Il 22 aprile 2016 arriva finalmente la storica firma che ratifica il documento approvato al termine della Cop21 tenutasi nel dicembre 2015 a Parigi: 171 Paesi hanno sottoscritto l’accordo sul clima impegnandosi a mettere in atto politiche energetiche per limitare la temperatura media globale entro i 2 gradi centigradi rispetto ai livelli pre-industriali. Ripercorriamo giornata dopo giornata tutto l’iter che ha portato all’approvazione del documento durante l’ultima Conferenza delle parti, un accordo storico, per quanto non privo di zone d’ombra, e tutt’altro che scontato all’inizio del percorso.
Dopo tante dichiarazioni, manifestazioni di aspettative, analisi, eventi anticipatori, inizia il 30 novembre 2015 la Cop21 a Parigi, due settimane circa fitte di eventi, dibattiti e negoziati che si spera possano condurre alla ratifica di accordi sul cambiamento climatico in grado di vincolare le nazioni a compiere azioni per raggiungere l’obiettivo di abbassare la temperatura globale di 2 gradi centigradi, intervenendo sulle fonti energetiche e l’inquinamento atmosferico derivante dalle emissioni di CO2. Vediamo quali sono i punti critici in ballo in questa Conferenza delle parti, tra lo spettro di un flop simile a quello di Copenaghen del 2009 e le speranze di un mondo in agonia che chiede a gran voce che gli egoismi dei singoli vengano accantonati per il futuro delle nuove generazioni.
Questo il resoconto della Cop21 giornata per giornata
11 dicembre: Approvazione testo rimandata
La tanto attesa fumata bianca non è arrivata: il ministro degli Esteri francese e Presidente della COP21, Laurent Fabius, ha dichiarato ai media che il testo finale verrà presentata nella mattinata dell’ultimo giorno di lavori, per ricevere un’approvazione entro metà giornata, assicurando che comunque ‘le cose vanno nel verso giusto‘. La seconda bozza del testo di accordo è scesa a 27 pagine rispetto alle 29 della prima, ma manca ancora un consenso generale sui tre punti più delicati, ovvero differenziazione, finanziamenti, ambizione, per usare le parole di Fabius: c’è invece un’intesa sull’articolo 2, che fissa la soglia di aumento della temperatura rispetto all’età pre-industriale, ovvero ‘ben al di sotto dei 2 gradi‘, sforzandosi quindi di rimanere anche sotto 1,5. Continuano le trattative sui finanziamenti per compensazione, la questione migrazione legata ai cambiamenti del clima, e la frequenza delle revisioni periodiche, che l’Europa vorrebbe fossero ogni cinque anni, mentre i cinesi sarebbero contrari. Fissata infine al 2023 la data della prima revisione degli impegni nazionali.
10 dicembre: Bozza dell’accordo stilata
La notte porta consiglio e si registrano passi avanti alla Cop21 di Parigi: è stata stilata la bozza dell’accordo preliminare che dovrà essere ratificata alla fine dei lavori. I negoziatori hanno raggiunto una sintesi su molti punti lasciati in sospeso nella prima versione del giorno 5, ed attualmente il testo è di 29 pagine, ma restano ancora dei nodi irrisolti e delle opzioni aperte sui punti più delicati. ‘Ora dobbiamo continuare la discussione su questa base, per raggiungere un compromesso che ci permetta di arrivare all’accordo‘, ha dichiarato il ministro degli Esteri francese Fabius, chiedendo uno sforzo ai governi per raggiungere un punto definitivo su azzeramento delle emissioni e limitazioni del riscaldamento globale. Fra le questioni non ancora definite gli eventuali indennizzi dei Paesi ricchi inquinatori nei confronti di quelli più arretrati economicamente, e divergenti anche le reazioni al testo: se politici ed addetti ai lavori sottolineano i progressi raggiunti, le associazioni ambientaliste come il Wwf o Legambiente manifestano la loro preoccupazione per gli accordi che ancora mancano sui punti più rilevanti riguardanti i cambiamenti climatici.
