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Come sono andate le semifinali d’andata di Europa e Conference League

La settimana europea non è finita, non dopo il derby di Milano, lo spettacolo e il pareggio tra Real Madrid e Manchester City che ha lasciato tutto in discussione in vista del match di ritorno. Stasera, infatti, tocca a Roma e Juventus cercare di mettere bene le cose per accedere alla finale, ma davanti ci sono rispettivamente Bayer Leverkusen e Siviglia pronte a dare battaglia per lo stesso obiettivo. Allo stesso tempo, in Conference League, è impegnata un’altra squadra italiana, quella Fiorentina che allo stadio Artemio Franchi deve sfidare il Basilea. A chiudere il quadro ci pensano West Ham e Az Alkmaar. Alla fine, non è andata poi così male alle italiane, ma neanche benissimo. La Juventus, infatti, ha pareggiato all’ultimo minuto contro il Siviglia con gol di Federico Gatti. La Roma, invece, fa bottino pieno e batte il Bayer Leverkusen con il risultato di 1-0. Male la Fiorentina che crolla in casa contro il Basilea.

La grande esultanza della Roma dopo il gol di Edoardo Bove – Nanopress.it

Non sono notti per cuori pavidi, per chi vuole seconde chance o peggio per chi vive di rimpianti. Juventus e Roma, infatti, hanno la grande occasione di accedere alla finale di Europa League, o almeno di porre delle basi importanti in vista del ritorno, e non vogliono farsela sfuggire. Il problema di José Mourinho sono le tante assenze per infortunio, compresa quella di Paulo Dybala, mentre sulla Vecchia Signora pesa la scure di una nuova penalizzazione che il 22 maggio potrebbe pesare sul campionato bianconero ed escluderla dalle coppe. E poi i torinesi devono fronteggiare un Siviglia che è storicamente una delle squadre più complicate da fronteggiare nel torneo, anche perché è quella che ne ha vinte di più. Come non bastassero questi due confronti ad animare la serata, c’è anche la Conference League a cui dare conto e a una Fiorentina che, fino a questo momento, ha stupito tutti, ma ha anche dimostrato di meritare di arrivare fino a questo punto. Senza sottovalutare neppure l’altra semifinale, quella tra West Ham e Az Alkmaar, dopo che gli olandesi hanno eliminato anche la Lazio all’interno del loro percorso.

La Juventus riacciuffa allo scadere il Siviglia con Gatti. La Roma batte il Bayer Leverkusen in casa

Quando il gioco si fa duro, José Mourinho inizia a giocare. È questo che recitano la sua storia, le sue ambizioni personali, il contributo che dà ogni volta che si arriva a questo punto delle massime competizioni europee. Chi meglio di noi, in Italia, lo sa bene, visto quello che è riuscito a fare alla guida della Roma lo scorso anno e soprattutto il 2010 con l’Inter. Eppure, stasera la sfida contro il Bayer Leverkusen sembra sulla carta parecchio difficile, anche per via dei tanti infortuni, le assenze e la stanchezza che stanno vivendo i capitolini in questa parte di stagione. Per la Juventus non è comunque più semplice, visto che il Siviglia, anche quest’anno e nonostante i tanti problemi in Premier League, ha dimostrato di starci bene nel novero delle prime quattro e sa bene come si affrontano questo tipo di sfide. Ma andiamo nei dettagli delle partite e di quello che è successo questa sera.

JUVENTUS-SIVIGLIA 1-1 – Senza scuse e con l’obiettivo ben fissato in testa, la Juventus affronta il Siviglia tra le mura amiche con la necessità di strappare una vittoria che potrebbe essere decisiva per il superamento del turno, in attesa del ritorno. Per battere gli andalusi, Massimiliano Allegri decide di puntare sul suo solito 3-5-2 e con l’esperienza al primo posto. La linea difensiva, infatti, è composta da Danilo, Leonardo Bonucci e Alex Sandro. A centrocampo, invece, ci sono i titolarissimi con Juan Cuadrado e Filip Kostic sugli esterni, ma soprattutto Fabio Miretti, Manuel Locatelli e Adrien Rabiot al centro. Davanti, Allegri sceglie il duo tanto criticato, ma che tanto bene ha fatto in questa edizione dell’Europa League, formato da Angel Di Maria e Dusan Vlahovic.

Massimiliano Allegri mentre dà indicazioni ai suoi ragazzi in campo – Nanopress.it

La partita inizia a ritmi piuttosto lenti, con la Juventus che non forza, ma tenta di controllare il gioco e di mettere in campo le sue qualità fisiche e tecniche. Le prime potenziali occasioni da gol sono tutte bianconeri e arrivano soprattutto con Cuadrado su calcio piazzato, ma anche con le discese di Filip Kostic che, però, non portano immediatamente i frutti sperati. Gli ospiti tentano di rispondere con Bryan Gil e Lucas Ocampos, ma la Vecchia Signora si salva grazie agli interventi di Wojciech Szczesny e alla sua compattezza difensiva.

