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Sono passati tre mesi dalla conferma da parte della Corte d’Appello di Firenze della condanna a 16 anni e un mese per Francesco Schettino responsabile del naufragio della Costa Concordia. Dal 31 maggio scorso, giorno della sentenza, arrivano le motivazioni che hanno condotto la corte ad emettere il giudizio nei confronti del comandante.
NAUFRAGIO COSTA CONCORDIA: LA RICOSTRUZIONRE DEI FATTI
Schettino ha mentito
Schettino sapeva che c’erano persone a bordo eppure la notte del 13 gennaio 2012 mentì. “Non e’ attendibile quanto riferito dall’imputato durante l’esame dibattimentale in merito al fatto che, nel momento in cui saltava sul tetto di una lancia, non si era reso conto che vi erano persone ancora a bordo”, scrivono i giudici. Secondo la Corte l’ormai ex comandante “era consapevole che diverse persone si trovavano ancora sul lato sinistro della nave o che, comunque, quantomeno aveva seri dubbi in tal senso e decideva in ogni caso di allontanarsi in modo definitivo dalla Concordia”.
Schettino ha comunque abbandonato la nave mentre i passeggeri si trovavano ancora a bordo, sostenendo, al telefono col capitano Gregorio De Falco, il capo della sezione operativa della guardia costiera di Livorno, di essersi attivato nel coordinamento dei soccorsi da una lancia. Nella sentenza infatti si legge che l’allora capitano della Costa Concordia, “dopo aver mentito al sottocapo Tosi (un soccorritore, ndr) continuava a raccontare il falso anche a De Falco”, il tutto mentre Schettino “era già in salvo”.
L’inchino
Le indagini hanno accertato che la nave volesse fare l’inchino all’isola del Giglio, ovvero la manovra di avvicinamento alla costa in segno di omaggio. Omaggio che sarebbe stato indirizzato all’ex ammiraglio Mario Palombo, figura carismatica della marineria italiana. I giudici sostengono che Schettino “fece l’inchino secondo istinto”. “L’intenzione del comandante non era seguire la rotta del cartografo” ma “navigare secondo il suo istinto marinaresco, più a ridosso dell’isola, confidando nella sua abilità”. “Non intendeva attenersi alla rotta per l’inchino ma passare più vicino all’isola seguendo una sua rotta che non era stata comunicata ad alcuno”, si legge nelle motivazioni della sentenza. “È eloquente la telefonata con Mario Palombo dove Schettino s’informava se c’era acqua alta sufficiente in un punto a distanza inferiore a quella dove sarebbe dovuta passare la nave”, scrivono i giudici.
L’accusa, in secondo grado, aveva chiesto per Schettino 27 anni e tre mesi di reclusione. Ad avanzare la richiesta di condanna nel processo d’appello per il comandante della Costa Concordia è stato il procuratore generale, Giancarlo Ferrucci. Ferrucci aveva chiesto 9 anni per naufragio colposo, 15 per omicidio e lesioni plurime colpose (nel naufragio sono morte 32 persone) e 3 anni per abbandono di persone incapaci a bordo della nave. Ma i giudici hanno respinto l’accusa della “colpa cosciente” che avrebbe alzato la pena nei confronti dell’ex comandante.