando tre vittorie nelle ultime tre partite. È chiaro che la squadra, però, non abbia retto sotto il profilo psicologico il carico di affrontare la stagione con questo circolo giudiziario in continua evoluzione ed è anche comprensibile che si sia liquefatta dopo la sconfitta di Siviglia, forse anche naturale.
Fatto sta che i tifosi si aspettavano di più e il match contro il Milan suona come l’ennesima chiamata alle armi per concedersi un’ulteriore chance di salvare la stagione. Forse è anche per questo che Allegri opta per un 3-4-3 un po’ più spregiudicato con Angel Di Maria e Federico Chiesa in campo contemporaneamente dal primo minuto e con Moise Kean, per tentare subito di aggredire la partita e cercare almeno di dare un volto spettacolare al match, soprattutto di mettere in apprensione i diretti rivali. Il Milan, invece, scende in campo con la formazione migliore e con l’intenzione di chiudere subito il discorso Champions League, senza aspettare un’ultima giornata che potrebbe essere thrilling contro un Verona ancora motivato e forse anche più dei rossoneri.
La partita, in realtà, almeno in avvio è più a marchio bianconero. I ragazzi di Allegri si limitano a qualche tentativo dalla distanza, soprattutto con Juan Cuadrado che accentrandosi crea qualche apprensione a Theo Hernandez facendo saltare la marcatura diretta sul colombiano. Sulla sua strada l’ex Fiorentina e Lecce trova un Mike Maignan sempre concentrato e di fatto insuperabile. La gara, quindi, un po’ come da previsioni iniziali risulta piuttosto bloccata e con entrambe le squadre che fanno grande fatica a trovare gli spazi giusti per fare male e a vincere i duelli per andare in gol. L’equilibrio, però, si rompe al 40esimo quando Davide Calabria scende sulla fascia destra e mette al centro un cross a scavalcare il centrale per Olivier Giroud. L’attaccante francese trova un colpo di testa straordinario in arretramento che finisce dritto all’angolino diventando imprendibile per Wojciech Szczesny. Il marchio della partita sul francese è una manna dal cielo per gli ospiti che ora possono rallentare ulteriormente la partita e controllare il risultato nella ripresa, magari anche con qualche contropiede al veleno di Rafael Leao.
Il portoghese, in realtà, non è in serata di grazia e raramente riesce a fare male ai diretti avversari. Neanche Chiesa e Di Maria, però, entrano mai in partita e, anzi, l’argentino fallisce anche un’occasione parecchio ghiotta, sempre su assist di Cuadrado, sparando il suo mancino alto sopra la traversa. Allegri lo sostituisce nel secondo tempo e, alla sua ultima all’Allianz Stadium, il pubblico lo sommerge di fischi. Non una bella immagine per lasciare bene, ma che certifica come la sua avventura a Torino sia ormai ai titoli di coda, nonostante il decreto crescita possa aiutare la Juventus a pagare molto meno il suo ingaggio alla seconda stagione.
Alla fine la partita si spegne senza troppe occasioni da una parte e dall’altra: la spunta di corto muso il Milan, e con una settimana d’anticipo sulla tabella di marcia. È stato bello crederci per la Vecchia Signora, ma fattori extra campo (e neanche così tanto) hanno inciso parecchio in stagione, e questo è il risultato. I rossoneri ora possono esultare, liberarsi delle pressioni e pensare già alla prossima stagione, che sarà ancora nella massima competizione, e molto probabilmente con Pioli in panchina. Perché, è vero, lo scudetto non è stato difeso, ma una semifinale di Champions League non può essere cancellata. E accontentarsi a volte fa stare anche meglio e fa pensare con maggiore serenità al futuro.
Tutto quello che vi abbiamo raccontato ha delle conseguenze evidenti sulla classifica e sempre più definitive. La corsa per la Champions League, quest’anno particolarmente accesa e incerta si è trasformata in una lotta per il secondo e terzo posto. Se la prima riguarda ormai solo Lazio e Inter, con i biancocelesti particolarmente favoriti, l’altra è ancora una volta una questione tra milanesi, ma ci sono ancora novanta minuti per decidere il futuro e ormai si tratta di dettagli.
L’unico vero verdetto è quello per la salvezza: con Sampdoria e Cremonese già retrocesse, Verona e Spezia si giocano l’ultimo posto rimasto per la Serie A. Se i veneti sono attesi dalla prova contro il Milan, non va meglio ai liguri che se la vedranno con la Roma pochi giorni dopo la finale di Europa League. Insomma, c’è da tenere le antenne dritte per capire come finirà e i pronostici sono pronti a essere smentiti. Di seguito la classifica completa, su cui pesa ancora ovviamente la penalizzazione da dieci punti decisa per la Juventus che altrimenti sarebbe qualificata per la prossima Champions League.
Napoli 87 punti
Lazio 71
Inter 69
Milan 67
Atalanta 61
Roma 60
Juventus 59*
Torino 53
Fiorentina 53
Monza 52
Bologna 51U
Udinese 46
Sassuolo 45
Empoli 43
Salernitana 42
Lecce 36
Spezia 31
Verona 31
Cremonese 24
Sampdoria 19
*Penalizzata di 10 punti
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