Il calcio, e poi l’Olimpo del calcio. Quell’inno che è magia, quei palcoscenici in cui ti senti un lillipuziano davanti a dei marziani, in una parola, anzi in due: la Champions League. Ecco, è tornata proprio a lei a farci compagnia con i suoi ottavi di finale, in cui spicca sicuramente, per noi italiani, il Milan di Stefano Pioli, ma anche la supersfida tra il Psg e il Bayern Monaco.
I rossoneri hanno risposto presente, e con gli interessi, alla prova del nove del Tottenham di Antonio Conte, che forse era messo peggio anche dei campioni d’Italia, ma che comunque sono riusciti a rialzarsi prima contro il Torino, poi contro gli Spurs, appunto. Al Parco dei principi, invece, non è stata una serata molto piacevole per le stelle parigine, senza un tiro in porta fino all’ora di gioco e dopo aver subito il gol dell’ex, per altro. Il Chelsea, che ha giocato 24 ore dopo le prime quattro squadre, ha perso in casa del Dortmund, dimostrando ancora una volta che in Champions League i milioni spesi per i giocatori arrivati a gennaio non stati spesi poi così bene, il Benfica, che ha eliminato la Juventus, esattamente come i francesi, ha vinto contro il Club Brugges, in Belgio.
Giusto il tempo di archiviare il campionato, con il pareggio pesante dell’Inter in casa della Sampdoria che la tiene ancora ancorata alla lotta per l’Europa dell’anno prossimo e ormai con le spalle al muro per quanto riguarda riprendere il Napoli in fuga, ed è tempo di tornare a gustarci il calcio, stavolta con un sapore più dolce, quasi magico, quello della Champions League. E non è retorica fine a sé stessa, specialmente in questi ottavi di finale in cui sì, ci saranno – e ci sono state, ieri, il Milan contro il Tottenham, settimana prossima tocca a Napoli e Inter – le italiane, ma a brillare sono due finali anticipate come PSG-Bayern Monaco, andata già in scena nel 2020, e Liverpool-Real Madrid, che invece è andata in scena proprio a maggio, al Parco dei principi, e che si giocherà (anche) questa la prossima settimana. E quindi, vediamole come sono andate queste prime quattro partite.
MILAN-TOTTENHAM 1-0 – Per patriottismo, ma anche perché in ordine alfabetico viene prima, iniziamo ovviamente dalla partita di San Siro tra i rossoneri campioni d’Italia in carica e la squadra di Antonio Conte, quinta in classifica in Premier League e che, dal rientro dalla pausa, ha anche fermato il Manchester City di Pep Guardiola. Gli uomini di Stefano Pioli, nell’ultimo periodo, non hanno attraversato un momento felice, e questa era la prova del nove che la partita vinto contro il Torino non era solo una rondine che non fa primavera, piuttosto l’inizio di qualcosa di nuovo.
Ed ecco, tutti i dubbi, anche quelli relativi al modulo di gioco, quel 3-5-2 tanto caro all’ex Inter e Juventus a cui, invece, il Diavolo si doveva ancora abituare, anche perché è stato messo in campo per la prima volta contro i cugini nel derby con esiti così così, soprattutto in attacco, è stato efficace a battere, ancora di misura, ancora di corto muso i londinesi. Perché in realtà il gol di Brahim Diaz al settimo minuto arrivato che è al posto giusto al momento giusto sulla respinta del portiere del Tottenham, Fraser Forster, su un tiro di Theo Hernandez e spedisce il pallone in rete senza troppi problemi.
Da lì in poi la partita sembra incanalarsi sui binari giusti per i rossoneri, quelli della ritrovata voglia, della qualità, della spinta e del ritmo ossessivo per mettere in crisi chi del ritmo e in Italia ne ha fatto quasi un’ossessione e riuscendo puntualmente ad arrivare alla vittoria. I padroni di casa mostrano tutta la grinta persa nell’ultimo periodo: attaccano la palla con grande aggressività e riuscendo spesso a recuperarla, poi ripartono in contropiede e mettono sotto pressione costante il centrocampo e soprattutto la difesa del Tottenham.
Per gli Spurs non è affatto una partita facile e se ne accorge fin da subito anche Conte, la cui creatura non vuole proprio assumere le sue sembianze, come se qualcosa fosse svanito o semplicemente l’entusiasmo degli inizi. Fatto sta che il volto dei londinesi a San Siro non è stato quello delle grandi occasioni, ma neanche di quelle mediocri. Insomma, è inutile sottolineare che gli ospiti hanno sbagliato la partita e senza mai riuscire a rientrarci. Il Milan, infatti, non fa grossa fatica a recuperare il pallone e poi a gestirlo con sapienza e precisione, ma anche semplicità, come ai tempi dello scudetto.
