Gli esperti della comunicazione sanno che attraverso il ‘content marketing’, è più facile attrarre visitatori, aumentare contatti qualificati e stipulare contratti, quindi generare fatturato, fidelizzare i clienti e trasformarli in promotori spontanei del proprio brand. Per scoprire come usare al meglio questo mezzo efficacissimo per comunicare on line, si è tenuta ‘La supernova dei contenuti’, l’incontro promosso da Adnkronos, in collaborazione con Upgrade Italia, che si è svolto presso il Palazzo dell’Informazione di Roma. Facciamo una sintesi di quanto analizzato durante la giornata.
Partiamo dal principio, dai contenuti. Secondo Maria Giulia Ganassini, communication manager Mailup: “I contenuti non sono tutti uguali, c’è quello giusto per ogni obiettivo di marketing. La chiave per un ‘emailmarketing’ efficace è definire un piano editoriale, target, tono di voce, contenuti”. Per Ganassini, il segreto del Content Marketing applicato alle email è “pensare come una rivista, ovvero essere interessanti prima che convenienti”.
Bisogna dunque stare sempre al passo coi tempi proponendo argomenti che ‘spingono’: “Ci sono nuovi scenari – ha detto al proposito Alessandra Tomasoni, sales manager Mimesi – in ambito sociale e web. L’importante è essere sempre aggiornati e non solo all’occorrenza”.
Anche perché i fruitori del web tendono ad aumentare sempre, e sono ‘affamati’ di contenuti: “Sono 37,8 milioni gli italiani – riporta Fabrizio Angelini, ceo & founder Sensemakers/Comscore – che a marzo hanno navigato su Internet, con una prevalenza del mobile. Aumenta il numero di coloro che accedono solo da mobile (+12%) e degli utenti multi-piattaforma (+10%). L’analisi delle audience a livello giornaliero mostra una forte polarizzazione verso le due principali property del top ranking mensile, ossia Google e Facebook. Le prime 10 app per penetrazione in Italia (con una reach oltre il 50%) appartengono a Google o Facebook, l’11esima è Amazon”.
“Gli utenti che – prosegue Angelini- nel mese trascorrono in media più tempo su mobile sono i più giovani (76 ore al mese per utente) e le donne (70 ore). Su mobile viene speso il 71% del tempo trascorso online. Quasi due terzi del totale (63%) è speso sulle mobile. Il tempo speso online si concentra sulle categorie di Messaggistica, Social Media, Intrattenimento e Gaming. Se considerate complessivamente rappresentano il 75% del totale. Rielaborando la classifica delle prime 10 properties per tempo speso, subito dopo i due OTT, si posizionano brand che offrono soprattutto servizi di intrattenimento molti dei quali legati alla diffusione di video-on-line. A gennaio 2018, in Italia sono stati visti su YouTube 9,3 miliardi di video, l’82% dei quali da dispositivi mobile”.
Il video online rappresenta un trend in crescita costante, così come mostrato anche da Marianna Ghirlanda, head of creative partnership Google Italia, che ha spiegato come “Youtube sta cambiando tantissimo e cambia anche le cose fuori da Youtube; perché tutto è velocissimo. La rivoluzione digitale è con noi da tanto tempo e il video diventa sempre più importante. Il contenuto rinnova il linguaggio dell’advertising. il video online va oltre il branding e verso la performance: brandformance. Non è più importante il numero di persone che raggiungiamo e con cui comunichiamo, ma il tempo che riusciamo a conquistare del loro tempo. La durata non conta, ci sono formati video da 6 secondi per gli smartphone. Le nuove star musicali nascono su Youtube”.
Federico Luperi, direttore Innovazione e nuovi media Adnkronos è poi intervenuto osservando che “La trasformazione digitale ha portato ognuno di noi a diventare editore di se stesso. E’ cambiata la gerarchia e la geografia dell’origine della comunicazione. Per questo per trasformare un piano di comunicazione, si può ad esempio scremare la comunicazione e andare a cercare la notiziabilità dei contenuti. Sempre più spesso non serve portare lettori sul proprio sito, ma andare dove i lettori stanno leggendo, guardando e informandosi. Una volta si diceva ‘content is king’, poi ‘distribution is king kong’. Oggi sappiamo che la distribuzione profilata di contenuti informativi è un cacciatore di King Kong”.
L’importante è che le campagne di comunicazione non siano aggressive, come spiegato Federico Giuntella, chief customer experience officer Netnoc Arkage: “Il pubblico – spiega – ha imparato a penalizzare chi lo disturba. Si deve fornire un contenuto di cui l’utente ha bisogno, nel momento in cui ne ha bisogno. Bisogna passare dalla domanda ‘quali contenuti posso produrre per dare sostegno al mio prodotto, al mio servizio, al mio brand?’ alla domanda ‘di quale contenuto ha bisogno il mio cliente, nel contesto in cui si trova?’.
“La customer experience – ha chiarito – racchiude tutte le fasi della comunicazione al nostro cliente, quindi anche i contenuti. Però il nostro pubblico chiede che i brand lo aiutino nei suoi bisogni. A volte si fa con i contenuti, a volte no. Per un’analisi ‘intelligente’ dei dati occorre essere in grado di rendere massima la qualità di quell’analisi. In Netnoc abbiamo una consuetudine di lavoro tra creativi e analisti; li chiamiamo ‘i due emisferi del cervello’, razionale e creativo”.
Una mano la danno i cosiddetti influencer. Gloria Bassi, account director Inflooendo, ha affermato che “gli influencer sono opinion leader in grado di influenzare il comportamento degli altri becontentleader”. “L’influencermarketing recluta gli influencer, invitandoli a sponsorizzare un prodotto utilizzando il loro ‘toneofvoice’. Gli influencer raccontano una storia, presentano il brand a modo loro. Il suggerimento dell’influencer è percepito dai suoi fedeli follower come il consiglio di un amico. L’influencermarketing è un’ottima strategia di marketing per colpire potenziali consumer”, ha aggiunto.
In definitiva, “Con il digital – ha evidenziato Giorgio Mennella, communication director Ciaopepole – stiamo vivendo la rivoluzione più importante dopo la rivoluzione industriale e non sempre i governi capiscono sono in grado di capirne le dinamiche. La comunicazione politica ha sempre attinto a piene mani dall’esperienza della comunicazione pubblicitaria, da Reagan a Berlusconi. Il Gdpr (General data protection regulation) e il regolamento in discussione sull’eprivacy rischiano di cambiare radicalmente gli strumenti e le modalità di comunicazione dei brand”, ha osservato, “Quanto fatto da Cambridge Analytica non si discosta troppo, per gli strumenti utilizzati, da quello che viene fatto quotidianamente dagli operatori della pubblicità digitale. In quanto editori abbiamo un responsabilità etica nella produzione e nella distribuzione di contenuti”.
In collaborazione con AdnKronos
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