Giornata cruciale e di incontri, oggi, per la presidentessa del Consiglio, Giorgia Meloni. Sul tema delle riforme istituzionali, con al centro l’idea di cambiare la forma di governo della nostra Repubblica, la leader di Fratelli d’Italia si è seduta al tavolo della sala del presidente, a Montecitorio, per discutere con le opposizioni dell’idea che ha in mente. Ad aprire le danze sono stati i delegati del MoVimento 5 stelle, con Giuseppe Conte in testa, poi è stato il turno del gruppo delle Autonomie e delle minoranze linguistiche, di Azione e Italia Viva che si sono presentati insieme, +Europa, l’alleanza Verdi e Sinistra e, infine, il Partito democratico con Elly Schlein, al primo vero faccia a faccia ravvicinato con la premier.
Per i pentastellati è un no convinto alla elezione diretta del presidente della Repubblica o del presidente del Consiglio, ma ha anche chiesto l’istituzione di una bicamerale ad hoc per parlare del tema, che parrebbe Meloni abbia scelto di valutare. Per il gruppo delle Autonomie, invece, c’è stata un’apertura sul premierato e sulla sfiducia costruttiva, ma non sull’elezione del capo dello Stato, e più o meno dello stesso avviso sono anche quelli del terzo polo, che hanno detto sì al sindaco d’Italia, ma non all’elezione diretta del presidente della Repubblica, e alla stessa maniera hanno presentato una proposta per il superamento del bicameralismo perfetto. Quanto agli ex radicali, loro sono contrari al premierato, ma anche al presidenzialismo, ma hanno aperto a una forma di cancellierato alla tedesca. Chiusura totale è arrivata dai rossoverdi, e non solo sulle simil proposte del centrodestra, ma anche quelle delle altre opposizioni, come loro, almeno per quanto riguarda le proposte che sarebbero in campo, anche i democratici.
Meloni ha incontrato le opposizioni per discutere delle riforme istituzionali: ecco tutte le posizioni in campo
Con un post sui social e la cerimonia per la celebrazione della Giornata in memoria delle vittime del terrorismo del Quirinale, è iniziata la lunga giornata di Giorgia Meloni, la prima presidente del Consiglio donna della storia della Repubblica italiana, impegnata a discutere (e trovare un punto di incontro) con le opposizioni sulle riforme istituzionali che potrebbero portare a un cambio della forma di governo per l’Italia, con lei anche la ministra per le Riforme istituzionali, Maria Elisabetta Alberti Casellati, i due vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, e i sottosegretari alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari.
“Arrivo a questi incontri senza una strada definita da presentare, arrivo con degli obiettivi che per me sono chiari“, ha detto in primis la leader di Fratelli d’Italia lasciando il Quirinale e apprestandosi ad andare nella Biblioteca del presidente a Montecitorio dove, a partire dalle 12:40, sono iniziate le consultazioni. Gli obiettivi, ha ribadito la premier, “sono il mandato che ho ricevuto dagli italiani e cerco di capire se ci sono i margini per una convergenza. Dopo di che, sulla base di come si risponderà faremo le scelte che andranno fatte, ma se si potesse garantire maggiore stabilità al nostro sistema, un rapporto diretto tra quello che i cittadini scelgono e quello che accade nel palazzo sempre e lo potessimo fare insieme io sarei molto più contenta“.
Non solo, però, perché parlando con i cronisti Meloni ha voluto mettere le mani rispetto a quello che si intende fare, e quindi come si vuole agire. “Ho letto alcune dichiarazioni che mi hanno colpito prima ancora di parlare: se gli altri decidono pregiudizialmente di non confrontarsi neanche, nessuno pensi che rimarremo con le mani in mano“. Certo, ha concluso, “non ho ancora scritto niente, ma non perché non abbia delle idee in testa, posso parlare di varie ipotesi, ma non ho un documento che arrivo e presento sul quale ditemi come la pensate. Io provo a ragionare a monte e vediamo che cosa esce fuori“.
