Momenti di paura a Pieve Modolena frazione di Reggio Emilia, dove Francesco Amato, condannato il 31 ottobre a 19 anni nel processo Aemilia sulla ‘ndrangheta al Nord, si è asserragliato in un ufficio postale armato di coltello. L’uomo, che si era reso irreperibile dopo la sentenza di condanna ed era ricercato, è entrato alle Poste brandendo l’arma e ha trattenuto cinque persone. Sul posto ci sono i Carabinieri e la Polizia: uno degli ostaggi, una donna, sarebbe stata fatta uscire dall’edificio e, appena fuori, avrebbe avuto un mancamento, venendo soccorsa dal personale del 118 presente sul luogo.
Secondo i militari dell’Arma Amato non sarebbe molto lucido. “Ha chiesto di parlare con dei politici sulla condanna, a suo dire ingiusta”, fanno sapere i Carabinieri. A suo dire sarebbe “sì un delinquente, ma un delinquente onesto, non mafioso”. L’uomo vorrebbe parlare con il ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Amato è stato condannato perché, con il fratello Alfredo, secondo i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Bologna era “costantemente in contatto con gli altri associati della famiglia Grande Aracri in particolare per la commissione su richiesta di delitto di danneggiamento o minaccia a fini estorsivi, commettendo una serie di reati”.
Il processo Aemilia si è concluso lo scorso 31 ottobre con 118 condanne per un totale di oltre 1.200 anni di carcere e altri 24 in abbreviato: tra questi anche l’ex calciatore Vincenzo Iaquinta (2 anni per reati di armi senza aggravante mafiosa) e 19 per il padre Giuseppe.
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