AL 17esimo, il portiere polacco deve effettuare un vero e proprio miracolo per mantenere il punteggio sullo 0-0. Sempre Ocampos si ritrova ad avere una grande opportunità in area piccola, ma viene neutralizzato dal portiere avversario. La Juventus tira un sospiro di sollievo e va avanti, con la certezza che serva di più per far male a questo Siviglia. Al 25esimo, sono ancora gli ospiti a macinare occasioni da gol: Ocampos si inserisce in area e tenta un tiro sporco e poco potente, ma che fa venire i brividi ai tifosi prima di finire a fondo campo. Sono solo le avvisaglie di quello che succederà di lì a poco: Youssef En Nesyri calcia centrale ed è una grande conclusione che non lascia scampo a Szczesny. Il punteggio si sblocca e non sono buone notizie per la Juventus che ora è in svantaggio. La reazione dei padroni di casa non arriva e, anzi, è ancora il Siviglia a impensierire la Vecchia Signora, prima con Ocampos e poi con En Nesyri, ma senza che arrivi il raddoppio.

Al 34esimo, il numero di tiri in porta per parte è 0 contro 4, segno di come gli andalusi stiano legittimando il loro vantaggio e, al contrario, i torinesi abbiano bisogno di tanto altro per raggiungere un risultato positivo. Un minuto dopo, però, arriva una brutta notizia per Mendilibar: l’allenatore è costretto a sostituire Ocampos, uno dei migliori in campo fino a quel momento, infortunato. Al suo posto entra Gonzalo Montiel. Sul finale di primo tempo, la musica non cambia comunque, con Jesus Navas che tenta di sfondare, ma non trova il pertugio giusto per concludere. Il Siviglia impressiona per la manovra che manda a vuoto la Juventus e per la qualità in campo, ma soprattutto per l’intensità che riesce a esprimere in tutte le varie fasi della partita. Al 39esimo, ha un’altra grande occasione anche Ivan Rakitic: il centrocampista croato sfodera un’ottima conclusione dalla distanza, ma Szczesny è pronto e respinge. Al 43esimo, arriva anche la prima ammonizione della partita: Adrien Rabiot si vede sventolare un cartellino giallo sopra la testa dopo un intervento piuttosto ruvido.

Nel secondo tempo, la Juventus prova a mettere sotto pressione gli spagnoli, ma trovando veramente pochi spazi e riuscendo raramente a mettere in difficoltà gli avversari. La manovra è soprattutto orizzontale e si fa sentire l’aggressività del Siviglia che interviene in maniera molto dura su ogni pallone. In più, i centrocampisti di Allegri avanzano raramente e non riescono a mettere in costante apprensione gli avversari. Una piccola svolta è costituita dall’ingresso in campo di Paul Pogba. Il francese gioca ogni possesso con estrema tranquillità e classe, supera avversari e tenta di costruire occasioni da gol. All’83 si perdono alcuni minuti per un controllo Var dopo un intervento scomposto in area di rigore da parte del Siviglia: nonostante le proteste della Juventus, tutto termina con un nulla di fatto e Allegri furioso. Al 93esimo la Juventus ha una grande occasione: Arkadiusz Milik in area di rigore temporeggia troppo e non trova la via del gol, con Federico Chiesa tutto solo alla sua sinistra. Il pubblico, intanto, continua a protestare per una serie di azioni che reclamavano il rigore. Gli attacchi finali sono tutti in mano alla Juventus, con Samuel Iling-Junior che entra in campo e trova una buona iniziativa sulla destra. Il Siviglia soffre e si rintana nella sua area di rigore, ma alla fine la Juventus riesce a gonfiare la rete.

Federico Gatti esulta dopo aver segnato il gol della Juventus – Nanopress.it

Su azione da calcio d’angolo, Pogba spizza e sul secondo palo arriva Federico Gatti a spingere il pallone in porta. È sicuramente un risultato diverso dalla sconfitta e per stasera va bene così, dato che fino a pochi attimi prima del 97esimo il punteggio era di sconfitta. Il ritorno sarà sicuramente difficile da affrontare, ma la Juventus stasera si è regalata una speranza.

Una speranza che presto potrebbe diventare molto di più o vanificarsi in un nulla di fatto. Se guardiamo alla Juventus di Allegri, quella bis, quella che ha scandito il ritorno del tecnico livornese sulla panchina della Vecchia Signora, ma soprattutto per gli eventi che hanno caratterizzato la stagione in corso, possiamo notare che i bianconeri hanno ottenuto risultati migliori fuori casa che in casa o che le migliori prestazioni le hanno offerte in trasferte. Un dato di fatto che trova delle spiegazioni ben precise nello stile di gioco dei torinesi che amano aspettare gli avversari, preoccuparsi di coprire al meglio il campo e chiudere tutti i buchi lasciati, poi anche offendere, in determinate fasi della partita, ma sempre con un baricentro piuttosto basso, soprattutto rispetto alla media europea. Se prendiamo a riferimento la partita contro il Nantes, ad esempio, la squadra con più scudetti in bacheca in Italia ha avuto molta più difficoltà a creare gioco e occasioni all’andata all’Allianz Stadium anziché al ritorno dove la qualità di Di Maria e dei migliori interpreti offensivi ha fatto la differenza per l’ampio risultato finale, mettendo in evidenza anche la differente qualità tecniche tra le due squadre.

