Non sembrano potersi aprire spiragli neanche stavolta sull’ormai famigerato price cap, misura richiesta dall’Italia e da altri Paesi UE e che sarà trattata per l’ennesima volta (probabilmente nuovamente senza esito) nel Consiglio Europeo sull’energia di quest’oggi.
Nonostante Italia e altre 14 nazioni (Francia inclusa) ne chiedano l’attuazione, lo scoglio principale da superare è la ritrosia di Germania, Olanda e Repubblica Ceca e gli stessi tentennamenti della Commissione UE ne tradiscono il posizionamento a riguardo.
Si riuniscono oggi i ministri dell’energia dei vari stati membri UE per discutere della difficile situazione di approvvigionamento energetico e di costo degli idrocarburi. La questione più attesa e divisiva, il price cap al gas, non sembra verrà affrontata dal consesso odierno, con molti stati, Italia in testa, alquanto contrariati da tale immobilismo decisionale.
A ribadire che il tema non sarà oggi in agenda è il delegato all’energia della Repubblica Ceca, stato che attualmente detiene la presidenza dell’Unione Europea, il quale si accoda ai Paesi più riluttanti al provvedimento, ossia Germania ed Olanda.
La stessa Commissione Europea ha motivato in un documento informale le ragioni della propria contrarietà al price cap, soprattutto se generalizzato a tutto il gas importato in Unione. I rischi per l’organo UE vanno dalla perdita di attrattività per i fornitori, all’aumento della domanda fino alla possibile perdita di quell’incentivo di mercato che sostiene i trasferimenti energetici tra nazioni UE.
La Commissione propone invece come preferibile una via che fondi sul negoziato con i singoli fornitori la modalità per calmierare i prezzi, puntando su approvvigionamenti da Paesi affidabili con cui concludere contratti a lungo termine, meno vincolati alle fluttuazioni di breve periodo.
Un price cap al solo gas russo non è escluso (tuttavia ora la sua incidenza sarebbe marginale vista la sensibile riduzione di approvvigionamenti moscoviti verso la UE avuta in questi mesi); mentre assai più spianata è la strada per un provvedimento per il disaccoppiamento del prezzo dell’energia elettrica da quello del gas.
La linea di Commissione e di parte dei cosiddetti “stati frugali” irrita in primo luogo l’Italia, prima e maggiore sostenitrice di un tetto al prezzo degli idrocarburi, ma altri 14 Paesi, tra cui la Francia, si allineano a quanto sostenuto dallo Stivale.
Il primo ministro italiano Draghi ha ribadito come sia necessario mantenere l’unità interna dell’organizzazione, come fatto per il sostegno alla causa ucraina, e procedere determinati verso una soluzione che, senza produrre vistose distorsioni del mercato, contenga i costi a carico di famiglie ed imprese.
Unità che richiede quindi una solidarietà interna: ecco perché lo stesso premier si mostra critico verso la decisone della Germania di stanziare 200 miliardi di Euro per ammortizzare il caro bollette su cittadini e comparto produttivo tedesco. Stessa Germania che invece blocca misure parimenti distorsive a livello europeo, quale appunto un price cap generalizzato.
Tale incoerenza viene sottolineata da Draghi, per il quale le difficoltà dei 27 stati membri non possono essere affrontate con 27 misure diverse che oltretutto dipendono dalle disponibilità dei singoli bilanci nazionali.
Insomma i rapporti tra gli stati UE sembrano raffreddarsi, ma stavolta a rischiare il congelamento se non si agisce subito è l’intera società europea.
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