Divisi dalla politica, uniti dal compleanno. Nello stesso giorno degli 80 anni di Silvio Berlusconi, festeggia anche Pierluigi Bersani che, con le sue metafore, ha caratterizzato la politica degli ultimi anni tanto quanto l’ex Cavaliere. Classe 1951, l’ex segretario del PD è stato vicino a lasciare la politica, in particolare dopo l’emorragia subaracnoidea che lo colpì nel gennaio 2014, ma, come lo storico rivale, ha continuato e continua ancora oggi a fare politica. A differenza di Berlusconi, che ha dichiarato di non avere tutta questa passione per la politica, Bersani non riesce a farne a meno: come il suo avversario di allora, è riuscito a segnare più di un’epoca (è stato 3 volte ministro ed è stato segretario dei dem per 4 anni) ma soprattutto ha lasciato il segno nel linguaggio con uno stile tutto personale, che unisce l’accento piacentino alla ricerca di una lingua colloquiale, di facile comprensione, anche con l’uso di detti popolari. L’effetto però molto diverso da quello immaginato: nascono così le metafore di Bersani che faranno la gioia di comici nostrani (uno su tutti Maurizio Crozza) e delle persone comuni.
La questione delle metafore di Bersani è interessante non solo per chi mastica politica ma anche per chi si occupa di comunicazione: negli ultimi anni si sono interessati alle sue trovate linguistiche esperti e nomi eccellenti, uno su tutti Umberto Eco che nella sua rubrica per l’Espresso coniò il termine di “bersanemi“. Lo stesso Bersani ha spiegato perché le usa così spesso. “Per me la metafora è la figura retorica più democratica che c’è, perché riesce, se fatta bene, a far capire con immediatezza un concetto magari non semplice. Il linguaggio ha a che fare con la politica: spesso mi dicono che sono trasandato o dialettale ma io penso che un linguaggio che cerca di farsi capire allude a una politica semplice e trasparente“, disse intervenendo alla trasmissione di Maurizio Crozza, quando i due si sfidarono a colpi di “Oh ragassssi“.
Di seguito abbiamo raccolto il meglio delle metafore di Bersani: ecco la nostra top 10.
10. “Non è che puoi fare una scarpa e una ciabatta”
Bersani interviene dal palco di un convegno del PD di cui è segretario e parla delle riforme dell’allora maggioranza in tema di federalismo fiscale che, dice, vanno inserite in un contesto di riforma fiscale generale. Il motivo? “Non è che puoi fare una scarpa e una ciabatta, e scusa Crozza“, dirà scoppiando a ridere dal palco.
9. “Ci hanno levato la briscola” e “siamo rimasti col due in mano”
Uno degli ambiti a cui Bersani prende in prestito immagini e parole è quello delle trattorie di paese, la provincia della bassa da cui proviene, Bettola (il suo paese d’origine) e i pomeriggi al bar tra una partita a carte e un bicchiere di vino. Fioccano le allusione al gioco della briscola quando parla di economia o della gestione di un partito che, nel suo vocabolario diventa “‘sta roba qui“.
8. “Penso che il consenso sia come una mela attaccata al ramo, che viene giù quando c’è un cestino nuovo che la prende su”
Siamo negli studi di “Ballarò” nel 2009 e il segretario dem parla del consenso politico, dei numeri sempre più bassi del centrodestra di Berlusconi e della necessità per il centrosinistra di rivolgersi ai moderati delusi per battere gli avversari alle politiche, quando se ne esce con la metafora della mela. Qualche giorno dopo e lo staff dem mette sul sito bersanisegretario.it la pagina “Cogli la mela insieme a Bersani”.
7. “Ma tu vuoi un tortello a misura di bocca”
Entriamo nell’ambito degli amatissimi proverbi emiliani citati molte volte dall’ex segretario. La misura del tortellino, argomento che nella bassa rischia di scatenare faide familiari, viene tirata in ballo per spiegare un aspetto tecnico dei conti pubblici ed è rivolto a un suo avversario in un dibattito tv.
6. “Voglio un partito che funzioni come una bocciofila o l’Avis”
Siamo sempre nel 2009 e in un’intervista a Diego Zoro, allora solo blogger non ancora sbarcato in tv con Gazebo, spiega la sua idea di partito. “Devi anche accettare alcune auto-limitazioni, serve un minimo di disciplina e meccanismi che garantiscano la partecipazione anche al di fuori di te. Finora noi ce ne siamo dimenticati“, dovrà aggiungere per chiarire.
5. “Difficile rimettere dentifricio nel tubetto”
Qui siamo in tempi più vicini, all’epoca delle lotte interne al PD sul Jobs Act. Passato alla minoranza, l’ex segretario insiste sul tema dell’articolo 18 e ammette che ci sono stati dei passi avanti nelle trattative con la maggioranza renziana, ma avvisa che “l’approccio al tema non è stato corretto perché poi è difficile rimettere il dentifricio nel tubetto“.
4. “Se bevi l’acqua non dimenticarti di chi ha scavato il pozzo”
Sempre nel 2014, Bersani si trova a commentare negli studi de La7 il rapporto tra la vecchia guardia dem come lui, ex PCI, e la nuova leva che guida il PD, incarnata da Renzi. Pur ammettendo che il rinnovamento è essenziale, rilancia l’importanza del passato che ha portato il partito dove è adesso perché “se bevi l’acqua non dimenticarti di chi ha scavato il pozzo“.
3. “C’è tanta gente che preferisce un passerotto in mano che un tacchino sul tetto”
Ad aprire il podio c’è una metafora che, ancora oggi, è difficile da comprendere. Nel 2011 l’allora segretario partecipa a un dibattito su Rai Uno con il suo avversario alle primarie, Matteo Renzi. Si parla di tasse ed evasione fiscale e l’ex sindaco di Firenze ricorda la necessità di un accordo con la Svizzera per tassare i capitali esportati illecitamente. Bersani controbatte e dice di aver parlato con l’allora presidente del partito socialdemocratico tedesco Sigmar Gabriel e spara il famoso “tacchino sul tetto”. Il significato? Si tratta della traduzione letterale di un detto tedesco, l’equivalente del nostro “meglio un uovo oggi che una gallina domani”.
2. “Non è che siam qui a pettinare le bambole o, come diciamo a Genova, asciugare gli scogli”
Siamo nel giugno 2011, a Genova, alla conferenza nazionale per il lavoro del Partito democratico. Sul palco interviene il segretario Bersani che parla delle proposte del PD in tema lavoro, quando arriva la perla. “Ci chiedono: qual è il progetto? È una domanda che fanno solo a noi, eh? ma io son contento… Qual è il progetto? Io dico: stiamo lavorando… ma, appunto, non è che siam qui a pettinare le bambole o… aspetta aspetta… ché qui a Genova diciamo ad asciugare gli scogli“. Il resto è storia.
1. “Siam mica qui a smacchiare i giaguari? (…) “Abbiamo smacchiato il giaguaro”
Al primo posto il “bersanese” per eccellenza, lo “smacchiare giaguari” che fu il tormentone delle elezioni del 2013, quando Bersani (non) vinse. In realtà il giaguaro entra sulla scena politica nostrana in occasione delle amministrative 2011 quando il PD vince a piene mani in tutta Italia e inizia la rincorsa verso il centrodestra guidato da Berlusconi. Per il Partito Democratico quella vittoria era il preludio del successo a livello politico che, alla fine, non arriverà. Al posto del giaguaro due anni dopo si troverà davanti un Grillo che decreterà la sua (non) vittoria.
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