Un uomo somalo di 31 anni, che di professione fa il geometra e vive a Napoli, il 21 febbraio del 2013 sposò sua moglie a Jedda, in Arabia Saudita. Per le nozze versò una somma di duemila euro alla famiglia, una sorta di ”acquisto”, un versamento obbligatorio che fa parte delle regole della sharia, la legge islamica vigente in tale paese. Dopo essersi trasferito a Napoli, l’uomo ha chiesto di poter essere raggiunto dalla moglie, ma il ricongiungimento era stato ostacolato dalla Farnesina, secondo la quale il matrimonio contratto in Arabia non era valido. Il Tribunale di Napoli, però, chiamato a pronunciarsi in merito, ha stabilito che le nozze sono perfettamente valide anche nel Belpaese.
Il matrimonioYusuf M e Osman F. si sono sposati nel 2013 in Arabia Saudita seguendo la legge islamica, la sharia: quindi a lui è toccato versare una somma – il cosiddetto ”donativo nuziale” – obbligatoria pari a 2.000 dollari. In seguito al trasferimento di Yusef in Italia, a Roma, lui aveva chiesto di poter avere vicino la moglie attraverso un ricongiungimento familiare.
I dubbi della FarnesinaMa il ministero degli Esteri italiano aveva ritenuto non valido tale matrimonio perché a giudizio dei funzionari che hanno analizzato il caso, mancava la ”documentazione idonea attendibile atta a dimostrare la propria condizione di coniuge”. In pratica la Farnesina ha sostenuto di aver interrogato la donna con dei propri funzionari: Osman avrebbe dichiarato che il matrimonio non sarebbe stato celebrato e che il marito non sarebbe stato neanche presente a Jedda. Il ministero ha pure sostenuto che il religioso che ha celebrato il matrimonio, tale Mohamed Shaikd Alì, non ha alcuna qualifica, in quanto per il governo dell’Arabia Saudita risulterebbe essere un semplice operaio.
Il ricorsoIn seguito a un ricorso presentato da Yusuf, il giudice del Tribunale di Napoli si è pronunciato stabilendo il contrario di quanto detto dal ministero degli Esteri: quindi il giudice monocratico Marina Tafuri, della I sezione bis del Tribunale napoletano ha ritenuto valide le nozze e anche la richiesta di ricongiungimento: ”In assenza di elementi probatori che con certezza dimostrino la non autenticità del documento in parola, deve reputarsi che il rapporto di coniugio nel caso trovi fondamento”. I legali dell’uomo hanno infine sottolineato che, al di là delle forme, c’è una sostanza costituita dalla volontà dei due coniugi di costituire un nucleo familiare.
Il risarcimento del dannoI legali dell’uomo avevano anche chiesto una somma pari a 20mila euro di danni morali ma il giudice ha negato la possibilità di un risarcimento del danno: ”Non sembra nella fattispecie ricorrente alcuna ipotesi di dolo o colpa grave” nei confronti del ministero, ”che ha esaminato e preso in considerazione la documentazione prodotta ma ha offerto della stessa una diversa interpretazione sulla base dell’istruttoria intrapresa”. La sentenza però sarà appellata dai legali che chiederanno ancora di poter incassare il risarcimento ”per i danni non patrimoniali subiti dalla coppia e corrispondenti alla lesione di diritti costituzionalmente garantiti e consolidatisi in due anni di separazione forzata”.