Non è casualità, ma un centrocampo che negli anni non è riuscito a trovare quegli interpreti di qualità che in molti si sarebbero aspettati e che ha sempre fatto leva poi, alla conta dei fatti, su calciatori più abili a fare filtro, ad avere la gamba necessaria per ribaltare l’azione e la fisicità che è imprescindibile per questo tipo di calcio. Questa premessa rientra sempre nel filone di chi ci creda in questo percorso europeo, in chi non dà nulla per scontato e alla fine spera di riuscire ad avere la meglio sugli altri. E per questo l’1-1 che è appena maturato nel match di andata non può assolutamente far pensare che il Siviglia abbia già eliminato i bianconeri, scansato l’ennesima big pronta a fare lo sgambetto a chi l’Europa League l’ha vinta più di tutti. Il pareggio, quindi, è un risultato decisamente aperto e tutto si deciderà al ritorno, in cui gli andalusi avranno il pubblico dalla loro parte e, quindi, saranno portati a spingere, ma allo stesso tempo dovranno restare concentrati nelle marcature preventive, cercare di non lasciare spazio alle forze bianconere pronte ad agire in contropiede e serrare i buchi che alle spalle sicuramente ci saranno e di cui gli attaccanti sono pronti ad approfittare.

In tal senso, un ruolo fondamentale potrebbe averlo Adrien Rabiot, un campione che quest’anno si sta dimostrando tale anche nel contesto bianconero e che, a furia di sgroppate, ripartenze e fisicità, si è dimostrato tremendamente efficace anche in zona gol come veramente in pochi si aspettavano prima di questa stagione. Il francese, inoltre, ha esperienza internazionale, sa come si giocano partite così e come si vincono e lo sa non solo per il percorso in bianconero, ma anche per tutto quello che è riuscito a fare in Nazionale e con la maglia Bleus indosso, ormai diventata una seconda maglia per lui, se non era una seconda pelle fin dalla sua nascita sportiva. Certo, la sua efficacia può finalizzare, ma può anche fare da sponda ai talenti offensivi: Vlahovic ha bisogno di una serata del genere, di sentirsi nuovamente insostituibile, centrale e decisivo nel progetto bianconero, e chissà di un gol che potrebbe renderlo, ancora una volta, uno dei migliori giovani bomber agli occhi della ribalta internazionale. Che poi potrebbe essere un grosso vantaggio per il serbo, ma anche per le questioni di calciomercato, in termini generali.

Con le questioni giudiziarie che ancora pesano tanto sulle spalle dei bianconeri e sembrano una scure sul loro futuro, vivere il presente e solo le questioni di campo è un obbligo per la squadra, per quanto possibile. Allo stesso tempo, è impossibile non rendersi conto che tutto avrà un peso sul destino del club e dei singoli, su chi ci sarà ancora, tra un po’ di tempo, e chi invece sceglierà nuove destinazioni per dare adito alla sua carriera. Questo rimarca ulteriormente l’importanza di una competizione come l’Europa League per i torinesi che a inizio stagione mai avrebbero pensato di dipendere così tanto da questo torneo, magari aspiravano ad altro, ma comunque ora hanno solo questa chance per sperare di accedere anche l’anno prossimo alla massima competizione europea. Non vincere renderebbe le cose ancora più difficili, il futuro più nero, renderebbe complicato anche trattenere i migliori e programmare il calciomercato che sarà. Fattori che per un grande club sono fondamentali per architettare il proprio destino e che difficilmente possono essere colmati in altra maniera.

Il Siviglia però non è affatto un club semplice da affrontare e l’ha dimostrato anche questa sera. La squadra di Mendilibar ha molte individualità che sono passate dal nostro campionato e non hanno lasciato del tutto il segno, altre che sono riuscite a splendere solo in Andalusia, altre ancora che ancora devono raggiungere il loro acmè tecnico e tattico e che possono farle in quel posto speciale che riesce a mixare il talento dei singoli con l’aggressività che solo i gruppi vincenti hanno. Il Siviglia ha dimostrato negli anni di avere quell’esperienza in più nel giocare determinate partite, di avere una cifra tecnica che riesce a splendere in qualsiasi contesto, di sfruttare la pressione a suo vantaggio per poi vincere le coppe e non potrebbe essere altrimenti visto quello che il club ha alzato al cielo nell’ultimo ventennio. Sono fattori che esulano dai valori complessivi, dal percorso in Liga della squadra e, infine, dai duelli singoli che in campo si creano e da cui spesso gli spagnoli escono vincitori.