9 dicembre: Emissioni di CO2 in calo nel mondo
Una buona notizia qui alla Cop21 di Parigi c’è: sono in calo le emissioni di CO2 nel mondo, segno che vi è una generale, specifica attenzione da parte dei governi internazionali al problema dei cambiamenti climatici. Secondo il Tyndall Centre for Climate Change Research dell’università East Anglia, le emissioni caleranno per la prima volta da due secoli dello 0,6 per cento con il Pil in crescita: merito anche della Cina che ha cambiato le sue politiche riguardo il carbone. Proprio con l’apertura della Cop le autorità di Pechino hanno lanciato prima l’allerta arancione, e poi rossa, ovvero il grado massimo, in vigore fino a giovedì 10: chiuse scuole e cantieri, limitata la circolazione stradale, poiché le polveri sottili hanno raggiunto picchi di 600 microgrammi per metro cubo.
Intanto durante la Conferenza è stata resa nota la classifica dell’associazione non governativa Germanwatch riguardo i Paesi più virtuosi sul fronte emissioni: in testa Danimarca e Gran Bretagna, mentre l’Italia figura undicesima, in salita di cinque posizioni, grazie agli investimenti sulle energie rinnovabili. Ultima tra i 58 Paesi monitorati l’Arabia Saudita.
8 dicembre: Giovani fanno sentire la loro voce
Mentre continuano i negoziati per la formulazione dell’accordo, la cui prima stesura dovrebbe essere resa nota il giorno 9, le giovani generazioni hanno fatto sentire la loro voce qui a Parigi durante il Youth and Future Generations Day, un evento nato con lo scopo di coinvolgere attivamente i giovani nel contrasto al cambiamento climatico. Ahmad Alhendawi, inviato speciale per i giovani delle Nazioni Unite, ha voluto rimarcare come siano proprio loro gli agenti del cambiamento, e da parte degli stessi ragazzi presenti alla Cop21 è arrivata in questi giorni una risposta forte e convinta, sottolineata attraverso flash mob ed iniziative varie: chiamati in causa, i giovani hanno affermato il loro diritto a decidere cosa comprare, quali mezzi di trasporto prendere e soprattutto chi votare per orientare politica e società civile verso posizioni filo-ambientaliste, e contribuire ad identificare un nuovo percorso per debellare il problema dei cambiamenti climatici.
7 dicembre: Appelli del Papa e dell’Oms
Gli ultimi due giorni della Cop21 a Parigi sono stati contrassegnati da alcuni appelli di enti e personalità illustri affinché venga siglato l’accordo tra i Paesi internazionali: in particolare hanno avuto grande eco mediatica le parole di Papa Francesco, che già nei mesi scorsi aveva pubblicato un’enciclica filo-ambientalista, a dimostrazione di quanto queste tematiche stiano a cuore al Pontefice. Durante l’Angelus della domenica Bergoglio ha rivolto il suo accorato appello: ‘Per il bene della casa comune, di tutti noi e delle future generazioni, a Parigi ogni sforzo dovrebbe essere rivolto ad attenuare gli impatti dei cambiamenti climatici e, nello stesso tempo, a contrastare la povertà e far fiorire la dignità umana‘.
Nel corso della Conferenza delle parti sono stati pubblicati i dati shock dell’Oms, che prevede tra il 2030 e i 2050 ben 250mila vittime in più all’anno a causa dell’impatto sulla salute dei cambiamenti climatici, a meno di non intervenire immediatamente tagliando le emissioni di gas serra, a cui vanno aggiunti 7 milioni di vittime per l’inquinamento atmosferico: ecco perché l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha chiesto ai negoziatori di includere nel testo dell’accordo un riferimento specifico all’impatto del cambiamento climatico sulla salute, i cui costi sono altissimi già adesso e rischiano di essere catastrofici nell’immediato futuro.