Il primo tempo va scemando così e con la sensazione crescente che il Diavolo abbia riscoperto se stesso proprio in una della partite decisive dell’ultimo periodo e della storia recente per i rossoneri. L’intensità non diminuisce neppure nel secondo tempo, anche quando il Tottenham dovrebbe adoperarsi in un pressing offensivo costante e nella ricerca delle palle da gol più pesanti per tentare di rimettersi in gioco e lanciarsi verso i quarti di finale. Ne escono, però, dei tentativi scarni e con la sensazione crescente di essere sempre annullati dagli avversari. Gli ospiti difendono piuttosto bassi, ma lasciano comunque spazio al Milan alle spalle o tra le linee. Spazio che cerca di sfruttare un Rafael Leao rinvigorito, soprattutto dopo le panchine e le difficoltà dell’ultimo periodo.
Il portoghese riesce più volte a far saltare il banco con i pezzi forti del repertorio: una difesa del pallone di grande qualità, un controllo di palla eccezionale e una velocità difficilmente contrastabile a campo aperto. Quella che manca, però, è la finalizzazione che proprio non sembra quella di solo qualche settimana fa, ma anche della scorsa stagione. In netta crescita anche Theo Hernandez: il francese per lunghi tratti della partita galoppa sulla fascia sinistra, semina avversari, rispetto a cui sembra andare al doppio della velocità e senza possibilità di reale contesa.
Non lo si vedeva così praticamente dai tempi del Mondiale, prima della finale contro l’Argentina che ha lasciato tanto amaro in bocca ai transalpini. E poi ci sono Sandro Tonali e quello che sembrava un improbabile tentativo di difesa a tre da parte di Pioli e, invece, tiene di fronte a un avversario comunque credibile. Sì, il trio formato da Kalulu, Kjaer e Thiaw è solido sbaglia poco e soprattutto prende le misure quasi subito ai centravanti avversari, soprattutto a Harry Kane, e non li fa andare da nessuna parte.
Il centravanti inglese, uno dei più attesi per tutto il match, manca l’appuntamento con il gol e non ci va neanche tanto vicino. Nel secondo tempo, ci prova con qualche dribbling e un paio di tiri dalla distanza, ma non è mai pericoloso. Anzi, sembra lento e involuto, sicuramente non al top della condizione. Un problema in più per Conte che sceglie di sostituire un appannato Heung-Min Son con un Richarlison più fresco e in palla. Il brasiliano quantomeno crea un paio di occasioni interessanti, ma nulla di così temibile per Ciprian Tatarusanu. Un paio di parole si possono spendere, in positivo per una volta, per l’estremo difensore. È la seconda partita consecutiva in cui diventa protagonista con un paio di interventi provvidenziali e, non sbagliando quasi nulla, tiene la porta inviolata. Già contro l’Inter nel derby aveva subito solo un gol e parandone tante altre di tiri temibili. Un significato che fa capire ancora una volta come accanirsi contro i compagni o i propri beniamini non sia la cosa migliore e, invece, bisognerebbe supportarli e andare avanti insieme.
Nonostante un piccolo infortunio alla caviglia, il portiere resiste fino alla fine e senza fare passare alle sue spalle i tentativi dei suoi avversari. Il forcing del Tottenham comunque si verifica solo negli ultimi minuti, ma senza mai mettere davvero in difficoltà il Milan. I rossoneri fanno anche paura in contropiede, divorandosi un paio di gol clamorosi. Capita ancora una volta a Charles de Ketelaere che a pochi passi dalla porta indirizza male il pallone di testa: finisce sul fondo. L’arbitro fa risuonare il triplice fischio e fa urlare tutta San Siro (o quasi): i rossoneri vincono 1-0 ed è un buono spot per accedere ai quarti di finale, in attesa di un ritorno che potrebbe vedere un Tottenham, tra le mura amiche, completamente diverso. E, si spera, anche un po’ più spregiudicato.
PSG-BAYERN MONACO 0-1 – È uno spettacolo, quello tra Psg e Bayern Monaco, che arriva molto in anticipo sulla tabella di marcia, è la consapevolezza che solo una delle due andrà avanti: o gli uomini di Christophe Galtier, i Lionel Messi, i Kylian Mbappé, i Neymar solo per citarne alcuni, i più importanti forse, o i bavaresi che pure senza Robert Lewandowski stanno dimostrando di essere tra i più forti, per lo meno lo hanno fatto nel girone di Inter e Barcellona, schiacciando senza remore entrambe le squadre. Ed è quasi un peccato che arrivi proprio ora, quando la competizione è appena ripresa dopo uno stop lungo mesi. Eppure, le urne hanno detto così.