Un esempio su tutti è Ocampos, quell’attaccante esterno che al Milan ha fatto veramente fatica a imporsi come una star di livello internazionale, al massimo è entrato nelle rotazioni e non sempre ha fatto bene, anzi. Poi ha lasciato l’Italia e non come il super talento che ai tempi del River Plate sembrava destinato a entrare nel novero dei primi al mondo. Stasera contro la Juventus e con l’ultima squadra d’Europa, anzi come una delle difese peggiori che si possano incontrare per un attaccante con quelle caratteristiche, ha messo in evidenza una condizione, una fiducia e un talento che, fino a quando è rimasto in campo, non sono mai andate a scemare. Lo stesso vale per gente come Suso, Lamela (anche se lui in Italia ha fatto decisamente meglio e per più tempo) e per il Papu Gomez che quando ritroverà la migliore condizione fisica potrebbe avere un ruolo essenziale per disegnare i successi della squadra.

Insomma, Allegri e i suoi dovranno fare molta attenzione a chi avranno di fronte, raddoppiare sistematicamente e soprattutto cercare di chiudere le trame di gioco che gli andalusi hanno intenzione di mettere in campo. Per battere il Siviglia bisogna essere disposti a reggere quel ritmo, quella qualità complessiva, quella capacità di andare oltre l’ostacolo e oltre gli eventi della partita, ma anche oltre il dna che gli andalusi hanno messo in campo. Questa Juventus deve migliorare soprattutto sotto questo punto di vista, ma alla fine ha tutte le capacità per farlo. Perché spesso si è fermata a pochi passi dal traguardo più importante, ma è anche riuscita ad arrivare fino alla fine con Allegri in panchina e in una competizione anche più prestigiosa, senza ombra di dubbio. La prossima settimana, quindi, sarà quella decisiva per salvare la stagione di entrambe, per scrivere un pezzo di storia, per dimostrare che, oltre ogni problema e oltre ogni annata storta, si può avere la capacità di far nascere qualcosa di ancora più bello e ancora più importante. L’1-1 di oggi rimanda tutto di sette giorni e alla fine ne resterà solo una: sarà la migliore, ma anche quella con più cuore e tra italiani e spagnoli non si sa mai chi sarà per davvero.

ROMA-BAYER LEVERKUSEN 1-0 – Mourinho stringe i denti e arriva alla semifinale di Europa League con le forze contate, ma soprattutto con l’assenza di Paulo Dybala, che non riesce a recuperare per il big match. Davanti a Rui Patricio regolarmente tra i pali, ci sono Gianluca Mancini, Bryan Cristante e Roger Ibanez. Anche a centrocampo, la coperta è corta con Zeki Celik a destra, Leonardo Spinazzola a sinistra e in mezzo Edoardo Bove, Nemanja Matic e Lorenzo Pellegrini. In attacco, con Dybala che può essere della partita, ci sono Tammy Abraham e Andrea Belotti.

Le tante assenze che patisce la squadra di Mourinho si fanno subito sentire. L’inizio del Bayer Leverkusen, infatti, è parecchio aggressivo e mette alle strette i padroni di casa con triangolazioni nello stretto, l’intento di giocare in avanti e tanta qualità. La prima vera occasione del match arriva al primo minuto quando Robert Andrich calcia verso la porta avversaria, ma non riesce concretamente a impensierire Rui Patricio. Al sesto, invece, è bravissimo Florian Wirtz a incunearsi tra i centrali della Roma e va al tiro da buona posizione con il pallone che fa la barba al palo e termina sul fondo. I giallorossi tentano, però, di reagire immediatamente e iniziano a schiacciare i tedeschi della metà campo, cercando di sfondare soprattutto a sinistra, dal lato di Spinazzola che sembra particolarmente ispirato.

Al 19esimo, c’è la prima grande occasione per la Roma. Roger Ibanez svetta su azione da calcio piazzato e colpisce di testa, ma trova la risposta di Lukas Hradecky che si allunga e spinge il pallone all’esterno con un grande intervento. I giallorossi continuano ad attaccare e sfondano più volte fino al limite dell’area di rigore, ma prima Matic e poi Spinazzola non riescono a trasformare in veri e propri assist i palloni che hanno a disposizione, chiusi dalla retroguardia tedesca. Al 25esimo, c’è un altro grande problema per Mourinho: Celik cade malissimo a terra e la sensazione è che debba abbandonare subito il campo. In realtà, dopo il grande spavento, si rialza e torna regolarmente sul terreno di gioco. Al 29esimo, Belotti finisce a terra dopo un contatto in area di rigore, ma la spinta non è ritenuta sufficiente dall’arbitro per assegnare il penalty. Il Bayer, in questa fase, cerca di fare male soprattutto in contropiede, ma difficilmente sorprende la linea della Roma. Al 34esimo, i tedeschi devono fare a meno di un calciatore importante per i loro equilibri: Odilon Kossounou non ce la fa dopo un duro contrasto di gioco e viene sostituito da Mitchel Bakker.