ORE 12:46 – La lunga giornata ha preso il via con l’arrivo della delegazione del MoVimento 5 stelle. Il presidente dei pentastellati, Giuseppe Conte, è stato accompagnato dai capigruppo di Senato, Stefano Patuanelli, e Camera, Francesco Silvestri, ma anche quelli della commissione Affari costituzionali, Alfonso Colucci e Alessandro Maiorino.
La prima a parlare è stata Meloni che ha innanzitutto ringraziato i pentastellati per aver accettato l’invito del governo per lavorare insieme sulle riforme, perché, ha detto, è “importante a monte cercare un dialogo più ampio possibile con le forze parlamentari“. La premier ha spiegato da cosa parte l’idea del centrodestra di andare oltre la forma di governo attualmente in atto: “Credo che ci si renda tutti conto del fatto che il nostro sistema è caratterizzato da una fortissima instabilità, che paradossalmente nell’ultima fase, cioè con la fine della prima Repubblica è peggiorata“. E quindi, appunto, la necessità di un cambiamento, perché con governi che sono durati uno o due anni, la seconda Repubblica, ha spiegato, è stata caratterizzata da un “repentino cambio di governo che coincideva spesso con un repentino cambio di maggioranza“.
“L’instabilità – avrebbe sottolineato la presidentessa del Consiglio – è alla base di molti problemi che ha la nostra Nazione, perché indebolisce inevitabilmente i governi, li ostacola, e ci indebolisce a livello internazionale“. Non solo, perché il discorso fatto da Meloni al presidente Conte è molto più lungo e complesso. Come lei, ha detto, anche il numero uno del MoVimento 5 stelle, infatti, “si rende conto del fatto che quando ci sono incontri internazionali gli interlocutori si pongono il problema di capire per quanto tempo tu sarai il loro interlocutore, cioè per quanto tempo sia utile ed efficace stringere rapporti e immaginare percorsi comuni“. Ciò che accade in casa nostra, infatti, “non accade in molte altri democrazie occidentali ed europee. Nel periodo di venti anni in cui noi abbiamo avuto svariati governi, la Francia col sistema semipresidenziale ha avuto quattro capi di governo, cioè quattro presidenti della Repubblica, e la Germania tre cancellieri“.
E ancora il tema dell’instabilità, che per la premier “fa sì che ci sia anche una maggiore difficoltà a immaginare strategie di lungo periodo. Più un governo ha un orizzonte breve, più tenderà a spendere in spesa corrente e a non fare investimenti di lungo periodo. Tutti sappiamo che gli investimenti hanno un moltiplicatore e la spesa corrente un altro“, e di nuovo il richiamo sia alla Francia, sia alla Germania, che prima della pandemia da Covid, hanno avuto orizzonti di crescita molto più alti dei nostri, e non perché “tutti i politici italiani sono meno bravi di quelli francesi o tedeschi, e io non lo credo, o c’è qualcosa che non funziona alla base del sistema“.
E quindi, ancora, le riforme istituzionali che farebbero da volano per l’economia, ma non solo, perché per Meloni, “l’altro elemento che tutti paghiamo è la disaffezione dei cittadini alla politica, al rapporto con le istituzioni, e penso non si possa negare che tale disaffezione sia anche figlia di una sensazione che a volte i cittadini hanno avuto, di un voto che veniva espresso e che però non veniva sempre adeguatamente considerato“. Per lei, ancora, “quando tu eleggi un partito, presumibilmente una coalizione, e un programma collegato, e ti ritrovi, ovviamente a norma della Costituzione, maggioranze sempre diverse da quelle che sono state votate, con programmi che a quel punto saltano, il vincolo tra rappresentante e rappresentato rischia di non essere più percepito, di venire meno, e credo che questo sia uno degli elementi che hanno allontanato i cittadini dalla partecipazione al voto“, e dunque, “tra i problemi che la politica ha la responsabilità di affrontare credo che questo possa essere uno strumento anche per entrare in questo dibattito“.
