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I Comuni italiani in dissesto economico e finanziario nel nostro Paese sono veramente tanti e risultano in aumento rispetto alla situazione che si poteva registrare qualche anno fa. L’elenco comprende anche grandi città e in tutto sono 180 gli enti locali in crisi, che non riescono più a trovare i soldi necessari per pagare i debiti e per fornire ai cittadini adeguati servizi. Si tratta di problemi pratici per molti Comuni, che devono fare i conti sempre di più con bilanci negativi e con i tagli delle spese.
I Comuni in crisi hanno le stesse caratteristiche di un’impresa in fallimento. Devono eliminare il più possibile le spese, cercare di incrementare le entrate, vendere beni per pagare i creditori. Tuttavia c’è una differenza fondamentale tra un Comune in dissesto e un’impresa in crisi: il Comune non può chiudere e contemporaneamente deve continuare ad offrire ai cittadini i servizi essenziali, come la sicurezza e gli aiuti a chi è in difficoltà.
I Comuni in dissesto
Nel 2009 in Italia i Comuni in dissesto erano soltanto due. Nel 2010 il numero è salito a otto. Solo nella prima metà del 2014 la cifra è salita a 63. Il numero è, quindi, costantemente in aumento e comprende tutte quelle amministrazioni comunali che non riescono ad uscire da una situazione molto negativa. Uno dei casi in questione è quello di Casal di Principe. Qui rimangono prive di attenzione 700 domande di assegni familiari, dal momento che non ci sono degli assistenti sociali che possano esaminarle. Le scuole non hanno ottenuto il certificato di agibilità sanitaria e più di metà dei cittadini non usufruisce dell’acqua corrente. In una città di 20.000 abitanti ci sono debiti per 16 milioni di euro.
Una situazione estrema, ma non molto lontana da quelle di tanti altri enti locali del nostro Paese. Ad Alessandria il sindaco del PD ha trovato al suo arrivo 200 milioni di euro di debiti. Stessa cifra anche per Caserta, che ha un deficit annuale di 24 milioni. E in condizioni simili sono anche Latina, Velletri e Terracina.
Un’altra categoria di enti che non sono in condizioni molto positive è rappresentata da quelli in pre-dissesto, una condizione meno pesante rispetto a quella dei Comuni in crisi, ma ugualmente negativa, visto che a volte si tratta di grandi città con milioni di debiti, costrette a rinviare per lungo tempo le scadenze di pagamento e a cancellare gli interessi di mora. Tra queste, ci sono Napoli, Catania, Messina, Reggio Calabria e Frosinone.
La crisi è uguale per tutti?
In una situazione difficile come questa arriva anche la polemica di alcune amministrazioni comunali, che sostengono che a volte vengono fatte delle vere e proprie differenze tra i Comuni più grandi e quelli di dimensioni minori. Secondo Maria Rita Rossa, sindaco di Alessandria, non si possono fare due pesi e due misure fra chi abita a Roma o a Napoli e chi sta ad Alessandria. Rossa definisce “bad company” quella nella quale sono stati spostati i debiti di Roma, che ha evitato il dissesto ed è potuta ripartire al meglio. Intanto sono parecchi i Comuni che devono alzare al massimo le tasse e mettere molti dipendenti in cassa integrazione. E proprio a Casal di Principe il sindaco conta sull’aiuto dei volontari per pulire le strade.