La partita inizia a perdere di intensità, anche per consentire alle due squadre di rifiatare, ma il Leverkusen sembra costretto a fare a meno di un altro titolare: Jeremie Frimpong, infatti, finisce a terra e pare molto dolorante, ma poi si rialza e torna in campo. Nessuna delle due squadre riesce a prevalere sull’altra, con tante occasioni che si spengono sul fondo o in cui prevalgono le rispettive difese. Gli ultimi assalti della Roma sono affidati a Bove, uno dei più pimpanti nello scacchiere di Mourinho, che conquista un buon calcio d’angolo. Di testa svetta Belotti, ma il pallone finisce dritto tra le mani di Hradecky.

All’inizio del secondo tempo, il Bayer interpreta la partita con molta aggressività, rimediando in poco tempo diverse ammonizioni. Al 63esimo, però, la partita cambia e in maniera netta per gli uomini di Mourinho che passano in vantaggio. Abraham serve un grande assist a Bove che non sbaglia e segna un gol pesantissimo per gli equilibri della qualificazione. Da qui in poi la Roma sembra prendere il totale controllo della partita, ma deve subire anche la pressione del Leverkusen che ovviamente cerca di buttarsi in avanti per pareggiare il risultato. Al 76esimo entra in campo anche Paulo Dybala, assente illustre nel resto della gara per l’infortunio da cui non riesce a recuperare. All’88esimo, i tedeschi vanno vicini a pareggiare il risultato: Frimpong va a pochi centimetri dal gol, ma il suo tentativo viene salvato. Nonostante gli assalti degli ospiti, l’arbitro fischia tre volte e decreta una vittoria fondamentale della Roma.

I giallorossi, senza girarci troppo attorno, stasera sono riusciti a centrare una vera e propria impresa, quella che potrebbe essere decisiva per l’accesso alla finale. Con un campionato che sta allontanando sempre di più l’accesso alla prossima Champions League, anche se un po’ di speranza c’è ancora e i capitolini cercheranno di portarla avanti fino alla fine, l’Europa League, un po’ come abbiamo scritto per la Juventus, si configura come una speranza da alimentare e da coltivare notte dopo notte per la squadra di Mourinho. Il tecnico portoghese in tal senso, sta dando sicuramente una cifra in più per portare a casa un altro risultato storico dopo la Conference League, la prima in assoluto nella storia del calcio, che è riuscito a conquistare nel suo primo anno alla Roma. Lo Special One è proprio in queste notti che diventa ancora più speciale e stasera ha guidato i suoi verso un successo che già sarebbe stato grandioso se avesse avuto tutti gli effettivi a sua disposizione e poi è diventato galattico viste le tantissime assenze con cui si è dovuto presentare all’appuntamento e che non hanno inciso più di tanto nell’arco complessivo della prestazione.

Una prestazione difensiva, come è giusto che fosse, ma anche la strafottenza di rischiare, di mettere in campo i giovani coltivati negli ultimi due anni e che hanno prodotto i giusti risultati in una semifinale europea. Ci riferiamo ovviamente a Bove, più che a tutti gli altri. Il centrocampista ha messo a disposizione una prestazione splendida, totale, in cui non ha patito alcuna inferiorità fisica, né tantomeno tecnica rispetto agli avversari che ha dovuto fronteggiare. Il gol è stato solo la ciliegina sulla torta su un percorso individuale meraviglioso e che ora la Roma si gode a pieno, perché è giusto così dopo aver lavorato bene, anzi benissimo con la maturazione di un ragazzo di casa che ora sta diventando uomo e che ha tratti ha preso in mano il destino della squadra nella zona nevralgica del campo. A “Sky Sport”, subito dopo la partita, il ragazzino furioso e dai muscoli già ben strutturati, ha espresso tutta la sua gioia e anche un ringraziamento speciale: “Non sono un freddo, ho provato un mare di emozioni dentro per questo gol, e sono contento soprattutto per il risultato. Era fondamentale vincere questo primo tempo e giovedì andremo lì con la stessa voglia. Il gol è lo specchio della mentalità del gruppo? Assolutamente soprattutto in Europa se non metti cattiveria su ogni palla con determinazione e intensità rischi di andare in difficoltà. Oggi abbiamo messo grande intensità e siamo contenti. All’inizio ci hanno messo in difficoltà, ci abbiamo messo un po’ a prendere le misure, ma poi abbiamo controllato benissimo. Una dedica? Alla mia famiglia”.

