Il campionato di Serie A è tornato il 4 gennaio dopo uno stop di 52 giorni, con lui sono tornati per le squadre anche gli altri impegni, uno su tutti la Coppa Italia, la cui fase finale, gli ottavi, sono stati inaugurati dalla detentrice del titolo, l’Inter, contro il Parma proprio martedì, alle 21 a San Siro. Gli uomini di Simone Inzaghi, dopo essere passati in svantaggio, sono riusciti a ribaltare la partita ai tempi supplementari grazie al primo gol (ufficiale) di Francesco Acerbi con la maglia nerazzurra.
I tempi supplementari, poi, sempre nella Scala del calcio, hanno condannato i cugini del Milan, che hanno perso (anche nel torneo nazionale) contro il Torino di Ivan Juric che ai quarti affronterà la Fiorentina di Vincenzo Italiano che, a sua volta, ha battuto la Sampdoria di Dejan Stankovic. Bene la Roma che nel secondo tempo è riuscita ad andare in gol con Paulo Dybala e battere il Genoa. La prossima settimana, martedì e giovedì, scenderanno in campo il Napoli e la Cremonese, l’Atalanta e lo Spezia, la Lazio e il Bologna e la Juventus e il Monza.
Le prime quattro partite della fase finale della Coppa Italia, gli ottavi, ci hanno restituito un importante verdetto, una sentenza che non lascia scampo ai campioni d’Italia del Milan che, pur avendo aggredito per tutta la partita e oltre il Torino di Ivan Juric, hanno dovuto salutare il torneo alla prima vera sfida. È andata meglio ai cugini dell’Inter – che incontreranno mercoledì per la Supercoppa italiana a Riad, in Arabia Saudita – che alla fine l’hanno spuntata contro il Parma di un eterno Gianluigi Buffon, ancora decisivo e anche a quasi 45 anni.
Alla Fiorentina, la prossima avversario dei granata, è bastato, invece, un gol di Antonin Barak per rispedire a casa la Sampdoria di Dejan Stankovic, più o meno la stessa sorte a cui la Roma di José Mourinho, con il campione del mondo, Paulo Dybala, ha condannato l’altra squadra di Genova. Vediamo insieme come sono andate le partite.
INTER-PARMA 2-1 – Mettiamo subito le mani avanti, sì, Buffon. Sì, perché anche in club di Serie B, il suo club di Serie B, e che in teoria dovrebbe fare da vittima sacrificale in Coppa Italia quando si incontrano certe squadre, il portiere ex Juventus e Italia, a 44 anni suonati, quasi 45, ha rubato la scena mostrando ancora una volta un talento raro da incontrare nel mondo del calcio. E, quindi, ha dimostrato ancora una volta come persone e personaggi del genere possano vincere l’eterna lotta con l’età che avanza e una carta d’identità che non lascia scampo.
Dopo aver puntualizzato quello che probabilmente più contava per chi ama il calcio e la storia, a prescindere dalle bandiere, arriviamo al punto che più importa per il tabellone e la competizione: il passaggio del turno. E, in questo caso, oltre i facili pronostici che davano l’Inter per vincente sicura e senza neanche faticare troppo, la partita c’è stata ed è stata vera, fino ai tempi supplementari che hanno decretato i nerazzurri come coloro che hanno strappato il pass per i quarti di finali. Da pazzi, che ormai un marchio tornato vivo dopo la razionalità delle vittorie da favoriti, ma quelle ormai risalgono ai tempi di Antonio Conte.
Invece, con Simone Inzaghi quel brivido è tornato a correre lungo la schiena, un po’ perché la fase difensiva non è ancora registrata, un po’ perché la squadra ha ancora problemi nella doppia fase, lasciando troppi spazi agli avversari. E, quindi, anche un Parma che, di certo, non sta ammazzando il campionato cadetto è finito per dare problemi, anche per estrema bravura degli emiliani e bisogna dargliene atto. All’inizio già qualche avvisaglia era arrivata, anche perché l’Inter aveva veramente tanti assenti.
I nerazzurri si presentano al match senza Romelu Lukaku, ma purtroppo non è una novità nei mesi maledetti che sta vivendo il belga. E poi nella lista degli infortunati ci sono anche Nicolò Barella e Hakan Calhanoglu, reduci dai problemi muscolari del match contro il Verona che tante preoccupazioni hanno dato nei giorni precedenti. E che comunque danno priorità alla presenza nella finale di Supercoppa italiana contro il Milan del 18 gennaio, dicevamo, un appuntamento di quelli che può svoltare una stagione o relegarla del tutto nel binario degli insoddisfatti.