Il primo teatro dello scontro è quel Parco dei principi che emoziona sempre, con la musica della Champions anche di più. È probabilmente per questo che dai francesi ci si aspetta un po’ di più, anche perché loro a brillare hanno il miglior giocatore dei Mondiali, e il secondo, quello che ha alzato la coppa al cielo, e quello che lo stava per fare la seconda volta di fila. Non va così, anzi va proprio al contrario, perché a crederci di più, e fin da subito, appena a 30 secondi dal fischio d’inizio, ci sono gli undici di Julian Nagelsmann, soprattutto gli ex di turno: Eric Maxim Choupo-Moting e Kingsley Coman.
Ed è proprio il secondo, al 53esimo, a portarli avanti con un gol facile facile che buca la porta difesa da Gianluigi Donnarumma, un po’ colpevole, ma lui per rispetto non esulta. Anche se dovrebbe farlo, perché la rete che mette a segno rimane l’unica della partita, e nonostante i tentativi dei bavaresi di metterla al sicuro, almeno fino a una prima reazione dei padroni di casa, fino ad allora a zero tiri nello specchio della porta di Yann Sommer, titolare ora che Manuel Neuer è ai box.
In effetti, Mbappé ci arriva anche a bucare la rete dopo che Messi si era fatto parare un tiro piuttosto semplice, ma il gol non è regolare per fuorigioco e quindi è tutto da rifare, senza però abbastanza cattiveria per riuscirci davvero. Neanche quando Benjamin Pavard lascia il Bayern in dieci, al 92esimo, i Parisien hanno la forza per provarci, facendo aggiudicare il primo set ai tedeschi, che fra due settimane li aspettano all’Allianz Arena desiderosi di continuare il percorso in Champions, ma anche contenti, forse, di aver archiviato una delle pratiche più difficili per la finale. Potrebbe anche andare diversamente, e il Paris Saint-Germain risponderà a tono, e quindi dovrebbe essere il contrario.
CLUB BRUGGE-BENFICA 0-2 – Non sarà l’incrocio degli ottavi di finale più interessante, o meglio più in hype, ma quella tra i belgi e i portoghesi è sicuramente una sfida particolare. Per scoprire chi vuole vestire i panni della vera rivelazione, dopo essere stata la sorpresa, per lanciarsi verso dei quarti di finale storici, per riconoscersi a un livello più alto e per questo Benfica non è una novità. I lusitani hanno stupito nel girone, in cui sono riusciti a eliminare anche la Juventus e con i crismi di chi gioca meglio.
Stasera i lusitani si sono imposti di nuovo e non in maniera banale. Il primo tempo è stato decisamente equilibrato e con entrambe le squadre vicine a raggiungere il gol. Al 45esimo i padroni di casa passano in vantaggio con Odoi, ma il gol viene annullato al Var. Il secondo tempo inizia in maniera completamente diversa dal primo: dopo pochi minuti, l’arbitro fischia e decreta il calcio di rigore. Joao Mario trasforma senza problemi, dimostrando la sua grande freddezza dagli undici metri. Il Club Brugge ci prova, ma non segna, mentre David Neres all’88esimo chiude la partita e forse anche la qualificazione.
BORUSSIA DORTMUND-CHELSEA 1-0 – Infine, a chiudere i giochi di questa prima parte della prima fase di quella a eliminazione diretta, sono state il Borussia Dortmund e il Chelsea. I tedeschi hanno superato un girone non semplice, arrivando alle spalle del City, i secondi, invece, neppure con i nuovi acquisti sembrano vicino al punto di risalire la china in Premier League, in cui sono decimi e dopo davvero tanti milioni spesi a gennaio con gli arrivi eccellenti.
Dal canto loro, invece, i gialloneri di Edin Terzic hanno ritrovato Sebastien Haller, arrivato in estate per sostituire Erling Haaland, andato proprio alla corte di Guardiola, ma subito fermato da un tumore ai testicoli che sembra aver archiviato senza problemi, e infatti ha segnato il suo primo gol con il Dortmund proprio nella giornata internazionale contro il cancro. Non è lui, però, il protagonista della serata del Signal Iduna Park, davvero gremito persone.
A far aggiudicare il primo incontro ai padroni di casa è stato, infatti, Karim Adeyemi, il giovanissimo esterno che ha appena compiuto 21 anni, e al 63esimo, dopo una partita combattuta che era un piacere da vedere, una di quelle partite che ti riconciliano con il mondo del calcio, anche se è solo una vittoria con un gol.
