Contrarre volontariamente l’HIV, diventare sieropositivo e dirlo pubblicamente perché il mondo continui a parlare della malattia, i pericoli e soprattutto del bullismo omofobo. È la storia di Adrian Hyyrylainen-Trett, esponente dei Liberal Democratici inglesi e primo candidato al Parlamento a dichiararsi sieropositivo. La sua vicenda ha colpito molto i media britannici, in particolare dopo l’intervista concessa a Patrick Strudwick, giornalista di BuzzFeed da sempre impegnato nella difesa dei diritti LGBT. Adrian ha confessato il suo stato e ha rivelato cosa lo ha portato a contrarre la malattia: colpa, dice, di tutti gli anni passati a subire le violenze psicologiche e fisiche solo perché gay.
Un’infanzia normale, fino ai 10 anni, quando ha capito di essere diverso dagli altri bambini. Quando ha capito di essere omosessuale, è iniziato il calvario: ha provato a essere come gli altri, ma non ci è riuscito. “Avrei voluto piangere nei bagni o dove nessuno poteva trovarmi, avrei voluto non farmi vedere da chi mi maltrattava, anche se mi avevano fatto molto male. Non ho mai avuto un amico”, confessa nell’intervista. Nei primi anni dell’adolescenza ha anche tentato di avere una ragazza, un modo per “coprire” la sua omosessualità, ma non è durata.
Allora si è gettato nello studio, senza sosta: il fisico e la psiche però non hanno retto. “Il mio corpo ha iniziato a vacillare. Le mie braccia hanno smesso di muoversi, così come le gambe. È stato terrificante”. La diagnosi è un ulteriore colpo: fibromialgia, infiammazione cronica che colpisce il sistema nervoso centrale. La malattia scatena una reazione a catena e si mischia alla depressione, all’ansia e allo stress post traumatico.
“Non ero felice di chi ero”, svela Adrian. “Pensavo che non valesse la pena di vivere”. Dopo un lento recupero e la guarigione dalla malattia, il trasferimento a Londra e la scoperta di poter essere, per la prima volta, se stesso: poi l’impatto con la realtà di una grande metropoli dove si è sentito isolato, inghiottito dalla depressione. “Tutti i pensieri suicidi dell’adolescenza sono tornati a galla”, racconta. La timidezza e il blocco psicologico hanno fatto il resto: si è avvicinato alle droghe e alle persone più pericolose, alla ricerca di qualcosa che gli facesse male e lo portasse alla morte.
“Sapevo che si poteva sopravvivere con l’HIV, ma pensavo che fosse un modo per farmi male, per sbarazzarmi di me stesso”, dice. Era già andato in overdose cinque volte, ma era riuscito a sopravvivere. Da qui la decisione di avere rapporti sessuali non protetti con persone che sapeva potevano essere infette.
“So al 99% chi mi ha contagiato. È stata solo colpa mia e me ne assumo la responsabilità. Non volevo realmente ammalarmi, volevo solo farmi del male, annientarmi”. La scoperta della sua condizione lo ha portato a reagire e a lottare perché quello che ha passato lui non succeda ad altri.
“Diventare sieropositivo è stata la conseguenza del bullismo, dei problemi psicologici e della mancanza di fiducia in me stesso. Tutto questo si può prevenire. Queste cose continuano ad accadere e nessuno ne parla. Sento di dover agire perché si faccia tutto il possibile”, spiega.
Oggi combatte perché l’argomento venga affrontato più spesso anche al di fuori della comunità omosessuale, dove il tema non viene certo dimenticato. “Bisogna partire dalle scuole, rendere l’educazione sessuale materia obbligatoria. L’omofobia, in tutti i suoi aspetti, deve essere affrontata adeguatamente: i giovani sono spesso all’oscuro di tutto perché manca l’educazione”, è il suo accorato appello.