Consiglio europeo, intesa ancora lontana sul Recovery Fund

Al termine della seconda giornata di lavori del Consiglio europeo straordinario chiamato a decidere sulle risorse da destinare al Recovery Fund e sul bilancio Ue per il 2021-2027, l’intesa tra i Paesi frugali del Nord – Olanda, Austria, Danimarca e Svezia – e i Paesi mediterranei – Italia, Francia, Spagna e Portogallo – rimane distante.

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A confermarlo lo stesso premier Giuseppe Conte, che in un aggiornamento video da Bruxelles ammette: “Siamo in una fase di stallo, si sta rivelando complicato, più complicato del previsto. Sono tante le questioni su cui stiamo discutendo che non riusciamo a sciogliere” afferma Conte. “Sto invitando tutti a convergere verso un obiettivo comune. Alcuni Paesi, cosiddetti frugali, non condividono la necessità di una risposta così consistente, soprattutto per quanto riguarda i sussidi”.

Consiglio europeo, le richieste dei Paesi frugali

I cosiddetti Paesi frugali, capeggiati dall‘Olanda, sembrano infatti non voler cedere alle richieste dei Paesi del Sud, tra cui l’Italia. In particolare, il premier olandese Mark Rutte continua a chiedere per gli Stati membri la possibilità di esprimere un veto sull’erogazione degli aiuti del Recovery Fund ai singoli Stati, che dovrebbe avvenire dunque all’unanimità del Consiglio europeo, richiesta ritenuta non accettabile dai Paesi mediterranei. I Paesi frugali, inoltre, continuano a chiedere anche un consistente taglio dei sussidi a fondo perduto attualmente previsti dal fondo per la ripresa, ovvero 500 miliardi di euro, ai quali vanno aggiunti 250 miliardi di prestiti a basso interesse, per un totale di 750 miliardi.

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Nel tentativo di superare l’impasse, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha presentato ai leader europei una proposta di compromesso che vedrebbe la parte del Recovery Fund costituita dai sussidi a fondo perduto ridursi di circa 50 miliardi di euro. Oltre al taglio delle sovvenzioni, il piano di Michel prevede anche l’aumento dei cosiddetti rebates, i rimborsi sulla contribuzione al bilancio Ue, per Austria, Danimarca e Svezia. Previsto infine anche un “freno di emergenza” che permetterebbe ai Paesi membri di bloccare l’accesso ai fondi del Recovery fund e di richiedere l’intervento del Consiglio europeo. Infatti, per i cosiddetti Paesi frugali, nodo cruciale è che le risorse distribuite vengano utilizzate nel modo corretto per l’attuazione di importanti riforme.

Insomma, la partita che si sta giocando sul tavolo europeo è ancora lungi dall’essere conclusa, una partita che potrebbe decidere delle stesse sorti dell’Unione. Se però in seno all’Europa continueranno a dominare i vari egoismi nazionali, raggiungere un accordo sarà piuttosto difficile.

Nell’epoca dei grandi spazi e delle grandi potenze, Stati Uniti e Cina su tutte, la costruzione di uno spazio europeo sempre più integrato, non solo dal punto di vista economico e monetario, ma anche e soprattutto politico, è un obiettivo che i governi europei non possono più rimandare se si vuole salvare il sogno europeo, oggi messo a repentaglio dal permanere in Europa di una mentalità eccessivamente egoistica.

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