ORE 14:00 – L’incontro con i pentastellati si è concluso ed è stato Conte a spiegare cosa ha detto alla leader del centrodestra. La raccomandazione principale è quella che non ci devono essere colpi di maggioranza. “Abbiamo invitato il presidente Meloni – ha detto l’ex premier e presidente del MoVimento 5 stelle al termine dell’incontro con il governo a Montecitorio – a mantenere un’interlocuzione perchè a colpi di maggioranza un’ambizione di ridefinire in modo così rivoluzionario il quadro e l’assetto istituzionale del nostro Paese non è assolutamente raccomandabile“.
Con la presidentessa del Consiglio, ha continuato il leader del terzo partito in Italia, “abbiamo condiviso una diagnosi su alcune criticità del nostro sistema, noi riconosciamo queste criticità a partire dal problema dell’instabilità degli esecutivi, siamo assolutamente consapevoli che questo è un problema che dovremmo risolvere, come quello di garantire al Parlamento un percorso più funzionale. Il tema è che non venuta fuori una condivisione della soluzione“. Per loro, infatti, ci deve essere un rafforzamento dei poteri del premier, “ma in un quadro che si conservi equilibrato e che non mortifichi la funzione parlamentare“. “Abbiamo raccomandato di non coltivare l’ambizione di trapiantare modelli completamente diversi, sperando che poi possano funzionare, calati nel nostro contesto molto peculiare economico-sociale, politico e istituzionale“, ha detto ancora Conte al termine dell’incontro. Il metodo prospettato dai pentastellati per il dialogo passa da una commissione parlamentare costituita ad hoc, “che possa dedicarsi con continuità e costanza a questa prospettiva“.
Si è, però, avuto modo di parlare anche di altro. “Abbiamo detto al governo che ci sembra una assoluta contraddizione perseguire un progetto di autonomia regionale differenziata spinta che svuota le funzioni di governo a favore delle Regioni e poi rafforzare i poteri e le prerogative del governo centrale“, ha sottolineato l’Avvocato del popolo, che la premier avrebbe accettato. “Valuteremo anche la proposta che avete fatto sulla legge ad hoc relativa alla procedura delle riforme. Credo si possa dialogare su tutto purché non ci siano intenti dilatori“, avrebbe detto Meloni sulla proposta.
Nel concreto, poi si sono presentate undici proposte all’esecutivo, “volte a evitare cambi di casacca, a promuovere anche una maggioranza partecipazione dei cittadini grazie al rafforzamento degli istituti referendari propositivi“, ha concluso Conte.
ORE 14:23 – Subito dopo il MoVimento 5 stelle, è arrivato il turno del gruppo per le Autonomie e la Componente Minoranze linguistiche.
ORE 14:50 – A parlare al termine dell’incontro è stata la senatrice Juliane Unterberger, che ha spiegato che dal gruppo delle Autonomie condividono “in pieno l’obiettivo di dare più stabilità al sistema politico, siamo convinti che si debba trovare una soluzione, se questo debba avvenire con il premierato e la sfiducia costruttiva andrà verificato, si può discutere“. Ma c’è un ma, perché, ha concluso, “noi siamo invece scettici sul presidenzialismo, il capo dello Stato non si deve toccare, abbiamo bisogno di una figura come quella di Mattarella“.
ORE 15:41 – Il giro di consultazioni si è preso una pausa, per poi riprendere con la delegazione di Azione e Italia Viva con Carlo Calenda, Maria Elena Boschi e i capigruppo di Camera e Senato, Matteo Richetti e Raffaella Paita.
