Chi ha ratificato gli accordi sulle decisioni prese alla Cop21 di Parigi del dicembre 2015? A sei mesi da quello che venne definito uno storico accordo, è possibile fare un primo bilancio: per limitare l’aumento della temperatura media terrestre a 2 gradi centigradi, cercando di compiere tutti gli sforzi possibili per rimanere entro 1,5 gradi, le azioni concordate devono essere messe in campo 30 giorni dopo che almeno 55 nazioni, e per almeno il 55 per cento delle emissioni totali di gas a effetto serra, abbiano firmato il trattato. Purtroppo allo stato delle cose, quanto concordato alla Cop21 resta semplicemente nel novero delle buone intenzioni.
Come si evince da questa pagina del World Resources Institute, finora solo 19 Stati hanno ratificato l’accordo, per lo più Paesi poveri come Tuvalu, Barbados, Fiji, Maldive, Palestina, a cui si sono aggiunti più di recente Norvegia e Francia, anche se quest’ultima firma è necessariamente legata al resto della UE: mancano i grandi Paesi inquinatori come Usa, India e Cina, anche se i primi due hanno recentemente riaffermato la volontà di firmare entro fine 2016 tramite un annuncio congiunto. Pesano le incertezze nella Ue derivanti dalla Brexit, anche se il Regno Unito ha confermato il proprio impegno per ciò che riguarda il cambiamento climatico e l’energia, così come certamente le elezioni presidenziali negli Usa, con Obama a fine mandato, hanno rallentato la ratifica degli Usa. Tuttavia numerosi scienziati sono convinti che anche applicando subito e per intero le disposizioni concordate alla Cop21 non si riuscirebbe a frenare il riscaldamento globale, tanto che gli studiosi prevedono un aumento da 2,6 a 3,1 gradi centigradi della temperatura media del pianeta entro la fine del secolo. È davvero troppo tardi?
Dicembre 2015: le decisioni prese alla Cop21 di Parigi
Dopo lunghe ed estenuanti trattative, sono state prese le decisioni definitive alla Cop21 di Parigi: il testo finale dell’accordo, diffuso nella serata di sabato 12 dicembre 2015, è stato definito storico dal Presidente della Conferenza delle parti, il ministro degli Esteri francese Fabius. Il via libera da parte dei delegati dei 195 Paesi più la Ue è stato accolto da un lungo applauso, e in questi dieci giorni di febbrile attività negoziale non sono mancati prevedibili momenti di tensione e divergenze, come ha dichiarato lo stesso Presidente francese Hollande: ‘Non tutte le richieste sono state soddisfatte, ma saremo giudicati per un testo, non per una parola, non per il lavoro di un giorno, ma per un accordo che vale per un secolo‘.
Cosa prevede nei punti salienti il testo dell’accordo approvato al termine della Conferenza delle parti? Innanzitutto, come ha specificato lo stesso ministro Fabius, quanto deciso sarà giuridicamente vincolante, e si tratta di una prima volta assoluta, a dimostrazione di come il tema dei cambiamenti climatici sia stato finalmente vissuto come urgente e dall’impatto economico e sociale, oltre che ambientale, devastante. I negoziatori hanno stabilito di mettere sul piatto 100 miliardi di dollari all’anno da qui al 2020 a disposizione per il finanziamento climatico, ovvero per trasferire l’apparato tecnologico necessario per i Paesi in via di sviluppo per consentire loro di dirottare le proprie politiche verso la green economy. E questa cifra non è che la base di partenza, giacché un nuovo obiettivo dovrà essere stabilito nel 2025. Nelle 31 pagine dettagliate dell’accordo è stato sancito di non superare il limite di 1,5 gradi centigradi e più in generale di restare ‘ben al di sotto dei 2 gradi rispetto ai livelli preindustriali‘ per contenere il surriscaldamento globale.
Ogni 5 anni verrà tracciato un bilancio per capire se le direttive sono state rispettate, e per far crescere progressivamente il taglio delle emissioni di CO2: contestualmente l’intesa raggiunta contiene un riferimento al carbon budget, ovvero la quantità di carbonio che viene immessa in atmosfera bruciando combustibili fossili e distruggendo le foreste, che dovrà essere tagliata di un terzo per rispettare il parametro di 1,5 – 2 gradi prefissato. L’accordo stipulato dai negoziatori è ambizioso, ovvero giungere tra il 2020 e il 2030 al picco delle emissioni, per poi farle rapidamente diminuire ed ottenere a metà secolo la cosiddetta carbon neutrality, ovvero l’azzeramento o la riduzione ai minimi termini dei combustibili fossili, lasciando terreno alle fonti rinnovabili e all’energia pulita: ma per fare questo il testo della Cop21 di Parigi dovrà essere severamente osservato, dando una svolta drastica all’economia mondiale rispetto alla direzione fin qui intrapresa. La vera sfida in gioco sarà dunque far rispettare gli ambiziosi obiettivi senza tentennamenti o marce indietro da parte dei Paesi inquinatori del pianeta.
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