Inzaghi schiera, quindi, un centrocampo inedito con Krstjan Asllani come perno basso e ai suoi lati il redivivo Roberto Gagliardini e il solito Henrikh Mkhitaryan, da prima alternativa a indispensabile per portare qualità nel cuore della squadra. E le difficoltà si vedono subito con il Parma che riesce a infilarsi tra le linee dei nerazzurri creando spesso il panico, anche perché la presentazione di Danilo D’Ambrosio è scricchiolante dopo tante settimane passate a scaldare la panchina. Al ventiseiesimo, però, arriva un episodio che cambia la partita per gli ospiti: Denis Man, dopo aver seminato un po’ di paura nella difesa di Inzaghi, si fa male e viene sostituito da Stanko Juric. Una scelta obbligata che, dopo qualche occasione importante per l’Inter, paga i suoi dividenti: il calciatore gialloblù trova un destro meraviglioso al 38esimo che finisce dritto sotto l’incrocio dei pali alla destra di André Onana. Incredibile a San Siro: il Parma è avanti 0-1 e, dopo il pareggio in extremis del Monza a Monza, non poteva esserci notizia peggiore per l’Inter e per i 40mila arrivati allo stadio per sostenere la Beneamata.
A inizio ripresa, il tecnico ex Lazio cerca di far cambiare sinfonia ai suoi e soprattutto di non stonare più. La squadra cerca di ritrovare le sue trame di gioco, ma pare sparare un po’ a salve, anche perché di fronte c’è un Parma arcigno, che apprezza la fase difensiva e sembra quasi godere nella sofferenza con Buffon in grande spolvero e autore di un paio di interventi da fenomeno assoluto. È il momento di qualche sostituzione: dentro Raoul Bellanova al posto di un Denzel Dumfries ancora insufficiente, Federico Dimarco al posto di Alessandro Bastoni e poi Edin Dzeko in luogo di un Mkhitaryan un po’ pasticcione.
Ne esce subito qualche occasione, soprattutto perché l’ex Cagliari punta forte gli avversari sulla fascia destra e mette anche al centro dei cross interessanti, anche se con qualche pecca tecnica. L’incubo si rompe nei minuti finali, quando Lautaro Martinez spezza la maledizione con un destro deviato che si insacca sotto l’incrocio dei pali, stavolta imparabile per Buffon. Uno a uno e palla al centro che l’Inter è ancora viva. Si va ai tempi supplementari e con un’incertezza di fondo che è difficile non avere dentro, visto quanto i novanta minuti più recupero hanno messo in luce.
Lì ci pensa Francesco Acerbi, un po’ come Andrea Ranocchia un anno fa contro l’Empoli, a risolvere le cose. L’ex Lazio con uno strano colpo di testa dalla distanza sorprende Buffon e gonfia la rete per l’1-2 che mette a posto le cose. Il lieto fine, almeno per il momento, arriva per l’Inter, anche se resta negli occhi l’ottima prestazione del Parma, capace stavolta di stupire con i più grandi. Il retrogusto amaro, però, non si cancella per i nerazzurri: bisogna risolvere ancora diversi problemi per arrivare al meglio alla Supercoppa contro il Milan, ma non è semplice come scriverlo. E combattendo quella pazzia che l’epilogo definisce meravigliosa o il suo esatto opposto.
MILAN-TORINO 0-1 – Se Sparta piagnucola, resiste e porta a casa la vittoria, Atene va in crisi. Sì, questo Milan non lo riconosciamo proprio e i motivi sono diversi. Molti imputano alla dirigenza dei rossoneri un calciomercato che non ha dato i frutti sperati. Soprattutto c’è la sensazione che qualcosa si sia rotto, non tanto nella carica dell’ambiente, ma nella condizione fisica di alcuni calciatori essenziali per il gruppo, a partire da Olivier Giroud, reduce dalle fatiche mondiali e dal secondo posto con la Francia.