ORE 15:50 – L’incontro con il fu terzo polo è stato piuttosto rapido. Al termine hanno parlato sia il numero uno di Azione, che si è detto disponibile a collaborare. “Condividiamo l’esigenza di avere maggiore stabilità di governo, una maggiore efficienza dell’apparato complessivo dello Stato, non solo il governo centrale“, ha spiegato Calenda che poi ha riportato quanto detto da Meloni, ovvero che ci saranno altri incontri.
E quindi, “siamo favorevoli all’indicazione del presidente del Consiglio, al sindaco d’Italia“, per loro, però, “c’è una linea rossa assoluta, la figura di garanzia, di unita nazionale, sulla Costituzione, del presidente della Repubblica non si tocca“. Non solo, perché “noi siamo a favore di una scelta monocamerale e di una distinzione fondamentale delle due Camere“, ha detto ancora.
“Il governo – ha continuato poi il senatore – sembra sia disponibile in questa fase a raccogliere le idee. La premier non ci ha detto in che modo intende procedere, se bicamerale o iniziativa del governo. Noi non ci impicchiamo al metodo, ne discuteremo“. È sicuro, intanto, che dal terzo polo “non faremo nessun Aventino, sarebbe illogico e incoerente“, e che ci sarà un dialogo anche con le altre opposizioni, “perché è importante“, e perché c’è “la necessità di parlarci, è importante, logico, normale e giusto“, ha concluso Calenda.
Più o meno dello stesso tenore anche le dichiarazioni della deputata Boschi di Italia Viva. “Per noi sono due i temi fondamentali. Il primo è l’elezione diretta del premier sul modello del Sindaco d’Italia“, ha iniziato una delle fedelissime dell’ex presidente del Consiglio fiorentino. “Una riforma della forma di governo non può essere separata dal superamento del bicameralismo“, ha spiegato ancora.
C’è anche una nota polemica nelle parole di Boschi: “Noi ora che siamo all’opposizione non faremo a Meloni, che è al governo, quello che lei da leader di Fdi ha fatto nel 2016 a noi“, anzi, “non c’è una posizione pregiudiziale, ma di ascolto e di dialogo per il bene del Paese“. Per quanto riguarda, invece, la proposta di Conte, la deputata ha detto che va bene, “purché la riforme si facciano e non ci sia un tentativo dilatorio sulla tempistica“.
Successivamente, però, sempre Boschi ha precisato che su una cosa non sono d’accordo con l’ex alleato. “La proposta di Calenda impegna Azione. Noi di Italia Viva riteniamo che non ci sia la necessità di un coordinamento con le opposizioni, tantomeno con i 5stelle“, ha detto intervistata da Gerardo Greco a Metropolis.
ORE 16:16 – È arrivato poi il turno della delegazione di +Europa, composta dal segretario, Riccardo Magi, e dall’unico senatore eletto, Benedetto Della Vedova.
ORE 16:58 – Al termine dell’incontro con gli ex radicale, è stato il deputato (e segretario) a prendere per primo la parola. Quando si parla di riforme, ha detto, “c’è una questione di democrazia perché la legge elettorale è distorsiva“. Quindi, per fare le riforme istituzionali “il percorso è quello di una Commissione ad hoc formata con metodo proporzionale“, esattamente come ha prospettato anche Conte.
Sulle idee in sé e per sé, quella del “sindaco d’Italia è una follia, se non una sciocchezza“, ha spiegato Magi, che poi ha spiegato qual è invece la loro. “Abbiamo detto a Meloni quello che sa, ci sono sei decreti pendenti tra Camera e Senato. Da fine dicembre ne sono stati convertiti 16. Questo ci dice che non mancano gli strumenti al governo, ha una autostrada per dispiegare la propria azione. Il problema, in ottica di bilanciamento, è quello di ridare un senso al Parlamento“.