E poi ne ha parlato anche Mourinho, come è giusto che sia, perché è suo e del suo staff, oltre che delle qualità e delle disponibilità del calciatore, il merito di quanto successo e che ora permette per il centrocampista di iniziare una nuova era in cui essere protagonista, in cui mettere in evidenza di poter dominare in campionato e forse anche per il destino della Nazionale, dove tanti giovani stanno passando, ma probabilmente non hanno le sue caratteristiche e le sue prospettive, soprattutto all’ombra di Roma. Lo Special One ha detto: “Penso che di Bove, più di me c’è la famiglia, un ragazzo con un’educazione estrema, con formazione intellettuale e accademica, un professionista che sembra abbia trent’anni e poi con umiltà di crescere. L’anno scorso entrava solo a 5’ dalla fine, quest’anno è cresciuto, io ho fatto il mio lavoro he è aiutare il giocatore a crescere, però per essere un ragazzo come lui avrà una famiglia di altissimo livello”.

In un successo del genere che, viste le due formazioni in campo, si era reso particolarmente difficile, forse anche insperato, è inevitabile poi che il discorso passi ai meriti che sicuramente ha l’allenatore, a cui è stato chiesto come faccia, in determinate partite e in notti così importanti, a permettere di esprimere le qualità e le prestazioni migliori in notti del genere: “È merito dei ragazzi, hanno questa mentalità, voglia, empatia, questo senso di responsabilità per fare felici i nostri tifosi, come oggi da Trigoria allo stadio, quello che dimostrava la gente, anche a uno come me che ha tanta esperienza, ti fa sentire emozionato dentro – ha detto Mourinho -. I ragazzi rispondono bene, ovviamente non è stata una partita facile, è difficile giocare contro loro, rimanere concentrati per 90’, giocare per vincere sapendo che loro sono forti quando perdi palla, emozionalmente molto difficile per i ragazzi che sono riusciti a vincere questo primo tempo”. E in conferenza stampa poi ha aggiunto un punto piuttosto importante: “Siamo consapevoli di ciò che siamo, della nostra forza e dei nostri problemi. È importante mettere in campo emozioni ma controllandole. l’emozione di vedere i tifosi così oggi è stata anche maggiore di quella con il Leicester un anno fa. Smalling non penso possa giocare giovedì, ho i miei dubbi che possa farcela. El Shaarawy è al limite per poter aiutare giovedì. Mancini, Ibanez, Cristante, Pellegrini sono la nostra base, giocano sempre tutte la partite”.

Ora il pensiero va anche a chi potrebbe esserci in futuro e chi non ha potuto dare il proprio contributo in una serata del genere. Sono calciatori importanti, importantissimi che spesso si sono caricati il peso della squadra sulle spalle e da cui sicuramente passa anche il destino e il futuro del club. A tal proposito, Mourinho ha detto, mostrando anche un po’ di insofferenza verso la sfortuna e i tanti impegni: “Dybala e Wijnaldum? È dura per me, è dura per tutti, la paura di fare male, allo stesso tempo la necessità di avere loro come opzione, però menomale, penso non ci siano problemi dopo questa sera. Vediamo se giovedì prossimo possono avere più minuti per noi”. Di certo, la vittoria di questa sera è un passaggio fondamentale per credere anche nel futuro e nella finale, ma tentare di recuperare qualcuno sarà essenziale per mantenere questo punteggio anche al ritorno. Ma quella è un’altra serata e spera che sia un’altra gioia da poter celebrare tutti insieme, perché quella potrebbe valere un’altra grande finale. E chissà, un’altra coppa da accarezzare con qualche lacrima in più in bacheca.

Sconfitta pesante per la Fiorentina in Conference League. Il West Ham vince in casa

Ma non c’è solo l’Europa League, perché la Fiorentina è pronta a giocarsi l’appuntamento con il destino per tentare di accedere alla finalissima di Conference, dopo aver già staccato il pass per quella di Coppa Italia, dove se la vedrà con l’Inter. Occhio anche al West Ham che deve vedersela con l’Az Alkmaar, la squadra che ha eliminato la Lazio. Ecco come sono andati i due match.

L’allenatore della Fiorentina, Vincenzo Italiano, mentre dà indicazioni alla squadra – Nanopress.it

FIORENTINA-BASILEA 1-2 – La Fiorentina di Vincenzo Italiano non ha alcuna intenzione di fermarsi, non ora che la finale sembra a un passo e il grosso per arrivarci. In realtà, non si può affatto sottovalutare un avversario come il Basilea che ha dimostrato in questa edizione della competizione di avere molte vite, di saper accelerare improvvisamente e di mettere in difficoltà praticamente qualsiasi avversario e in qualsiasi occasione.