5 dicembre: Pubblicata bozza preliminare dell’accordo
Sotto la spinta del Ministro degli esteri francese Laurent Fabius, i negoziatori hanno pubblicato una bozza preliminare dell’accordo da sottoporre ai ministri che giungeranno la seconda settimana di lavori: si tratta di una prima versione in cui prevedibilmente emergono più che altro le difficoltà delle negoziazioni. Siamo ancora alle schermaglie e alle dichiarazioni di principio, focalizzate sull’idea che ciascun Paese dovrà attuare provvedimenti per la riduzione delle emissioni di CO2, e sulla necessità di controlli periodici, benché non vengano ancora stabilite le modalità del monitoraggio. Dibattito anche sulla soglia di innalzamento della temperatura oltre cui non si vuole andare: la maggioranza degli scienziati propende per i 2 gradi centigradi fino al 2100, ma alcuni Paesi tra cui l’Italia fissano l’ambizioso obiettivo di non superare 1,5 gradi.
4 dicembre: Trasporti e riscaldamento degli oceani
Proseguono i lavori alla Cop 21 di Parigi, tra le prevedibili tensioni riguardo accordi vincolanti, sistemi di monitoraggio e fondi a sostegno dei Paesi emergenti nell’elaborazione della bozza preliminare. Al centro della quarta giornata vi è stato il tema dei trasporti e delle costruzioni eco-sostenibili: Ségolène Royal, Ministro dell’Ecologia francese, ha lanciato un appello a favore di una produzione mondiale di auto elettriche con un costo inferiore ai 7mila dollari, ed anche dal punto di vista del trasporto pubblico si ritiene possibile una rivoluzione verde che passi attraverso l’adozione di mezzi elettrici, poiché in questo modo si potrebbero tagliare le emissioni di CO2 del 50 per cento entro il 2050. Con queste premesse 65 Paesi hanno accettato di investire per migliorare l’efficienza energetica del settore, e sono state avanzate diverse soluzioni in merito.
L’altro tema cardine della giornata è stato il riscaldamento egli oceani, fondamentali per il rifornimento di ossigeno e capaci di assorbire da soli il 25 per cento dell’anidride carbonica presente nell’atmosfera: per questo motivo durante il summit le possibili soluzioni per proteggere i mari dal surriscaldamento globale sono stati motivi di ampio dibattito, e diversi Paesi hanno manifestato la volontà di creare nuove riserve naturali per proteggere le biodiversità marine nelle proprie acque.
3 dicembre: Inizio dei negoziati
Sono entrati nel vivo i lavori di negoziazione alla Cop21 di Parigi con la riunizione dell’Adp, ovvero la piattaforma dove le parti si incontrano allo scopo di raggiungere un accordo testuale, parola per parola: tra schermaglie procedurali e discussioni sulle opzioni in campo da sciogliere, si lavora affinché si arrivi ad una sintesi sulla bozza della Cop decision, ovvero il secondo documento che andrà a comporre il pacchetto di Parigi. Nel pomeriggio di ieri è stato affrontato anche il tema degli Indcs, i contributi nazionali volontari, che contengono la strategia di ogni nazione per ridurre le proprie emissioni, e va detto che le stime al riguardo vedano proiezioni ben superiori all’obiettivo di mantenere l’aumento medio di temperatura globale al di sotto dei 2 gradi: per questo motivo si cerca di raggiungere un accordo circa gli aggiornamenti periodici dei contributi nazionali ogni cinque anni.
2 dicembre: Africa, foreste ed agricoltura
La seconda giornata della Cop21 a Parigi è tutta incentrata su interventi e dibattiti riguardanti le foreste e l’agricoltura, messi a dura prova dai cambiamenti climatici in atto negli ultimi 20 anni. In mattinata anche un panel concentrato interamente sull’Africa, alla presenza del segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon, che in merito ha dichiarato: ‘L’Africa sarà decisiva in questo accordo, loro hanno bisogno del loro aiuto e noi abbiamo bisogno del loro‘. Una prima bozza dell’accordo è prevista per il giorno 9, e il Presidente degli Usa Barack Obama è tornato ad auspicare un accordo che sia almeno in parte vincolante, mentre il premier italiano Matteo Renzi ha ricordato come il nostro Paese e l’Europa abbiano già investito molto sull’energia verde.