L’ex radicale ha poi parlato della proposta fatta alle opposizioni: “Abbiamo chiesto un coordinamento agli altri leader delle opposizioni. Ci sembra che ci siano ipotesi di lavoro che sono simili, se non identiche, tra le varie forze di opposizione. Semmai è dall’altra parte che non c’è compatezza, non c’è chiarezza su questo vuol fare. Abbiamo visto che il capogruppo della Lega che ha detto che se si va sul Sindaco d’Italia non erano questi i patti“.
Più o meno dello stesso avviso anche Della Vedova che ha spiegato come “l’elezione diretta del premier, non si capisce fatta come, cozzerebbe con l’assetto costituzionale attuale. Un presidente del Consiglio non eletto dal Parlamento come potrebbe coesistere con un presidente della Repubblica eletto dal Parlamento? Sarebbe un evidente conflitto istituzionale“. E poi l’attacco al governo: “Abbiamo capito che c’è la volontà di arrivare alle fine per rispettare una promessa elettorale. Ma, a meno di carte coperte, c’è un largo spettro su cosa fare. Su questo emerge preoccupazione: non si può arrivare così a ridosso di un iter parlamentare avendo una vaga idea, senza strumenti sul tavolo“, ha concluso il senatore di +Europa.
ORE 17:46 – Dopo una breve pausa è poi iniziato l’incontro con la delegazione di alleanza Verdi e Sinistra composta dai capigruppo di Senato e Camera, Peppe de Cristofaro e Luana Zanella, più il segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, e il co portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli.
ORE 18:43 – Al termine dell’incontro il primo a parlare è stato Bonelli, che ha spiegato che dal gruppo dei rossoverdi hanno “manifestato la nostra indisponibilità a sostenere il presidenzialismo o una elezione diretta. La figura del presidente della Repubblica va tutelata, faremo una dura battaglia, ci batteremo per questo“. Per lui, “oggi si crea questa grande attesa sulle riforme ma i problemi sono tutti lì, con una crisi economica, sociale e ambientale che nessuno vuole affrontare“.
Sulle proposte avanzate dalle altre forze delle opposizioni il co portavoce dei verdi ha detto che “la Bicamerale è un percorso che non ci convince. Va ridata centralità al Parlamento e la via principale è quella dell’articolo 138“. “Il combinato disposto tra autonomia differenziata e presidenzialismo è un qualcosa che disarticola e aumenterà le disuguaglianze sociali nel nostro Paese, tra nord e sud“, ha concluso Bonelli.
Più o meno dello stesso avviso del suo alleato, anche Fratoianni: “Abbiamo espresso la nostra netta contrarietà alle ipotesi ventilate che insistono sulla modifica della nostra Costituzione come risposta ai problemi del Paese“.
ORE 18:48 – Subito dopo è iniziato l’ultimo incontro di Meloni della giornata sul tema delle riforme, l’attesissimo e primo vera faccia a faccia con la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, che si è presentata assieme ai capigruppo di Senato e Camera, Francesco Boccia e Chiara Braga, e il senatore Alessandro Alfieri. Giungendo a Montecitorio, la deputata italo americana ha detto che loro sono “venuti ad ascoltare quello che hanno da dirci e faremo le nostre proposte“.
Schlein, che nel pomeriggio ha avuto un confronto telefonico con Conte, poi, è stata più chiara in un’intervista al Tg3. “Se hanno già deciso come va a finire, non è un vero confronto. Ed è difficile discutere. Sarebbe difficile discutere di riforme costituzionali impegnative, se loro continuassero ad andare dritti su riforme altrettanto importanti a cui noi siamo contrari come l’autonomia differenziata“. Certo, però, nessuna chiusura pregiudiziale, e anzi l’invito accettato anche per proporre loro idee, “che vanno nella direzione di tenere insieme un rafforzamento della stabilità ma anche della rappresentanza“.
