In vista delle elezioni politiche nazionali del 25 settembre il capo politico M5S Giuseppe Conte auspica una grande performance del suo partito, soprattutto se le forze politiche riusciranno a portare alle urne l’ampia fetta di astensionisti italiani.
Intervistato da Radio Popolare l’ex Presidente del Consiglio parla di elezioni e alleanze politiche, dell’agenda ecologista del Movimento e del rapporto con l’ex alleato PD.
Si immagina da solo al governo il leader pentastellato Giuseppe Conte, in quella che di fatto è la classica posizione del Movimento 5 Stelle, da sempre presentatosi come alternativo alle altre formazioni elettorali e perciò deciso ad ottenere quel consenso necessario ad offrire al Paese un esecutivo monocromatico.
Non si creda tuttavia che tale prospettiva non appaia complicata anche per lo stesso Conte, che ridimensiona l’uscita a semplice battuta. Eppure un barlume di speranza per un grande, e attualmente inaspettato, successo elettorale non abbandona il leader pugliese, secondo il quale vi è l’incognita astensionismo da tenere presente.
Secondo i sondaggi potrebbe non recarsi alle urne circa il 40% degli aventi diritto: se l’M5S dovesse essere in grado di dare soluzioni convincenti per questa parte disillusa e lontana dalla politica, quanto previsto dalle proiezioni di voto potrebbe subire importanti modifiche. Si dovrebbe così constatare la capacità 5 Stelle, come nel 2018, di riaccendere negli italiani l’auspicio di una politica più vicina alle proprie istanze.
Questo, per Conte, sarebbe dovuto anche al fatto che il partito grillino è l’unica autentica forza progressista del panorama elettorale in grado quindi di attrarre la preferenza di quei tanti elettori di sinistra che non si sentono davvero rappresentati da nessuna lista.
Sul piano programmatico l’ex avvocato del popolo punta fortemente sull’anima ecologista e sociale del proprio partito per ottenere il consenso delle masse.
In tal senso giunge la sferzata al governo Draghi, che nel suo anno e mezzo di gestione della cosa pubblica avrebbe fatto ben poco in relazioni ai temi dell’ecologia e dell’inclusione sociale.
Nulla da obiettare all’ex banchiere BCE riguardo a gestione della pandemia e completamento della scrittura del P.N.R.R.; tuttavia l’apporto di Draghi in ambito di salvaguardia della biosfera è stato per il capo politico pentastellato assai modesto, come testimoniato ad esempio dalla scelta di dotare Roma di uno strumento anacronistico e fortemente impattante quale sarebbe il termovalorizzatore.
Per tale ragione Conte lancia l’idea di un nuovo bipolarismo: non più ideologico, bensì ecologico, ossia tra chi assume una agenda ambientale solo come spot acchiappavoti e chi con tale agenda green si è strutturato fin dalla sua fondazione (lo stesso M5S).
Infine apparirebbe ormai chiuso ogni spiraglio di dialogo con il Partito Democratico di cui Conte dice di non capire più l’azione. Dalla fatidica caduta del governo Draghi, di cui i 5S sono ritenuti quantomeno corresponsabili, i rapporti tra le due formazioni si sono bruscamente interrotti, come, a quanto pare, l’intellegibilità delle mosse di Letta agli occhi dell’ex premier.
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