Il consumo di suolo ha raggiunto livelli incredibili: se ne perdono 10 metri quadrati per ogni secondo che passa, secondo il report annuale del WWF, elaborato in seguito all’iniziativa “Riutilizziamo l’Italia”, incentrata proprio sul consumo e sulla trasformazione del territorio. Il consumo di suolo del Paese, nel corso degli ultimi 50 anni, è quadruplicato, il ritmo ormai è insostenibile e non si bada attentamente a rispettare una risorsa fondamentale del nostro pianeta. Dati preoccupanti in linea con il recente rapporto Ispra, secondo cui negli ultimi 25 anni il suolo consumato ha superato i 200 chilometri quadrati l’anno, una superifice pari a quella della città di Milano, l’equivalente di 79 campi da calcio al giorno.
La situazione in Italia, secondo gli esperti, è progressiva e costante e porta gradualmente ad una perdita irreversibile delle risorse naturali, con conseguenze gravi, perché diventa sempre più precario l’equilibrio idrogeologico del territorio italiano. Nel tempo ci sono stati dei tentativi di arginare il problema. Per esempio, il Governo Letta aveva presentato un disegno di legge apposito, ma i tempi burocratici sono molto lenti e ancora si discute sugli emendamenti che dovrebbero essere apportati a questo decreto. Un’emergenza quotidiana, che vede la Brianza, Napoli e Milano in test aalle province più cementificate. Dati ancora più inquietanti giungono dal censimento delle aree a meno di 300 metri dalla linea di costa, dove si evince che il 19,4 per cento del litorale italiano, ovvero l’equivalente dell’intera costa sarda, è stato consumato dal cemento. Ad essere compromessa è anche la capacità del suolo di assorbire l’acqua: ‘Un suolo compromesso dall’espansione delle superfici artificiali e impermeabilizzato non è più in grado di trattenere una buona parte delle acque di precipitazione atmosferica e di contribuire, pertanto, a regolare il deflusso, con il conseguente aumento di alluvioni e frane‘, commenta Michele Munafò, uno degli autori del rapporto dell’Ispra.
Anche l’Onu si è occupato della questione a livello mondiale. Infatti, secondo gli esperti del WWF, il problema non riguarda soltanto l’Italia, ma coinvolge in particolare i Paesi dell’Europa del Sud, come la Grecia e la Spagna. Nel nostro Paese, tuttavia, ci sono alcune problematiche da risolvere, come la massiccia urbanizzazione e la cementificazione dei corsi d’acqua. Lo scenario peggiore, secondo il citato rapporto del WWF, è quello della Lombardia, dove alle infrastrutture si aggiungono altri fenomeni, come l’inquinamento da traffico, da fabbriche e da capannoni. A proposito del Nord Italia, infatti, è stato creato dagli esperti un neologismo: “megalopoli padana”. Le soluzioni per rimediare sembrano esserci e gli accademici suggeriscono un limite a livello nazionale da rispettare da parte delle regioni, oltre che finanziamenti e incentivi fiscali. Ma non solo: oltre a metetre in campo maggiori controlli e restrizioni su aree ad alto valore agricolo o paesaggistico, si potrebbero attuare politiche di riuso di edifici vuoti e siti abbandonati, e promuovere politiche di compensazione per restituire terreni inutilizzati.
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