La prima cosa da fare, ha detto la segretaria, è quella di cambiare la legge elettorale, quindi “basta con i listini bloccati“, ma “per rafforzare la stabilità si può pensare alla sfiducia costruttiva così come rafforzare gli istituti referendari, le leggi di iniziativa popolare“. Sulla bicamerale, dal Partito democratico, c’è una simil apertura: “Lo strumento del confronto saranno loro a stabilirlo, l’iniziativa è loro. A noi più che lo strumento interessa la qualità del confronto“, ha concluso.
All’interno della Biblioteca del presidente è stata Meloni a rispondere nel merito a Schlein. Secondo quanto si apprende, la premier avrebbe detto alla leader del primo partito di opposizione che quello che si sta facendo non lo si sta facendo per il centrodestra. “Proprio perché abbiamo una maggioranza solida siamo tra i pochi che possono cercare di trasformare quello che sta accadendo in termini, si spera, di stabilità in un orizzonte temporale del governo in carica, cercare una riforma che renda questa novità strutturale“, ha iniziato la leader di Fratelli d’Italia. E quindi, appunto, la sottolineatura per cui “questa non è una riforma che stiamo facendo per noi stessi: se dovesse andare bene, se dovesse andare in porto, se dovesse superare le sue articolate fasi, passare il referendum, per entrare forse in vigore nella prossima legislatura. Forse“.
Si vuole andare oltre, insomma: “Banalmente – ha continuato Meloni -, io credo che proprio perché allo stato abbiamo questa possibilità, dati la solidità e i numeri della nostra maggioranza, sarebbe da parte nostra miope limitarci a gestire la quotidianità“, perché non porsi il problema di come utilizzare la forza “che altri non hanno avuto per lasciare un segno che possa migliorare il futuro di questa nazione. Io immagino una riforma per la quale domani potrei essere paradossalmente ringraziata da qualcuno“, ha precisato ancora. Infatti, per lei, “il problema non è rafforzare l’esecutivo ma rafforzare la stabilità dell’esecutivo. Non è accentrare il potere“.
D’altronde, ha spiegato ancora la capa di governo a Schlein, “ogni sistema democratico ha bisogno dei suoi contrappesi. Io credo che una democrazia abbia bisogno dell’opposizione, siamo persone che capiscono il tema dei contrappesi. Sicuramente il nostro obiettivo è portare a casa questa riforma, bisogna cercare di capire qual è la convergenza. Mi pare di capire che c’è una convergenza sulla considerazione che l’instabilità è un problema“.
ORE 20:23 – Al termine dell’incontro, che per altro ha chiuso anche la giornata delle consultazioni di Meloni, la segretaria del Pd ha detto che per loro “questa discussione sulla riforma costituzionale non è una priorità del Paese. Le priorità sono quella del lavoro, della sanità pubblica, dell’attuazione del Pnrr, del clima, dei giovani, della casa“.
Nel merito, Schlein ha precisato che “non si tocca l’istituzione del presidente della Repubblica, garanzia di stabilità anche nei momenti più difficili. In nessun modo siamo per ridimensionare la figura del presidente della Repubblica a favore di un uomo o una donna sola al comando“. Non solo, perché dal Pd è arrivata anche la chiusura sul premierato, il cosiddetto sindaco d’Italia, “perché indebolirebbero il Parlamento“.
“Se l’obiettivo è rafforzare l’efficienza delle istituzioni, la stabilità e la rappresentata noi non ci sottraiamo – ha precisato ancora la segretaria del Nazareno -. Esamineremo le proposte nel merito, senza pregiudizi. Su ciò che va nella direzione di migliorare, lo guarderemo con attenzione“. Certo, ha proseguito Schlein, “non possiamo dire che fino a qui il confronto ci sia stato, questo non può essere relegato a questo aspetto mentre procedono con forzature sull’autonomia differenziata e la riforma degli enti locali“.