Senza punta la squadra non gira e questo è un dato di fatto che il calcio ci ha insegnato fin troppe volte per ignorarlo. Proprio per questo, molti tifosi nelle ultime ore stanno invocando il ritorno di Zlatan Ibrahimovic. È inutile rimarcare le indicazioni che dà la carta d’identità, ma la carica emotiva, l’ambizione e l’esperienza dello svedese sono stati fondamentali nel progetto di Stefano Pioli, culminato in uno scudetto ancora caldo per i milanesi e che si è poggiato sulla crescita dei giovani, da Rafael Leao a Sandro Tonali. L’assenza forzata dell’ex Ajax, Inter e Barcellona è estremamente complicata per il gruppo, dagli allenamenti al livello di attenzione in campo. Ibra è uno di quei rari calciatori che non solo si motiva da solo, ma trascina anche tutto il gruppo e lo fa per inclinazione naturale.
Intanto, la punta è tornata ad allenarsi a Milanello, tra qualche settimana lo rivedremo anche in campo, lui spera per l’andata degli ottavi di finale della Champions League, che per lui ha sempre un sapore speciale. Forse un po’ per tutti. E comunque, tornando a ieri e a quanto successo tra Milan e Torino, c’è da dire subito che i campioni d’Italia in carica hanno deluso, ma di fronte avevano una squadra tosta, organizzata e che ama far giocare male gli avversari. È un po’ il marchio di Juric che fa dell’aggressività e del ritmo il suo marchio di fabbrica e lo infila tutto nelle sue squadre.
A partire meglio, sono proprio i piemontesi che hanno subito una grande occasione da gol neutralizzata da Ciprian Tatarusanu. Il Milan reagisce e prova a imporre il suo gioco alla partita con alterne fortune. Mancano tanti titolari ai rossoneri, dato che Pioli ha applicato un turnover strategico e rigoroso dopo la Roma e in vista dei prossimi – tanti – impegni. I risultati si vedono tutti e non sono buoni. Innanzitutto, per la fase offensiva che mettono in atto i campioni d’Italia. Charles De Ketelaere viene schierato da falso nove, un po’ perché l’allenatore ha delle necessità diverse sulla trequarti, un po’ per far sbloccare un talento su cui la società ha investito tanto anche dal punto di vista economico e sembra un corpo estraneo nelle dinamiche rossonere.
L’ex Bruges parte anche con un bel po’ di volontà. Qualche corsa in più, affondi profondi, pressing costante sull’avversario: tutti segni di volersi finalmente smuovere e integrarsi dopo mesi bui dal suo arrivo in Italia. E proprio sulla testa del belga capita la migliore occasione da gol del Milan durante il primo tempo. Tonali batte un bel calcio d’angolo dalla sinistra e il trequartista arrivato ad agosto anticipa di testa sul primo palo, incrociando verso la direzione opposta. Il palo, però, salva un Vanja Milinkovic-Savic che non avrebbe potuto farci nulla sul tentativo dell’avversario. Insomma, tra un brivido e l’altro il primo tempo finisce 0-0, ma ancora con la sensazione che il Milan alla fine possa farcela, con un po’ di fatica.
Durante il secondo tempo, le cose non cambiano. I ritmi restano piuttosto altalenanti e tendenti al basso, mentre il Torino si adegua alla partita e chiude ogni buco possibile nella sua metà campo. Entrano anche i big da Leao a Bennacer, Giroud e Theo Hernandez. Proprio il francese sembra il più in palla tra tutti, mettendo in mostra un paio di discese delle sue, ma non riesce comunque a trovare la via del gol. Poi l’evento che sembra poter cambiare la partita: Koffi Djidji viene espulso per doppia ammonizione. Il Milan forza e cerca il vantaggio, ma sale in cattedra Milinkovic-Savic. Il serbo neutralizza praticamente qualsiasi tentativo costruito dai padroni di casa. Abbassa la saracinesca e non fa passare nessuno, conducendo i suoi fino ai tempi supplementari.
Lì Pioli forza la mano, cercando di far finire le ostilità il prima possibile. Sbilancia la squadra e va a caccia di un 1-0 che basterebbe per staccare il pass per il turno successivo. In realtà, così lascia spazio al Torino di Juric che intanto ha inserito diverse forze fresche e ha comunque giocatori di qualità. È così che al 114esimo Sasa Lukic domina il centrocampo e si inventa un assist stupendo per Bryan Bayeye che corre sulla destra e confeziona un assist perfetto per Michel Adopo che deve solo spingerla in porta. Zero a uno e San Siro gelato a una settimana esatta dalla sfida di Supercoppa contro l’Inter.
