Una spy story in piena regola quella che vede al centro la morte di Kim Jong-nan fratellastro del leader della Corea del Nord Kim Jong-un, trovato morto nella mattina di lunedì 13 febbraio in Malesia. Se nelle prime ore c’erano qualche dubbio, ora sono i reparti dell’intelligence sudcoreana a confermare la sua identità e la modalità con cui è stato ucciso, mentre è notizia recentissima la morte delle due donne, presunte spie nordcoreane, che lo avrebbero avvelenato. L’intreccio si complica: l’uomo sarebbe stato assassinato all’aeroporto di Kuala Lumpur da due donne che apparterrebbero ai servizi segreti nordcoreani con delle “punte avvelenate”.
Con il passare delle ore spuntano dettagli sulla modalità dell’omicidio. Kim Jong-nan sarebbe stato avvelenato non con aghi o siringhe ma con il veleno spruzzato o rovesciato addosso. Il giornale malese The Star cita un funzionario di polizia che racconta quanto avvenuto la mattina della morte: intorno alle 9 circa del mattino ora locale, un’ora prima dell’imbarco su un volo diretto a Macau in partenza dall’aeroporto internazionale di Kuala Lumpur, Kim si è rivolto a un addetto della hall partenze spiegando di essere stato aggredito alle spalle da qualcuno che gli aveva afferrato il viso e versato del liquido addosso.
“Ha chiesto aiuto ed è stato immediatamente trasferito all’infermeria dell’aeroporto. Lamentava mal di testa ed era sul punto di svenire”. Da qui la corsa in ospedale e la morte, sopraggiunta durante il trasporto. Le due donne, considerate sospette, sono state viste lasciare la zona dell’aeroporto a bordo di un taxi. Dalla Corea del Nord ora arriva la notizia della loro morte.
(Le presunte assassine in immagini tratte da telecamere di sorveglianza)
Kim Jong-nam, figlio maggiore ed erede designato del ‘caro leader’ Kim Jong-il, era caduto in disgrazia nel 2001 dopo essere stato arrestato all’aeroporto Narita di Tokyo per aver tentato di entrare in Giappone con un passaporto falso della Repubblica Dominicana: alla polizia disse che voleva visitare Disneyland con la famiglia.
Esiliato dal padre, ha vissuto a Macao fino alla morte di Kim Jong-il alla fine del 2011, continuando a nascondersi per paura del fratellastro che lo riteneva una minaccia alla legittimità del suo regime.
Se confermata, l’ipotesi di Seul, per cui dietro la morte di Kim Jong-nam ci sarebbe il regime di Pyongyang, si tratterebbe del secondo caso di morte di un’alta personalità della famiglia Kim, al potere da 70 anni, dopo l’arresto e l’esecuzione, a dicembre 2013, di Jang Song-thaek, zio del leader attuale, una volta suo tutore e numero due del regime.
Il regime allora smentì questa versione, bollando come “bufala” il racconto di come Jang Song-thaek sarebbe stato fatto sbranare da 120 cani affamati per aver congiurato contro il nipote.
Kim Jong-nam, 45 anni, è nato dalla relazione del “caro leader” con Sung Hae-rim, attrice sudcoreana di nascita, probabilmente morta a Mosca nel 2002 e mai sposata: nel corso degli anni ha più volte ripetuto di non aver alcun interesse a governare il paese. “Personalmente sono contro la successione di terza generazione”, aveva detto alla Tv giapponese Asahi nel 2010. “Spero che mio fratello minore faccia del suo meglio per il bene e la prosperità del popolo nordcoreano”, aveva aggiunto.
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