1 dicembre: Il pentimento degli Usa e la frenata dell’India
La prima giornata della Cop21 a Parigi ha visto i principali leader mondiali dichiarare le proprie posizioni in merito all’inquinamento atmosferico e le scelte di politica energetica, e che si possono suddividere in due tendenze: da un lato l’Occidente, Usa in testa, che fa mea culpa, con in particolare Barack Obama che ha dichiarato senza remore che ‘non solo riconosciamo il nostro ruolo nell’aver creato il problema, ma ci assumiamo anche la responsabilità di fare qualcosa in proposito. Possiamo cambiare il futuro qui e adesso‘. Se questi Stati spingono per un accordo vincolante, i rappresentanti delle economie emergenti, India e Cina in testa, rivendicano la necessità di fare ancora uso del carbone per il loro sviluppo: ‘La giustizia vuole che, con il poco carbone che ancora posiamo bruciare in modo sicuro, i Paesi in via di sviluppo possano crescere. Gli stili di vita di pochi non devono eliminare le opportunità dei tanti ancora ai primi passi della scala dello sviluppo‘, insiste il premier indiano Narendra Modi, appoggiato anche dai rappresentanti dei Paesi africani.
<span class="sidebox-title-sec titolonoclick np8Green np8TitleNoclick"Prima giornata: apertura dei leader
Alla Cop21 partecipano 195 Paesi, 152 tra capi di Stato e premier, e 25mila delegati di vario livello: l’inaugurazione prevede l’l’intervento di apertura di tutti i leader, e quelli più attesi appartengono ovviamente ai Paesi considerati tra i maggiori inquinatori, come Usa, Russia e soprattutto Cina, il cui ruolo potrebbe essere cruciale per l’ottenimento di un accordo al rialzo che preveda sostanziali modifiche alle politiche energetiche: il gigante asiatico fino al 1995 produceva 2,8 tonnellate di gas serra pro capite, oggi siamo a 6,7, giusto per capire le dimensioni che ha assunto l’inquinamento atmosferico responsabile dei mutamenti climatici negli ultimi 20 anni.
Paesi e posizioni
Come abbiamo analizzato ampiamente, la Cina ha appena approvato un piano per la lotta all’inquinamento, impegnandosi a non aumentare le emissioni nocive dal 2030, ma non esistono al momento politiche vincolanti. Se la posizione della Cina pare dunque ambigua ed oscillante, ma quanto mena aperta alla necessità di modifiche, molto netta è quella dell’India, altro grande Paese considerato inquinatore, che ha già annunciato che non ha alcuna intenzione di rivedere la propria politica energetica fondata sul carbone, e con queste premesse pare molto difficile riuscire ad ottenere un accordo al rialzo piuttosto che invece al ribasso. Da parte occidentale, con Obama a fine mandato e con le mani legate da un Parlamento nelle mani dell’opposizione, appare complicato che gli Usa possano svolgere un ruolo guida in un’ipotetica rivoluzione green, poiché dopo la Cop21 inizierà il cosiddetto semestre bianco, e la politica energetica sarà ormai nelle mani del nuovo Presidente. E l’Europa? Il Vecchio Continente ha fatto diversi progressi, sebbene conti solo il 10 per cento delle emissioni globali, con la promessa di tagliarle del 27 per cento entro il 2020: ma il fatto di essere un’Unione divisa anche dalla prospettiva energetica, con Paesi già pronti a smarcarsi da lacci troppo stretti, come pare la stessa Francia secondo alcune ricostruzioni, non permetterà alla Ue in grado di fungere da arbitro al tavolo dei negoziati, proprio perché non avrà una sola politica energetica ma con i Paesi in ordine sparso. Queste dunque sono le posizioni iniziali: le speranze di trovare un accordo sono poche ma non è impossibile, tenendo conto anche dei numerosi effetti collaterali del cambiamento climatico già in atto, dai disastri naturali al massiccio fenomeno migratorio. Noi seguiremo giorno per giorno la Cop21 per aggiornarvi su tutte le decisioni prese fino all’11 dicembre, giornata di chiusura in cui si auspica venga ratificato il sospirato accordo globale.