Il Milan si lancia con tutte le forze rimaste nella metà campo avversaria, ma ricava soltanto un po’ di nervosismo mixato all’esuberanza di un Toro profumato di impresa. I rossoneri si aggrappano alla qualità e alla verve agonistica di Tonali e Leao, ma non c’è nulla da fare: il Torino porta a casa una qualificazione che potrebbe essere storica e i rossoneri, che la stessa sera vengono spediti in ritiro, devono fare i conti con la prima grossa delusione della stagione. Che, dopo il pareggio rumoroso per 2-2 contro la Roma, ci sia il fantasma della crisi? Si gioca ogni tre giorni e la fortuna è poter presto rimettersi alla prova, anche se resta la sensazione che l’Inter, nel match del 18 gennaio, rappresenti un bivio decisivo per tutto l’anno.
FIORENTINA-SAMPDORIA 1-0 – La giornata di Coppa Italia di giovedì inizia con un match che ha un retrogusto di delusione. Fiorentina e Sampdoria hanno avuto diversi problemi nella prima parte dell’anno e sono indietro rispetto agli obiettivi prefissati. La Viola, infatti, sembrava una delle principali candidate a sorpresa del campionato. I toscani, è vero, hanno perso Dusan Vlahovic lo scorso gennaio e da allora qualcosa si è rotto negli equilibri offensivi della squadra. I ragazzi di Vincenzo Italiano continuano a macinare gioco, per carità, ma sembra mancare chi la butta dentro. Arthur Cabral fa fatica a adattarsi al nostro campionato, mentre Luka Jovic non ha dato, almeno fino a adesso, il contributo atteso. E parallelamente la difesa uomo contro uomo, moderna e spregiudicata, allenata dall’ex Verona e Padova ha iniziato un po’ a scricchiolare e a subire un po’ troppo. Sicuramente poi, per tornare al reparto avanzato, la prolungata assenza di Nico Gonzalez, probabilmente il calciatore con maggiore qualità dell’intera squadra, è stata difficile da assorbire. La Fiorentina sembra comunque in decisa crescita sotto il profilo delle prestazioni e dei risultati, nella speranza che possa essere un buon viatico anche per il percorso in Conference League.
Dall’altra parte c’era una Sampdoria che ha avuto alle spalle un caos societario e qualche incertezza sul calciomercato che ora è difficile da contrastare. Infatti, i blucerchiati, nonostante l’arrivo di Stankovic, non hanno mai veramente cambiato marcia e risiedono ancora nei bassi fondi della classifica, senza riuscire a schiodarsi da una retrocessione che più che uno spettro sembra una realtà da cui è difficile scappare.
La Coppa Italia si presenta, quindi, per entrambe come una via di fuga dagli scalini del campionato e anche come un’opportunità per ribaltare una stagione in partenza maledetta. Una chance unica, anche perché ieri sera il Milan è stato eliminato dal Torino e l’accesso alla semifinale ora pare molto meno difficile. In campo, entrambe si presentano con la determinazione delle ultime occasioni, come chi vuole aggrapparsi agli ultimi granelli di speranza verso il successo. La partita la fa fin da subito la Fiorentina con tutta l’intenzione di far valere la sua superiorità tecnica. Invece, gli ospiti hanno dimostrato di avere dentro i valori tipici di Stankovic, dalla grinta a quell’istinto che porta chi è in campo a non mollare mai.
La partita, però, ben presto si sblocca e grazie a un super gol. Al 25esimo, Antonin Barak dimostra di non aver perso l’istinto per il gol mostrato nelle scorse stagioni a Verona. Con una sorta di volée di mancino scarica un bolide imparabile che porta le esultanze dell’1-0. La partita, dunque, si mette in discesa per i padroni di casa che al 38esimo vanno anche a un passo dal raddoppio: il gol di Jovic, però, viene annullato per fuorigioco. Stankovic non ci sta e si presenta alla ripresa con un paio di sostituzioni immediate: Tommaso Augello entra al posto di Valerio Verre, mentre Sam Lammers – subito integrato nelle dinamiche dei liguri – entra in partita al posto di Daniele Montevago.