La squadra scelta da Italiano riserva anche alcune sorprese con Luca Ranieri viene scelto al centro della difesa, insieme a Dodo, Martinez Quarta e Cristiano Biraghi. A centrocampo torna titolare Giacomo Bonaventura, insieme a Sofyan Amrabat e Rolando Mandragora. L’attacco è quello tipo con Arhtur Cabral al centro e ai suoi fianchi Nico Gonzalez e Jonathan Ikonè. Non si tratta di certo di una mossa conservativa per i toscani che, anche in una partita così importante, non alterano il suo stile di gioco e le loro convinzioni tattiche, sperando di segnare almeno un gol in più degli avversari.

La Viola ha tutta l’intenzione di far valere il fattore casalingo e di portare avanti il sogno di conquistare la Conference League che, per le ultime prestazioni nella competizione, non sembra affatto un miraggio. I ragazzi di Italiano, quindi, approcciano decisamente meglio alla partita e iniziano a dominare il gioco come successo molte volte in questa stagione. La manovra dei ragazzi di Vincenzo Italiano paga e arriva la rete del vantaggio già al 23esimo a firma del solito Arthur Cabral. Nel secondo tempo, però, la musica cambia e il Basilea si getta in avanti per pareggiare i conti. Alla fine, gli svizzeri riescono nell’intento e trova una rete di Diouf al 71esimo. Al 92esimo arriva anche la beffa finale, quando Amdouni in area realizza con grande freddezza e firma l’1-2. Oltre che una beffa, si tratta anche di un risultato pesante e che mette il Basilea ormai a pochi passi dalla finale e la Fiorentina decisamente più lontana.

Un match che fa veramente fatica a trovare delle spiegazioni concrete. Sì, ultimamente i ragazzi di Italiano non erano esattamente al top della forma e spesso hanno concesso troppo in momenti decisivi della partita e senza riuscire poi a centrare il bottino pieno. Però, la sfida di stasera contro il Basilea sembrava alla portata e probabilmente in molti hanno sopravvalutato il recente percorso della Fiorentina e sottovalutato una partita del genere, che è comunque una semifinale. In più, la forma di alcuni attaccanti è parsa un po’ in calo: tralasciando Cabral, che comunque in una maniera e dell’altra continua a segnare, Nico Gonzalez non sembra più quello spauracchio necessario per aumentare il tasso tecnico e la pericolosità della Viola. Allo stesso modo, Ikonè è spesso fumoso, parte palla al piede e può essere letale, ma altrettante volte si perde in un bicchiere d’acqua e non riesce a concretizzare tutta la mole di gioco creata.

La prestazione peggiore comunque ci è sembrata quella di Nico Gonzalez, incapace di mettere in difficoltà gli avversari. Anche alcune scelte di Italiano fanno discutere, ma non si può togliere demeriti alle prove del pacchetto difensivo, capace di farsi battere in ben due occasioni, quando la partita sembrava o doveva essere sotto controllo. Mandragora è un uomo di palleggio, uno che riesce a gestire in maniera eccelsa il pallone e a essere il faro che serve alla Fiorentina per girare attorno alla sua luce e ispirare la manovra. Stasera, però, e soprattutto quando si trattava di difendere contro un Basilea cattivo e cinico, è andato in difficoltà.

Nonostante le recenti lodi di Italiano, poi, la prestazione di Ranieri non è stata positiva. Se nel primo tempo, un po’ come tutta la Fiorentina, è riuscito a fare il suo dovere, chiudere ogni spazio e far partire con ordine l’azione, nella ripresa ha fatto grande fatica a contenere le incursioni di Ndoye. Non è stata una serata facile per lui con Igor che in molti vedevano nella formazione titolare, e alla fine gli è stato preferito Ranieri. Un’altra nota negativa sono stati gli ingressi in campo. Castrovilli e Brekalo dovevano dare brio, qualità e soprattutto tentare di saltare regolarmente l’uomo nell’uno contro uno. In realtà, il Basilea è stato bravo ad alzare la saracinesca e non subire praticamente nulla dai padroni di casa.

Insomma, ci si aspettava di più e meglio, soprattutto una partita completa, dato che il primo tempo era stato giocato bene al livello a cui ci aveva abituato tutta la Fiorentina. Nella ripresa, però, sono altri i sentimenti a dominare. Innanzitutto il rimpianto di poter fare molto meglio almeno per portare a casa il pareggio. E poi la frenesia, quella che ti porta ad avanzare troppo, creare palle gol e alla fine ne subisce un altro, che tra l’altro era evitabile. Piangere sul latte versato, però, è tempo perso e siamo certi che Italiano ragionerà molto su com’è andato il match e su cosa bisogna migliorare.

