Quali sono le regole in italiano per quanto riguarda la concordanza dei tempi verbali? E’ quello che andremo a scoprire oggi nel nostro appuntamento settimanale con la grammatica. Che cos’è la concordanza dei tempi verbali? Si tratta in pratica dell’insieme di regole che decidono l’uso dei tempi e dei modi verbali sia nella frase principale che in quella subordinata. A tutti gli effetti, è il retaggio della consecutio temporum del latino.
Potrebbe sembrare facile, ma sommate l’uso del bistrattato congiuntivo con quello dei concetti di anteriorità, contemporaneità e posteriorità delle varie forme verbali e allora vi renderete conto che non è così semplice. In linea generale, la concordanza dei tempi indica solamente il rapporto temporale intercorrente fra la frase principale e quella subordinata. Per quanto riguarda invece il rapporto fra le diverse frasi principali, dipende più che altro da una correttezza di base di stile e da un suo essere coeso più che da un discorso di sintassi e di grammatica. Ma andiamo ora a vedere quali regole seguire per la concordanza dei tempi.
Qui andremo a stabilire quali sono le regole dell’uso dei tempi dell’indicativo nella frase subordinata, concetti che fra l’altro sono alla base della costruzione del discorso indiretto. Queste che diamo sono solo delle indicazioni: ci possono essere tantissime variazioni, anche a seconda del significato che vogliamo dare al contesto. Ci sono poi anche delle piccole differenze a seconda che si usi la lingua scritta, più formale o quella parlata.
FRASE PRINCIPALE AL PRESENTE
Se la frase principale del discorso è al presente, la frase subordinata sarà al passato prossimo per indicare anteriorità, al presente per indicare contemporaneità e al futuro semplice per indicare posteriorità. Vediamo un esempio:
Come dicevamo, le regole non sono così fisse. Comunemente il rapporto di posteriorità viene anche indicato col presente, utilizzato al posto del futuro semplice (Mario crede che domani vado a Torino). Se usiamo il presente, vuol dire che c’è una maggior certezza nella nostra azione o che voglio usare uno stile più semplice e immediato. Nello stesso modo, anche il rapporto di anteriorità può essere indicato col passato remoto o con l’imperfetto al posto del passato prossimo (Mario crede che ieri andai/andavo a Torino). Per quanto riguarda la frase principale, l’indicativo può essere tranquillamente sostituito con il condizionale, ma i tempi della subordinata seguono comunque lo schema che vi abbiamo fornito.
Una piccola postilla merita il discorso con la frase principale al futuro: in questo caso l’anteriorità viene indicata col futuro anteriore (Mario crederà che domani sarò andato a Torino), mentre la contemporaneità e la posteriorità vengono presentate con un futuro semplice.
FRASE PRINCIPALE AL PASSATO
Un po’ più complessa da definire la questione della concordanza verbale se il verbo della frase principale è al passato: in questo caso il tempo della subordinata deve essere adattato a seconda del momento indicato dalla principale. Ed ecco gli esempi:
Anche qui bisogna fare qualche precisazione. Se un’azione è ancora in corso, si potrebbe usare anche il presente nella subordinata, anche se in realtà il rapporto di contemporaneità vorrebbe l’uso dell’imperfetto (Mario credeva che vado a Torino). Se invece uso il passato prossimo nella principale, lo potrei interpretare in due modi, dipende dal contesto in cui lo utilizzo: come forma del passato (Poco tempo fa, Mario ha creduto che vado a Torino) o come forma del presente (Tanto tempo fa, Mario ha creduto che andavo a Torino). Nei registri linguistici non particolarmente aulici, il futuro nel passato potrebbe essere tranquillamente indicato dall’imperfetto (Ieri, Mario ha creduto che andavo a Torino più tardi).
Un altro dettaglio, riguarda l’utilizzo del condizionale presente utilizzato nella subordinata retta da una reggente al presente: Mario crede che saresti andato a Torino, Mario credeva che saresti andato a Torino. Tutto ciò riguarda, ovviamente il periodo ipotetico: Mario crede che se tu andassi a Torino, avresti dei problemi, Mario credeva che se tu fossi andato a Torino, avresti avuto dei problemi.
Purtroppo molto spesso accade che una certa frase nella reggente, richieda un congiuntivo nella subordinata. Oppure può capitare che l’utilizzo del congiuntivo sia obbligatorio a causa dell’uso di una congiunzione. E qui sono dolori: nonostante il fatto che il congiuntivo nella subordinata segua più o meno le stesse regole di concordanza dell’indicativo, il congiuntivo ci mette decisamente più in crisi. Se siete in crisi, provate a ripetere a voce alta la frase: se sentite una certa dissonanza, vuol dire che c’è qualche modifica da fare nei vostri tempi verbali.
FRASE PRINCIPALE AL PRESENTE
Come dicevamo, alla fine della fiera le regole della concordanza nel congiuntivo seguono quelle dell’indicativo, solo che sono un pochino più ostiche da tenere a mente. Vediamo qualche esempio:
Esattamente come accade nelle subordinate all’indicativo, la posteriorità temporale può essere indicata anche con il congiuntivo presente (Mario crede io vada a Torino più tardi). Un’altra eccezione è quando si vuole esprimere anteriorità nel presente della principale: possiamo usare il congiuntivo imperfetto nella secondaria, basta solo che si indichi o un’abitudine o uno stato (Mario crede che gli egiziani fossero persone religiose). Se però nella principale uso il futuro, allora la subordinata va al congiuntivo presente (Mario non crederà che io vada a Torino).
FRASE PRINCIPALE AL PASSATO
Anche qui vale la regola che se la proposizione principale ha il verbo al passato, allora per la subordinata bisognerà adattare il tempo verbale a seconda dell’occorrenza:
Anche qui occorre fare qualche precisazione. Se la frase subordinata è al congiuntiva, allora anche un eventuale condizionale presente nella principale ha il valore di una forma verbale al passato (A Mario piacerebbe che io andassi a Torino, contemporaneità al passato; Vorrei che Mario avesse mangiato di meno prima della gara, anteriorità nel passato). Questo strano uso del condizionale, è anche alla base della formazione del periodo ipotetico della possibilità o dell’irrealtà (Mario sarebbe felice se io andassi a Torino, contemporaneità; Sarei molto felice se Mario avesse mangiato, anteriorità).
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