Al ritorno, insomma, sarà tutto da rifare, specialmente davanti a un Old Trafford che sarà pieno e festante esattamente come è stato oggi lo stadio della città della Germania. Magari allora la squadra di Graham Potter sarà rodata e pronta, trovando finalmente l’alchimia attesa da inizio anno e che non è mai arrivata. Forse perché quella con il denaro non si compra. Eppure, quei famosi acquisti oggi sono in campo, anche se non tutti. Enzo Fernandez ha avuto un ottimo impatto sui Blues mettendo la fisicità tanto attesa in mezzo al campo e sempre al servizio del connubio ideale di fisicità e qualità che nel calcio non è mai un servizio scontato.
Discorso diverso quello che riguarda Mikhaylo Mudryk. L’ormai ex esterno d’attacco dello Shakhtar Donetsk è una perla rara, uno di quei calciatori che punta l’avversario a velocità supersonica e poi va dritto verso la porta con un tiro educato e potente. Ancora, però, la continuità è sconosciuta con la maglia del Chelsea e la partita contro il Borussia Dortmund non fa eccezione. La sensazione è che i Blues non abbiano quel tipo di freddezza sotto porta che decide il destino delle partite e lo fa all’improvviso come il morso di un serpente. Magari una nuova punta arriverà nel prossimo di calciomercato, o magari si lavorerà a fondo sul potenziale di una rosa promettente e costosissima.
Che dire, invece, dei gialloneri e della vittoria di oggi? Beh, parla la storia. Gioventù e qualità al servizio della velocità e del pensiero offensivo, da sempre. E poi l’amore. Per avere il pallone tra i piedi e per i tifosi che la animano e che anche stasera ci hanno fatto impazzire con una coreografia stupenda e scenografica, una di quelle che riguardi per ore e senza spiegarti come si faccia a poter fare di meglio. Non ce ne vogliano gli ospiti, ma sarà difficile al ritorno superare un livello del genere. La magia pura che conquista e poi trascina: chapeau, hut, ditelo un po’ come volete!
Ma questo era solo un primo antipasto, di un secondo, forse più abbondante, che ci aspetta la settimana prossima. Perché martedì alle 21 scenderà in campo il Napoli, primo in classifica in Serie A e già capace di tutto pure in Europa, contro l’Eintracht Francoforte, i tedeschi che l’anno scorso hanno vinto l’Europa League. Il primo atto sarà in trasferta per gli uomini di Luciano Spalletti, che non vogliono di certo abbandonare prima del tempo il palcoscenico della coppa dalle grandi orecchie.
Alla stessa ora, però, ci sarà l’altra delle finali anticipate, quella tra i Reds di Jurgen Klopp, quest’anno davvero irriconoscibile, soprattutto in Premier League, in cui sono noni, e a diverse distanze di lunghezza dai primi della classe dell’Arsenal, e gli uomini di Carlo Ancelotti, quei madrileni, quei Blancos che appena sentono quella musichetta si trasformano in una furia, ma che in Liga sono piuttosto distanti dai blaugrana, sui quali oggi è scesa una bomba non da poco. E quindi, godiamocelo questo Liverpool-Real Madrid.
Il giorno dopo, poi, sarà il turno dell’Inter di Simone Inzaghi, impegnata a San Siro contro il Porto di Sergio Conceiçao, suo compagno nella Lazio dello scudetto, quello del 2000. Sarà una sfida tra amici che si ritrovano, come è lo stata quella già avvenuta, ai gironi, contro l’Atletico Madrid di Diego Pablo Simeone, per cui i portoghesi non hanno avuto molta pietà: era un dentro o fuori, e sono stati loro a rimanere in sella. Sarà, però, un’altra sfida che non ammette pareggi, e quindi si farà il tutto per tutto, sicuramente di più di quello che non si è visto nel posticipo di lunedì contro i blucerchiati, a un passo dal baratro, ma desiderosi di rubare quanti più punti possibili per non lasciare nulla di intentato. Avranno ancora una partita, però, per convincerci: contro l’Udinese, sempre nella Scala del calcio.
Infine, il Manchester City giocherà contro il Lipsia, la squadra che è quinta in Bundesliga, è vero, ma è a soli sei punti di distanza dal Bayern Monaco, ed è ancora più vicina alla conferma della Champions League. I Citizens hanno attraversato momenti migliori, anche loro senza pensieri che da un momento all’altro possa crollare tutto il palazzo, per beghe finanziarie soprattutto, sono comunque la squadra più candidata al titolo finale, uno di quei sogni che sfugge, come al Psg, ogni anno sul più bello, al primo scoglio davvero invalicabile. Per qualcuno arriva prima, per altri il cammino si interrompe sul più bello, ma non è un motivo per non provarci fino alla fine, anzi.
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