Il tecnico, nella conferenza stampa post partita, ha comunque fatto intendere di essere soddisfatto della prestazione dei suoi, al netto degli errori che poi si sono verificati: “Mi fa arrabbiare la sconfitta. Andare lì e scardinare il blocco basso non sarà semplice. Cercheremo di ribaltare il risultato. Abbiamo fatto una buonissima gara concedendo tre situazioni. Sono una squadra che non molla mai, lo sapevamo”. Lo spirito di poter rimontare, di certo, la Fiorentina non può perderlo solo ora e Italiano non ha dubbi a riguardo: “Serve una Fiorentina che scardini la loro difesa bassissima. Dobbiamo trovare qualche guizzo in più. Dopo il primo gol abbiamo creato tante situazioni e abbiamo avuto tante palle inattive da poter sfruttare. In Europa non bisogna mai mollare. Abbiamo le possibilità per andare a Basilea a rimontare.”

E ancora sull’analisi della partita: “Abbiamo avuto attenzione dietro. Ci fanno il primo gol puntando la nostra linea, qualcosa devi concedere. Sono stati bravi a sfruttare le nostre due mancanze. Andremo a proporre quello che abbiamo fatto. Non dobbiamo concedere le ripartenze. Possiamo andare lì e metterli in difficoltà”. Insomma, nonostante le cose non siano andate esattamente per il meglio, nulla deve essere dato per perso e sicuramente la filosofia di gioco che fino a adesso ha portato ottimi risultati in Europa e in Coppa Italia. La Fiorentina di Italiano, comunque vada a finire, non deve mai abbandonare se stessa, la sua bellezza e l’intensità che molte volte è riuscita a mettere in difficoltà anche le maggiori big del nostro campionato e che ora giocano anche ben altre competizioni.

Certo, servirà che Cabral sia sempre al centro delle azioni e dei gol, servirà soprattutto che gli esterni d’attacco, a lungo ruotati dall’allenatore per essere sempre al top della forma, si facciano rivedere stabilmente in zona rete o assist e alla fine anche che una mano in più la diano in centrocampisti sia in fase difensiva, sia in fase offensiva. Servirà soprattutto una grinta fuori dal comune per cercare di arrivare alla vittoria, a una rimonta che, nonostante tutto, sembra ancora alla portata della Viola, almeno sotto il profilo tecnico e tattico. Darsi per persi arrivati proprio a questo punto sarebbe un rimpianto, quello sì, che non sarebbe perdonabile in semifinale. Ma siamo certi che, per quello che è riuscito a costruire l’allenatore fino ad ora, non possa essere così.

WEST HAM-AZ ALKMAAR 2-1 – La seconda semifinale di Conference League si gioca tra un West Ham che in Premier League è 15esimo, e fa male perché solo dalla vittoria del titolo potrebbe passare un ritorno in Europa per l’anno prossimo, e anche quella della seconda competizione Uefa, e l’AZ Alkmaar, che invece in Olanda sta facendo bene, è quarto e potrebbe tornare anche il prossimo anno nel torneo che ha visto trionfare la Roma l’anno scorso, e ha battuto la Lazio, agli ottavi di finale quest’anno.
È una gara tra chi ha motivazioni e chi ne ha di più, questa. È il calcio inglese, anche se l’allenatore degli hammers è scozzese, che sfida quello olandese, è una semifinale che si gioca al London Stadium, che però si gela al 42esimo, quando Tijjani Reijnders, uno che l’ultimo gol lo aveva fatto il 14 gennaio, olandese anche lui, ma rimasto a casa per i Mondiali, su assist di Myron van Brederode, tirata una sassata dalla distanza e fa lo 0-1. Ricevuta la botta, però, i padroni di casa continuano a macinare gioco, che si trasforma nell’1-1 dal dischetto con Mohamed Said Benrahma che non sbaglia. È il 67esimo, e la gara ora si fa ancora più interessante. In nove minuti, in effetti, galvanizzato anche dal pubblico, il West Ham sorpassa l’AZ con Michail Antonio che si trova al posto giusto al momento giusto. Perché quando la palla gli arriva sui piedi, non fa che quello che ogni giocatore dovrebbe fare in area avversaria: la spedisce in rete. La sensazione nei minuti finali è che gli inglesi vogliano a tutti i costi mettere un po’ distanza, anche per andare in Olanda, la settimana prossima, con il cuore un po’ più leggero, nonostante la squadra di Pascal Jansen, che è nato a Londra, tra l’altro, abbia saputo ribaltare risultati peggiori, e anche durante le partite stesse, ne sa qualcosa soprattutto Maurizio Sarri.
E quindi, con il 2-1, non c’è nessuna ipoteca per quel traguardo, quel sogno del 7 giugno. C’è un altro appuntamento, la settimana prossima sempre alla stessa ora, per guadagnarsela, e magari anche provare a vincerla.

Mariacristina Ponti

Nata nel lontano 1992, nel giorno più bello per nascere, a Cagliari. Dopo la maturità scientifica, volo a Padova e poi a Roma per studiare lettere. Nella Capitale poi rimango anche per il master in giornalismo. Tra stage a profusione, sempre nelle redazioni sportive, anche se il vero amore è sempre stato la politica, ho ancora da ritirare un tesserino da professionista.

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