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Contrarre il Covid in gravidanza costituisce un serio problema per la madre e per il bambino

Del Covid non si smette mai di parlare, anche se ad oggi è ormai equiparato nell’immaginario comune all’influenza, considerando che i sintomi sono diventati praticamente quasi uguali (anzi, le nuove forme influenzali spesso sono molto più dure). Eppure molti non considerano che vi sono diversi fattori di rischio a cui prestare massima attenzione: e no, non parliamo solo dell’età e di eventuali patologie pregresse ma, nel caso delle donne, un altro è la gravidanza. Contrarre il virus mentre si è in dolce attesa potrebbe costituire un serio problema sia per la madre che per il nascituro: una metanalisi dimostra che per la donna il rischio di morire per la malattia stessa è otto volte superiore rispetto a quello che corre una futura mamma della stessa età che ovviamente non è stata infettata. 

Covid – Nanopress.it

Una metanalisi – risultante dalla somma di diversi studi condotti negli ultimi anni in vari Paesi – ha fatto luce su un problema molto serio che riguarda il Covid: una donna che lo contrae in gravidanza corre un serio rischio e in pericolo non è solo la sua stessa salute, ma anche quella del bambino.

Il Covid in gravidanza è più pericoloso di quanto si pensi

Il Covid continua a girare incontrastato, perché di fatto i vaccini servono per contenerne gli effetti, ma non bastano di certo per bloccare il suo propagarsi. Abbiamo assistito – e stiamo assistendo – al caso della Cina, passata dalla policy Covid zero al boom di nuovi contagi, con una variante decisamente più “aggressiva” – parliamo della Kraken, la “cugina” di Gryphon, una sotto sottovariante di Omicron XBB, nata dalla combinazione tra BA.2.10.1 e BA.2.75 – rispetto a quella predominante in Italia (Cerberus, che ad oggi rappresenta circa il 70% dei contagi).

Il problema è che molti continuano a sottovalutare i rischi del virus: se da un lato è vero che il ciclo vaccinale dovrebbe servire proprio a scongiurare il rischio di avere sintomi molto gravi e che le nuove varianti tendono a essere meno pericolose rispetto a quelle iniziali, che giravano per il mondo tre anni fa insomma, lo è anche che vi sono alcuni fattori che possono invece aumentarne la pericolosità. Non parliamo solo dell’età, di patologie pregresse et similia (che fin dallo scoppio della pandemia erano ritenuti praticamente le uniche variabili a cui prestare attenzione): bisogna considerare anche qual è il momento della propria vita in cui si contrae il Covid. In altre parole, una donna che si infetta, deve prestare massima attenzione se lo fa in gravidanza, perché questo potrebbe costituire un pericolo serio sia per la sua salute che per quella del bambino, come dimostra una metanalisi.

I risultati della metanalisi

Una metanalisi – che altro non è che il risultato del mix di 12 studi, condotti negli ultimi tre anni e che ha coinvolto più di 13mila donne in attesa provenienti da vari Paesi tra cui Ghana, Italia, Kenya, Sudafrica, Spagna, Svezia, Stati Uniti e non solo – coordinata da Emily R. Smith della George Washington University – Milken Institute School of Public Health e pubblicata sulla rivista Bmj Global Health mostra un risultato sconcertante: il Covid in gravidanza può essere davvero pericoloso, sia per la madre che per il bambino. Ecco perché gli autori hanno lanciato un appello a tutta la popolazione mondiale, affinché possano esserci “vaccinazioni mirati” e “sforzi globali” finalizzati a “evitare il virus nelle mamme in attesa”.
Il problema principale è il seguente: a prescindere da quale sia il trimestre e la settimana precisa in cui la donna si trova, il pericolo è praticamente lo stesso. In qualunque momento della gravidanza in sostanza il rischio per la madre e per il nascituro c’è ed è altissimo. I numeri parlano chiaro (e non sono affatto incoraggianti, anzi): per una donna incinta che contrae il Covid il rischio di morire per la malattia stessa è otto volte superiore rispetto a quello che corre una futura mamma della stessa età che ovviamente non è stata infettata.
Già circa tre anni fa, quando cioè la pandemia era appena iniziata, i ricercatori diedero vita a un consorzio internazionale, al fine di ottenere dati di alta qualità, usando un approccio analitico uniforme. Come hanno affermato gli autori stessi dell’analisi “i risultati rafforzano la necessità di sforzi globali per ridurre al minimo il rischio di infezione Sars-CoV-2 durante la gravidanza attraverso campagne di vaccinazione mirate e altre misure protettive”.
Secondo loro, in sostanza “le linee guida globali sono state equivoche sui potenziali pericoli di un’infezione Covid in gravidanza e sui benefici e la sicurezza della vaccinazione”. A questo proposito sorge un altro problema, perché “più di 80 Paesi non raccomandano il vaccino a tutte le donne in gravidanza e in allattamento” e questo, stando ai dati emersi dall’analisi, può rivelarsi altamente nocivo per le future mamme.
Ma non finisce qui, perché per avere un quadro ancora più chiaro della situazione, dobbiamo specificare anche un altro dato emerso: le donne che contraggono il Covid durante la gravidanza, non solo hanno un rischio più elevato di morte, ma corrono anche un rischio quattro volte più alta di finire in terapia intensiva, hanno una probabilità di 15 volte superiore di ricorrere alla ventilazione meccanica e di cinque volte superiore di avere bisogno comunque di una cura intensiva. Inoltre queste hanno anche un rischio di contrarre la polmonite di 23 volte superiore e di avere una trombosi di cinque volte maggiore.
Parlano di neonati, invece, questi hanno una probabilità quasi doppia di finire in terapia intensiva neonatale, se nati da una donna che ha contratto il Covid e quasi tripla di nascere entro la 34esima settimana di gestazione e quindi di essere considerati almeno moderatamente prematuri. E ancora, questi hanno anche una probabilità del 19% di nascere sottopeso.
Anna Gaia Cavallo

Mi chiamo Anna Gaia Cavallo, ho 30 anni, sono nata a Salerno e lì ho vissuto fino ai miei 18 anni. Poi il viaggio verso Siena per l'università, la laurea in economia e gestione d'impresa e poi il ritorno nella mia città natale. Qui, dopo un anno di lavoro nel settore economico, ho capito che non era questa la strada giusta per me e ho deciso di seguire quella che era sempre stata la mia più grande passione fin da piccola: la scrittura. A quel punto ho lasciato tutto quello che avevo costruito nei sei anni precedenti e ho intrapreso un altro percorso, quello che mi ha portato a diventare giornalista. Iscritta all'albo dei pubblicisti della Campania dal 2019, dopo aver attraversato diversi mondi, sono approdata sul pianeta Nanopress nel 2022 come editor e qui amo occuparmi di cronaca e attualità, ma quando mi capita di scrivere di musica raggiungo il massimo del piacere.

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