Un anno e sei mesi per la sindaca Chiara Appendino, l’ex questore Angelo Sanna, l’ex capo di gabinetto Paolo Giordana, l’ex presidente di Turismo Torino Maurizio Montagnese e per l’architetto Enrico Bertoletti, che si occupò di parte della progettazione dell’evento, tutti imputati di disastro, omicidio e lesioni colpose per i fatti di Piazza San Carlo a Torino.
I fatti di piazza San Carlo
Era il 3 giugno 2017 quando in piazza San Carlo a Torino si riversarono migliaia di tifosi pronti ad assistere alla proiezione della finale di Champions League tra Juventus e Real Madrid.
Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, il panico scatenato tra il pubblico, che provocò la morte di due persone e oltre 1.500 feriti, fu causato dallo spray urticante al peperoncino spruzzato da alcuni rapinatori.
Per le lesioni riportate quella sera del 2017, Erika Pioletti, 38 anni, perse la vita e Marisa Amato, 65, rimase paralizzata. Erika, che si era unita ai tifosi in Piazza San Carlo insieme al fidanzato, morì 12 giorni dopo in ospedale. Marisa Amato è invece deceduta il 25 gennaio 2019.
Appendino: “Accetto la decisione per il ruolo che rivesto”
La sindaca Appendino ha commentato la sentenza: “È una decisione che accetto e rispetto, anche per il ruolo che rivesto”.
Nonostante ciò, Chiara Appendino farà appello, ha spiegato: “La tesi dell’accusa, oggi validata in primo grado dalla Giudice è che avrei dovuto prevedere quanto poi accaduto e, di conseguenza, annullare la proiezione della partita in piazza. È una tesi dalla quale mi sono difesa in primo grado e che, dopo aver letto le motivazioni della sentenza con i miei legali, cercherò di ribaltare in appello perché evidente che, se avessi avuto gli elementi necessari per prevedere ciò che sarebbe successo, l’avrei fatto. Ma così non fu e, purtroppo, il resto è cronaca“.
Anche uno dei co-imputati, l’ex questore Angelo Sanna, si è detto d’accordo con l’Appendino: “Dopo aver servito per 47 anni lo Stato e aver rispettato le sentenze è giusto che anche oggi rispetti questa decisione“.
Il PM: “Non c’è da essere contenti”
Il pubblico ministero del processo, Vincenzo Pacileo, ha però sottolineato che una sentenza di condanna, in casi come questo, non è una vittoria. Pacileo dopo la lettura del verdetto ha affermato: “Nei reati colposi la condanna è sempre una sconfitta per la società. La Procura fino adesso ha avuto ragione ma non c’è da essere contenti”.