Il secondo tempo, però scorre liscio e senza troppi acuti fino al 93esimo, quando le velleità della Sampdoria vengono cancellate anche dall’espulsione dell’ex Inter Jeison Murillo. Finisce 1-0 con la Fiorentina che supera il turno e affronterà il Torino nei quarti di finale di Coppa Italia. Per alimentare un sogno che vuol dire anche riscatto.
ROMA-GENOA 1-0 – Il 2023, al momento, ci ha regalato una nuova Roma, per lo meno nei risultati. Perché se dal punto di vista del gioco la squadra di José Mourinho non ha ancora trovato la sua dimensione più brillante, le vittorie (o i pareggi inaspettati), be’, quello sì e anche contro il Genoa, terzo in classifica in Serie B, arrivato nella Capitale con le migliori intenzioni, anche considerando quello che aveva già dimostrato il Parma a Milano.
Il portoghese ci tiene, e infatti a parte qualche giovane come Edoardo Bove, Marash Kumbulla a guidare la difesa al posto di Chris Smalling e Tammy Abraham tornato al centro dell’attacco, esattamente come l’anno scorso, la formazione somiglia a quella delle migliori occasioni se non fosse per il fatto che Paulo Dybala, il campione del mondo, siede comodamente in panchina.
Non per molto, però, perché al 46esimo, dopo pochissime occasioni create dai padroni di casa, ma anche una traversa colpita da Lorenzo Pellegrini, entra proprio al suo posto e cambia l’inerzia del match. Il capitano, infatti, deve abbandonare il campo per un problema al flessore della coscia destra per cui rischia anche di saltare la partita contro la Fiorentina.
Ci prova prima al 52esimo, ma Josep Martinez gli nega la gioia del gol, ci ritenta dodici minuti dopo e non sbaglia, anzi. Dopo un’azione personale, la Joya entra in area e con un bel tiro spiazza il portiere rossoblu, sicuramente tra i migliori in campo per la formazione di Alberto Gilardino, un altro campione del mondo.
E basta questo, ai giallorossi, per passare comodamente al turno successivo, esattamente come fatto in Europa League. Quella volta fu contro ogni pronostico, quasi, stavolta con un colpo del maestro da maestro, per cui lo Special One non può fare altro che ringraziare il suo presidente per averlo portato a Roma.
La prossima settimana, solo martedì e giovedì, si tornerà in campo per gli ottavi di finale di Coppa Italia in primis con la capolista del nostro campionato, il Napoli di Luciano Spalletti, che sfiderà il fanalino di coda della Serie A, la Cremonese di Massimiliano Alvini (forse ancora per poco alla guida dei lombardi).
Alle 15, del 19 gennaio, poi sarà il turno dell’Atalanta di Gian Piero Gasperini contro lo Spezia di Luca Gotti, che già ha creato qualche grattacapo ai bergamaschi al rientro dalla lunga sosta per i Mondiali. Alle 18, ancora, la Lazio di Maurizio Sarri, allo stadio Olimpico di Roma, incontrerà il Bologna di Thiago Motta in una sfida dall’alto contenuto emozionale considerato che le due squadre hanno avuto un legame molto profondo con Sinisa Mihajlovic e che, di fatto, l’ultima volta che si sono sfidate c’era proprio il tecnico serbo, scomparso a metà dicembre, sulla panchina dei felsinei.
Dulcis in fundo, poi, la Juventus di Massimiliano Allegri – che, a oggi, non perde un colpo da otto partite (con tanto di porta inviolata) – se la vedrà con il Monza di Raffaele Palladino, che ha esordito in Serie A, da allenatore, proprio vincendo contro i bianconeri all’U Power Stadium. Senza ombra di dubbio le cose sono cambiate tanto da settembre, ma sognare è ancora gratis e quindi non è detta l’ultima parola.
Quanto agli incroci per i quarti di finale – a sfida secca, quindi non ad andata e ritorno -, che si giocheranno fra tre settimane, dal 31 gennaio al 2 febbraio, l’Inter se la vedrà contro la vincente di Atalanta-Spezia, mentre una tra i biancocelesti e i bolognesi sfiderà la vincente della partita dell’Allianz Arena. Un turno è già fatto e vedrà contro Fiorentina e Torino, poi, a completare il quadro o i partenopei o la Cremonese giocheranno contro la Roma.
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