Intanto sono sei le proposte avanzate: la prima la già citata riforma della legge elettorale, che punta a ritrovare un rapporto di fiducia tra eletti ed elettori “superando innanzitutto le liste bloccate“; la seconda è sul rafforzamento dei poteri del premier “guardando al modello tedesco” con la “sfiducia costruttiva che eviterebbe crisi al buio“. La terza questione “posta è la necessità di limitare la decretazione d’urgenza“. Un altro tema è “il rafforzamento degli istituti referendari e delle leggi di iniziativa popolare su cui si dovrebbero prevedere l’obbligo di esame e anche abbassare il quorum con l’introduzione della possibilità di firmare anche in digitale“. Altri temi, ha concluso Schlein, sono “l’attuazione piena dell’articolo 49 e una legge sul conflitto d’interessi“.
Quanto al confronto è stato franco per la leader del Pd, anche se loro non credono “si possa affrontare una discussione così rilevante e delicata sugli asseti istituzionali del Paese a compartimenti stagni. Abbiamo posto questo tema con forza all’esecutivo“.
Ecco, quindi, quali sono le posizioni dei vari partiti.
Al termine di tutto, sono arrivate anche le parole della presidentessa del Consiglio, che per prima cosa ha sottolineato quali sono gli obiettivi irrinunciabili dell’esecutivo, ovvero “il rispetto del voto dei cittadini e la stabilità dei governi“. Come già aveva detto in precedenza, Meloni ha spiegato che non hanno proposto “una soluzione preconfezionata per arrivare a una convergenza più ampia“, salvo poi aggiungere che comunque “è stata una giornata proficua, molto interessante. Abbiamo discusso molto con tutte le delegazioni“.
E quindi, di nuovo, è “molto importante che ci sia una condivisione, ma non a costo di venir meno all’impegno assunto con i cittadini“, perché “l’instabilità ha prodotto danni alla nostra nazione, a differenza di paesi come Francia e Germania” e ancora il richiamo alla debolezza economica, la disaffezione dei cittadini, “per i governi che sono stati fatti all’interno dei palazzi senza che i cittadini potessero dire la loro“. Fondamentale, ancora, “rimettere la sovranità nelle loro e garantire una democrazia più matura. Noi abbiamo problemi di instabilità che non ha eguali nelle altre grandi democrazie occidentali“.
Sul confronto, e sulle interlocuzioni, la premier ha detto che “le posizioni espresse dai partiti di opposizione sono state molto variegate tra loro. Cerchiamo ora di elaborare una nostra proposta che possa tenere in considerazione queste valutazioni“. In sintesi, ha continuato, da parte dei partiti che siedono tra i banchi delle opposizioni c’è stata “una chiusura più netta su un modello di presidenzialismo o semi presidenzialismo e mi pare la valutazione sia più variegata sull’ipotesi elezione diretta del presidente del Consiglio“.
Come ha detto anche Schlein, il “dialogo molto aperto, franco, collaborativo. Ha aiutato noi ad avere le idee più chiare“, anche se continuerà con “l’ascolto degli altri livelli istituzionali, la Conferenza Stato-Regioni, i sindaci, corpi intermedi“.
Sulla bicamerale, ancora, Meloni ha spiegato che il “dibattito è aperto, se il confronto è serio sono disponibile a parlare di tutto. Non possiamo però perdere tempo all’infinito, abbiamo una maggioranza solida, possiamo arrivare a una democrazia più forte e più matura“. “Io – ha poi aggiunto – sono disponibile al confronto, ho idee chiare su cosa sia efficace, ma se si propone solo la sfiducia costruttiva non mi apre una riforma risolutiva” allora “mi pare che non c’è la voglia di fare quello che bisogna fare“.
Quanto al tema dell’autonomia, per la premier si lega perfettamente con la riforma istituzionale, e infatti dal governo hanno pensato “a un unico pacchetto” ma “anche su questo siamo disponibili al confronto“. “Possiamo immaginare un modello italiano, noi non siamo innamorati di un modello in particolare“, ha concluso la presidentessa del Consiglio.
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